46.| Icarus Falls.
Il pesante cancello in ferro battuto scricchiola sotto la mia presa, appoggio il volto fra le sbarre respirando l'odore pungente della ruggine bagnata.
I più chiamano questo stato di profondo malessere interiore depressione, trauma, senso di vuoto o chissà quale diavoleria io invece penso sia come un fottuto gioco.
Hai presente il beer pong?
E' la stessa identica cosa, palline rimbalzanti ripiene di ricordi e rimorsi che sfiorano le curve gentili di bicchieri colmi di lacrime.
E tu incassi e incassi, e butti giù e butti giù fino a che c'hai il fegato colmo di veleno e le mani che ti tremano.
Vorrei uscire da questo tunnel, farmi un giro sotto pioggia che non sia temporale e provare sensazioni che non facciano male ed io ci provo ma là fuori chiunque merita di essere più felice di me.
Così rimani a guardarti scomparire tra lenzuola sudate di coscienza.
Il treno corre sulle rotaie proiettando un'eco distorta fra le vuote stanze dello Stabilimento, sembrano piangere l'abbandono.
Ho scoperto da poco l'esistenza della ferrovia qui vicino, stavo progettando un murales su di un muretto ai confini est della grande tenuta in cui mi trovo ora.
Si parlava di falò quando si avvertì il fischio, Calum disse di voler scappare un giorno con Grace.
Conosco a malapena Calum,ancor di meno questa Grace è un pensiero superfluo ma ritengo importante ricordare.
Non sono l'unica a fuggire, non sono l'unica a nascondermi.
C'è una grande festa lì sul tetto dello Stabilimento, si vedono bene di qui i fasci di luce arancio che solcano il cielo spezzati brevemente da un verde smeraldo.
Ogni tanto tra urla ed abbai puoi avvertire bottiglie di vetro sfracassarsi al suolo, deve esserci una matassa di gente ubriaca lì sopra.
Le mani tremano quel poco che basta a riaccostare il cancello: vado a farmi come una pezza oppure rimango sobria?
Gratto via la vernice con i sensi di colpa che fanno a pugni con lo stomaco.
<<Hai freddo?>>
Ed io li vedo quegli occhi nocciola entrare in collisione con i miei, è tipo un mescolarsi anima e ossa quando si sta vicino.
Si tiene a fatica dritto di fronte dietro me, lo sento litigare con il respiro e i passi ma soprattutto avverto le sue mani su di me come unica certezza.
<<Sono stata un'imbecille.>> ridacchio osservando i sottili fili di erba solleticarmi le caviglie, incastrarsi fra il cinturino argenteo dei tacchi e la pelle d'oca.
Contatto delicato.
Se solo potessi spiegare il modo in cui raccolti i miei capelli in un bouquet di onde oceaniche li faccia ricadere morbidi sulla schiena, se solo potessi descrivere la mano che si insinua lungo lo scollo che sprofonda fino alle fossette di venere, le dita che sfiorano impercettibili le piaghe di pelle color via lattea forse... forse potrei completare il senso di tale epiteto.
<<Non hai proprio idea di quanto tu mi stia segretamente annientando.>> arrossisce raggiungendo la mia mano che si divide tra brividi e ferro battuto.
Non le intreccia, non ci gioca piuttosto mi indirizza.
Fare la scelta giusta è dannatamente pesante, difficile per se stessi immaginati per due così quando si ritrova stordito a spalancare i grossi battenti io rimango lì a guardare.
I campi sono maledettamente bui, Justin continua a ripetere che la mia schiena distrae la luna gelosa di me che brillo.
Lo spintono ma a barcollare sono io e più volte il tacco si incastra in zolle di terreno, più volte ancora lui rincara la dose.
Non serve urlargli contro che è un bastardo, a lui fa piacere uscirsene con quella risatina a vuoto così crudele ed infima.
Fa partire un flash abbagliandomi completamente e quando gli chiedo il perché risponde che con questo buio il verde dei miei occhi è più profondo.
Non siamo sobri e non lo saremo mai.
Abbiamo celebrato il nostro sacro preserata in uno dei tanti pub in centro, ci siamo così tanto ricoperti di baci che ,ad un certo punto, hanno deciso di buttarci fuori per non scandalizzare.
Ricordo che mi aveva stretta tra le sue gambe ed il suo collo profumava di vodka alla pesca, mi diceva che era stanco di aspettare ma non so cosa e nel frattempo giocava con le mie mani conficcate come sempre in quei fili d'oro che ha per capelli.
Erano morbidi e odoravano di me.
Erano tra scapole e costole e volevano me.
<<Smettila di ripulirti quel vestito, è perfetto così come è.>> bofonchia osservandomi spazzare via della terra brulla dalle pajettes argentee.
Ravviva il ciuffo biondo mentre passa a setaccio le mie gambe nude, ha il vizio di guardarmi spudoratamente mentre strofina con vigore la mandibola ed è per me un piacere enorme vederlo enumerare le meraviglie in me.
Sono io la sua ecstasy.
<<Dovresti ripulirti vie' qua.>> sbuffo litigando con le sue mani invadenti, se lo lasciassi fare a quest'ora mi starebbe tastando senza ritegno.
<<Non ti azzardare.>> ringhia, cattura fra la sua dentatura perlata la mia mano destra.
Contatto malato.
Di quelli mica sporchi!
Piuttosto contatto di fame e povertà dove si ci mangia le carni e si ci mescola i germi, dove si condivide qualche grado di disperazione e una pila di coperte vecchie.
Crash.
Solleva il volto atterrito, le labbra a cuoricino appena schiuse mentre il capo fa capolino su e giù fra cocci di vetro e cielo.
Non cede al mio lento lamentarmi, ai miei mugolii insistenti mentre i suoi canini affondano nella mia carne.
Crash.
Alza gli occhi al cielo irritato, mentre smania con i miei polsi e traccia baci lenti su per le mie clavicole: scia di stella cometa o saliva? E' bello vederlo disperato proprio ora diviso tra labbra carnose da guidare ed il suo buonsenso.
Bop.
All'improvviso le braccia mie strette al suo collo si disciolgono in un brivido.
Un liquido caldo e freddo assieme divora centimetri di pelle, cosparge di sapore amaro labbra che si cercano.
Assaggio lo spumante su per il suo collo tatuato perdendomi tra luci ombre.
<<Lucifero, portatore di luce.>> ricordo seguendo lentamente la spuma bianca correre lungo la sua fronte, imperlare le lunghe sopracciglia.
Quelle pupille annegano in capillari rosso sangue.
<<Saliamo a quota due, fidanzatini.>> grugnisce Kristal preannunciando il volo disperato del secondo tappo, sporge da uno dei tanti balconi della struttura.
Bop.
Si perde nel buio lacrimando giù, poco distante da noi.
<<Bimbo.>> commento vedendolo masticare un vaffanculo a vuoto.
Ci stiamo ubriacando di noi.
Le sue labbra avvolte alle mie osservando quella incazzatura lasciarlo lentamente, quel cruccio andarsi a fare un giro ed i fantasmi riporsi sul comodino.
<< Furono baci e furono sorrisi, poi furono soltanto i fiordalisi che videro con gli occhi delle stelle fremere al vento e ai baci la tua pelle.>> intono.
E nei miei ricordi c'è papà e la sua buonanotte, la canzone dolce prima di correre a dormire e le canzoni mai scontate come fiabe aventi fama di essere letteratura.
Ci stiamo ubriacando di noi.
Siamo passati dal nervosismo alla gioia totale: al correre per mano girando in lungo ed in largo la struttura, baciarci sulle scale, baciarci contro le porte per poi realizzare lo scorrer del tempo.
Quante volte mi ha gridato di muovermi, di non nascondermi,che ero stronza da morire?
E sostenersi al primo accenno di nausea, alla prima storta traditrice, alla voglia di ridere fino a non vederci più.
La nostra corsa agli ostacoli su per le rampe viene interrotta da una segnaletica sbiadita circa il pericolo di cedimento della struttura.
<<Cazzo è altissimo.>> commento passandogli i tacchi, lo vedo indeciso sul accantonarli in un angolo remoto oppure tenerli fra le mani.
Osservo un mucchio di alberi inselvatichiti estendersi rigogliosi sotto me mentre fasci di luce provenienti dall'alto ne illuminano le chiome traboccanti di rugiada.
Porta fuori il suo bel nasino mentre la musica rimbomba e la luna delle due compie il suo tragitto, sputa via dalle labbra screpolate una nuvoletta bianca per poi sfregarsi le mani.
Non sapevamo fosse all'aperto, finiremo con l'ammalarci entrambi.
Sfrega le sue ciocche bagnate su per il mio collo portando la sua catenina al mio esile collo, "bizzle" scintilla nell'oscurità ricordandomi la volante della polizia e la paura nei suoi occhi.
Tremo tutta al solo pensiero di dover poggiare piede sul piolo a poca distanza da me, si tratta di una scaletta arrugginita addossata alla parete angusta e ben poco invitante.
Respiro a fondo stringendomi nella giacca al profumo di sigarette e casa di Juss, devo guardarmi dal rannicchiarmici dentro senza ritegno.
<<Ascoltami...>>
La sua voce che carezza la mia pelle, con il volto fra le sue mani e i pensieri intrecciati.
<<Ci sono io qui con te.>>
Abbozza un sorriso sincero, nulla a che vedere con l'alcol e le insoddisfazioni ed io vorrei ricordargli che anche in sogno sottolineava a questo modo la sua presenza ma taccio limitandomi a squadrare quel suo volto speranzoso.
E' contagioso, penso.
Accende una sigaretta distrattamente, con lo sguardo che incespicando si allontana poco a poco da me.
Con le labbra viola e insanguinate di inizio novembre mi lascia fare un tiro, un tiro caldo quasi quanto i suoi baci.
Mi disfo dei soprabiti seguita silenziosamente dal suo sguardo attento, arrossisce mentre mi offro alla luna, per quanto sotto me sia buio ed ancora la testa giri senza accennare tregua mi calo con la pelle d'oca lungo le vertebre come a dire resta.
L'arancio caldo della ruggine imbratta la pianta dei miei piedi, avanzo un passo incerto procedendo la mia scalata.
Arrampicarsi su di un tetto.
Così innocenti, così umani, così adolescenti che viene quasi voglia di vedere l'alba avvinghiati, distesi o per meglio dire affogati nel verde di questi campi.
<<Ti amo!>> grido in sua direzione eppure la mia voce viene risucchiata dalla folla oramai sempre più vicina, sopra noi.
Lo sento ridacchiare appeso nel vuoto, è dovuto tornare giù più volte a fatica di perdere le mie scarpette.
<<Sono ubriaco marcio e tu sei tanta roba.>> ulula scoppiando in una fragorosa risata.
In vano tento di ammonirlo di guardarmi sotto il vestito, lo fa lo stesso spudoratamente.
Inutile.
Ed è bello vederlo parte integrante di questa grandissima cazzata, vederci persi and stuck in a dream perché sì in inglese rende meglio.
Le prime luci mi colpiscono in pieno viso, l'odore di erba è inconfondibile e poi le urla...
Continuo la mia scalata facendo esplodere mano a mano un tremendo mal di testa, sono quasi arrivata in cima ed è stato dannatamente difficile.
La visuale prende ad essere ridotta, effetto già di per sé determinato dall'alcol viene ad accentuarsi ora: sfavillii dorati, ombre e quella sensazione così strana...
Come ha detto il medico?
Ah già, depersonalizzazione.
<<Justin.>> bisbiglio seguita da un brivido lungo e caldo.
Tento di mettere a fuoco seppure l'ansia abbia ormai un effetto totalizzante, cerco di portarmi avanti soffermando lo sguardo sull'intonaco rovinato della struttura.
<<Mi gira maledettamente la testa.>> affermo con il cuore a mille, prendo qualche secondo per reclinare il capo e respirare aria pura.
I capelli nero notte solleticano le spalle.
Conosco bene questa condizione di vuoto per la quale l'aria ai polmoni non sembra affluire....
Devo sforzarmi di ammaestrare questa paura, estraniarmi dal contesto.
<<Belle!!!>>
Scivolo.
la caviglia sinistra cede lasciandomi penzoloni nel vuoto, continua a tremare convulsa.
<<Va tutto bene?>> biascica effettivamente non è lucido.
Viene difficile rispondere percependosi distanti dal proprio corpo, sto perdendo il controllo.
Non avrei dovuto, eppure l'ho fatto: non è facile smettere con la droga.
Non lo è quando si è soggetti ad attacchi di panico come questi.
Dopo l'incidente dei miei agli incubi sono venuti a mescolarsi stati di ansia e per quanto possa tentare di alleggerirti con veleni non puoi perché essendo questi tali amplificano con lo scorrere del tempo le tue pene.
Finisci con lo sbroccare, con il collassare.
Non stai mai meglio, non puoi.
Fallisci.
<<Belle ci sono io qui con te.>>
Un contatto delicato di quelli descritti prima, una carezza allungata all'altezza della caviglia.
<<No che non ci sei.>>
A stento riesco a mantenere salda la presa, il corpo diviene così dannatamente pesante.
Cadrò.
<<Non riesco a respirare.>> singhiozzo.
Le dita stanche fremono ancora, cerco di applicare quanta più pressione possibile, ignorando l'ansia che spappola il mio stomaco.
Justin non può salvarmi.
<<Aiuto!>> grida, è davvero così grave?
Sto per cedere.
Musica che diventa stridore.
Respiro o ansimo?
<<Belle, merda! Ti vengo a prendere, resisti!>>
E non vorrei farlo piangere così ma pur volendo rassicurare non ci riesco, pur volendo combattere questo mostro dentro me è pressappoco impossibile finirlo.
Tutto ciò mi fu diagnosticato successivamente alla visita in casa di Kristal, contribuì ad incrinare i rapporti con zia Margaret.
Contribuì a distruggermi.
"la ragazza è psicologicamente instabile." Tuonò dall'alto del suo camice lo psicologo bruciando l'ultimo briciolo della mia autostima.
I passi pesanti di Juss vengono rallentati dalla sua poca lucidità, se solo fossimo stati più prudenti prima di venire qui...
Con la stessa fermezza del corpo di un impiccato rimango sospesa nella penombra, la forza di gravità spinge questa massa infima verso il centro della terra.
Invano cerco l'ultima manciata d'aria.
L'ultimo mio respiro.
Cedo o dovrei dire cado?
In caduta libera come Icaro: cado mentre le mie ali di illusione si sgretolano a contatto con la notte inverosimilmente calda.
E non c'è nessuno qui con me.
Flash.
"Chi sei?" Sussurro flebilmente.
"Non preoccuparti, ci sono io."
La voce è distorta, non riconoscerei quel tono facilmente.
Quel timbro di voce che mi propone di giocare l'ultima carta, la fiducia, è ancora una macchia indistinta all'orizzonte: non ha volto, non lo avrà forse mai.
Tremo e poi sfinita svengo."
fine flash
<<Ci sono io qui con te.>>
Due mani fragili abbracciano il mio polso, a tratti le percepisco.
E' una voce femminile accompagnata da due occhi fiordalisi, li aspettavo miele.
Janet?
Mi volto e vedo te, metri sotto me sangue sulla pelle candida.
Juss.
"If only I could hit the ground, I never thought that I'd be broken, I never thought I'd be this far from home, I'm dreaming with my eyes wide open now..."
- Hit the Ground.
Spazio Autrice:
Amori miei scusate la mia infinita assenza, spero che questo capitolo vi sia piaciuto perchè è un capitolo chiave.
Con tutto l'amore che sapete, Cam.
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