Cap 14
Sono due giorni che Paolo non viene a scuola e non risponde ai messaggi. E alla casa sull'albero non si fa vedere. Ho giusto un'oretta prima di andare all'allenamento, e allora ne approfitto per andare a passargli i compiti. Una di queste sere dovrò anche passare da Prisca, anche se non ne ho per niente voglia. La casa di Paolo è circondata da cespugli, arbusti ed erbacce varie. Accatastate tutt'intorno alla porta ci sono vecchie cassette della frutta, cartoni, bottiglie di plastica. Lui ogni tanto butta via qualcosa, ma lo fa poco alla volta, perché se sua madre si accorge poi diventa ancora più isterica. Suono al campanello. Non mi risponde nessuno. Suono ancora più forte. Una volta, da bambina, rimasi attaccata a quel campanello per un'ora, perché la mamma di Paolo non mi voleva far entrare e lui era in castigo. Finalmente sento qualcuno che ciabatta da dietro la porta. Gira il chiavistello. Spero sia Paolo. Invece è sua madre.
«Buongiorno, signora Lina, sono venuta a portare i compiti a suo figlio»
Non riesco mai a darle del tu. Mi sembra così vecchia. Ha i capelli chiari avvolti in un foulard di seta e rughe vistose intorno agli occhi. Si guarda intorno con circospezione, come se mi fossi portata dietro l'esercito della disinfestazione.
«Entra», mormora, e mi apre la porta per lasciarmi passare, poi la richiude a doppia mandata. Non mi piace per niente la casa della mamma di Paolo. Oltrepasso il corridoio, cercando di non buttar giù libri, lampade e altro ciarpame e dopo aver incespicato ovunque sono in salotto. Lui non c'è. Sul tavolino di legno davanti al divano ci sono un sacco di bigliettini, quelli tipo post it. Sono gli appunti della mamma di Paolo. C'è scritto di tutto su quei foglietti. Sue riflessioni, cose che vorrebbe comprare, cose che le servono entro la fine dell'anno, cose che dovrebbe far aggiustare, cose che lei stessa vuole riparare, persone che deve chiamare.
Paolo mi ha spiegato che i post it sono eterni, nel senso che possono solo aumentare. Magari lei li guarda davvero, ogni tanto, ma poi non fa quello che c'è scritto. Il solo fatto di essersi appuntata da qualche parte che deve fare una cosa, la convince di averla fatta. Guai a buttarle via uno di quei post it. Sono i preziosi complici della sua mente contorta. Il divano è pieno di cuscini. Ne ha di tutti i tipi e forme. Mi chiedo dove ci sia posto per metterci il sedere. Sulla televisione davanti al divano sono appesi altri post it, e sopra allo schermo ci sono degli angioletti di ceramica. Non c'è uno spazio di un comodino o di una sedia che non sia occupato da qualcosa. Mi bruciano gli occhi solo a guardarla, quella casa. La cucina è piena di aggeggi vari, alcuni vecchissimi, da antiquariato. C'è sempre uno strano odore, come se sul fuoco bollisse a tutte le ore una pentola di minestrone. Lina mi ignora, sta tagliuzzando della stoffa e la accumula sul ferro da stiro, pieno di panni. Rinuncio a qualsiasi dialogo e mi avvio verso la camera di Paolo. Busso, prima di entrare.
Non mi apre.
«Ehi», dico, a bassa voce «sono Laura. Ti ho portato i compiti»
Paolo mi apre la porta, che era chiusa a chiave.
Mi fa entrare e poi anche lui, come sua madre, si affretta a richiuderla.
«Sei malato?», gli chiedo. Ha l'aria stanca.
«Sì, ho un po' di febbre»
Mi guardo intorno e già respiro meglio. Una scrivania, il televisore, un letto e un armadio. L'essenziale. Per fortuna Paolo ha risparmiato questo posto dalle grinfie di sua madre.
«Poi... ho litigato con la mamma»
Ah, ecco. Fin da piccolo, quando Paolo è in castigo, non esce più di casa. Non credo che la signora Lina gli proibisca di uscire, ora. Penso più che sia lui, ad autopunirsi.
«Che è successo?», chiedo, e appoggio i quaderni sulla scrivania.
Paolo prende un respiro profondo.
«Il solito».
«Cosa sei riuscito a buttare, questa volta?»
«Qualche vestito dall'armadio di papà. Lei voleva...», si vede che fa fatica a parlarne. Io non ho neanche idea di quanto gli costi star qui a raccontarmi questa cosa. «voleva usare parte del mio armadio per metterci dei vestiti che ha trovato a un cazzo di mercatino dell'usato».
«E tu?»
«Ovviamente ho detto di no. E ho cercato di farle capire che siccome papà non tornerà più a casa, i vestiti che aveva in quell'armadio non servono più a noi e si poteva darli alla Caritas»
«E l'hai fatto davvero?»
«Li ho impacchettati mentre lei piangeva e mi pregava di non farlo. Diceva "non si sa mai", continuava a ripetere quella frase assurda. Sono uscito e li stavo portando al bidone della Caritas. Ma lei mi ha seguito e ha iniziato a rompere il sacchetto. E i vicini hanno visto che lei faceva la scenata e urlava... Si è messa a piangere dicendo che sono una persona crudele».
Paolo tace. Ha gli occhi pieni di lacrime e i pugni serrati, ma so che non si metterà a piangere.
«Forse per lei quei vestiti erano davvero importanti...», azzardo, poco convinta.
«Certo, come no. Anche i giornali vecchi, sono importanti. Tutti i vestiti di quando ero piccolo. Le scarpe bucate. Le lampadine fulminate» Fa un lungo respiro. «Non ne posso più», mi confida «mi sembra che ai miei diciotto anni manchi ancora così tanto... Troppo tempo»
«Mancano due anni», cerco di consolarlo «ma vuoi andartene via?»
«Il più lontano possibile da qui».
Mi si stringe il cuore. Pensare a una vita senza Paolo è praticamente impossibile. Lui sa tutto di me. O meglio, quasi tutto adesso che ho conosciuto Geo. Mi sento in colpa per non averglielo detto, ma questa non mi sembra l'occasione giusta.
«Vuoi che facciamo i compiti insieme?»
Scuote la testa.
«Non ne ho proprio voglia. Per fortuna questa maledetta scuola sta per finire»
«Allora vuoi che me ne vada?»
Mi guarda come se fossi la sua ancora di salvezza. Adoro quando fa quell'espressione. Mi sento forte. Mi sembra di poterlo tirare fuori da tutti i suoi guai.
«No, certo che no. Voglio uscire di qui, però. Ti va?»
Annuisco.
Paolo apre la porta della camera e torniamo in salotto. Sua mamma adesso sta ammucchiando in un sacchetto delle vecchie stoffe. «Provo a buttare via queste...», ci spiega, con un sorriso «sto facendo un inventario di quelle che proprio non mi servono...»
Ha lo sguardo perso in quelle stoffe. Le accarezza una per una prima di infilarle nel sacco nero. Si vede che sta soffrendo molto. Quando le sue dita incontrano un pezzo di seta, ha una specie di sussulto, quasi un singhiozzo.
«Quello è quasi pieno, mamma, lo porto via io», si offre Paolo, in tono di sfida.
Lei stringe le mani sul sacchetto, come a volerlo proteggere. «In realtà non ho ancora ben deciso cosa voglio tenere e cosa voglio buttare...»
Paolo si mette a ridere. E' una risata isterica, forzata e che ci lascia di stucco. Io e sua madre ci guardiamo e per un attimo mi chiedo chi di noi tre sia più fuori di testa.
«Andiamo, Laura», mi dice. Non posso fare altro che seguirlo, cercando di evitare i mucchi di giornale e le pile di libri e lettere e carte e sedie accatastate.
«Non è vero che li butta via», mi spiega Paolo, sbattendo la porta di casa, «semplicemente li sposta da un'altra parte. Li lascia lì per un po', poi li infila da qualche parte in qualche armadio, poi li tira ancora fuori e si rende conto che forse non le servono davvero, che potrebbe buttarli via, allora li mette nel sacchetto e la trafila comincia da capo. Capisci?»
Ride ancora, stavolta in modo un po' meno forzato. Non so se ridere con lui o se dire qualcosa. Forse anche la mamma di Paolo dovrebbe andare da Enrico. Ma credo ci abbia già provato.
«Tu hai bisogno di venire in un posto con me», sussurro. Non so se sia una buona idea. Mi è venuto così d'istinto. Deve conoscere Geo. O forse ho talmente tanta voglia di rivederlo, che mi comporto solo da egoista.
«Devi andare all'allenamento...», borbotta Paolo.
«Scrivo a mia mamma di passare direttamente lì a prendermi con il borsone».
«Tua mamma è una santa donna», commenta Paolo.
Ci avviamo verso la Tana dell'Orso. Non fa domande su dove lo stia portando. Si fida di me. Quando spalanco la porta, scorgo Geo intento a sciacquare alcuni bicchieri.
Spazio autrice.
DaphneAli
Ha fatto questa meraviglia per me.
In più volevo condividere con voi la mia gioia per essere qui questo sabato:
C'è qualche lettrice nei dintorni? Sarò ben lieta di conoscerla.
Un abbraccio come al solito grazieeee
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