20. CASETTA SEGRETA.
Joka annuì e si diresse verso l'uscita dell'auditorium, lasciando Le Prof con la sua lezione di teatro. Intanto, mentre usciva, sentì una sensazione di leggerezza nell'aria, come se una tensione fosse stata momentaneamente sollevata.
Decise così di scendere al piano terra e riferire la situazione al preside Kita.
Mentre camminava per i corridoi della scuola, incrociò lo sguardo con alcuni studenti, ma nessuno di loro gli rivolse la parola. Lui continuava a riflettere piuttosto sulla conversazione appena avuta con Le Prof, e su come avrebbe potuto reagire il preside.
Arrivato davanti alla porta dell'ufficio, senza esitazione, la aprì e fece un passo dentro l'ufficio del preside Kita. L'ambiente era troppo serio e formale per un preside malvagio e malizioso che portava con sé nel letto le sue studentesse e intrappolava altri studenti nei quadri.
Il presidente Kita alzò lo sguardo dal suo lavoro e fissò Joka con interesse.
«Ah, Joka, sei qui?», chiese, poggiando i gomiti sulla scrivania e incrociando le dita delle mani.
«Ho saputo che Le Prof è riuscito a sedurti, per mezzi termini, e gli ho anche riferito della nostra situazione, quindi lui mi ha informato di saperlo già e che non vuole più saperne di cosa facciamo noi due...», disse Joka mentre si avvicinò di più alla scrivania, ridendo.
Sir Kita rise insieme a Joka, «Come immaginavo, le Prof non si limita a dire poco...».
Joka poggiò i gomiti delle braccia sulla scrivania, strinse i pugni per reggere il mento e approcciò il volto vicino a quello di Sir Kita, ghignando e inclinando la testa sul lato, «Già, lo so. È bravo, quando vuole lui, a destreggiare le situazioni a suo favore... perciò... siamo liberi, preside?».
Sir Kita alzò un sopracciglio, sorpreso, «Interessante approccio, Joka», disse con un leggero sorriso enigmatico, «Ma la libertà è una questione relativa, non trovi?».
Joka arretrò, «Cosa intendi, Kita?».
Il preside si alzò dalla sua sedia e gli si avvicinò, guardandolo dritto negli occhi con un'aria penetrante, «Intendo che la libertà è qualcosa che si guadagna, Joka. E talvolta richiede più di un semplice gesto, discussione che sia... oltre le gelosie relative».
Le parole del preside fecero rabbrividire Joka.
«Prima mi chiedi se le Ombre sono in grado di amare, ti fai sedurre da Le Prof, mi dici che con lui è stato solo uno sbaglio per via di un pettegolezzo, vieni a casa mia, e ora mi vieni a parlare del significato di libertà? Ora sono seriamente perso...», mormorò Joka, confuso.
Sir Kita si fermò davanti a Joka, osservandolo attentamente con un'espressione indecifrabile.
«Sembri confuso, Joka», sussurrò appena.
Joka si sentì vulnerabile tutto d'un tratto, riducendo anche lui la sua voce a un sibilo, «N-no... voglio solo sapere cosa ha significato per te il tempo passato a casa tua e a casa mia. Se anche dopo aver detto la verità a Le Prof, io, ti piaccio ancora...».
Sir Kita si prese un momento prima di rispondere, osservando Joka con un'intensità che lo faceva sentire come se il preside potesse leggergli l'anima.
«Il tempo trascorso insieme è stato... coinvolgente», disse, il tono ora più serio.
«E, in risposta alla tua domanda, Joka, ti dirò che mi piaci ancora», aggiunse.
Joka ghignò, «Immaginavo, e vuoi ancora passare del tempo con me?».
Sir Kita avvolse le braccia attorno al busto di Joka e lo baciò con passione, l'altro ricambiò e il bacio si trasformò in un violento scambio di morsi fino a quando persero i loro respiri.
«Certo, non ho mai smesso di pensarti mia dolce notte stellata enigmatica», recitò Sir Kita.
Joka arrossì sul volto, «Oh, e dimmi... la nostra rimane sempre una attrazione fisica?».
Sir Kita ridacchiò, «Chi lo sa! Le attrazioni possono evolversi in tante cose...».
Joka arrossì ulteriormente, comprendendo il sottinteso delle parole del preside, «Voglio solo...», iniziò, ma le sue parole furono interrotte da Sir Kita che posò un dito sulle sue labbra.
«Non c'è bisogno di spiegazioni, solo le nostre azioni parleranno per noi».
Sir Kita prese la mano di Joka, «Ti faccio vedere una cosa, seguimi», disse mentre lo condusse fuori dall'ufficio uscendo da una porta segreta per non farsi vedere dai suoi studenti o altri professori.
Quando uscirono dall'edificio scolastico si ritrovarono nel cortile, illuminato dalla luce del sole che filtrava tra le fronde degli alberi, poi si avventurarono in un vialetto laterale, meno frequentato e più appartato, finché si fermarono davanti a una piccola casetta.
Essa sembrava fuori posto nel contesto scolastico, circondata da alberi e cespugli che ne nascondevano la vista. Sir Kita sorrise misteriosamente e fece un gesto invitante verso di essa.
«Ecco il mio rifugio personale», disse, mentre apriva la porta e invitava Joka ad entrare.
Quando Joka entrò, un ambiente strano lo circondò: ogni parete era piena di schizzi di colore di ogni tipo, e alcuni di essi avevano tante forme tra cui volti umani e nature morte. Al centro uno sgabello e vicino a esso un tavolo decorato dal disordine di strumenti da pittura.
Joka rimase incantato dall'atmosfera surreale della piccola casetta. Gli schizzi di colore sulle pareti sembravano danzare insieme, creando un'esplosione di creatività.
«È stupendo, Kita», disse, sorridendo mentre ammirava gli schizzi intorno a lui.
Sir Kita si avvicinò a Joka e lo abbracciò da dietro, posando il mento sulla sua spalla.
«Questo è il mio spazio creativo», disse con un tono di voce calmo e sereno, «Qui posso esprimere liberamente i miei pensieri e le mie emozioni attraverso l'arte».
Joka si girò verso di lui, affascinato dalla passione nel suo sguardo.
«Mi piace molto», disse sinceramente, avvicinandosi per un bacio.
«Per adesso solo io e te siamo a conoscenza di questo posto, nemmeno Le Prof lo hai mai visto», disse Sir Kita prendendo in mano uno dei pennelli, impregnandolo di vernice e schizzandola verso un punto della parete che era ancora vuoto. Il suo colore rosso intenso rifletté la luce del sole che filtrava dalle finestre, aggiungendo un tocco di vitalità all'opera in divenire.
Joka si grattò il mento, «E perché me lo hai fatto vedere?».
«Perché sento che di te...», il preside si riavvicinò all'altro e gli sfiorò poco le labbra, «Mi posso fidare...», concluse, poi lo baciò con dolcezza improvvisa, mentre le mani gli presero i fianchi.
«La libertà data da Le Prof forse ci sta facendo male...», commentò Joka nel piccolo istante in cui le loro labbra si staccarono per poi riattaccarsi per approfondire altri baci.
Sir Kita si allontanò leggermente per guardare Joka negli occhi, una fiamma di desiderio danzava nei loro sguardi, «Forse hai ragione», disse con voce sommessa, «Ma la libertà è anche una questione di scelte. Scegliamo noi come gestirla».
«Ok, quindi cosa scegliamo di fare adesso?», chiese Joka, con un sorriso malizioso.
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