53.| I wanna be loved by you.


Justin's pov

"Take me back to the night, we met in the yard: climbing up to the roof, hidden in the dark.
With a bottle of wine for two though I'm already drunk off you, then we both fell asleep, underneath the stars."

Sfioro tremante un ultimo tasto bianco accennando appena ad una nota delicata e prolungata.

Il senso di vuoto e ubriachezza, la voglia di scalare rimorsi e rimpianti.
La voglia di vivere nonostante tutto, nonostante i mille traumi mai metabolizzati.
Questa canzone siamo io e Belle.
Questa canzone è la mia ossessione.

Ciondolo il capo all'indietro respirando a fondo l'odore di casa misto a festa, era da un po' di tempo che non ne percepivo l'inconfondibile fragranza di vita.

Gioco con una ciocca di capelli biondi e passo in rassegna l'immenso ingresso della mia villa d'infanzia.
I drappi bianchi e argentati che abbelliscono le alte colonne in stile vittoriano, i gigli bianchi in ogni dove e le donne imbellettate che nascondono i sorrisi dietro i calici di spumante.

Fuori piove quel po' che basta per far sì che i signori accompagnino le loro dame all'ingresso con grandi ombrelli neri, le stoffe dei bei vestiti altrimenti si sgualcirebbero ed il rossore sulle guance delle donne si piegherebbe in una smorfia di dispiacere.

Ed io che guardo tutto questo dall'alto di queste scale di marmo da cui lo sguardo fiero di mia madre passa a setaccio la propria opera, io che a distanza di anni mi faccio piccolo dietro la coda di questo pianoforte finalmente ricordo.

Da quando Margaret ha offerto un lavoro stabile ai miei possiamo concederci il lusso di un passato che sembrava apparentemente perso, così eccoci a riaprire i battenti per la famosa festa di capodanno che ha visto per tanti anni le delicate mani di mia madre disegnare e confezionare centinaia di inviti, annodare la cravatta intorno al mio collo regalandomi un sincero sorriso.

Con le nuove entrate papà ha potuto avviare un mutuo volto a comprare questa casa che un tempo era nostra e di cui mio zio Jeremy si era ingiustamente appropriato.
C'ha fatto versare fino all'ultimo dollaro per qualcosa che ci spettava di diritto ed io questo lo terrò a mente.

Il grande orologio alle mie spalle segna persino i secondi e così brucia impercettibile l'ultimo attimo che separa le undici dalla mezzanotte.
Nella mia mente colma di pensieri, uno solo che fa la differenza.
"Ci speravo, ci spero ancora."
Ripeto a me stesso ammaliato dal lento scorrere delle lancette fra i quadranti.

Porto istintivamente il calice alla bocca e bevo un lungo sorso di champagne scavando con sguardo lungo uno spiraglio attraverso le masse indistinte che si muovono a pochi passi da me seguendo il ritmo degli archi, punto con insistenza all'ingresso e più precisamente all'enorme portone di quercia.

I bicchieri volteggiano colmi in alto, bisogna brindare al nuovo anno ed il conto alla rovescia parte spontaneo dalla voce squillante di mia madre.

00.01
Esprimi un desiderio.
L'orologio emette un tonfo lugubre, da piccolo ricordo era un incubo ora un suono lontano sovrastato dalle urla dei presenti. 
Ed io solo, con gli amici lontani chissà dove con le rispettive ragazze.

Allento la presa sul calice e scocco un'occhiata torva all'ennesima amica di mia madre che varca l'entrata.
Ci speravo, dio se ci speravo.
Eppure nel momento in cui accenno ad imprecare, eccola.
Lei.

"Belle."

Un nuovo anno insieme quindi, con te che arrivi nel vivo del brindisi.
Tu la mia gioia.

Questo sussurro sfugge dalla mie labbra come un moto di sorpresa.
Avanza lentamente lungo il tappeto verde, ha le mani intrecciate in quelle della sorellina che timidamente si sospinge un po' più avanti litigando con il vestitino celeste e la coroncina di plastica che regalai a Belle.

Istintivamente sorrido.

No credo di aver sceso altre scale più lentamente.

Per quanto mi sforzi di camminare e muovermi verso di lei finisco quasi con il trascinarmi.
Guardarla dall'alto venire ai miei piedi è qualcosa di meraviglioso, è come assistere alla venuta di un angelo.

Mi sento d'improvviso pesante e l'aria, quella sembra non affluire ai miei polmoni.

La folla lentamente si apre per accogliere i nuovi invitati ed io li vedo gli sguardi di quegli uomini passarla da capo a capo, li vedo impigliarsi con lo sguardo in quella sua innocenza e in quei suoi tratti così perfettamente disegnati, la indicano e ne commentano la bellezza in un sussurro.

Quella sua innocenza diamine, quella caratteristica che mi fa impazzire.

D'improvviso quel verde dei suoi occhi incontra il mio miele.
L'attimo che precede la creazione.

Inumidisco le labbra già immaginandole sue su di me e lei di tutta risposta arrossisce.
Cazzo, la vedo arrossire.
È un fottuto spettacolo vivente.

Ed è vero che sono impallidito, che ho avuto l'esigenza di allentare il colletto della mia camicia nera semplicemente perché ad ogni suo passo lo spacco laterale del suo vestito scopriva centimetri di pelle che tante volte ho accarezzato, tante volte sono state impregnate dal mio sudore, dal nostro contatto.

Me la vado a prendere.
Se in un primo momento sono stato abbagliato dal suo ingresso, in un secondo luogo quasi sono stato sottratto alla sua vista dal giocare di mille gonne colorate.
Sento l'esigenza di raggiungerla, non deve essere un miraggio é davvero qui di fronte a me.

<<Vieni qui.>>
Afferro la stoffa di raso rosa color carne che cinge il suo busto e la attiro al mio petto.

Mi aspettavo un abito nero corvino come la sua capigliatura, come le sue ombre eppure ha scelto il colore più delicato fra tutti.
Sembra quasi di averla nuda sotto i polpastrelli.

Schiude le labbra a pochi centimetri dal mio volto e mi ci intrufolo senza permesso.
Le lascio un bacio travolgente, talmente tanto veloce e feroce dal rendere difficile la realizzazione di quanto sta accadendo.
Gliele mordo quelle labbra che non m'ha permesso di toccare in queste settimane, che ha allontanato da me.

Geme sotto il mio tocco nel momento in cui mi allontano da lei con il fiato corto, mi ci specchio nelle sue pupille dilatate.
Lecca via quel po' di sangue che le cola dalle ferite da me lasciatele e resta a fissarmi.

Alle mie gambe se ne sta abbracciata la piccola Tiffany, gli occhi di Belle quasi si illuminano vedendo quelle piccole manine appese alla stoffa nera dei miei pantaloni.

Prende a baciarmi con più foga avvolgendo le braccia intorno al mio collo, lasciandole ciondolare appena sotto il mio tatuaggio.

Qel patience che tanto l'ha fatta impazzire a Miami.  

Insinuo le mie mani lungo lo spacco sfiorandole appena il pizzo della lingerie e nuovamente arrossisce in preda all'ansia.
Arrossisce a due passi da me, posso sentirle la pelle scottare contro la mia.

È così fragile, ha così tanto bisogno di me.

Lecco via il sangue delle sue ferite dalle mie labbra e accarezzo il suo collo.

<< Ti ho.>> le sussurro all'orecchio spostando le mie mani sui suoi fianchi.

Mi solletica con i boccoli morbidi dei suoi capelli mentre si scioglie in una risata.
Non mi sono neanche posto il problema dei miei, di chi può vedere.
Sono stato lontano da quelle labbra per troppo tempo.

La sera di Natale ho portato Janet a cena con i miei eppure il pensiero di Belle e Neville mi tormentava, li avevo visti più volti all'uscita di scuola salire sulla stessa macchina e poi per giorni e giorni ho dovuto subire i pettegolezzi messi in circolo da Mary, sul giornalino della scuola.
Ricordo ancora il volto contrariato di mamma nel momento in cui la freddai con un semplice "non so." al suo "Belle, come sta?"
Con mia madre cazzo, avevo parlato con mia madre di lei.
Il mio nuovo tatuaggio era il regalo di Natale per Belle e Belle, beh ero convinto che Belle potesse essere il mio.

Dovremmo chiarire e parlare, abbiamo preso a sentirci per telefono da così poche settimane, le ho spiegato di voler aver Janet al mio fianco perché non posso annullare totalmente me stesso, le ho spiegato che è una figura relativamente importante la quale non intaccherà nelle nostre vite.

Ho sentito il suo tono di voce cambiare ma non ha accennato a rimproverarmi, si sentiva troppo in colpa per la pseudo relazione di necessità intrecciata con Neville.
Ma stasera è diverso, stasera la voglio mia.

Non ho mai avuto paura di perdere qualcosa o qualcuno dal momento che sin da piccolo sono stato abituato alla perdita materiale, alla perdita di denaro, alla perdita di una casa, di una dignità ma ora essenzialmente è una questione più complicata.
Io sono un malato di autostima e ad un malato cronico come me non puoi togliere la sua medicina, che è vero se ne prendi troppa poi ti senti male ma come poterlo evitare?
Solo con quella non senti più tutto lo schifo che ti fa stare male.

Mamma ha invitato la zia per ringraziarla della splendida offerta di lavoro ricevuta ed io ho sperato fino all'ultimo che arrivassero.

Un orario insolito questo, solitamente cenerentola scappava a mezzanotte.
Belle no, Belle è il desidero di mezzanotte.

<<Non baciavi una ragazza da settimane, eh Bieber?>>
Sussurra premendo il suo capo contro la mia spalla, scivola con me in un lento che sembra renderci solo più vicini: i nostri respiri quasi s'abbracciano con noi.

<<Ti ho mai detto che sei tanta roba, Lil Stubborn?>> le percorro il profondo scollo sulla schiena facendola rabbrividire.
Si scioglie letteralmente fra le mie mani, facendosi ancora più piccola fra le mie braccia.

<<Sì.>>
Sorride birbante.
È così sfacciata, come fa ad essere innocente e sfacciata?

Ballare un lento e amarsi.
Ballare un lento è amarsi.

<<Addio.>> sussurra flebilmente avvicinandosi al mio orecchio.

Scappa letteralmente indietreggiando fra la gente, è faticoso riuscire a seguirla con lo sguardo perso nel via vai di antipasti e gentiluomini in cerca di una dama.

Mi volto intontito.
Da nessuna parte!
Ma dove diavolo si è cacciata?!

D'improvviso avverto un lungo brivido scivolare delicato fra le mie scapole e la pelle del mio collo tendersi sotto il tocco di seta.

Passa la sua stola sulle mie labbra standomi dietro le spalle.
Chiudo istintivamente le palpebre immaginando contatto fra di noi, le sue mani su di me.

Eppure nel momento in cui accenno a voltarmi questa è già scomparsa.

La vedo correre sotto le arcate sulla destra dell'enorme ingresso senza mai inciampare, raggiunge la guglia centrale dove se ne stanno gli strumenti e sporgersi attraverso la balaustra.

In perfetto equilibrio con le guance rosse e la gonna lunga che, per corsa, ha raccolto in mano ed ora arriva quasi a mostrare il suo didietro e le lunghe gambe. 

Potrebbe essere una tela tanto è bella.

Una scarica di gelosia ribollisce il sangue nelle vene, mi ritrovo a spintonare più persone.
Devo raggiungerla, subito.

Sembra farfugliare qualcosa al bassista, per poi individuarmi tra la folla con un sorrisino stampato in viso e le dita che tormentano le labbra.

Sa come provocare, da sempre.

Vedo alcuni tecnici dell'impianto sonoro scappare da un lato all'altro della sala ammaliati dai suoi sorrisi di cortesia e dalle sue richieste, per quanto i miei occhi possano provare ad intimidirla lei invece ne gusta i riflessi.
Li divora, così sicura di sé.

Sale sul palchetto aiutata dalle braccia esperte di un gruppo di ragazzi, la adagiano con delicatezza sulle assi di legno e poi prendono a fischiare con insistenza.

Inspiro, espiro.
Potrei reagire.

Sono a pochi passi da lei, grazie a qualche spintone riesco ulteriormente ad avvicinarmi e potrei arrivare a sfiorarla se solo non fossi di nuovo risucchiato dall'improvviso via vai di gente.

Stasera é venuta qui, così diversa dal solito.
Con una luce diversa.

Una massa di gente di improvviso si accalca attorno al palchetto mossa dal silenzio in cui la sala è scesa, sono curiosi di vedere quel corpo armonioso muoversi.

Belle tuttavia non si scompone e lascia scivolare il dito sul microfono passatogli, bussa con insistenza e nel farlo uno ad uno le luci principali si offuscano.

<<Spostati testa di cazzo.>>
Minaccio mio cugino portandomi prepotentemente davanti a palco, rabbrividisco.

La vedo accavallare le gambe portandosi la stoffa il più in alto possibile per lasciarle scoperte, i piedi delicati ciondolano dal palchetto e la scollatura minaccia prorompente di mostrarsi alla luce del sole.

Nemmeno questo buio la offusca, lei splende di luce propria.
Merda.

Un fascio parte dall'esatto opposto della sala e illumina la sua in contrasto con i drappeggi argentei che la circondano.

<<I wanna be loved by you,
just you, nobody else but you
I wanna be loved by you,
alone boo-boo-be-do! >>

Gioca con le gambe portandosi quel microfono appena sotto le carnose labbra, il suo sguardo fisso su di me con un sottile vedo di ironia mal celato.
Vorrei fermare le sue mani che tracciano carezze circolari su quel suo collo dalla pelle incredibilmente bianca ma non posso, gioca con il girocollo di diamanti senza posa.

Deglutisco mordendomi le labbra come un bimbo a cui è stata rubata la caramella più gustosa.

<< I wanna be kissed by you, just you,
nobody else but you.
I wanna be kissed by you, alone.>>

Tende le braccia ad altri due ragazzi che la aiutano a scendere dal palco e con il suo passo felpato solca l'ampio semicerchio che si è formato intorno a lei.

Raggiunge la mia figura e lentamente vi gira attorno passando una carezza appena sotto il mio mento, sto per impazzire vorrei sfiorarla ma non appena accenno a guardarla questa si volta altrove.

Capricciosa.
Sorrido sarcastico, scoccandole uno sguardo penetrante.

Sono più bravo io a manipolare.

<<I couldn't aspire, to anything higher,
than to feel the desire to make you my own.
ba-dom-ba-dom-ba-do-be-dom-boo!>>
Osservo le sue mani posarsi sulla camicia di mio cugino che al mio fianco sembra essere sprofondato in un'estasi totale.

Gioca con i bottoncini e nel farlo quei suoi occhi intensi non smettono un attimo di fissarlo.

Li sbottona uno ad uno continuando quella sua performance, di tanto in tanto mi lancia qualche guardo furtivo per poi sorvolare sui volti a lei sconosciuti e regalare qualche sorriso a perfetti sconosciuti.

Estraggo il portasigari di mia madre dalla tasca interna della mia giacca imboccando un toscano di fretta e furia.

Qualcosa in quegli occhi birbanti sembra smuoversi incontrando la fiamma del mio accendino, sorrido sornione.

Solo lei riesce a provocarmi le crisi di nervi.

Conosco tutti i suoi vizi più proibiti.

Con le sue labbra desiderose di avvicina alle mie, aspetto fino a quando l'ultimo suo dito si sia allontanato dalla camicia bianca di mio cugino e da quei bottoncini che ora mostrano un petto quasi nudo.

Le intrufolo un sigaro fra le labbra macchiandomi di rossetto, successivamente accendo in piccola fiammella a pochi passi dal suo respiro.
Lo sento sulla pelle.

Inspira.

<< I wanna be loved by you,
just you nobody else but you!
I wanna be loved by you
ba-deedly-deedly-deedly-dom-boo-boo-be-do.>>

Tira via il sigaro dalla bocca, espirando l'ultima nuvola grigio denso sui miei occhi facendomeli chiudere istintivamente.
Avverto il mozzicone bruciare a contatto con la mia pelle per un decimo di secondo e lei sorridere al passo con i miei gemiti.
Poi il buio e un bacio sulle mie labbra.

Spalanco gli occhi sul suo volto e accarezzo quelle sopracciglia così perfettamente tenute bene, una piccola cicatrice appena sopra la sopracciglia destra cattura il mio sguardo.

È identica alla mia.
È una piccola ferita sulla quale sono stati ricuciti dei punti.

Man mano che la luce si alza sull'enorme sala gli applausi si affievoliscono e gli sguardi degli sconosciuti diventano meno invasivi.
Lei riesce a fare questo, come?

Si aggrappa alle mie braccia forti scavando nella mia espressione torbida, le basto io.
Potrebbe avere tutto eppure le basto io, le mie braccia sono le uniche s riscaldarle il cuore.

<< Justin devo dirti delle cose.>>
Esordisce confiscando il mio portasigari, lo esamina bene come una reliquia.
Vorrei distrarla, giocare con le sue curve tracciando mappe sulla sua pelle eppure è lontana.
Pure con il cruccio è fantastica, che maledetto me di lei mi piacciono i suoi problemi.

<<Dimmi tutto, piccola.>>
E con queste parole ho visto il Titanic naufragare nel verde dei suoi occhi.
Malinconica e bellissima come l'ultimo dell'anno, questo anno.
Il nostro.

Buon capodanno, Belle.

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