Capitolo I: Rain
Novembre 2017 - Tre mesi dopo gli eventi di Bellavista....
Cammino in cerca della mia meta tra i ruderi di quella che un tempo fu Bellavista.
Cammino incurante del cielo che va coprendosi.
Non dovrei essere qui, ne sono consapevole.
Mi fermo.
Fisso in silenzio ciò che ho davanti a me, ciò che resta di Bellavista, della base militare, i suoi silenziosi resti e mi ritrovo qui come facevo dopo ogni missione, come dopo ogni riunione, a pensare a cosa sarà di me, a riflettere su quello che è successo solo tre mesi fa; ad alzare lo sguardo per guardare il cielo e scorgere le luminose stelle, stelle che però questa sera sono assenti, il cielo va tingendosi con i colori dell'ombra e ampie nuvole stanno giungendo, questo so per certo essere presagio di pioggia.
Mi lascio scivolare con la schiena lungo un blocco di roccia volgendo un cieco sguardo al cielo plumbeo, mentre lascio che i ricordi di ciò che ho passato fluiscano in me, proprio come una fredda pioggia, chiudo gli occhi.
- Ricordo cosa è successo un mese fa...-
La partenza dalla base con la squadra per la bonifica.
L'arrivo alla palazzina .
Il sotterraneo con le strane creature infettate da chissà che cosa.
La ferita che mai se ne andrà e mai mi farà dimenticare cosa quel giorno e i due successivi successe. Le spalle di Zack Sawyer che mi hanno sostenuto in quel frangente.
Il risveglio in un' appartamento sconosciuto in compagnia di gente che poi è diventata un po' la combriccola della salvezza.
Il capo SWAT con il suo tagliente sguardo, il mettere in discussione ogni mia parola.
La fuga e le creature dalle sembianze canine.
La terrazza ...già.... un nuovo shock vista la situazione , un qualcosa che ho visto nella mia memoria, è lì che nonostante tutto ho ricordato un qualcosa di me è lì che la nebbia che avvolgeva i miei primi sei anni di vita si è un po' diradata.
La paura, il pensiero del non farcela ,l'adrenalina alle stelle mentre si metteva in pratica il piano per distruggere la creatura mutante, già, un creatura che un tempo era un amorevole padre creata in laboratorio e, che in quella assurda battaglia ha veramente rischiato e perso tutto, un po' come me , so come deve essersi sentito e non lo biasimo ma quando davvero perdi tutto, quando davvero perdi qualcosa di importante, anche i buoni propositi vanno scemando e inconsapevolmente si diventa schiavi della vendetta e non si è più quelli di prima, se non solo all'apparenza.
Poi l'esplosione, un esplosione così forte che ha distrutto tutto.Sento ancora quel rumore nelle orecchie ogni volta che ritorno con la mente a quei fatidici attimi, quel cielo di fiamma che mai più scorderò quando anche l'ultimo pezzo della mia me passata se ne è andato.
Ritorno al presente.
Il desiderio di cambiare vita spinta dal fatto di ricercare con insistenza le mie radici mi ha portato a questo, a questa strana decisione maturata durante quella missione, eppure ancora non credo a ciò che è successo, al pericolo scampato e di cui porto ancora l'indelebile segno, una cicatrice al fianco sinistro. Ricordo Mailer che mi ha prestato il primo soccorso e ricordo il delicato tocco di Sawyer che mi ha medicato improvvisandosi infermiere. Li in quel frangente se devo essere sincera con me stessa, nonostante tutto, ho desiderato di passare più tempo a contatto con il suo caldo corpo. Sorrido pensando ciò e anche se non ho davanti uno specchio, sono sicuramente arrossita
Già. Lui.Loro.
Sawyer, Mailer ed Errin la mia migliore squadra anche se purtroppo con la ferita subita non sono stata molto d'aiuto anzi, sono anche passata per un incapace e un capitano di quint'ordine, cosa che non sono e spero almeno loro ne abbiano consapevolezza. Penso a tutto quello che abbiamo passato in quella palazzina infestata dagli esperimenti genetici di un pazzo medico del vicino ospedale e giungo alla conclusione a mente lucida di ciò che mi aspetta, mi chiedo - semmai dovessero sapere cosa ora io ho intenzione di fare - se, rimpiangeranno il fatto di avermi salvato e del non avermi abbandonato a morte certa in quel sudicio e pericoloso sotterraneo maledetto.
Lo so sto per tradire la loro fiducia, io che ho sempre preso le difese della gente come militare , come un Capitano , ho maturato la decisione di lasciare questa via e divenire io stessa il Nemico, ma non posso fare diversamente se voglio scoprire finalmente la verità e per farlo, devo andarmene da qui e addentrarmi in un campo minato dove vige la legge del più forte. In quell'ultima missione mi sono giocata il tutto per tutto, le mie certezze, i miei sentimenti, la mia stessa vita, nonostante ciò gioisco al pensiero di esserne uscita viva anche se con un taglio nel fianco . Le immagini poi di mio padre e mia madre, i miei veri genitori che scappano con me ancora bambina sono ancora presenti nei ricordi che hanno iniziato ad affiorare, se quel giorno non fossero scappati con me , forse sarebbero ancora vivi....già...e poi le loro divise...ecco il mio destino, non ho ancora il quadro completo ma di sicuro devo inseguire quella divisa, la divisa della squadra speciale. SWAT. E questo mi porterà a scontrarmi magari anche con chi un tempo, era dalla mia stessa parte ma è un rischio che sono pronta a correre.
Mi mancherà la squadra, il mio lavoro, ma voglio avere un bel ricordo nonostante quello che è stato condiviso:
Mailer, il biondo Sergente Maggiore, un bravo ragazzo con un ottimo senso del dovere, diventerà un ottimo capitano, chissà se lui e Moreen....be, gli e lo auguro, ho visto come si guardavano, sarebbero una bella coppia.
Errin, la bella Sergente morettina che anche se non la conosco bene, è stata l'unica in quell'inferno a cui ho rivelato la mia debolezza e non smetterò mai di dirle grazie per non aver rivelato nulla e per avermi sostenuto quando il capo Swat, ha cercato di ridicolizzarmi davanti a tutti come ha fatto la procace poliziotta.
E poi c'è lui, Zack Sawyer. La sua scapestrata zazzera bionda.
Mi sarei aspettata da lui un appoggio maggiore, una complicità maggiore, una sua presa di posizione maggiore nei miei confronti contro chi mi ha giudicato in quella palazzina, però non fa nulla ormai, quello che è stato non si può cambiare, e il suo scivolone con l'agente di polizia in quel bagno poi, ha rivelato sul mio conto, più del voluto, ma già lo sapevo, se Lui è così non posso pretendere di cambiarlo eppure non posso fare a meno di pensarlo.
"Ti odio Sawyer". Biascico , riapro gli occhi mentre una lacrima scivola via mescolandosi alla pioggia che a preso a scendere, so che ciò che provo per lui è l'opposto dell'odio.
Zack ecco la mia più grande incognita.
Sarà sicuramente lui in quello che qui ho vissuto, a mancarmi più di tutti.
Tra di noi non è mai successo nulla, in sei anni di uscite e stuzzicamenti vari, ho praticamente sempre saputo molte cose su di lui e soprattutto, sulle sue scappatelle in caserma . Le sue bravate. Ho sempre sopportato, sono sempre stata in disparte, nell'ombra pur di non perdere almeno quel po' di amicizia che ero riuscita a conquistarmi, ho anche rinunciato ad una promozione pur di averlo accanto, ed è a lui , solo a lui che ho rivelato in una delle nostre uscite dopo il turno lavorativo, una parte di me ad altri sconosciuta , il mio timore che probabilmente Lèonie Lecrerc non era nemmeno il mio vero nome. Nonostante tutto non sono mai riuscita a dirgli la verità, ma forse è meglio così, è una delle poche cose giuste che ho fatto in tutta la mia vita fino ad ora. In fondo chi mi è stato vicino ha sempre fatto una brutta fine, Rayan, mamma, papà, i miei genitori adottivi, non resisterei dovessi perdere anche lui.
Ora non posso più tornare indietro, non posso più riprendere il filo della mia vita dove è stato reciso, ora sono veramente sola. Non posso più annodare un cappio che prima o poi potrebbe nuovamente rompersi, devo solo seguire l'istinto.
Alzo la testa sono fradicia ma mi accorgo che attorno a me a differenza di ciò che mi circonda, non v'è più presenza di pioggia.
"Capitano Lecrerc." Alzo il volto con gli occhi umidi. Un ombrello, un braccio amico.
"Colonnello", rispondo piuttosto tristemente sorridendo di cortesia alzandomi dalla mia postazione .
"Come si sente? La ferita le fa ancora male?"
Annuisco. " A volte". Resto vaga, non è sicuramente quella la ferita che fatica a rimarginarsi nel caos che è la mia vita. Dal canto suo non aggiunge altro, sa che non otterrà altra risposta sull'argomento da me.
"Cosa è venuto a fare qui in questo luogo desolato?" chiedo.
"E Lei? Non si è accorta che piove?" Sorride stancamente, osservandomi.
"Già...avevo solo voglia di ritornare nei luoghi a cui comunque sono rimasta affezionata, sono passata anche a casa dei Picard, e a dirla tutta, non mi interessa nulla della pioggia."
"Conoscevo suo padre adottivo Mark, era un amico, mi spiace tanto ", ed è sincero.
"Mi chiedo perché non sia fuggito anche lui con Jennifer cercando la salvezza". Fisso distante persa sull'orizzonte brullo, immaginando ancora le figure di colui che mi ha fatto da padre e di colei che mi ha fatto da madre.
"Ho cercato di metterli in salvo, ma non ho potuto". La voce del Colonnello si fa più rotta, più spezzata.
"Come..Cosa...?>>, chiedo interrogativa, una nota stonata. Fisso colui che ho davanti con durezza.
"Quando è stato dato l'allarme, io mi sono subito mosso con le squadre per organizzare i soccorsi, ma sono andato personalmente a casa dei Picard perché poco prima che venissimo allertati, Mark mi aveva chiamato per parlarmi e avvertirmi del pericolo e, mi aveva detto che aveva un qualcosa da darmi, appena ho potuto sono andato da loro".
Lo ascolto , mi concentro sulle sue parole. Continua.
"Mark mi ha visto arrivare lungo il vialetto e mi è corso in contro sventolando dei fogli , ma nel farlo un qualcosa sbucato da dietro una pianta, uno strano essere a quanto pare infetto dal virus poi scoperto.." , dolore avverto nelle sue parole, "... l'ha colpito a morte alle spalle con un coltello, talmente era euforico, talmente era ansioso di consegnarmi quella cartellina che stava stringendo tra le mani che non si è accorto del pericolo, per fortuna avevo con me la mia arma visto che ero appena uscito dalla base per allertare le squadre e salvare quanti più civili possibili, sparando sono riuscito a stenderlo ma per Mark ormai era troppo tardi. Gli sono corso in contro, ho cercato di soccorrerlo ma lui con un filo di voce mi ha preso un braccio e mi ha detto: - la mia vita per quella di mia figlia...salvala... - , detto ciò mi ha consegnato tra le mani una cartellina , è morto così tra le mie braccia parlandomi di te, poi sono corso da Jennifer ma ho trovato anche lei a terra morta, probabilmente uccisa poco prima dallo stesso pugnale che ha ucciso Mark" , conclude con il volto scuro sfilando da sotto la leggera giacca, una cartellina gialla porgendomela.
"Questa è per lei, ecco perché sono qua."
"Cosa contiene questa cartellina?", chiedo timorosa prendendo tra le mani tremanti, quell'ultimo ricordo di mio padre adottivo portandomelo al petto.
"Non spetta a me dirglielo". Conclude.
Mi lascia l'ombrello, ombrello che non prendo. Metto al sicuro la cartellina nella capiente borsa.
"Grazie Colonello"
"Dovere"
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