48.| Losing my mind.
Alicia in doccia canta senza ritegno mischiando quanto più possibile lo spagnolo all'inglese, capitare in stanza con lei è stata una di quelle esperienze che ti aiutano a comprendere quanto una persona possa essere diametralmente opposta da quella che sembra.
Confusionaria, chiassosa, sono tutti aggettivi che le si ricamano addosso senza che quello di brava studente abbia tempo di scivolare via.
Questo Hotel è un tuffo negli anni cinquanta di cui non comprendo il perché, New York è stupenda oltre le tende color caramello di questa stanza.
Rovisto nella valigia cercando di ritrovare il book fotografico da consegnare domani, credo sia stato sotterrato dalla miriade di vestitini che Alicia mi ha obbligato a portare.
Ha fatto esplodere casa mia, letteralmente.
Eppure dovrei ringraziarla perché è grazie a questo suo essere caldo e solare che i giorni di convalescenza di Justin non sono stati attesa, è grazie ai suoi frappè alla frutta e al semipermanente che ho fatto pulizia di sensi di colpa.
La notte fotte ma quello, quello è un altro discorso.
Una cartellina verde speranza trafugata dalle cianfrusaglie di zia mi sorride dal fondo della valigia, la butto sul letto senza cura.
La Grande Mela risulta essere nostalgica stasera: segretamente odio dover essere lontana da casa con Justin ritornato ad essere il solito rompiscatole.
Sono state giornate in palestra, dove più che fare guardava gli altri sollevare pesi e sudare eppure a lui va bene così addirittura trovava sensato litigare con me, dire che a lui faceva bene quell'aria sebbene il medico gli avesse ripetuto più e più volte che per un mese buono avrebbe solo dovuto riposare.
Aperte le imposte non mi resta che trascinare sul balconcino la poltrona imbottita relegata all'angolo della stanza, è maledettamente bella questa distesa di lucine rosse e blu e supera di gran lunga il fascino di Los Angeles.
Mi lascio cadere su quella scomoda seduta respirando polvere, avrà gli anni di questa struttura ma va bene così basta una sigaretta per ammutolire la scomodità.
Devo ammettere che fa freddo, che questo pigiama di pail non protegge dalle note gelide di questo inferno e che devo accucciarmi tutta pur di conservare un briciolo di calore.
"Lettere."
Ricalco la scrittura di zia, non ricorda questo particolare eppure il pennarello indelebile cita chiaramente tale scritta.
Cosa posso mai ricordare?
Sono stati giorni di corsa, litigate con gli infermieri e corse all'ospedale. Lo rifarei.
La molla è consumata, credo debba essere stata usata tantissime volte questa cartellina.
Questo stage garantito dalla scuola dovrebbe premiare le ragazze più talentuose, coloro che impressioneranno la commissione di esaminatori potranno posare per un'importante rivista di moda.
Mi ritrovo così a voler sfogliare le varie fotografie per la centesima volta sempre meno convinta di quello che sto facendo, quasi fosse un impegno preso e dal quale non si può sfuggire.
Decido di scostare la molla sempre più assorta dal rumore assordante della città e meno negli acuti di Alicia, sempre più persa nei bagliori delle scie delle auto e meno dal tremolare della lampada di là.
Certa di ritrovarmi davanti a delle foto devo correggermi.
Una decina di piccole buste già aperte dalla carta dorata e l'inchiostro sbiadito su di indirizzi dalle belle grafie femminili, biglietti sgualciti e odore di vecchio.
Sgrano gli occhi scorrendo le iridi distratte su quelle reliquie, sulla mia svista: dovrei forse informare Scooter?
Non è ancora partito, potrebbe passare per casa e ritirarle.
Mi precipito nello scartare una delle tante, questa ha l'aria di essere natalizia per via dei disegnini a tema lungo i bordi dell'incartamento rosso.
La scrittura è quella di mamma, la stessa che ritrovavo nei bigliettini di saluti di Babbo Natale.
A Elisabeth B.
Sunset Boulevard n° *
Dicembre del 200*
Scorro le prime righe saltando da una conclusione all'altra, tutto sembra ricordare i primissimi anni della mia infanzia divisa tra problematiche di lavoro, sogni nel cassetto di una giovane madre e le prime pene matrimoniali.
"Vorrei potermi trasferire in America con la mia piccola, le potrebbe spettare una vita del resto migliore: la crisi economica, l'impossibilità di trovare lavoro come ricercatrice mi spinge a una profonda insoddisfazione che si ripercuote sulla famiglia tutta.
Siamo sempre in collisione e per quanto mi sforzi di far respirar aria pulita alla mia bimba, non riesco a trovare una seppur piccola motivazione nell'andare avanti in questa maniera."
Portando la sigaretta alle tempie lascio che le date allegate a questa brutta possano riportarmi indietro nel tempo, con il gelo che rende il mio volto teso e i pensieri che ingarbugliati ripropongono ricordi.
Potrebbe essere questo il periodo prossimo alla separazione momentanea dei miei, quella di cui io ho parlato così liberamente a Scooter.
Chi è questa Elisabeth?
Mi precipito a scartare una delle sue di lettere, la grafia mi è completamente estranea e noto con mio grande stupore di come sia perfettamente ordinata ed elementare.
Uno stampatello curato, semplice seguito da un grammatica inglese impeccabile.
A Cassandra.
Gennaio 200*
"(...)L'estate si avvicina, per quanto mio marito mi stia coinvolgendo in affari di matrice economica non demordo.
Penso frequenterò anche quest'anno il corso di biologia alla Haward University, non rinuncio a quei sogni di cui tu mi hai tanto parlato per quanto i tempi siano duri.
Se solo non avessi corso, se solo ora potessi tornare indietro nel tempo forse mi direi di rallentare eppure sono grata di averti conosciuta in tale circostanza, sei una presenza oramai fissa.
Vorrei poter conoscere tua figlia. (...)"
Possibile possano essere state colleghe di lavoro?
Questa è probabilmente stata scritta lo stesso anno della precedente eppure non capisco come possano essersi conosciute, non sapevo di tali corsi estivi ai quali mamma probabilmente partecipava né tantomeno di questa figura.
Probabilmente in altre circostanze, probabilmente in Italia tutto ciò non sarebbe servito eppure ora conoscere questa donna, poterle parlare sarebbe come incastonare tra passato e presente un ricordo da custodire gelosamente.
<<Belle, tutto bene?>>
Alicia mi sorprende facendo capolino con i suoi lunghi capelli bagnati, rabbrividisce un poco eppure non scosta lo sguardo da me.
Richiudo la cartella con calma prendendo il tempo di deglutire e cacciare dentro lacrime e dubbi, un lungo tiro di sigaretta può ,in casi come questi, aiutare.
Annuisco lasciandola rientrare, pur volendo non sarei riuscita a spiccicare parola.
Rimango in silenzio avvertendo il suo incespicare nella stanza colma di valigie, accende la radio lasciando qualche nota colmare il momento di imbarazzo.
Dovremmo uscire stasera, me lo ricordano i tacchi alla rinfusa e i vestitini che prende a buttare da un lato all'altro della stanza nella vaga impresa di trovarne uno decente.
Le canzoni arrivano distorte, quel vecchio affare riposto sul suo comodino affianco al suo letto deve appartenere a qualche decennio fa.
Traffica con il segnale radio e il rumore insistente portandola sulla stazione locale, è quella in cui i ragazzi di scuola nostra trovano ampiamente spazio.
Frugo ancora in quel tesoro che mi ritrovo tra le mani, è ben curato e tutto sembra raccolto per date.
Sospetto che sia arrivato in tempi recenti dall'Italia e che mia zia vi abbia già ficcato il naso, non so per quale strano motivo ma credo possa essere un qualcosa di importante.
Il vento smuove un sottile velo di carta frusciante, per poco non la vedo volare via dal mio grembo: è un foglio di giornale o meglio una foto ritagliata quanto basta per conservare le note a fronte.
In primo piano una donna vestita di nero circondata da macchine fotografiche e microfoni, una calca terribile che sembra volerle strappare una o più confessioni di bocca.
I lunghi capelli castani nascondono il volto, già caduto nell'anonimato per via di un paio di grossi occhiali da sole.
"Erediteria dei Departaments Stores fugge alla calca provata per il lutto."
Non riesco ad afferrare quanto possa esserci dietro questa foto, sembra quasi come se mia madre stesse cercando di seguire un caso o quantomeno interessarsi degli affari di questa signora.
Che la stesse aiutando?
Sono poche le lettere materialmente recuperabili, non credo sia una corrispondenza durata a lungo.
A E.B
Via Sunset Boulevard n°*
Luglio 200*
"(..) Per una donna alla quale è stato privato l'amore il fine ultimo è aiutare chi è prossimo allo stesso dolore.
Per quanto i problemi esterni alla coppia incalzano prova a scindere le due cose, capisco quanto tuo marito possa porre prima della tua persona i suoi di affari eppure cerca di ragionarci: più vi vedranno deboli più colpiranno.
Mi spiace così tanto per il lutto, deve essere per te insopportabile doverlo portare pubblicamente schiava di una famiglia per bene. (..)"
La penultima lettera circondata da cartoline, auguri per le feste, biglietti vari mi lascia il sospetto di una donna appartenente ad una famiglia benestante, soffocante.
Una Lady Diana dei giorni nostri divisa tra dovere e apparenza.
Dunque un'amicizia nata sui banchi di un'università durante corsi estivi, il periodo più brutto per mia madre dal quale nasce una voglia irrefrenabile di aiutare il prossimo che, in questo caso, si incarna in una ragazza di città di cui so solo nome.
Perché interessarsi tanto dei suoi problemi di coppia?
Cosa si ci celava dietro?
Ripongo il tutto al sicuro lasciando il più possibile in ordine, tento di infilare l'ultima lettera nella tasca posteriore dei miei jeans e ripulitami dalla cenere della sigaretta entro dentro a passo felpato.
Le larghe spalle di Alicia sono accovacciata al ciglio de letto, ha raccolto le gambe in grembo e in assoluto silenzio digita qualcosa sulla tastiera del cellulare.
Sorrido fievolmente osservando le asciugamani bagnate sulle mie lenzuola, non ho intenzione di rimproverarla: più ripenso a quanto scritto in quella lettere più arrivo a convincermi di voler passare la nottata costeggiando l'hall dell'albergo.
<<Eccoci.>> commenta battendo le mani come una bimba alla quale si è datala possibilità di comprare un lecca-lecca.
Ignoro le sue disquisizioni arrabattando un posto in cui potermi rannicchiare sul mio letto senza disturbare nessuno, ad esempio spalle alla testiera libera da sguardi indiscreti.
Lo speaker disturba la mia lettura, continua a parlottare con quel suo marcato accento senza lasciar battuta alcuna avere il tempo di sortire l'effetto desiderato.
Non riesco a comprendere di cosa si stia parlando...
<<ODDIO!>>
Avverto il volume schizzare a mille, gli occhi luccicanti di Alicia addosso e un sentimento di smarrimento dipingermisi in volto.
La voce dei ragazzi è l'limpida oltre le casse rovinate, sfida gli stridori di una linea rovinata e risulta una sorpresa anche per me.
Rimango così a fissare la ragazza di Chad prendere vita, i capelli ondeggiare a ritmo di musica, conoscere un testo di cui non so le rime, scoppiare di orgoglio per qualcosa di cui io non ho percezione.
La voce di Justin, come potrei non riconoscerla?
Con quelle note alte e sfumate fino a farti perdere il respiro.
E sembra strano dire in giro di essere la ragazza di qualcuno che non conosci, qualcuno che ti tiene alla larga dalle sue passioni: non posso condividere solo il dolore con lui, non è il mio psicoterapeuta.
Lo sa?
I favolosi Just4 concludono la loro esibizione e con loro si spegne anche Alicia, non si volta continua a passarsi l'asciugamano su quei capelli bagnati probabilmente soddisfatta di sé.
Che cos'altro saprà che io non so?
In generale, chi altri ne sa più di me sulla mia stessa vita?
La risata del mio ragazzo oltre le casse è imbarazzata, è di quelle cristalline con le quali mi saluta la mattina.
"C'è qualcuno in particolare che sentite di voler ringraziare?"
Lo speaker interrompe il mio flusso di coscienza, risulta ancora più odioso mentre tenta di farsi largo fra i miei pensieri.
"Tutti quelli che hanno creduto in noi."
James è probabilmente nervoso, gli altri hanno risposto indicando nomi delle proprie ragazze lui invece è solo.
Se Alicia è saltata in aria sentendo il suo nome allora Kristal cosa starà facendo?
La spagnola mi lancia un'occhiata penetrante ma io ignoro nascondendo il mio volto in pile di vestiti da ordinare, nella valigia da sistemare.
La voce rilassata di Justin è davvero dolce e vellutata, io che l'ho sempre conosciuta trafitta da ombre sto perdendo le coordinate.
"Ce ne sarebbero troppe! Vorrei comunque ringraziare una ragazza davvero speciale, negli ultimi tempi il rapporto è venuto a incrinarsi eppure chi può arrogarsi il diritto di scegliere cosa è bene, cosa è male? Di giudicare? Probabilmente senza la sua influenza non saremo qua."
Sorrido, io influente?
Non sono mai riuscita a autoconvincermi dei miei punti di forza come potrei convincere gli altri?
Come può andare sempre oltre le apparenze e vedermi come essere perfetto?
Me lo dovrà spiegare.
"Grazie mille..." la voce gli trema, è così simile ad un bisbiglio quasi stesse per confessare qualcosa di intimo.
Con lo speaker che sfotte le sue guance rosse, me lo lascia immaginare con gli occhi che luccicano e il ciuffo biondo che tormenta con le mani perchè è così che fa quando si sente a disagio e forse troppo sincero e aperto al mondo.
Alicia è sul punto di una crisi di nervi, mi si precipita addosso circondandomi in un caldo abbraccio continuando a ripetere quanto fortunate siamo, quanto bella io sia, quanto grandiosa sia la canzone, la situazione.
Mi ci perdo quasi nel suo dolce profumo.
Sa di amicizia vera.
"Grazie mille, Janet."
E forse ora trovo il modo per ridimensionarmi, per rivalutare me stessa.
E' davvero lei che ringrazieresti a fine corsa?
E' davvero lei che ti ha letto dentro per tutto questo tempo senza provare a cambiare una virgola?
Alicia non ridacchia più, io non sembro voler arrossire.
Si ferma tutto all'istante in cui strappo la busta dell'ultima lettera, la devasto con lo sguardo e le lunghe unghie le stesse che graffiano le spalle di chi mi ha tradita.
Graffiano ogni notte le spalle di Juss.
"Il segreto morirà con noi."
Scriveva mamma nel lontano passato ed io finisco con il piangere sulla spalla della mia amica, ho davvero qualcosa oppure ho perso tutto?
Sono in alto mare, quante possibilità di sopravvivere eppure vorrei poter chiudere gli occhi e affogare.
Gli occhi miei belli.
E' grazie alle amicizie influenti di Janet che siete lì vero? Perchè non me ne hai parlato prima? Ti avrei capito, ma tu... Tu non lo sai più.
Tu non ci speri più in noi: sai che siamo solo ombre e i fiori non nascono nell'ombra, vogliono il sole.
E' lei il tuo sole?
" If I could take away the pain and put a smile on your face, baby I would.
If I could make a better way, so you could see a better day, baby I would. "
- I Would
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