3. Oltre il velo

-Zaldrik... mi dispiace.-

Sapeva come funzionava il Drift. Era un viaggio attraverso la propria mente, i ricordi ti passavano davanti come treni in corsa. Se ci pensavi troppo qualche treno poteva fermarsi e lasciarti salire. Rivedere il proprio vissuto era il peggio che poteva succedere, il modo migliore per rimanere bloccati per sempre in quel mondo onirico. I piloti più inesperti erano soliti vagare nei propri ricordi vedendo davanti i loro occhi i momenti della propria vita a cui non riuscivano a staccarsi, a lasciare andare.

Zaldrik sapeva già cosa avrebbe incontrato. L'abbandono. La solitudine. Red e lui cresciuti insieme come fratelli. La paura di sentirsi debole, incatenato e senza un posto nel mondo. Le altre persone pronte a evitarlo disgustate, convinte fosse un cane rabbioso ancor prima che il suo carattere si trasformasse in quel ammasso di irritante arroganza. Erano situazioni familiari quand'era solo una recluta e ormai si era lasciato tutto alle spalle, aveva imparato a non badarci, a non farsi sfiorare da nessuna di quelle immagini. 

Quella volta però vedeva solo buio attorno a lui. 

-Venti percento.-

Delle grida spezzarono il silenzio. Erano le sue ma quella non era la sua voce. Suonava come un bambino.

Aprì gli occhi. Era incatenato ad un tavolo operatorio. Sopra di lui un paio di medici con il volto coperto da mascherine e bandane lo stavano osservando. Non sapeva cosa stessero facendo ma il dolore era insopportabile. Provò a dimenarsi con tutta la forza che aveva, guardando le braccia pallide bloccate al tavolo con delle cinghie. Una terza persona gli prese la testa e bloccò anche quella. 

-Non preoccuparti, presto sarà tutto finito.- 

Una donna dagli occhi color del ghiaccio si sporse verso di lui. Gli accarezzò la guancia in un misero tentativo di consolarlo.

(Basta fa male non voglio perché mi fai questo ho paura è insopportabile basta ti prego cosa mi sta succedendo ho paura ti scongiuro smettila non voglio morire)

Pensieri non suoi gli invasero la mente. La disperazione e la paura erano tutto quello che poteva percepire. Non riusciva a staccarsi da tutto quel terrore, ogni sensazione gli stava entrando fin dentro le ossa. Doveva ribellarsi a quella visione anche se non riusciva a trovare la forza per farlo. Non voleva farlo.

(Non è reale)

Strinse gli occhi e cercò di respirare. Si costrinse a concentrarsi su altro, qualsiasi cosa gli venisse in mente pur di fuggire da quei ricordi. Se fosse rimasto lì ancora non sarebbe mai riuscito a staccarsene.

Visioni confuse di un passato che non conosceva gli scorrevano davanti nonostante tenesse le palpebre sigillate. Riusciva a percepire ogni grido, ogni pianto. Le urla di un bambino mischiate alle suppliche. Sensazioni di un'infantile ingenuità schiacciate da torture fisiche e violenze psicologiche. Voci estranee gli ricordavano quanto fosse speciale nonostante non ci fosse nulla nei suoi pensieri a farglielo credere. Sentì la stanchezza e il tormento alla fine dell'ennesimo allenamento. I muscoli gli bruciavano e l'aria che entrava nei polmoni non riusciva a saziarlo. Si chiedeva il perché di tutto quel dolore e dentro di sé sapeva la risposta.

Era nato per essere il pilota perfetto. Nella sua vita solo quello contava.

Sentì il rumore di un vetro infranto e di acqua, alcune gocce gli arrivarono sul viso. Il terreno iniziò a tremare.

-FERMATI!-

Aprì gli occhi di scatto. Si trovava dentro uno Jeager. Parte del vetro della cabina di pilotaggio era in frantumi e da essa un temporale entrava con tutta la sua furia, inondandolo di vento e di pioggia. Sentiva il sapore ferroso del sangue dentro la sua bocca e la testa gli scoppiava.
Davanti a lui un gigantesco Kaiju in fin di vita ruggiva al cielo con tutta la sua potenza.
Non sentiva paura in sé questa volta ma solo rabbia, accecante, furia e disprezzo.
Si accorse solo dopo qualche attimo del suo co-pilota con un braccio allungato ad afferrare il suo.

-Ti prego, basta! Non possiamo continuare!-

Si scostò per interrompere quel contatto. Pensieri altrui gli invasero la mente.

(Devo ucciderlo farlo a pezzi a qualunque costo devo farlo deve morire sono nato per distruggerli tutti deve morire LO UCCIDO MUORI)

Dentro di sé sapeva che il suo co-pilota aveva ragione. Lo Jeager aveva molte parti pericolosamente danneggiate eppure lui si preparò per un altro attacco. Era una mossa talmente inutile da essere ridicola ma si avventò lo stesso sul Kaiju.
Provava delle emozioni così intense come mai avrebbe pensato di provare. Il suo cervello era annebbiato da tutti quei pensieri e non riusciva a non sentirsi un cane a cui era stato impartito l'ordine di attaccare. Era mosso da istinti che non potevano essere umani, quei riflessi incondizionati non sembravano avere alcun senso. Era una macchina pronta ad uccidere anche a costo della vita.

Il Kaiju si appellò agli ultimi suoi istanti di vita avventandosi sullo Jeager. Aprì la mascella da lucertola e azzannò la testa del mecha con tutta la forza che gli era rimasta.
Le parti di vetro della cabina ancora intatte si incrinarono e volarono dentro la bocca della bestia e verso di loro. Un enorme pezzo l'avrebbe colpito se non fosse stato per il suo co-pilota, pronto a fargli da scudo. Il vetro lo lacerò all'altezza del bacino e solo vedendo il sangue colare e il suo corpo cedere si riscosse dal suo stato di trance.

(È colpa mia sono un mostro è colpa mia ho ucciso mio fratello è morto per colpa mia)

Sentì una disperazione così forte da farlo impazzire, da togliergli il fiato. Lacrime gli appannavano gli occhi e le grida di disperazione erano l'unica cosa accessibile alle sue orecchie. Tutto quello che stava vivendo era troppo intenso e troppo sbagliato ma voleva vederlo ancora, scoprire se potesse esserci qualcosa di ancora più forte. Tutto quel dolore era come una droga e sapeva di non poterne più fare a meno.

-Perché non si sveglia?!-

No, non portatemi indietro. Non adesso.

-Non si può staccare tutto e basta?-

-No! Potrebbe avere danni cerebrali permanenti!-

Non è ancora il momento!

(Devi svegliarti.)

Zaldrik fece un profondo respiro, come se fosse stato sott'acqua fino al limite delle sue forze. Si tolse il casco cercando di far entrare più aria possibile nei polmoni. Non riusciva a distinguere bene ciò che aveva intorno ma intuì di essere tornato alla realtà, nella stanza del simulatore. Fece un passo in avanti per staccarsi il prima possibile dall'apparecchio e cadde a terra sentendo le gambe molli. Mise le mani sul pavimento per sorreggersi mentre delle gocce di sudore scivolavano dal suo viso. Respirava a fatica.

-Zaldrik! Stai bene?!-

Red lo raggiunse subito, abbassandosi verso di lui e mettendogli una mano sulla schiena. Era una reazione comprensibile, le prime volte in cui si effettuava un Drift era un miracolo se non vomitavi. Zaldrik però non era più un cadetto, ma un Ranger esperto. Non sarebbe stato possibile per lui farsi così male per delle simulazioni.

-Sto... Sto bene. Va tutto a meraviglia.- rispose con un'espressione esaltata in volto.

Si mise a sedere cercando di capire cosa fosse appena successo. Non era raro vedere persone bloccate nei propri ricordi, incapaci di staccarsi da tutti i momenti più gioiosi o duri della propria vita. 

Ma qualcuno che rimaneva confinato nei ricordi altrui? Non era mai successo. Ne era sicuro. Eppure eccolo lì, tremante, sconvolto da visioni di una vita non sua. Tutto quel terrore, quella disperazione erano state orribili e inebrianti allo stesso tempo. Voleva vedere di più, scavare ancora più a fondo, studiare quella psiche così devastata.

Alzò lo sguardo verso Hades. L'albino era lì accanto a lui, lo guardava dall'alto con un'espressione indecifrabile.

Si accorse di vederlo in modo diverso in quel momento. La sua esile figura appariva magnifica ai suoi occhi. Era un mix così perfetto di forza e fragilità allo stesso tempo.

Provava l'impulso di usare ciò che aveva visto per spezzarlo ancora di più, si sarebbe divertito a prendere quelle informazioni come i fili per farlo diventare un perfetto burattino, l'avrebbe tenuto in pugno e stretto tra le sue dita fino a sentire le ossa rompersi, ma si accorse che non finivano lì i suoi desideri, non erano solo quelli i sentimenti nei confronti di quel ragazzo ormai.
Aveva visto i suoi momenti più oscuri, scavato nei suoi pensieri più orrendi.
Nonostante non avessero completato il Drift non si era mai sentito così connesso a un'altra persona in vita sua.
Voleva solo vedere tutto ciò che lo tormentava e proteggerlo da ogni cosa lo avesse potuto ferire ancora.

-Fatemi riprovare.- disse dopo solo qualche istante.

-Che cosa? Sei impazzito?! Per poco non rischiavi un'ischemia!- gli rispose immediatamente Blue, con un'espressione allarmata in volto. Non gli era mai capitato di vedere una situazione così grave.

-Non mi interessa.- rispose noncurante cercando di alzarsi. Riuscì a mettersi in piedi con le gambe che ancora tremavano.

Fu Hades questa volta a fermarlo. Gli posò una mano sul petto e una sulla schiena per provare a sorreggerlo. Il suo sguardo brillava di una nuova luce sotto il suo solito velo di tristezza che lo caratterizzava.

-Mi dispiace di averti sconvolto...-

Zaldrik stava già per contraddirlo ma Hades continuò a parlare.

-Se vuoi ancora provare va bene... ma facciamolo domani. Sembri stanco, non voglio vederti stare male...- 

Il corvino sentì una stretta allo stomaco. 

-Va bene. Come vuoi.- gli rispose solamente,  stranamente docile. Gli posò un braccio sulle spalle con la scusa di sorreggersi e avvicinarlo ancora di più a sé.

Shirley era rimasta ferma ad osservare tutta la situazione senza dire una parola, stupita da tutto quello che aveva visto. Non immaginava potesse essere quello il finale. Di solito chi aveva provato ad effettuare il Drift con Hades non durava nemmeno qualche secondo, si staccavano spaventati ancor prima di arrivare al dieci percento della connessione. 

Zaldrik invece era arrivato al settanta. Certo, era rimasto bloccato, ed era visibilmente provato, ma aveva resistito molto più a lungo rispetto alla media e voleva anche ritentare!

Non sapeva se nel bene o nel male, qualcosa era stato innescato. 




-Quindi vuoi davvero ritentare? Sei proprio sicuro?- 

Shirley non riusciva ancora a mettersi il cuore in pace.

-Ti ho detto di sì! Mi sto stancando di ripeterlo!- 

Zaldrik prese una forchettata della sua pasta e la passò ad Hades. L'albino, sentendosi in obbligo verso la sua cortesia, aveva mangiato senza fare storie. Andavano avanti così da dieci minuti buoni e Zaldrik non aveva ancora nemmeno assaggiato il suo piatto. Non sembrava comunque intenzionato a smettere.

-Anche per me va bene...- pure Hades rinforzò il concetto dopo aver mandato giù il boccone.

-Visto? Va bene a tutti e due! Non rompere le palle!- Zaldrik fece un sorrisetto. - Cosa c'è? Ti rode aver perso la nostra scommessa?-

-Non era una scommessa!-

-Quel che era!- e si girò verso l'albino. -A te non dispiace avere un partner così figo vero, piccolo?-

Hades sembrò imbarazzato da quella domanda, non sapendo bene come rispondere.

-Sì, cioè... Sono contento che tu voglia essere mio partner...-

Zaldrik sentì il cuore perdere un battito.

-Come sei carino!- gli disse senza contenersi, portandolo a sé e accarezzandogli i capelli.

Shirley, seduta davanti a loro, osservava la scena cercando di rimanere calma. Cosa aveva fatto?! Il suo migliore amico era passato dall'essere tormentato da un bullo all'essere molestato da un maniaco! Guardando l'espressione di Hades però, non poteva certo dire che gli dispiacesse. Era ancora un po' rigido sotto il tocco del suo co-pilota ma non sembrava affatto infastidito. Leggeva anzi un accenno di contentezza nei suoi occhi, una luce raramente intravista in quel mare di oscurità che solitamente provava. 

Beh, forse quella situazione non era così male. Sentiva di poter di nuovo sperare per il meglio.

-Non pensi siano belli? Eh?- sentì dire a Zaldrik e solo in quel momento la rossa si riscosse dai suoi pensieri, vedendo come il ragazzo avesse invitato Hades a palpargli i bicipiti.

Si rimangiava tutto. Non c'era alcuna speranza per quel coglione.

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