54.| How I met your mother


ATTENZIONE, importante: 

Il seguente racconto è stato estrapolato da "Shadows" romanzo autobriografico realizzato cinque anni dopo l'accaduto,  i cui diritti vanno interamente agli autori Belle Blanc e Justin Bieber. 


Lì, Los angeles 1 gennaio del 20***.


Folle.

Descriverei così la pioggia aranciata e sottile di inizio serata che d'un tratto si era trasformata in un diluvio universale attorno ai lampioni giù in strada. 

Era capodanno, il primo gennaio ed io mi accingevo a perdere tutte quelle poche certezze che possedevo.

Le gocce d'acqua premevano con forza disumana contro i vetri delle finestre mentre nell'androne aperto entravano di tanto in tanto follate di vento violente che facevano rotolare un po' più in là qualche petalo di giglio sul marmo insudiciato.

L'ingresso della villa era finalmente triste e vuoto, il palco sul quale i cantanti si erano esibiti un ammasso di cavi elettrici e bottiglie dichampagne. 

Il grande orologio troneggiava le scalinate vuote segnando le tre di notte, i suoi rintocchi si confondevano con lo scoppiare dei lampi sulla linea d'orizzonte ed io rabbrividivo stretta a Juss.

Sedevamo sul porticato d'ingresso inspirando l'odore di infissi pregni d'acqua ed il fumo delle nostre sigarette, aveva avvolto un braccio intorno al mio corpo tremante e di tanto in tanto lasciava carezze lungo la mia pelle candida.

Non parlava più, teneva alto lo sguardo nel nulla.

Fu quando vedemmo accostare una cadillac nera illuminare il fondo del viale che finalmente ci guardammo in faccia dopo tanto, si sforzò di sorridere ed io rimasi stupita come sempre nell'ammirare le fossette disegnarsi agli angoli di quelle sua bella bocca.

Ne vennero fuori Alicia e Chad con i loro volti sconvolti e gli abiti sfatti, in particolare Alicia sembrava reggersi a fatica sui tacchi vertiginosi che indossava.

Chad invece aveva uno sguardo profondo e penetrante, non riuscì a sostenere il mio per più di una manciata di secondi, a stentò sussurrò un "come stai?" e si rabbuiò subito nel tracciare con gli occhi le iniziali incise sul portasigari che portavo in grembo.

E.B

Lo cercavamo da quella fatidica giornata passata allo Stabilimento, sennonché il litigio tra me e Justin a causa di Janet aveva rallentato il tutto. 

Ricordo che il silenzio persistette fino a quando non giungemmo in fondo al corridoio del secondo piano, Chad mi affiancava timidamente tormentandosi le mani per poi cercare di rassicurare con lo sguardo spiritato chiunque incrociasse il suo.

<<Eccoci.>> 

Rabbrividii nel notare la porta dello studiolo semiaperta e una luce giallo viva lanciare un'ombra lunga sul volto pallido di Juss.

Strinse la mia mano così forte, una lacrima solcò il mio viso velocemente eppure lui la racchiuse nelle sue labbra.

Lo amavo così tanto, sapeva trasformare il pianto in bacio.

Appena entrammo il volto severo di Patricia si venne a fissare sul mio, ricordo ancora le occhiaie profonde e l'ombretto sfatto su quegli occhi così celesti.

Una lacrima tradì la sua espressione altera, una sola.

<<Vieni qui.>> fu capace di pronunciare fra i singhiozzi  ed io acconsentii.

Sparii in un suo abbraccio.

<<Ricordo tutto come se fosse ieri ed è forse questa la mia rovina. >> tuonò non appena si ricompose, si era lasciata andare dietro la scrivania reggendo la tempia. 

Spinse con mani tremanti una foto appena sotto il mio sguardo attento: in questa una bellissima sposa con il suo abito bianco candido a bordo di una ferrari e tanta, tanta gente attorno.

<< 7 maggio 19*** stavo sposando il figlio di un miliardario imprenditore americano figlio di un tedesco.

Jason Bieber l'unico uomo che io abbia mai amavo m'aveva conquistata con un "Ich liebe dich" e due biglietti ingresso per la prima di Pride and Prejudice.

Io Patricia Elisabeth Mallette di conseguenza divenivo Patricia Elisabeth Bieber, da quel giorno non sarei più stata la figlia intraprendente di due impiegati statali bensì la moglie di uno dei tanti eredi di una fortuna immensa.

Avrei potuto chiedere e , finalmente, avere. >>

Notavo come nel mentre giocava con la fede, era lucida quasi quanto i suoi occhi ed in entrambi veniva facile specchiarvici dentro.

Versò del brandy in un bicchierino e mandò giù un sorso lungo, ignorò gli occhi severi del figlio e versò un po' di quella bevanda in un bicchierino per me.

Inumidii le labbra sotto il suo sguardo attento e in un qualche modo materno. 

<<Ma io ero stata qualcosa a parte fino a pochissimi mesi prima.

All'università di New York ero una delle ragazze più brillanti del mio corso, volevo dare l'anima alla ricerca e così sarebbe stato.

Avevo una carissima amica, Cassandra Giuliani.

Tua madre, proprio lei che aveva i tuoi stessi occhi.

Con lei ho condiviso paradossalmente tutto, era una studentessa in Erasmus una delle più brillanti e serie che io avessi mai conosciuto. >>

Chad sorresse il mio sguardo per pochi secondi facendomi segno con capo di proseguire nell'ascolto, fumava una delle sue solite lucky strike appoggiato allo stipite di un vecchio caminetto in pietra bianca.

Alicia sedeva ai suoi piedi seduta su una poltroncina bianco sporco sembrava estranea al contesto, non sapeva niente di quanto stava accadendo da mesi nella mia vita, non sapeva mica delle ricerche di un passato che mi era piombato addosso così oscuro.

Lo chiamai affianco a me per farmene accendere una, nel mentre Patricia camminava su e giù per la stanza portandosi le dita alla bocca.

<<Quando la conobbi ero ufficialmente fidanzata con Jason e i problemi erano molteplici, riguardavano soprattutto la mia accettazione nella famiglia di lui.

Non avvenne mai: io non ero un buon partito ma ancor di più facevo parte dei movimenti femministi che all'epoca venivano considerati deleteri.

Cassandra mi fu vicino in un periodo in cui venir ridicolizzata e snobbata dai Bieber era all'ordine del giorno, in un periodo in cui ho amato caparbiamente fino a perdermi.

Ho sacrificato tutto per amore.>>

Justin affianco a me sbatte con forza un bicchierino sul tavolo, Pattie trasalì portandosi una mano al petto tuttavia dando le spalle al figlio. 

Era il terzo shot che il biodno consumava nel giro di pochi minuti, l'argomento era delicato e si leggeva a pelle la vergogna che quella donna provava di se stesse mentre parlava. 

Mi sedetti sulle gambe del mio fidanzato cercando di calmarlo, allentai la cravatta ben stretta al collo e lo accarezzai con delicatezza: negli occhi aveva un fuoco che non m'apparteneva.

<<Appena finita l'università ci sposammo ed io lasciai gli studi e le ambizioni volte ad una carriera futura, Jason avrebbe avuto un posto di lavoro certo ed io avrei dovuto mettere al mondo un figlio: sarebbe stato un vincolo che nessuno avrebbe potuto negare.

Nel frattempo i Departaments Stores, l'attuale Stabilimento, erano diventati una multinazionale sempre più quotata dedica alla produzione di acciaio la cui richiesta sul mercato era sempre più crescente .

Comprammo casa qui a Sunset Boulevard, ed io mantenni la corrispondenza con tua madre, cielo quante lettere!

Lei aveva raggiunto dei successi che io invidiavo come ricercatrice, ciononostante mio marito e i fratelli sembravano lavorare in simbiosi per un futuro sempre più brillante ed io ero contenta di poter allevare mio figlio con le mie sole forze, vederlo crescere.>>

La donna s'accarezzava la pancia come a rivivere quegli attimi di gravidanza, quei ricordi così vividi e impressi nella sua mente stanca e affaticata dagli antidepressivi che a detta di Justin giornalmente assumeva. 

Justin s'irrigidì al mio fianco, potevo sentire la tensione accumularsi in quegli occhi torbidi: avrebbe odiato la sua famiglia paterna per sempre, tanto era forte il dispiacere che avevano impresso alla sua piccola realtà di bimbo.

Prese un respiro, uno di quelli lunghi chiudendo le palpebre per assaporare il vuoto, doveva forse essere dolorosissimo il ricordo che seguiva queste ultime parole.

Pattie gli lanciò uno sguardo languidò a cui seguì una pausa non troppo lunga.

<<Mi sbagliavo.

Nel bel mezzo di una crisi aziendale dalla quale poi i Departaments Stores si risollevarono cambiò molto, tutto.

Il 9 Aprile 2*** moriva il padre di Jason, Anselm Bieber.

Non ebbi modo di capire quanto accadeva, mio marito con me parlava molto raramente per non spaventare me e di conseguenza portare tensione al piccolo Juss che allora aveva all'incirca tre anni: svolgemmo il funerale e ritornammo alle nostre normali vite.

Poco dopo ci trovammo davanti ad un notaio, da quella seduta tutti ne uscirono più ricchi e potenti di noi.

Di allora rimane solo questo...>>

Da un cassetto della scrivania in mogano estrasse un giornale ingiallito dal tempo, era un quotidiano e in prima pagina in basso a destra lei.

Una giovane Elisabeth avvolta in un vestito nero, circondata dalla calca e dai giornalisti.

<<Ma anche e soprattutto questo.>>

Prese con cautela una fotografia che se ne stava esposta nella libreria alle sue spalle, questa tuttavia incorniciata portava un bigliettino relegato appena sopra la cornice.

"By Alfred Haggins contemporary photografer.

Los Angeles, 9 April 20***."

La foto era un vero e proprio capolavoro, scattata in bianco e nero mostrava Pattie fuggire dalla folla nel suo tailleur dal taglio elegante e nel mentre due bambini litigare in bilico su un marciapiede troppo stretto.

Le manine piccole che si cercavano a vicenda e i cappottini sfatti erano qualcosa in netta contrapposizione ad uno spettacolo così tetro. 

Avvertii le unghie di Justin farsi tutt'uno con la pelle della mia mano, la sua presa diventare sempre più forte ferire mentre io pazientemente accarezzavo i contorni di quel capolavoro di fotografia.

<<Sono passati quindici anni da allora, quindici anni sono sufficienti per cambiare le sorti di un'intera vita.

Il 9 aprile del 20*** Cassandra veniva a trovarmi a causa della mia oramai certa depressione.

Il 9 aprile del 20*** voi due vi incontravate per la prima volta.>>

Sollevai di scatto gli occhi da quell'ammasso di colori e volti e finalmente incontrai lo sguardo terrorizzato di Juss.

Sembrò di riconoscerci d'un tratto come se da sempre avessimo saputo.

<<Avete una cicatrice simile, ve la procuraste litigando poiché ahimè non facevate altro.

Sul sopracciglio destro del volto, è quasi impercettibile.>>

Mentre Justin accarezzava quella cicatrice piccolissima io piangevo fiumi, ricordo ancora quanto calde furono quelle lacrime.

Lui che scavava a fondo nei miei verdi occhi rossi senza avere il coraggio di abbracciarmi, perso a cercare un ricordo che mai avrebbe potuto rivivere o meglio ricordare.

Non piangeva, non esprimeva emozione alcuna rimase solamente crucciato difronte a me.

Eravamo d'un tratto l'uno lo specchio dell'altro. 

<< Tua madre ha lasciato detto a tua zia che avrebbe tanto voluto rincontrarmi ed è per questo che tua zia  venne a bussare alla mia porta pochi mesi fa.

Se tu non fossi stata così fredda con lei non avresti dovuto vivere un inferno d'esistenza per arrivare a questa conclusione, per riabbracciarmi. 

Noi siamo le uniche persone che ti sono rimaste affianco tesoro, non devi allontanarti. 

Non so perché mi hai cercato, ma credo di saperloBelle: probabilmente perché tutto intorno a te sembrava vertere in mia direzione, verso di me che ero parte di un passato concatenato al tuo. >>

Aggirò la scrivania tremante come una foglia in procinto di cadere ad ottobre, si portò all'altezza del mio viso e mi avvicinò con le mani al suo.

Inspirai il suo profumo tra una lacrima ed un brivido. 

<<Guardami, Belle.>>

Non avevo mai visto un celeste più penetrante delle sue iridi spente.

<<Posso solamente  dirti che delle volte accade l'inspiegabile poichè con molta probabilità un avvenimento nel passato non ha conosciuto il suo capitolo finale.>>

Prese fra le sue mani la mia di mano e con premura la adagiò su quella di Justin, ricevetti lo sguardo di una madre. 

<<Sta a noi oggigiorno scrivere l'ultima riga di questa tragedia.>>

Non ricordo bene cosa accadde dopo, queste parole continuavano a ruotarmi in testa come una specie di mantra.

Di indistinto sentii per certo il tonfo di Justin che si lasciava cadere sulla sedia esanime, mani fra i capelli e la presa pronta di Chad che al mio orecchio continuava a ripetere un "va tutto bene." e le lacrime che fino ad ora aveva nascosto si riversavano a fiotti lungo il mio collo. 




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