1. PRIMI PASSI.

Akira Kurusu si ritrovò a percorrere il Metaverso, il luogo dell'animo distorto e delle Ombre che si annidavano nei recessi più oscuri dell'esistenza umana.

Il ragazzo avanzava lentamente, col suo costume di Joker sgualcito e sporco di polvere, segni dei numerosi scontri che aveva affrontato prima di raggiungere quel punto. Le sue labbra erano sporche di sangue, le mani private dai guanti rossi, gli occhi mostravano cattiveria.

Intanto la presenza dell'Ombra Joka si fece sempre più misteriosa e oscura, diffondendosi come una nebbia insinuante e avvolgendo ogni cosa nel suo cammino. 

Akira si era impegnato a fondo per sconfiggerla, anche donando sé stesso al sé, ma sembrava che ogni vittoria fosse seguita da una nuova sfida, sempre più insidiosa e imprevedibile.

La luce del Metaverso era fioca e malinconica, proiettando ombre sinistre sui muri scrostati. 

Il corvino avanzava con cautela, conscio del pericolo che si nascondeva dietro ogni angolo. Ma non era solo la minaccia delle Ombre a preoccuparlo quella sera. Era la sua stessa Ombra interiore, la parte di sé che era stata contaminata dal male che combatteva.

Le sue mani tremavano leggermente mentre stringeva la sua arma, quel pugnale con la lama fredda e affilata. Il sangue che macchiava le sue dita non era solo quello dei nemici sconfitti, ma anche il riflesso della sua lotta interiore. C'era una parte di lui che si sentiva sempre più distante dalla luce, avvolta dall'oscurità che aveva giurato di combattere.

In un momento di pausa, Akira si fermò e chiuse gli occhi, cercando di raccogliere i suoi pensieri. 

«Che cosa sta succedendo veramente, perché Joka sembra così inspiegabilmente potente e insidiosa adesso? Ho dato io il permesso alla mia parte oscura di prevalere?», domandò al vuoto di fronte a lui, dove si materializzò Joka, la sua Ombra. 

«Immagino le risposte sfuggano al tuo controllo, come sabbia che scivola tra le dita», rispose.

Quando Akira riaprì gli occhi vide l'Ombra davanti e preparò il pugnale.

«Joka...», sussurrò, il suo cuore pulsava nel petto.

«Akira...», sussurrò l'Ombra.

Quando Joka si sciolse davanti a lui, Akira si trovò a fissare la figura che si rivelava. 

Joka lo osservava con occhi gialli luminosi a riflettere un'anima insaziabile. La sua pelle pallida sembrava quasi bianca, e il costume che indossava era pulito e indenne.

Akira sentì un brivido lungo la schiena mentre l'Ombra si materializzava completamente di fronte a lui. Era come se stesse guardando di nuovo nel suo stesso abisso interiore, una parte di sé che aveva sempre cercato di nascondere e reprimere.

«Sei tornato ad avere i capelli neri, l'ultima volta che ti ho visto li avevi rossi», sibilò.

Joka allungò le braccia e raccolse il suo viso tra le mani.

«Ormai questo territorio non è più di tua competenza, va via. Ho promesso che non ti avrei più toccato, baciato, lasciandoti vivere la vita che volevi, perciò d'ora in poi non entrare qui».

Il ragazzo sentì un secondo brivido corrergli lungo la schiena, «Volevo solo dirti ciao».

L'atmosfera si fece più carica di tensione mentre Akira fissava la sua Ombra, le parole pesanti nell'aria tra loro. La figura distorta di Akira sembrava essere avvolta da un'aura oscura e inquietante, mentre il ragazzo cercava di capire le parole appena pronunciate.

«Non... non puoi solo... dire 'ciao'...», rispose Joka.

Un sorriso lasciò la sua bocca, ma c'era un'ombra di tristezza nei suoi occhi gialli.

«Volevi Goro Akechi, mi hai anche battuto, va via, dico».

Akira fissò Joka intensamente, «Infatti, non ho intenzione di rimanere».

«Allora non trattenerti ancora di più, io sono felice che tu abbia trovato la tua strada, Akira. Ero solo un riflesso delle tue paure e delle tue insicurezze. Ora che hai accettato te stesso, non ho più motivo di esistere nel tuo mondo, piuttosto qui, nel mio».

Le parole dell'Ombra colpirono Akira come un fulmine.

Si rese conto che, nonostante tutte le lotte, la sua Ombra non era altro che quella parte di sé stesso che aveva rifiutato molte volte, ma in quell'istante, mentre lo guardò negli occhi, capì che doveva finalmente accoglierla e portarla con sé.

«Mi dispiace per tutto quello che hai dovuto passare a causa mia. Io iniziai con l'assurdità di trovare me stesso e poi ho solo combinato guai...», sussurrò Akira mentre le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi.

Joka si avvicinò lentamente e gli porse una mano. 

«Non c'è bisogno di scusarsi. Siamo sempre stati legati l'uno all'altro, indissolubilmente. Ma ora è il momento di dire addio. Vai avanti, Akira. Trova la tua pace e la tua felicità, nonostante avrei voluto baciarti ancora», aggiunse con un ghigno nascosto.

Con un nodo alla gola, Akira afferrò la mano dell'Ombra e la strinse con forza, sentendo una strana sensazione di leggerezza e liberazione. Poi, lentamente, l'Ombra iniziò a dissolversi, fondendosi con l'oscurità circostante fino a scomparire del tutto.

Akira rimase lì, immobile, a guardare il vuoto lasciato dalla sua Ombra.

Si asciugò le lacrime e voltò le spalle, consapevole che sarebbe tornato, non avrebbe più negato l'affetto di sé stesso, anche il più intimo nascosto nel profondo della sua essenza oscura e maliziosa. Questo pensiero causò un brivido lungo la sua schiena.

Si voltò di scatto, arrivato a metà strada, e vide che anche Joka sorrideva maliziosamente.

«Sai che tornerò, vero?», stuzzicò.

«Certo, così come so che menti a te stesso quando dici di non apprezzare anche ciò che sembra strano, come godere di baciarmi...», disse con voce sibilante, il suo sguardo giallo brillava dietro la cortina di capelli neri.

Akira sospirò, «Sono tutte conseguenze, una dietro l'altra...».

«Oh no, l'ho già detto in passato!», esclamò Joka.

«Hai sempre sottovalutato il potere dell'oscurità che risiede dentro di te, ma ora non ha più importanza, il Metaverso ha una sua vita, e io ne prenderò ogni beneficio», aggiunse.

Una seconda risata inquietante si udì uscire dalla sua bocca.

Akira sentì il suo cuore accelerare mentre lo guardava con sospetto.

«Cosa vuoi ancora da me, Joka? Che cosa stai tramando?», gli chiese con irritazione.

Joka non smise di ridere, «Ti aspetterò nel letto, mio bellissimo e affascinante me».

Akira annuì ridacchiando, un sorriso malizioso attraversò il suo viso.

«Lo so dove trovarti», ammiccò.

Con un rapido movimento, Akira si girò di nuovo e si allontanò, lasciando alle spalle il Metaverso e il suo riflesso oscuro, ma non la sua Ombra, che sarebbe rimasta sempre lì, a osservarlo da un angolo nascosto della sua mente.

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