XVIII. Le incertezze del cuore
Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante.
Nietzsche
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In quel tempo, mia madre ebbe una malattia intestinale che non le permise neanche di reggersi in piedi.
Restava a letto giorno e notte; le portavo la colazione la mattina prima di andare a scuola, il pranzo dapprima delle pulizie, e la cena, con occhi che chiedevano riposo accompagnati dalla pelle dei piedi secca.
Lo scoprì all'alba, il cielo diveniva limpido.
Mi svegliavo sempre alle prime luici del sole, non seppi spiegare per quale motivo eppure, mentre scavalcai i piedi dei miei fratelli per andare al bagno..la vidi per terra.
Un buio mi entrò nel cuore prima che le urla interiori distruggessero le barriere di sicurezza che possedevo.
Non lasciarmi, non andare.
Zitta corsi verso di lei ansimante, le presi il viso con occhi sfumati di lacrime tastandola, cercando di vedere se respirasse ancora.
Ricordo bene il nodo alla gola che non mi permise di urlare, lacrime bagnarle le guance, a parlare furono i taciturni singhiozzi.
Non con lui, non mi abbandonare.
Sussurrai le mie insicurezze, molli come mollica di pane.
Non poteva affogarmi nella sua vita.
Poi, ripresi fiato ascoltando sulla pelle una carezza. Mi disse che andava tutto bene, dovevo solo prenderle dell'acqua.
Corsi in cucina aprendo il frigo, il bicchiere che tremava tra le dita e l'ansia del suo arrivo; non feci in tempo a raggiungerla che lui fu in piedi, davanti a me, furioso.
Colta dalla paura tentai di essere superiore e passargli avanti ma venni strattonata, il bicchiere seppur di plastica, cadde versando tutto il fresco liquido arrivarle fino alle punte dei capelli.
Gemetti quando le sue dita stritoralorono il mio gomito, andai a sbattere contro il suo petto e il bicipite andò a spingere; provai ad aprir bocca ma tutte le lacrime che cercavo di trattenere navigarono, notai le sue labbra vicine al mio orecchio e con il fiato caldo mi sussurrò:
"Sole, mia tenera Sole, non piangere..ci sono io con te."
Ho sempre avuto paura di lui; alcune volte era violento, tanto da volermi massacrare, e poi altre in cui gli affascinava la mia prepotenza.
Non aveva mai desiderato la mia presenza come figlia, amica, mai come qualcosa di concreto.
Al contempo, l'idea di potersi approfittare nei momenti poco lucidi..fu enorme.
E in quel momento, mi rispecchiai negli occhi di Keena proprio come feci con mia madre, guardarmi inginocchiata mentre sbattevo le palpebre debole.
《È qui, si sta riprendendo.》
Tentai di muovere le dita dei piedi ma il massimo che feci fu arricciarle, mugugnai qualcosa reggendo la testa in fase di esplosione.
Le luci mi accecarono talchè strinsi le palpebre con fare insicuro, non ebbi idea di dove mi trovassi fin quando le voci circostanti mi cullarono in quello che doveva essere un incubo.
《Andiamo La Rouge, non crollare adesso.》
Afferrò gli zigomi con due dita guardandomi l'orbita degli occhi, una lacrima sfuggì ingrata, tradendo la mia fortezza. Paura, caos e dolore mi laceravano i muscoli della schiena.
Non mi mossi, la presenza di un corpo estraneo dentro di me diede conferma: sono ancora viva.
《Fa male eh? Posso immaginare》esclamò toccandomi il dorso della mano, le sue unghie raschiarono la pelle《ma lo abbiamo in pugno, Marchosias è nostro.》
Fissai il soffitto dolente, non era la mia camera quella in cui mi trovavo tantomeno il mio letto, il fondoschiena poggiava sul ring da combattimento dove io e l'elfo prendevamo appuntamento ogni tre giorni a settimana; ero in palestra, insieme a Keena e il suo dannatissimo fratello.
Ci mancava questa, la sua presenza poco gradita persino sul punto di morte.
Davvero Dio?
Lo troverò nella tomba dopo?
《Passami l'ossicodone》
Non appena vidi una pillola media e tonda sul palmo della sua mano, negai con il capo; non avrei preso nulla senza sapere cosa fosse e i suoi effetti.
《Smettila di fare la bambina La Rouge! È solo per il tuo bene.》
Mossi di scatto la gamba e soffocai un gemito, altre due lacrime scapparono via dai miei occhi in panico.
Caricai energia sulle braccia per potermi rialzare ma un peso morto si gettò sul mio addome, la sua mano, che si sporse oltre la pancia, mi spinse contro il ring bloccandomi i polsi sollevati sopra il capo; spalancai le palpebre in panico, vederlo così vicino al mio viso fu tragico.
La pasticca fece il giro del mondo prima di vederla nel suo palmo destro.
《Apri questa cazzo di bocca Soleil..》minacciò tetro stringendomi i polsi con la mano sinistra, imponendo alle pupille di scontrarsi con le sue
《..O giuro che te la apro io》tremai sotto il suo cospetto funesto, non lo vidi così rigido neanche a lezione.
《Provaci.》
Agì di conseguenza, dividendo le labbra con il suo pollice senza sapere che glielo avrei morso.
Si alzò di scatto guardando sua sorella e ponendo un contatto visivo con me, una sfida fu in palio.
Abbassò lo sguardo sulla pillola che stringeva nel pugno, chiuse gli occhi prima di buttare via l'aria inspirando.
《La mia pazienza ha un limite La Rouge》socchiusi gli occhi serrando la mascella, doveva passare dal mio cadavere.
Non è il mio capo, l'elfo lo è.
《Ma che cazzo ti prende eh? Hai intenzione di gettare la spugna?》urlò senza sapere l'ordine dei fatti.
Morire non era mia intenzione bensì l'unica opzione che avevo per sopravvivere.
《Volevi morire anziché combattere!
Regola numero due della squadra: combattere fino alla morte. Se non fosse stato per Keena saresti spacciata!》il mio cuore si restrinse, colpito a cazzotti dalle sue ombre oscure puntando tutti i miei punti sensibili.
Feci per fulminarlo ma una lacrima bagnò le ciglia.
Stufo, si approffittò del mio animo sensibile inginocchiandosi sopra di me, dividendomi le labbra con facilità, seguito dai miei movimenti rigidi, gelidi come il suo cuore.
Poggiò la pillola sulla lingua, seguendola con le dita fin giù la trachea.
Per poco non vomitai.
《Prova a rifare questa cazzata, e ti riporterò in vita per ucciderti con le mie mani》ringhiò lasciandomi come farebbe chiunque con la spazzatura.
Schiusi le labbra afflosciata, i due non si allontanarono per discutere, decisero di fare come se non ci fossi, ignorando la mia presenza vuota.
《Preparami l'occorrente, quel pugnale deve essere rimosso》disse lui manovreggiando i guanti in lattice, fissando sua sorella impassibile.
《È pericoloso Caiden. Un movimento errato e lei ritorna umana, un taglio profondo e muore》il cuore mi martellò nel petto, sentire i due piatti della bilancia mi fece appassire.
Dovevo giocare ancora con la morte, sentendo l'apice del dolore senza anestesia o erbe curative.
Che cosa sarebbe successo se avessi perso il mio fuoco?
Anni e anni passati per manovrarlo invani, sarei ritornata nel mondo umano dimenticandomi di loro, cancellando la memoria fin dal principio, ogni cosa sarebbe rimasta nella profondità del cuore.
《Vuoi farlo tu, mh?》
《Sei un incosciente! Pensi che quel pugnale possa darti spiegazioni una volta estratto?》
Non capii nulla, credevo facessimo parte di una squadra, che tutto fosse a posto mentre adesso mi ritrovo l'interesse dei miei alleati, puntati con l'arma che stava minacciando la mia esistenza.
《Ho bisogno di quella cazzo di arma fuori da lei》sospirai atterrando con la spalla sul ring, socchiudendo le palpebre stanca.
《Siamo alle pezze Keena. Cazzo, possiamo essere attaccati in ogni angolo del paese senza che la direttrice possa saperlo!》continuò《se usiamo i nostri poteri, ne sentiranno l'odore. E lei lo sta disseminando ovunque.》
Lo stomaco mangiato dai sensi di colpa, mi spinse a corrugate la fronte e piangere. Lacrime amare bagnarono il ring, così come il sangue che prese a gocciolare.
《Vuoi che ci facciano il culo mh?》la sorella negò con la testa《il suo potere è incastrato, quindi con una percentuale abbastanza alta per recuperarlo. Ha due opzioni: o dentro, o fuori dall'arma.》
Nel girarsi per controllare in che stato fossi..Caiden urlò il mio nome.
*
Ascoltava il vociare della cittadina fuori con le due ante della finestra aperta, fiocchi di neve si posarono sul pavimento, il rintocco della campana ofuscò i timpani.
Mezzanotte, la notte di Natale portava l'allegria delle famigliole felici.
Lui amava il Natale, come amava i biscotti con le scaglie di cioccolato, accompagnati ovviamente dalla cioccolata calda. Paragonata ad un tocco di grazia, ammirabile come gli sposi di ostia su una torta nuziale.
Con il sedere appisolato sul pavimento, fissò il camino spento privo di legna da ardere, giocava con le dita incrociate girandone i pollici senza farli toccare nel mentre la sua testa escogitava una via di fuga.
Quando provò ad abbassare lo sguardo, la sua espressione lavorata si smontò, scoppiando in un pianto isterico; si guardò le mani sporche di morte e vergogna, lasciava che il sangue seguisse le linee continue del pavimento e che il forte odore metallico sparisse.
Sedeva accanto a lui, lo guardava come se avesse creato l'opera più bella dell'universo.
Prima che il suo sguardo assente si concentrò sull'unica ragione di vita, il caldo piombò in quella buia e fredda casetta, nonostante la neve posarsi sul sangue rossastro, macchiandosi e sciogliendosi. Una voce tiepida lo portò a nascondersi, per non mostrare quelle mani mostruose donate alle stelle cadenti.
Le stelle..le adorate e luminose stelle di Soleil.
Quando la vide in difficoltà, durante l'esercizio della direttrice in quella notte stellata, la osservò attentamente.
In quelle espressioni, gesti vaghi e rimpianti, ritrovò l'animo bambinesco perduto..lei nascondeva la sua agonia come ha sempre cercato di fare lui.
Se avessero saputo cosa nascondevano, nessuno si sarebbe avvicinato, persino loro avrebbero avuto paura di dimostrarsi; non voleva che lei se ne andasse, non poteva permettersi un rifiuto del genere.
Così rimase, affacciato ogni sera sulla sua finestra, in nottate dure come quelle, dove i nodi sono i i problemi affrontati dalla vita.
Eppure aveva sempre le scarpe sciolte, coma mai?
"Che cosa ci hanno fatto, mio raggio di sole?"
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