I. Pillola rossa o blu?
Certe persone non impazziscono mai, che vite orribili devono condurre.
Bukowski.
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È possibile odiare il proprio compleanno?
《Esprimi un desiderio Soleil!》chiusi gli occhi sospirando, prima di spegnere le candeline, ignorai tutti gli sguardi posati e lasciai che il cuore parlasse.
Partiamo dal principio delle cose, l'origine dell'odio funesto portato insieme con uno zaino sulle spalle dall'età di otto anni.
Camminavo a braccetto con mio padre mentre ci dirigevamo verso il solito bar del quartiere per prendere la torta di compleanno.
Dovevo festeggiare con lui nella sua casa mobile, una piccola roulotte che avrebbe fatto invidia ad ogni viaggiatore mondiale.
Mio padre mi portò al solito bar del quartiere, dove il barista euforico mi servì la torta facendo cantare un ritornello di buon compleanno a tutti i clienti.
Ricordo bene come il mio cuore scoppiettò nel vedere le candeline sulla cheescake al gusto di amarena.
Quell'attimo venne soprannominato da me: felicità.
I miei genitori divorziarono l'anno precedente e non passò molto, prima che le nostre strade vennero intralciate da quelle dei loro amanti, mettendomi i bastoni tra le ruote per un qualsiasi atteggiamento verso la riconciliazione.
Mia madre si frequentava con un uomo per ben tre mesi prima del presupposto divorzio e vederla così fu strano, con lui era felice e con mio padre no.
Mi domando per quale motivo papà l'abbia sempre aspettata. Anche se non lo dava a vedere.
Alla separazione dei miei, qualsiasi cosa mi riportava all'aula giudiziaria, dove mi chiesero un parere con chi volessi abitare, nonostante fossero presenti documenti e leggi ben chiare al riguardo.
Ma quel giorno, oltre al vulcano di opinioni che mi portavo dentro, non dissi nulla.
Come potevo scegliere tra lei o lui?
A che prezzo, se nel prenderne uno avrei perso entrambi.
Quando mamma mi prese tra le sue grazie, decise che potevo visitare papà solamente una volta alla settimana e, se ne avesse avuto abbastanza, poteva benissimo vietarmi le visite.
Lì, notai di averlo perso completamente.
Poi conobbi lui, un lurido pezzo di merda.
Con il passare del tempo, non vidi più mio padre; questo comportò, a starmene in casa con un uomo di cui non mi fidavo, vedendolo girovagare in mutande ovunque.
Gli anni passavano così velocemente che il calendario sembrò più rapido della luce; crescendo imparai a difendermi dai bulli della scuola, a fare i compiti, i servizi e crescere.
Non volevo avere niente a che fare con nessuno, tantomeno con mia madre. Litigavamo ogni istante e per le minime cose, pur sapendo che il mio patrigno avrebbe ingigantito il problema stando dalla parte della sua donna, imparai a tenergli testa.
Erano passati pochi mesi prima che mi ritrovai i due figli suoi: Ash della mia stessa età, e Kay, il più piccolo.
Due fanciulli dispersi nella realtà.
Come lo ero io.
Gestivo i miei spazi come più potevo ed insegnai loro come vivere.
Mia madre se la spassava lasciandomi con un pugno di mosche a gestire la vita di altre due persone che non sapevano un bel niente della libertà, e che del loro padre, se ne infischiavano.
Dovevo compiere tredici anni senza nessuna cheescake, il barista e papà.
Io e i miei fratellastri condividevamo il peso della gioventù in tenera età, erano le prime ed uniche persone che facevano di tutto per restituire la felicità che donavo loro ogni giorno.
E così, il giorno del mio tredicesimo compleanno, alle luci dell'alba, li trovai con un muffin tra le mani e una candelina rossa con la fiammella desiderosa di essere spenta.
Pensai che dopo cinque anni, il mio tredicesimo compleanno sarebbe stato unico come un tempo, così indossai un vestito lungo purpureo raccogliendo i capelli in una coda di media altezza e mettendo gli orecchini pendenti con un brillantino alla fine.
Quel giorno segnò il confine che avevo per tutte le mie emozioni.
"Hai tredici anni e ti vesti così? Vuoi fare la puttana per caso, Sole?" ringhiò il mio patrigno soffermandosi maggiormente alla piccolissima e quasi invisibile spaccatura al ginocchio.
"I-io? Me lo ha regalato papà, ho il dovere di mettermelo" sputai acida guardandogli la fronte per evitare di soffermarmi ai suoi occhi predatori.
"Per Dio! Tuo padre convive con una prostituta o cosa? Penso non sappia neanche quanti anni tu abbia" e la cosa che mi diede più fastidio fu la sua risatina.
"Mio padre è un uomo! Non un perverso..stronzo!"
Non ricordo molto su ciò che successe dopo, i dialoghi sono confusi così come le urla e il batticuore.
Ma l'errore più grande di tutta una vita fu quello di esplodere, di far vedere a tutti quanto potessi essere fragile.
Scoprì che possedevo un mostro dentro di me. Uno sputa fuoco insaziabile.
Come se fossi in preda alla collera, non vidi altro che rabbia nei confronti di un grande piccolo uomo ingrato, mi bruciava la pelle a mo' di febbre alta e più serravo i pugni meno gestivo il vaso dentro di me; l'ultimo insulto fu decisivo, la goccia, la carta sul tavolo.
Tanto, da essere consumata dalle fiamme dell'inferno.
La misera fiammella della candelina prese sopravvento in un maestoso focolare scoppiettando in un falò, sparpagliando fumo da tutte le parti, incenerendo la tovaglia, appiccando rogo sulle pareti, spargendo cenere ovunque.
E la casa d'infanzia divenne la casa degli orrori; e le sue lacrime di coccodrillo mi fecero trovare ricchezza.
Notai tutto il calore che emanava la mia pelle, sputai fiamme dalla lingua bifolca, e dalle iridi cerbiatto, uscivano vampate di fuoco giallastro con tutti i suoi colori autunnali, sulle spalle le ciocche mi possedevano; in un battito di ciglia presi fuoco.
Ma non ne ero vittima, lo possedevo.
Provavo quel desiderio inarrestabile di sprigionare agonia, rabbia, svuotare le emozioni che erano in me e quando la casa cadeva a pezzi, il gas esplose, e persino i miei fratellastri bruciarono, mi pentì di non aver provato un senso di umanità.
Divenni ingestibile, perdendo ogni briciola di buon senso in me.
Fin quando, tutto si spense, persino il focolare che c'era in me.
Vidi un nero indomabile, spoglie ovunque e quel che restava di loro ormai in polvere.
Mi toccai il cuore chinata per terra, respirai a fatica affogata nel panico; chiusi gli occhi con la presenza di una donna davanti a me.
Sarebbe stato strano pensare fosse una vicina o un medico, le persone normali non avevano le iridi viola, gli umani non sorridevano ai mostri.
《Gioisci Soleil! Speriamo che i tuoi desideri divengano realtà, la fortuna è dalla tua parte.》
Cosa succederebbe se non lo fosse?
Possiedo ancora la fortuna di essere felice come una volta?
Desidero il coraggio, perché con esso potrò vendicare la vecchia me.
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