6. IL PRESIDE.
Sir Kita e Joka si guardarono rapidamente, sorpresi dall'inaspettata interruzione.
Joka subito rindossò il gilet, lasciando il cappotto sulla sedia per la fretta.
«Mi scusi, lei è il signor...?», iniziò Sir Kita, cercando di ricordare il nome del padre di Daichi.
«Tanaka. Sono il signor Tanaka, padre di Daichi», rispose l'uomo con un cenno del capo.
«Oh, vedo che suo figlio non le ha detto nulla», disse Sir Kita con un sorriso gentile, «Daichi è stato coinvolto in una piccola disputa nel cortile della scuola, e dovrà rimanere qui finché non avrà pulito l'intera aula di scultura insieme al suo... compagno di classe...».
Il signor Tanaka sollevò un sopracciglio, guardando Sir Kita con sorpresa e preoccupazione.
«Mi dispiace molto per l'incidente», disse.
Sir Kita annuì con comprensione, «Capisco che sia una sorpresa. Siamo stati rapidi nel gestire la situazione e assicurarci che Daichi impari dalla sua esperienza».
Il preside si rivolse poi a Joka con un cenno del capo, incoraggiandolo a confermare la spiegazione. Joka allora annuì nervosamente, «Sì, abbiamo preso le misure necessarie per garantire che tutto sia sotto controllo».
Il signor Tanaka sembrò leggermente rassicurato dalle parole del preside e di Joka.
«Apprezzo il vostro impegno nel prendervi cura di Daichi», disse sorridendo, «Mi assicurerò che sia disciplinato e impari dalla sua punizione».
Sir Kita annuì, «Grazie per la sua comprensione, signor Tanaka».
Con un cenno di saluto, il signor Tanaka si allontanò dall'ufficio, lasciando Sir Kita e Joka sollevati per aver affrontato la situazione in modo rapido ed efficace.
«Sembra che abbiamo risolto tutto», commentò Joka con un sospiro di sollievo.
Sir Kita sorrise, «Sì, sembra proprio così. Ora possiamo tornare ai nostri affari».
«Oh no», Joka allontanò Sir Kita con uno strattone, «Ho esaurito il mio tempo, a stasera».
Sir Kita velocemente baciò Joka e gli ammiccò, «Sai dove abito».
Joka arrossì leggermente per il bacio improvviso, ma sorrise, lasciandosi contagiare dall'entusiasmo di Sir Kita.
«Sì, lo so», disse con un sorriso malizioso, «Non vedo l'ora di venire a trovarti».
Sir Kita sorrise soddisfatto e guardò Joka mentre si allontanava dall'ufficio.
Una volta rimasto solo, tornò al suo lavoro, ma la mente continuava a vagare verso l'idea della serata che avrebbe trascorso con Joka, «Allora, ci serve un tecnico nell'aula di musica, poi, la disputa dei due studenti, altro?».
Cominciò a riflettere ad alta voce, camminando per l'ufficio e osservando tutte le tele su cui aveva intrappolato alcuni studenti e studentesse in passato, ormai compisti solo da vernice. Un sospirò lo accompagnò, si sedette alla scrivania e attivò il microfono.
«C'è bisogno di un tecnico nell'aula di musica urgentemente, chi è libero andasse lì a controllare la situazione per favore. Grazie», disse, echeggiando tra tutti i megafoni della scuola.
Si stese comodamente sulla poltrona e gemette dal rilassamento.
«Ah, quanto è complicato gestire le emozioni contorte del Metaverso nel momento in cui il piacere fisico prevale su quello sentimentale... Ma è qui dove le oscurità delle menti delle anime si diffondono, e ora, con data concessione, sarei libero di tradire il mio dolce professore di teatro per sfogare anche solo uno spasmo in più...», ansimò.
Poggiò la testa sullo schienale della poltrona e rimosse i guanti, rivelando mani pallide dalle dita sottili e unghie nere come la pece. Le stesse mani che toccarono la cerniera del suo costume nero di Fox e la tirarono giù per scoprire metà busto e sfiorarlo delicatamente.
Un momento intimo negato agli occhi di tutti, poi un colpo alla porta lo fece sobbalzare. Kita abbassò lo sguardo, rialzò la cerniera e alzò la voce, «Sì? Chi è?».
Dall'altra parte della porta si udì una voce familiare, quella della studentessa della classe di musica, «Signor preside, scusi il disturbo», disse lei con un'espressione un po' imbarazzata.
Sir Kita si alzò dalla poltrona, raddrizzando il suo abbigliamento con un movimento fluido. «Entra», disse, cercando di mascherare la sua sorpresa, «C'è qualcosa che posso fare per te?».
La studentessa annuì nervosamente, «Ehm, volevo solo chiedere... Prima, quando sono venuta nel suo ufficio ho visto... beh, sa...», esitò, incapace di completare la frase.
Sir Kita mantenne la calma, «Oh, capisco. Ma non preoccupatevi, è solo una questione personale tra me e... una persona di fiducia».
La studentessa sembrò un po' sollevata dalla risposta del preside, ma ancora curiosa, «Persona di fiducia? Ormai tutti la conoscono, preside! Lei stava letteralmente baciando quell'Ombra!»
Sir Kita si sentì colto di sorpresa dalla diretta osservazione della studentessa.
«Ah, non hai perso il particolare, vedo», rispose, cercando di non rivelare troppo.
«Quello che ha visto era solo... un momento personale, ma sono qui per voi adesso. C'è qualcosa che posso fare per aiutarvi?», disse il preside abbassando il tono della voce in uno sensuale e greve, facendo dei passi in avanti verso la studentessa di quarta.
«Mi ricordate il vostro nome, prego?».
La studentessa, sorpresa dal cambio improvviso di tono e atteggiamento del preside, arrossì visibilmente e si sentì improvvisamente imbarazzata, balbettando, «Mi chiamo Emi Takahashi, signor preside, studio p-pianoforte e-e canto...».
Sir Kita sorrise in modo affascinante e le si avvicinò ancora di più, «Emi, un nome così dolce per una ragazza così bella come te. Dimmi, cosa posso fare per farti sentire più a tuo agio?».
La studentessa si sentì ancora più imbarazzata di fronte alla suggestione implicita del preside, «Ehm, nulla, signor preside! Io solo... volevo chiedere qualcosa riguardo alla lezione di musica...».
Sir Kita la interruppe con un sorriso seducente, «La lezione di musica può attendere, Emi».
Emi si sentì confusa.
«Signor preside, io...», tentò di dire, ma le parole le morirono in gola.
Sir Kita si avvicinò ancora di più fino a toccare il mento della ragazza con la mano nuda e sollevarlo, «Non preoccuparti, Emi. Quell'Ombra certamente non infligge sulla mia professionalità come preside di questa bellissima scuola. Ora sono qui solo per te».
La sua voce era morbida e invitante, ma Emi si sentì sempre più a disagio, così, presa dal momento intimo, sia avvicinò di poco per dare un piccolo bacetto sulla guancia del preside.
In seguito, incerta su come reagire alla situazione imbarazzante in cui si trovava, Emi decise di tentare di allontanarsi delicatamente dalla presenza del preside, cercando di mantenere una certa distanza, «Grazie, signor preside, ma volevo solo ringraziare perché ha mandato il tecnico e ora funziona tutto a meraviglia!».
La ragazza di fretta uscì correndo dall'ufficio.
Sir Kita, invece, si schiaffeggiò la fronte, rendendosi conto di aver forse oltrepassato un confine con il suo atteggiamento verso Emi. Sospirò, poi si sedette di nuovo alla sua scrivania, cercando di concentrarsi sul lavoro per distogliere la mente dai turbamenti interiori.
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