Cap 12

La gamba di Prisca rimarrà ingessata per più di un mese. Monia ce l'ha comunicato a fine allenamento, e mentre parlava ci guardava una per una, come per studiare le nostre reazioni. Teresa non ha mascherato una certa soddisfazione. Io sono seriamente preoccupata per lei. Non ha molte amiche, anzi forse non ne ha nessuna. Ha solamente il pattinaggio.

Negli spogliatoi, ho sentito Teresa e Martina che discutevano su chi sarà la prediletta di Monia, adesso, e a un certo punto hanno fatto anche il mio nome.

«La sua coreografia non è male», ha ammesso Teresa «ma in quanto a tecnica...»

Mi sono trattenuta dal ribattere qualsiasi cosa. Non ne vale la pena. E poi, in fin dei conti, hanno ragione loro: per quanta passione possa avere, non ho la tecnica di Prisca e nemmeno di Teresa. Dovrei ancora allenarmi molto, e forse nemmeno questo basterebbe.

La mamma mi sta aspettando fuori.

«Ho detto alla mamma di Prisca che passiamo in ospedale a trovarle», mi comunica, senza quasi lasciarmi il tempo di entrare in macchina

«Mamma!»

«E' una tua compagna di pattinaggio da quando siete piccole, e Gioia una mia cara amica. Non fate le bambine, per favore»

Ross è amica di tutte e pensa che tutti debbano volersi bene come lei vuole bene al mondo. Credo sia questo uno dei motivi per cui è entrata in terapia. Sbuffo. Speravo di tornare a casa presto e fare un saluto a Geo, al pub.

La mamma si ferma davanti a un carrettino che vende fiori.

«Mi dia un mazzo di quei fiorellini viola...»

Sospiro. Quelle come lei sputano addosso ai colori, solo perché possono vederli. E quando puoi vedere una cosa, non fai più caso al suo significato.

«Mamma», la blocco, prima che faccia danno.

«Eh?» E' distratta, sta già cercando il portafogli nel marasma della sua borsa.

«Prendi dei fiori blu. O al massimo arancioni»

«E perché?», chiede, sospirando.

«Il blu e l'arancione richiamano il potere di guarigione»

«E tu come lo sai?»

«L'ho letto in un libro di magia»

«Leggi troppo. Mi dia quegli altri, allora. Sì, quelli»

La mamma si innervosisce sempre, quando le impartisco una qualsiasi lezione sui colori.

Gioia è in corridoio, gli occhi arrossati e l'aria stanca. Quando ci vede avvicinare, si sforza di sorridere.

«Ross, Laura, grazie di essere venute»

Mi sento una merda, coi miei fiorellini blu in mano e l'aria di chi voleva essere ovunque tranne che lì. Gioia assomiglia tanto a Prisca. La stessa eleganza e lo stesso naso all'insù.

«Ci mancherebbe, siamo così dispiaciute!»

Gioia fa una smorfia.

«Siete le uniche, finora. Credo che le compagne di Prisca siano solo contente di quello che è accaduto»

Le viene ancora da piangere, questa volta per il nervoso. Lei si vedeva già sugli spalti, a tifare la figlia che avrebbe vinto sicuramente.

«Laura, vai pure da lei, sarà contenta di vederti», dice Gioia.

Sì, sarà felicissima di vedermi, immagino quanto. Non ho scelta: mi tocca entrare nella stanza di Prisca. Le hanno dato una singola. Ha la faccia rivolta verso la finestra e le cuffie alle orecchie, quindi non mi vede entrare. Indossa un pigiama a righine e la sua gamba è alzata verso il soffitto: un enorme salsicciotto bianco su cui nessuno ha ancora messo la firma. Mi fa un po' ridere, vederla così. E' la prima volta che mi sembra impacciata. Non è possibile che mi venga da ridere in una situazione del genere, mi sento un mostro.

Prisca si gira e fa una smorfia di sorpresa.

«Cosa ci fai qui?», chiede, quasi urlando.

«Sono venuta a trovarti», le dico.

«Che?»

«Prisca, le cuffie... Magari poi mi senti»

Prisca sbuffa e se le toglie. Le porgo i fiori.

«Sono blu. Il colore più potente per la guarigione»

«Lo vedo di che colore sono. Mettili lì» e mi indica il comodino spoglio.

Non dice neanche grazie. Tipico. Vorrei gettarglieli in faccia.

«Sei qui con tua mamma? Ti ha obbligato lei, vero?»

Annuisco. Inutile mentire. Non ci sopportiamo da tutta la nostra esistenza, non è che la sua gamba rotta possa cambiare magicamente le cose.

«Tanto vale parlarci chiaro, allora. Cos'hanno detto le altre?»

«Sono tutte molto dispiaciute per te», mi affretto a rispondere.

«Sì, come no», dice Prisca e si attorciglia i lunghi capelli biondi sul dito «staranno festeggiando la mia caduta»

«Per quanto devi tenerlo il gesso?»

«Un mese almeno. E poi ci sarà la riabilitazione. Questo vuol dire che almeno per tre mesi non potrò pattinare».

La voce le si incrina. Sta per mettersi a piangere.

«Sei venuta qui per ridere di me?», mi chiede, ritrovando un po' di sfacciataggine.

«Prisca, non dire scemenze. Sono venuta perché le nostre mamme sono amiche e comunque adesso che sono qui mi spiace vederti così. Non ti auguro niente di male, lo sai...»

Mi guarda con disprezzo.

«Non hai nessuna possibilità di farcela, in quella competizione»

«Lo so. Tu sei più brava»

Prisca fa un gesto di stizza con la mano destra e si lascia andare a una specie di grugnito. Sembra voglia sfilarsi dal gesso come un gatto dal guinzaglio.

«E invece sono bloccata qui. Me lo dici perché? Perché mi è successo questo?»

Potrei parlarle del karma, ma nemmeno io ci credo più di tanto. Altrimenti dovrei ammettere di aver fatto qualcosa di brutto ancora prima di esistere. Rimango in silenzio, e lei volta di nuovo la faccia verso al finestra. Non so più cosa dire, perché mi vengono in mente solo frasi inutili, di circostanza. Le cose che si dicono in certi momenti e che nemmeno io digerisco. Vedi di rimetterti. Tornerai come nuova. Ci saranno altre gare, altre possibilità. La ruota gira per tutti. Invece sento solo la sua rabbia, la capisco, e mi sembra di essere persino in sintonia con lei.

«Posso firmare per prima il gesso?», le chiedo.

«Cosa?». Mi guarda smarrita, come se avessi detto un'assurdità.

«Ho solo un pennarello, ma poi posso passare a contornarlo con l'Uniposka»

Stringe le labbra.

«Okay», dice.

Non c'è nessuna firma, lì sopra. E' bianco e immacolato. Niente compagne di scuola venute a dire "ciao". Nessuna compagna di ghiaccio, tranne me. Prisca è troppo bella, per avere amiche. E' troppo brava, troppo sicura di sé. Eppure, adesso, mi sembra così fragile.

Scrivo il mio nome e siccome presumo che ci sarà tanto spazio per tanto tempo aggiungo: la tua compagna di ghiaccio.

Prisca sbircia il mio lavoro, poi sorride. Ce l'ha fatta, finalmente. Per un secondo ha dimenticato che siamo rivali e nemiche e mi ha ringraziato.

Gioia e Ross entrano nella stanza ridacchiando. Mi trovano seduta sul letto di Prisca e si scambiano un'occhiata, quasi stupite.

«Laura, tesoro», dice Gioia «Ross ha detto che non sarebbe un problema, per te, passare i compiti a Prisca, in questi giorni...»

Prisca sbuffa.

«Non ce n'è bisogno, chiamo Samantha»

«Samantha non li fa i compiti», ribatte piccata sua madre.

«Per me va bene», dico. Prisca fa una smorfia.

«Non sei obbligata», aggiunge, e di nuovo mi pare voglia sfilarsi il gesso.

«Ho detto che non c'è problema», ribatto e ci guardiamo con aria di sfida.

«Perché non vi scambiate i numeri di cellulare, così potete mettervi d'accordo meglio», suggerisce Ross. Questa volta sono io a sbuffare. Io e Prisca ci guardiamo e per un attimo mi sembra che abbiamo lo stesso pensiero: «Mamme rompiscatole!»

Mi viene da ridere, ma scrivo il mio numero sul gesso di Prisca.

«Cosa fai?», protesta Prisca, ma sembra che non le dispiaccia. In fin dei conti, sono sempre più convinta che con il suo caratterino il gesso rimarrà sempre bianco negli altri punti.

«Adesso dobbiamo proprio andare», cinguetta mia mamma «o Mario penserà che ci siamo disperse»

Prisca alza gli occhi al cielo. Io la imito.

«Ciao allora», dice Prisca, e si rimette le cuffie.

Io la saluto con un cenno della mano.

In macchina cerco di alzare il volume della radio il più possibile, così da non essere obbligata a parlare con la mamma. Ho paura che prima o poi tirerà fuori la storia di Enrico. So che mi hanno consigliato di prendere delle medicine per riequilibrare il sonno, l'umore e non so cos'altro. Non ho bisogno di medicine. Ho bisogno di essere lasciata in pace.

La mamma parcheggia davanti alla nostra abitazione e io sbircio nella casa sull'albero. Paolo c'è. Ormai è troppo tardi per andare da Geo, e poi ho voglia di parlare con il mio amico.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top