5.| Nocturne.

Da quel sabato sera tutto è cambiato, da quel sabato sera la suite 189 è diventata la mia seconda casa: ne ho passate di serate a bere e ridere fin quanto ce n'era.

Così ora ritrovarmi nel portone dei Clark non è un'assurdità, ora che fondamentalmente Janet è diventata parte integrante delle mie giornate quasi non faccio più caso a quella strana reputazione che la sua famiglia si porta dietro.

Mi accoglie alla porta stupenda come sempre, la pelle decisamente bianco latte brilla sotto l'effetto di un leggero strato di trucco incorniciando un volto riempito da boccoli biondi.

Per quanto fredda possa sembrare, accetto anche questo suo silenzio sprezzante pur andare fino in fondo, pur di decifrare Justin.

Attraversiamo un'infinità di porte in stile ottocentesco, tutto è dannatamente bianco e lussuoso in questa casa persino i guanti dei camerieri che ci offrono spumante hanno piccoli diamantini come fiore all'occhiello.

Posso udire musica classica, è una melodia lenta e straziante probabilmente proviene da una delle tante stanze di questa villa eppure il rumore delle nostre louboutin sembra coprirlo.

Sono nervosissima, potessi riavvolgere il nastro e ritornare a quella sera di due settimane lascerei quel ragazzo ubriaco da solo eppure ora ci sono dentro a tal punto che mi viene difficile non provare una curiosità smodata nei suoi confronti.

Due ragazzi del personale lasciano scivolare gli occhi timidi sui nostri corpi, mi stringo nel mio abito di velluto nero cercando di coprire il profondo scollo a V che si insinua lungo il mio ventre.

Ricevo un'occhiata decisiva da Janet, per quanto si sia sforzata di non giudicarmi sento il suo sguardo bruciare sulla mia pelle e tentare di scomporre ogni mio angolo di personalità.

Porto istintivamente lo spumante alle labbra, l'orlo si colora del rosso del mio rossetto lasciando una stampa da labbra carnose.

Finalmente vengono aperti due grandi battenti, una stanza ovale ci si proietta davanti con i suoi mille specchi, i divani di pelle bianca imbottiti e i lampadari di cristallo.

Farsi avanti in questa stanza significa essere proiettata su mille pareti, risplendere di luce riflessa.

Non credo di aver avuto passo più deciso di stasera, come se fra mento alto e portamento fiero sia pronta per portare una corona.

La musica continua ad alzarsi impetuosa dal pianoforte a coda rigorosamente bianco al centro della sala, le spalle del ragazzo biondo si rivelano tese sullo strumento e ripiegate mentre le lunghe dita giocano a rincorrersi sui tasti.

E' da solo, degli altri nemmeno l'ombra.

Continua indisturbato, con il folto ciuffo che ciondola di lato, la bianca pelle segnata dall'inchiostro che sembra quasi soffocare alla luce artificiale, i mille tatuaggi sembrano sgorgare dal colletto stretto fino a far sudare.

La grande vetrata che dà sulla piscina è aperta ed entrano follate di vento solitarie, delle volte gli spartiti sembrano volare e confondersi eppure lui non sembra seguirli.

Per ogni spartito caduto al suolo, lui non cede.

Avanzo lentamente lasciandomi indietro Janet, lasciando forse indietro il buonsenso.

Poso il calice macchiato di rossetto su quel pianoforte, lo lascio come post-it alternativo incrociando appena i suoi occhi nocciola.

Sono profondi e turbati, potrei vederci sfumature così intense.

Si inumidisce le labbra lasciando scivolare lo sguardo sul calice macchiato, sulla mia pelle scoperta.

Manca una nota, poi un'altra ancora mentre piano piano mi allontano, potrei averlo distratto e a me piacerebbe interpretare questi suoi piccoli errori così.

Tuttavia non sembra voler seguirmi, rimane chiuso fra sé e sé conservando la prima impressione che sembro avergli provocato.

Esco all'aria aperta scossa da piccoli brividi, il vento ulula forte fra le fronde degli alberi colmi di rugiada, in pomeriggio a piovuto molto.

Chad sosta ai piedi di una grande quercia, delle volte qualche gocciolina d'acqua rotolando giù da qualche foglia gli solca il viso.

Raccoglie le gambe magre in un abbraccio, la pelle d'oca affiora mentre prende a fissare un punto indefinito all'orizzonte.

Sono scesa molto tardi, sono venuta qui che è già l'una perché fondamentalmente ero insicura di quanto sarebbe successo, di quello che avrei provato in nottata.

Il rossiccio ha gli occhi lucidi, probabilmente ha bevuto troppo o forse troppo poco per non riuscire a sedare i pensieri.

<<Chad.>> sussurro affiancandolo.

La bottiglia di liquore appoggiata alla corteggia rugosa dell'albero mi saluta mezza vuota, dall'erba s'alza il fumo di una sigaretta da poco spenta e lui non risponde.

Non pensavo si potesse condividere il silenzio con qualcuno, con Chad questo diventa sacro.

Spontaneo.

<<Bello, vero?>> indica il cielo stellato, accarezzando con i polpastrelli la luna.

Più in là, chissà all'ombra di quale altro sentiero di questo immenso giardino le voci di James e Lena si accavallano assieme alle loro risate.

Chissà cosa gira in quella sua testa, quali preoccupazioni e quali emozioni per quanto paradossalmente con lui abbia legato più degli altri ancora non riesco a trovare un appiglio in questo gruppo.

Probabilmente è ancora presto, ma vorrei anche solo poter sentirmi a casa senza dover sempre strafare.

<<Scusalo.>> bisbiglia impercettibilmente.

<<Ti farà del male ma tu scusalo, sempre.>> continua guardando sottecchi la figura di Juss che si muove con grazia nei suoi eleganti pantaloni di lino.

Lo vedo accarezzare il volto della ragazza, sembra una carezza gentile e sincera.

Justin, è sempre lui il motivo di turbamento poiché probabilmente non fa che colmare le sue assenze con i suoi alti e bassi, non fa che predicare dall'alto del suo pulpito, costruire muri e frontiere.

Sembra dolce dall'esterno, il modo in cui scosta i capelli di Janet giocandoci così affabilmente con quella luce negli occhi che sembra voler sottintendere qualche sentimento.

<<Sono una bella coppia.>> commento arrossendo tutta, la notte comunque sia riesce a mascherare il mio cambiamento.

Rientrano lasciandoci soli, mi disfo delle scarpe affondando i piedi doloranti nell'erbetta verde e curata per quanto i mi sforzi di instaurare una conversazione con Chad questi non fa che annuire, combatte con palpebre pesanti e sonno.

La musica prende nuovamente a suonare, delicata e vellutata oltre la vetrata.

Ho sempre amato danzare, ho frequentato un corso di danza classica a cui ho dovuto rinunciare eppure è da un po' che non provo l'ebbrezza dei piedi scalzi sul palco o dei salti nel vuoto.

L'ebbrezza di volare, così leggera.

E' forse per questo motivo che prendo a danzare sull'erba bagnata, macchiandomi i piedi mentre la luna illumina fievolmente il selciato.

Restare in un giardino di notte, nel più solitario dei silenzi aiuta a sentirti libera.

Così ballo, ciò che avrei voluto ballare so solo non fossi stata troppo impegnata, se non avessi mollato.

Prima che l'infortunio al ginocchio mi bloccasse stavo montando una coreografia, era un passo a due tratto da "Giselle."

Ricordo ancora le punte consumate in borsa, la pece che macchiava il body rigorosamente nero...

Ballo finché la musica non cessa lasciandomi in singhiozzi.

Avrei davvero voluto essere su quel palco, ballare fino a sentir i polpacci esplodere e le dita dei piedi cedere per il dolore delle ferite aperte su cui correva il sudore.

<< Nocturne, Chopin.>>

Una voce roca mi coglie totalmente alla sprovvista, per quanto roca riesce a raggirare i miei singhiozzi.

Dovrei fuggire agli occhi sicuri di Justin ed invece li cerco, alzo il mio sguardo sorreggendo il suo con fierezza.

Sorride vedendo le mie guance incrostate di mascara, i miei piedi nudi e l'orlo del vestitino sfiorare appena il mio inguine.

Sono distrutta, un casino.

Il caos proprio sotto i suoi occhi.

Porta alle labbra un calice colmo di spumante, osservo le bollicine fare a gara per raggiungere le sue labbra.

Sull'orlo del bicchiere la mia stampa di rossetto, il post-it che non ha dimenticato.

<<Ti chiami Belle, giusto?>> domanda litigando con il ciuffo ribelle, sembra gli solletichi la mascella.

<<Sì.>>

Con sorpresa vedo il suo viso avvicinarsi pericolosamente al mio, mangia i centimetri a poco a poco con lo sguardo abbassato, si arresta. Inspira. Alza gli occhi, le ciglia che fremono, quel colore miele che incontra il mio verde, una lotta: una meravigliosa lotta fra contrari che scoprono di essere simili, insicurezze che si spogliano, punta le pupille sulle mie pronto a risucchiarle in un vortice di non ritorno.

<<Non si addice ad una ragazza per bene questo comportamento.>>

Inspira, lascia andare le labbra carnose, la dentatura perfettamente bianca freme. Indugia, entra più dentro con quel nero delle sue pupille indagatorio, il pomo di Adamo viene respinto giù assieme ai pensieri.

<<Non credo di voler essere una brava ragazza.>> sostengo.

<<Sì che lo sei.>>

Afferra il lembo del vestino abbassandolo lentamente, è uno strazio dover avvertire quei polpastrelli solcare la mia pelle cercando di restare con i nervi saldi.

Cosa vuole da me?

Non dovrei provocarlo, sa condurre il gioco così bene dall'ingannarmi.

<<Guardati arrossire a causa mia, si chiama ingenuità Belle.>>

Sfiora le mie guance rosee, so d'essere arrossita lo percepisco a pelle questo calore.

<<Non...>>

Ho capito quanto male riesce a fare con il suo umore che varia a seconda della scintilla che si accende o meno in fondo alla sua coscienza ed io non posso assecondarlo, non posso devo reagire.

<<Potrebbe essere un complimento se non che questa ingenuità, Belle è insipida.>>

Non distoglie lo sguardo, indugia, fa pressione, è oramai pronto all'ultimo colpo come il predatore si accinge al collo della preda così questo continua a penetrare dentro di me, come la preda potrei lanciare l'ultimo sguardo ma i miei occhi non ce la fanno, crollano giù mentre le gote mi si ricoprono di rosso.

Sfiora ancora una volta il lembo del vestitino, indietreggia di qualche passo guardandomi nel complesso.

La sua dentatura perfetta ha uno scatto, l'arcata superiore si frappone a quella sottostante, schiocca un sorriso che brilla alla luce fioca della luna: ha vinto, di nuovo.

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SPAZIO AUTRICE:
Ragazze vorrei fissare dei giorni per pubblicare i capitoli ovvero Martedì ore 19.00 e Mercoledì 18.00.

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