XXXIV. What you see I see
Skyfall - Adele
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Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque..
Contai i secondi per regolare il respiro, trattenendo i singhiozzi per fare silenzio.
Mi aveva preso a ceffoni, chiudendomi a chiave nello sgabuzzino.
Lo aveva fatto di nuovo, lo faceva sempre quando a casa non c'era nessuno.
Ricordo tutto di quel giorno, dell'attacco di panico che ebbi dopo una mezz'oretta abbondante senza alcuna pietà; delle guance rosse, e i capillari della narice destra rotti per via della violenza posta nel palmo.
E lì, rannicchiata a me stessa, contai.
Caiden all'angolo della mia sinistra, si sedette con le spalle al muro e lo sguardo rivolto verso di me; lo vidi per via della lucina soffusa coperta dagli scatoloni, proiettarmi il suo sguardo glaciale.
Stringendo le ginocchia al petto, mi coprì con i capelli nonostante lui sia stato presente durante tutta l'azione.
"Vattene" non tutti i sogni gli erano accessibili, conosce i miei punti deboli, sa del mio disagio eppure era sempre stato lì "ho detto vattene cazzo!" urlai dopo, alzandomi in piedi con i pugni stretti.
Rispetto all'ambiente e alla mia piccola età, lui era l'unico che poteva vedermi con sembianze da diciottenne.
Provò ad allungare le dita per sfiorarmi il dorso della mano ma mi ritrassi subito "non toccarmi!..Non guardarmi" e non appena si mise in piedi, mi fiondai contro il suo petto per spintonarlo e picchiarlo con deboli pugnetti, minacciando con gemiti di dolore tutte le cattiverie mai dette prima.
"Non dovevi vederlo. Perché l'hai fatto? Perché rimanere?" quando la rabbia divenne sinonimo di fragilità, percependo l'indice e il medio sotto il viso nel tento di rialzare il mento, lo fissai con occhi colmi di lacrime.
Ci guardammo in silenzio mentre scostò le ciocche dietro l'orecchio per osservare meglio il segno, sfiorandolo con le nocche delicatamente, quasi spaventato dall'idea di farmi male, trasformando quel tocco in una carezza.
"Perché tu lo hai fatto."
Socchiusi le palpebre ardendo, notando un respiro caldo contro la fronte e il suo naso poggiatosi sopra.
Per la prima volta, in un momento destabilizzante mischiato a panico e insicurezza, dentro di me ogni voce in testa tacque, come un'onda travolgente buttarmi giù; in quell'attimo, sott'acqua ad occhi aperti, plagiai la sensazione di compassione da parte di Caiden. Lui aveva capito, l'unico che avrebbe potuto farlo più di ogni altri. In fondo volevamo solamente questo, l'uomo ha bisogno di chiarezza ed empatia per sopravvivere; in un mucchio di niente, mischiai la mia cenere con la sua, non trovandone alcuna distinzione.
"Non ti abbandono chiaro? Ho ancora bisogno di te" una lacrima rigò la guancia mentre abbozzai un sorriso "ascoltami ora: devi risparmiare ogni goccia di energia. Ti stiamo cercando attraverso l'odore che hai disseminato. Quando saremo sicuri di essere vicini, verrò in sogno e ti dirò quando mandarmi i segnali" si toccò la rosa non prima di aver sfiorato la mia. "Non ne ho più Caiden, sto per diventare umana.." lo vidi distrutto, negli occhi un fulmine distruggere ogni possibilità di vittoria, questa era una battaglia cieca.
"Ci sono quasi. Ti tirerò fuori di lì..te lo prometto" sospirai allungando un sorriso, con le mani a conca ressi il suo viso, decifrando un comportamento che non avrei più rivisto facilmente.
"Non farmi pentire di essermi fidata di te"
"Il pastore trova sempre le sue pecorelle."
𑁍
Socchiusi le labbra alla ricerca di saliva per dissetarmi, lo stomaco brontolare dalla fame, la postura scomoda e il mio fuoco ormai un lontano miraggio.
Fissai quel punto di libertà a me lontano, chiusa come un uccellino in gabbia, povera di vestiti e d'animo, tremando per rabbia e freddo; alimentando l'idea della speranza, dormendo assieme a Caiden.
Nella cantina vennero aggiunti nuovi oggetti quotidiani, come un tavolino e un secchio.
Mi accovacciai stropicciando gli occhi, l'olfatto percepiva odore di uova e bacon, strinsi la mano sullo stomaco allontanandomi da quella trappola e concentrandomi sul rumore battente della pioggia proveniente dall'esterno e la sua acqua entrare, scendendo sulle pareti lenta e sporca; il brontolio non si fermò, guardai il tavolo sfamandomi con la pellicina delle labbra, fin quando un luccichio prevalse nelle iridi.
Il sapore del sangue, dopo un morso di troppo, sciacquare la bocca.
Sul tavolo c'erano le uova, e il bacon, il pane.
Mi alzai di scatto nonostante le catene mi portassero con il busto all'indietro; urlai piangente con l'acquolina in bocca.
La vera guerra avviene quando si ha fame, non solo per il potere; ma lo capiremo quando mancherà il cibo a tavola e ne verrà sbattuto davanti una porzione come prova del fallimento.
Tirai e tirai, il rumore delle catene sbattute per terra unico suono rimbombante.
Le guardai sprigionando tutta la rabbia, urlando e battendole contro il muro per distruggerle, i polsi ormai violacei.
Voglio tornare a casa, portami a casa.
Ho freddo Caiden, è così arido qui.
Mi afflosciai con le spalle al muro, quello che volevano era la follia e non ne avrei dato neanche un assaggio.
Con il coltellino svizzero recuperato nelle notti precedenti, mi cimentai nell'unica idea sensata di questo inutile calvario: rompere il processo di assorbimento del potere dovuto da qualcosa all'interno delle catene, e con l'ultimo fuoco che mi rimaneva, sciogliere il ferro. La libertà è una possibilità, l'universo sta mettendo alla prova la mia razionalità.
《Ho bisogno solo di altre ventiquattro ore.》
Curvai le sopracciglia ascoltando la voce di Nereide fuori da qui, chiedeva tempo, parlava a bassa voce con tono di supplica, e colui che ascoltava le sue suppliche sembrò Vassago in sembianze umane.
Feci per alzarmi mirando la finestrella, puntai la pianta del piede sul muro cercando di arrampicarmi per sentire, scovando un mondo.
《Il patto era chiaro》
《Lo so, lo so! Vi darò ciò che cercate, ma solo con altro tempo》
《È una minaccia?》
《Vi prego. Ho un piano e, se collaborerete, tireremo fuori Marchosias》
《Non facciamo carestie》
Irrigidì i muscoli scivolando con le dita dei piedi.
Con il culo a terra girai di scatto il capo nel sentire i passi pesanti del demone entrare nella casa, camminando nella stanza sopra la mia, prendendo le chiavi della cantina.
Stava scendendo e, con un passo del genere, avrei dovuto obbedire al primo comando.
Nascosi il coltellino svizzero tra la molla delle mutande.
Mi accovacciai fingendo di dormire, nel serrare le palpebre ascoltai la porta della cantina aprirsi e il cuore vibrò; percepii frastuoni e gemiti, socchiudendo le palpebre, addocchiai la figura di Nereide con i piedi in aria e le spalle al muro, strozzata da Vassago.
Un senso di angoscia prevalse l'animo, lo stomaco accartocciato mi mandò pulsazioni di dolore, chiudendomi a riccio dalla paura.
Ricordo bene quando da bambina, mentre dormivo le notti con papà, il terrore dei mostri nascosti mi incupiva così tanto da non chiudere occhio. E allora papà si metteva accanto a me e, prima di darmi il bacio della buonanotte, cantavamo la nostra canzone preferita per scacciarli via; dicendomi che, se avessi avuto la paura come mia grande alleata, avrei sconfitto i mostri sotto al letto.
Let the skyfall
Le lacrime oscurarmi la vista, respirando a fatica per permettere all'esterno di non ascoltare il panico dentro il cuore; per la prima volta ebbi così tanta paura, sola come all'età di tredici anni, nessuno poteva salvarmi se non me stessa.
Ma ora che non avevo neanche i miei poteri..con cosa potevo guardarmi le spalle?
When it crumbles
Contrassi la mascella serrando le palpebre, sentendo le ginocchia di Nereide battere sul suolo e prendere fiato tossendo.
We will stand tall
《Hai una notte Nereide Windsea. 12 ore. I termini del patto sono ben chiari, le conosci le conseguenze》sbraitò Vassago buttando il tavolo per terra, il piatto con il cibo ovunque, il pane colpirmi la colonna vertebrale.
《Non vi deluderò. Quest'anno è decisivo.》
Rilassai i muscoli quando il demone ritornò di sopra con la sua cagnolina dietro, socchiudendo le palpebre per guardarmi intorno e trovare tutto il cibo vicino al corpo esile.
Tastai il pane con l'acquolina in bocca, mordendone solo un pezzetto per assaporare la mollica; proseguì lentamente i primi secondi, prima di chiudere nel palmo tutto quello che potevo prendere e buttarlo giù.
Leccai le dita, poi il contorno labbra.
Fui consapevole che ci sarebbe stato qualcosa dentro, una droga allucinogena magari, o semplice veleno che mi permettesse di morire secondo dopo secondo, ma ero così affamata e infranta che avrei mangiato altro per permettere al corpo di abituarsi ed essere indistruttibile.
Face it all together
Attesi le conseguenze arrivare di getto, mangiando i muscoli avvertendo un formicolio lungo le gambe e salire sempre più su, rendendomi debole fino a chiudere gli occhi cadendo al suolo.
Non riuscì a captare ciò che venne dopo, ricordo solo un vento ghiacciato e una bandiera svolazzante.
La memorizzai.
Rosso e bianco, una foglia d'acero.
Questa non era l'America, sono a casa..a Toronto, nella mia adorata Canada.
Let the sky fall
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