41.| Carpe Diem.
Il tepore dell'aria condizionata si attenua quel poco che basta per lasciarmi respirare aria pura, lascio cadere lo sguardo sul finestrino.
due goccioline si separano, si intrecciano e ancora, oramai stessa sostanza, sfumano nella loro corsa verso la fine.
La macchina scorre sull'asfalto asfissiata dal traffico ovattante, viaggia verso una carezza sulla gamba ed un bacio sulla guancia necessarie ad attenuare la paura.
Di quante cose ho paura? Non porto il conto di tutte le mie insicurezze, nessuno in questo mondo lo fa.
Le lentiggini di Chad si allargano in un sorriso, ha le mani che stringono compulsivamente il manubrio quasi a voler trattenere con questo i pensieri.
Mi inumidisco le labbra prima di imboccare una sigaretta, un gesto che in un modo o nell'altro mi ricorda Juss.
La nostra maledetta abitudine di rovinarci i polmoni anche e soprattutto in macchina viene fuori oramai spontanea per quanto gli altri la odino.
Cinque giorni di totale silenzio.
Mi arrogo il diritto di azzittire la radio che in sottofondo protesta sbattendomi in faccia la voce di Juss, il CD viene sputato fuori con un lento ronzio.
<<Andrà tutto bene.>> sussurra impercettibile Chad.
Scappa al mio sguardo ed io non gli credo, non cedo a questo finto sorreggersi che si concretizza nel tracannare illusioni al sapore di speranze.
Esco frettolosamente dall'abitacolo con le nubi che gravano sul mio corpo gracile, l'umidità può risultare un'ottima compagna quando hai un vuoto dentro.
Sarà che accresce, che riempie.
La periferia mi si disegna intorno aggressiva, vuole che io mi inorridisca alla vista dei sacchi di immondizia lasciati cadere sull'asfalto tiepido di fine giornata.
Il palazzo è immenso e triste, sarà che dalle grondai gocciola pigrizia ed abbandono e nell'intonaco giallo canarino si allargano macchie nere come fumo misto ad inchiostro.
La portinaia all'entrata mi squadra per un po', il mio vestiario nero minaccia aria di teppista ma dev'esserci abituata perché sorride.
Non impiega molto a darmi ciò che cerco, l'apatia deve averla scelta per amica.
Le scale percorse in solitudine sono inquietanti: le luci a neon le rendono enormi e assurdamente silenziose eppure guarisce questo potersi raccontare per un po' al nulla, come se i pensieri possano essere protetti e affidati a mura di cemento sorde e mute.
L'ennesimo pianerottolo, terzo piano e tanti scatoloni sparsi sul marmo freddo.
Da Kristal:
Le scritte del prossimo murales le fai te.
Sorrido.
Lo "Stabilimento" ossia la fabbrica e le sue stanze fantasma sono diventate tutta la mia vita così come scrivere poesie per quei Writers senza casa che pullulano lì dentro.
Allo stesso modo quella ragazza misteriosa sulle sue, quella ragazza che m'ha vista cadere fragile nel suo appartamento fuori città... Lei è diventata una costante, di quelle che il libro di fisica ti mette in grassetto e trovi sempre a discapito di tutti quei dati irrilevanti che vengono a mancare.
La costante c'è e continuerà ad esserci contro ogni eccezione e pro cancellature.
Sicurezza, stabilità un modo di capirsi e viversi insieme.
Lascio scivolare un dito sul campanello, tremo ma non ci faccio caso.
Cinque giorni di silenzio che ruotano in torno a sigarette spente sul davanzale e tocca e fuggi in luoghi anonimi pur di non incontrarsi.
"Abbiamo bisogno di tempo."
Eppure questo cuore non trova pace: occhio che non vede, carne che ha sete.
La porta si spalanca cogliendomi nuda ed immersa in me stessa, dovrei smetterla penso eppure non ci riesco.
Non ho parole per esprimere il modo in cui il mio sguardo si è ripiegato sulle mattonelle grigie dove la polvere si rincorre, non posso riprodurre il tonfo sordo di un pacco che cade a terra ed ancora quella tensione impalpabile che però t'arriva fin dentro le ossa.
Diavolo, vorrei poterlo descrivere bene talmente bene che comunichi amore anziché sorpresa.
<<Belle.>> è un tentativo quasi impercettibile di appropriarsi di me, ancora.
Si inginocchia per frugare tra le carte o forse tra i ricordi, è nervoso e quei polpastrelli frettolosi lo dimostrano.
Mi chino anche io ma solo per fermare quel suo eterno incespicare.
Le mie mani sulle sue, lo sto richiamando dalla mia porzione di inferno dove le presenze del male si moltiplicano in angoli di subconscio dimenticati.
Ha gli occhi fissi sulla mia pelle, sulle mie dita tremanti.
Sono stati cinque giorni di assenza a scuola, cinque giorni di segreteria telefonica e di uscite con Alicia che poi si riducevano ad uno shot buttato giù di corsa, uno shot di quelli che ti passano sottobanco pur di guadagnare qualche soldo.
Nell'angolo remoto di me lacrime e sospiri.
<<Amore.>>
Come una confessione appena scivolata sulla punta della mia lingua prende a dissolversi in un respiro profondo.
Non aggiunge e non replica, sembra impassibile alla mia vista.
Non rispondo a questo suo respingermi, mi rifugio in un'intimità reciproca piena di parole non dette e sguardi carichi di tanto.
La mano che scompiglia il ciuffo dorato fino a coprire il volto rabbuiato ci separa solo in parte.
Io lo sento rivivere sotto il mio tocco, non può sfuggirmi: mi è dentro, non verrebbe difficile immaginarmelo e pertanto sentirlo sempre e comunque qui.
<<Mi guardi?>> lo richiamo irritata.
Ho bisogno di lui.
<<Cosa dovrei guardare, questi?>> butta fuori in tono sprezzante, con una mano afferra una mia ciocca di capelli nero pece.
Fa male e bene insieme questo contatto ripugnante.
<<Una novità.>> rispondo mettendomi a sedere comoda, incrocio le gambe e lascio andare la sua mano fredda.
Un cambiamento per cercare di ritrovarsi in un corpo che d'improvviso non diventa tuo, che ogni giorno ti sbatte in faccia la realtà.
Che avrai sempre gli occhi di tua madre, il sorriso di tuo padre e la rughetta espressiva che è un misto dei due sulla quale ti ci sorprendi a fantasticare.
Ma lui non lo sa.
Seguo appena la curva del suo sorriso sarcastico, gli scatoloni tutto intorno sembrano fissarci impassibili: da qualcheduno rotolano via dei fogli di carta, da altre delle converse vecchie dalle mille macchie.
<<Non dovresti stravolgerti.>> Sospira, alzandosi di scatto per nascondersi dietro una matassa di roba da smistare.
Si è trasferito qui? Perché non ha accennato alle sue di novità?
Vederlo solo in una casa mi rattrista, non riuscirei ad immaginarmelo solo con i suoi problemi e le sue frustrazioni.
Perché ci sono e fanno parte di lui.
Odio il fatto che si sia eclissato in questa casa in penombra qui sembra rifiutare l'aria ed io detesto questo suo essere passivo al destino, questo essere distante mentre tutto lo allontana da me.
<<Non dovresti scomparire.>> rispondo esasperata.
Ci siamo sempre nascosti, come se stessimo fuggendo da qualcosa o da qualcuno ed io ho segretamente pianto tutto ciò.
Queste lunghe pause, questi suoi silenzi non aiutano.
Non gli sono mancata? Non ha nulla da dirmi?
<<Ho bisogno di sapere come stai.>> butto fuori con asprezza.
L'appartamento d'un tratto tende a richiudersi su di noi, m'annoia il fatto che non riesca a vedere null'altro che materiale di carta ed un senso di profonda solitudine.
Gioco con gli strappi dei jeans mentre butto giù quest'ennesimo tradimento di ideali.
Fiducia.
Pensavo stessimo costruendo ponti non non muraglie.
<<Bene.>> accenna ad un sorriso ma io ci leggo solo il suo essere completamente perso.
Mi è sfuggito dai polpastrelli poco a poco, dannatamente impalpabile pronto a trasformarsi in un'assenza.
Fragilità che non so curare.
<<Mi spieghi cosa sta succedendo nella tua vita?>> domando quasi timorosa di sentire la risposta.
Provo ad avvicinarmi, a mangiucchiare i centimetri tra di noi ma m'accorgo di come questo sussulti non appena mi ritrova a pochi centimetri dalla sua persona.
Non risponde, continua il suo frugare con le spalle ricurve e le sopracciglia unite da lineamenti contratti.
Parlami, ho bisogno di sentirti vicino.
<<Non hai dormito dai ragazzi, dove sei stato???>> cerco di strappargli una risposta da bocca, anche piccolissima.
Lo abbiamo rintracciato praticamente per una serie di coincidenze ed indizi ad incastri.
Tutto si è ridotto a quel tipico momento in cui sei in procinto di buttar via un foglio apparentemente non usato dove però poi trovi scritto un mondo.
Conti, indirizzi e numeri dalle cifre assurde ed ancora una grafia, la sua.
<< Potresti non evadere dalla realtà? Potresti cortesemente fronteggiarmi?>>
Lo spintono sul divano verde pastello, l'unico oggetto d'arredo presente in questa casa che non sento assolutamente mia.
Non c'è nessuno qui dentro, nessuno.
Ci siamo solo noi ed i nostri fantasmi.
Mi siedo cavalcioni su di lui adattando i miei palmi al suo petto scolpito, sento il cuore scalciare per raggiungermi.
Va forte, lo fa per me.
Una piccola cosa rimasta immutata.
<<Belle!>> sussurra nel momento in cui le mie dita incominciano a tracciare grattini lungo il suo collo.
Inspira cercando di focalizzare lo sguardo su di noi ma dopo poco si arrende, il capo si piega e le ali tatuate sulla sua pelle bianca sono completamente a mia disposizione.
Carpe diem.
<<Cosa ti turba?>> domando a voce bassissima, è dolce questa tonalità e lo constato dal distendersi della sua pelle pallida.
Ha il volto di chi non dorme da molto, di chi passa la notte ad intessere riflessioni.
<<Sto bene, piccola.>> risponde quasi meccanicamente ma il sospiro, quello non mi scappa.
Le sue mani s'avventano sulla mia carne fresca ed io le ricaccio indietro torturandolo: non mi ha al suo fianco da cinque giorni, è tanto per lui.
Fisicamente è attratto da ogni lembo della mia pelle, da ogni nota del mio profumo ed io lo sono a pari modo.
Siamo preda l'uno dell'altra da sempre.
<<Ti manca il mio corpo o ti manca il modo in cui io attraverso il mio corpo ti faccio sentire?>> pongo la domanda gustandomi tutta la sua fragilità, deve parlare.
Ho necessità di percepire cosa infondo brucia senza lasciarlo andare.
Noto come la tempesta sembri lasciarlo e quindi ristabilire la pace in fondo ai suoi occhi, le mani provano a ricercarmi ed io mi lascio scappare un sorriso.
<<Io ti voglio.>> mugugna, lanciandomi uno sguardo da sotto le folte ciglia lunghe è quasi impercettibile ma io lo conosco.
La voce gli si incrina, lo sbalzo di tono si ripercuote persino sulla sua muscolatura che si irrigidisce visibilmente avvolta nella felpa oversize.
<<Non ti credo.>> faccio allungando una mano verso lui, noto come valuti ogni mia mossa.
Sono occhiate piene di interrogativi e di paure, vorrebbe cedere ma qualcosa lo trattiene così io gioco a sedurlo, a fargli mancare la parte più viva di me.
<<Smettila di tentarmi così.>> mugola lanciandomi uno sguardo di preghiera, le pupille sono dilatatissime ed inghiottono tutto il miele che le circonda.
Mi inumidisco le labbra imboccando una sigaretta spenta, le mani corrono veloce alla mia coda di cavallo e la strizzano per benino.
Quei pozzi profondi seguono lo scollo della mia maglia e la linea tagliente della mia clavicola, sento affiorare un brivido lungo le scapole, cade a strapiombo insinuandosi sempre più giu.
<<Ti va?>> bofonchio indicando la sigaretta spenta.
Un rituale, un piccolo gesto solo nostro.
<<Certo.>> il suo tono è malizioso, nasconde un retroscena di cui non conosco le battute e le ripercussioni sull'immediato presente.
È difficile giocare psicologicamente con lui, per ogni metro acquistato c'è una trincea da cui avvedersi le spalle.
La fiammella illumina le mie labbra carnose stagliando dei riflessi castagno lungo le mie ciocche ebano.
Afferra la mia mano senza dire niente, guardandomi sbuffare del fumo dalla sigaretta accesa che si è rintanata all'angolo della bocca.
La stretta è così forte da sentirmi anch'io imbattibile, come se stesse trasferendo a me tutto il suo cuore d'acciaio.
Ritraggo la mano standomene li ad osservarlo assorta, persa nell'ennesimo tentativo di riavvicinare il mio corpo al suo, di sfiorarci appena.
Estrae un foglietto appena ripiegato dalla tasca, è un foglio di carta che pensavo fosse andato perduto: il mio disegno.
Le immagini di quella sera si susseguono velocemente nella mia mente, sbianco ed ancora mi ritraggo e come me lui si adombra.
È lui.
È lui il ragazzo che da tempo mi perseguita in sogno, è lui che mi salva dal mio eterno cadere ed è ancora lui colui che è stranamente legato alla vita di mia sorella.
<<Dannazione e libertà, tu sei questo. Riusciremo mai a vincere contro tutto questo? Contro questo soprannaturale? Quello che ho visto quella sera, quella non eri tu! Quanto ancora cambierai? Non ti riconosco, ci sono giorni in cui incrociare il tuo sguardo diventa uno riscoprirsi estranei.
Ed ancora la paura di non essere abbastanza, di essere stato chiamato a fare qualcosa per cui non sei portato.
Il padre di tua sorella, la tua spalla destra...
Cos'altro?
E ci sono giorni in cui vorrei portarti sotto casa l'universo e altri in cui ti vorrei vivere ogni singolo istante: dal tuo studiare senza impegno, al tuo osservarti nello specchio mentre provi un vestito ed ancora al tuo sistemarti i capelli mentre tenti di ripassare.
Ci sono notti in cui vorrei incastrarti tra le mie braccia, ad incastro con il mio corpo ed il mio cuore.
Notti in cui ti penso e di conseguenza ci penso, me la prendo con tutti e ci maledico.
E poi?
Il giorno dopo ti cerco, ti voglio.
E per me sei una stronza perché neanche mi hai fatto capire cosa siamo, perché mi dici "aspettami" ed io rimango appeso a te come un organo indispensabile per farti sopravvivere.
Ci sono giorni in cui ti guardo da lontano mentre cammini per i corridoi e devo trattenermi dall'attaccare quelle oche che ancora ti additano per quell'articolo sul giornalino, tutta invidia perché mezzo corridoio ti vorrebbe tra le proprie lenzuola.>> butta fuori tutto d'un fiato, avendomi in pugno.
Pendo dalle sue labbra stregata, con le lacrime agli occhi per questo suo sfogo che di conseguenza è il mio.
<<E poi i miei, la loro disoccupazione e il mio dovergli passare soldi.
I traslochi per trovare l'offerta migliore, mia madre che continua a scappare di casa quando sente il mondo sgretolarsi sotto il suo tocco incerto.
Mio padre continuerà a cercarla in quei posti dove l'ha sempre trovata dopo ogni litigio, con la fede ancora al dito ed un figlio che puntualmente disfa i bagagli al posto loro.>>
La voce oramai si è disciolta in singhiozzi, la presa sui miei fianchi si fa più forte.
Vorrei poterlo rassicurare, far scomparire ogni dubbio eppure è quella materia nera di cui mi cibo io.
Amore o insicurezza? Ci lega una sensazione di pieno smarrimento, una linea all'orizzonte sempre meno delineata.
<<Cosa cazzo devo essere? Padre? Fidanzato? Amico?>> grida, è scosso da fremiti che schiudono quel poco che basta le sue labbra carnose.
Lacrime sul mio petto, scendono veloci tracciando scie di pelle d'oca e rimorsi.
Piange sul mio petto come un bimbo, il mio bimbo.
Perché tanta fragilità?
Vorrei poter guardarlo e vedere serenità ed invece vedo solo voglia di scappare, lasciarci indietro e ritornare ad essere quello che gli ho strappato.
Vorrei poterlo vedere su di me, con me eppure ci respingiamo per la paura di non essere abbastanza tagliati per affrontare questa situazione sadica.
Perché farci male ed essere d'accordo nel farlo?
Passo una mano tra i suoi capelli oro come stregata da quel suo crollare di fronte a me, di questo suo spogliarsi senza nemmeno accennare a fare l'amore.
Perché questo è il nostro fare l'amore.
<<Ed ho paura di una madre che non torna a casa, di una te che non riesco a trovare e di una situazione disastrata.>>
Ci distendiamo sul divanetto polveroso, respirando a vicenda l'odore di chiuso stantio.
Mi manca vederlo in giro per casa mia, nel mio letto alla mia destra quando zia non c'è e lui scappa da me, mi manca sentire il suo profumo tra clavicola e aorta.
Il suo capo che si alza e abbassa a ritmo del mio respiro e quel riscaldarci insieme che da tempo mancava, è tutto ciò che desidero.
<<Perché non parlarmene? Perché lasciarmi sola in quel casino di situazione? In un bar da sola? Perché averti in mente assieme a disegni e stati di trance che non mi so spiegare?>>
La mi voce è tremula come l'ultimo bagliore della mia sigaretta oramai terminata.
<<Sono umano.>> risponde quel poco che basta per regolarizzarmi il respiro.
Riportarmi allo stato di quiete.
<<Ho una soluzione a tutti i tuoi problemi, per favore ascoltami.>> lo prego, di nuovo come un tempo.
L'ultima nuvoletta di fumo sale lenta, impalpabile e silenziosa come la morte, lui respira sul mio petto e nel mentre versa fuori a secchiate l'anima.
Si riversa tutta all'altezza del mio cuore e lì verrà rinchiusa per sempre.
<<Ti ascolto.>>
Ed invece no perché io non ho intenzione di parlare, di riempirlo di parole vuote che tanto non hanno senso e significato.
Ho solo voglia di frugare in questi scatoloni vecchi, di afferrare l'album di ricordi di famiglia e la bottiglia di liquore che se ne sta all'angolo della stanza.
Ho solo voglia di farci sedere per terra e sfogliare quei quattro foglio di carta, ho voglia di ridere e di conoscerlo e poi da ubriachi urlare e baciarsi, baciarsi e amarsi.
Non è istruttivo, non è bene e non è male: solo lasciarsi vivere.
Sfilo la felpa e lascio che l'aria fredda mi ripercorra la pelle e le ossa quel po' che sporgono verso l'esterno, l'anima preme per liberarsi di me.
Mi distendo sul pavimento freddo con i capelli che si riducono ad un prato di boccoli neri.
Liquore che mi scorre addosso, sulla punta della lingua ed ancora più giù fra le labbra screpolate e fra modi di vivere oramai dimenticati.
Pace.
Lingua sulla mia pelle, che scivola veloce e foto sparse a terra.
Prendo e leggo fra la righe della sua infanzia, di un'adolescenza che non conosco e nel mentre ciuffi di sole mi solleticano il ventre, rivive per me.
Sono persa, ubriaca di lui e di liquore.
Sì.
Pronta a sbroccare nel suo bagno con lui che mi tiene i capelli, pronta a condividere quella sensazione di malessere.
Mugugna per lo sforzo, mentre si regge su di me grazie a quelle braccia possenti.
<<Mi fai impazzire.>> esclama con un mezzo sorriso stampato in faccia, si passa il pollice sulle labbra per poi morderle d'improvviso.
Baci e carezze, poi ancora foto e la testa che gira come su di una giostra alla festa di paese.
<<Ci stiamo rovinando?>> ridacchia mentre svuoto l'ultimo porzione di liquido sui suoi capelli, mentre ci scambiamo l'ultimo shot con un bacio alla francese.
<<Fottitene.>>
Rido di una risata aspra seguendo le ultime gocce di bevanda scivolare lungo i muri, sul pavimento ed impregnare foto.
Che in realtà ci stiamo lasciando andare alle nostre fragilità, che in realtà io lo tento, lo porto sulla mia cattiva strada e lui per passione, per voglia di carne e di amore mai ricevuto sta percorrendo.
Lui che da piccolo non sorrideva mai nelle foto, io con i miei vuoti da colmare.
Stiamo sbagliando, non dovrebbe baciarmi sul pavimento dei suoi con le foto dei parenti che ci spiano, non dovrebbe toccarmi e ancora volermi.
Ma ci attraiamo e penso, si lo penso che senza questo voler godere insieme non possiamo resistere.
Se lui non fosse stato disperso come me non ci saremo mai incontrati, che se lui non avesse avuto l'esigenza di sentire a questo punto saremo stati estranei.
Sono egoista lo so.
Ma lui sta male ed io anche, siamo due casi umani e va bene così.
Va bene sentire i succhiotti al sapore di alcol sulla mia pelle, va bene sentirsi sbagliati insieme.
Va bene andare in estasi con i suoi ricordi che ci squadrano.
Perché lui è mio, ora.
Fanculo il tempo, lui è mio.
Scuote un'ultima volta il ciuffo, sono persa tra il miele dei suoi occhi e le goccioline che si incastrano tra le ciglia chilometriche che proteggono tanta innocenza, lascio scivolare lo sguardo sulle sue scapole oramai bagnate dalle ultime luci del tramonto.
Luce rossa che si disegna su Los Angeles e sul suo corpo che verte verso il mio.
<<Quanto verdi sono i tuoi occhi?>> bisbiglia giocherellando con la bretella del mio reggiseno nero, scivola via e lui arrossisce come un bimbo.
Ma il suo sguardo è sul mio ventre bagnato del suo sudore, di liquido alcolico e saliva.
<<Hai ancora paura?>> domando ridacchiando, più mi faccio allegra più il bruciore di stomaco tende a scomparire.
Mi porge la sua felpa, ammiro come egli voglia sostituirsi alla figura paterna per fare del bene ma soprattutto per farmi sentire protetta ed amata.
È in casi come questi che dimostra quanto sia grande il suo volermi bene.
<<Ti piace questo tramonto?>> chiede con le labbra che mordono le mie.
Ho sbagliato, non ha solo sete di me ma anche e soprattutto fame.
Alzo lo sguardo per obbligarmi a sostenere il suo, sta scavando sempre più al mio interno per cercare di rimuovere i macigni che ho sul cuore e che non mi lasciano andare.
Ha gli occhi di un dorato così chiaro da perdermici, devo insistere ma dopo vari tentativi riesco ad arrampicarmi sulle sue gambe.
Salire in braccio a lui e perdere le coordinate del tempo.
Pelle contro pelle.
Il suo profumo è finalmente qualcosa che posso respirare a pieni polmoni, e così da vicino viene facile contare le screziature all'interno della sua iride, lo accarezzo mentre chiude gli occhi estasiato.
<< Every night in my dreams I see you, I feel you. That is how I know you go on. Far across the distance and spaces between us you have come to show you go on. Near, far, wherever you are I believe that the heart does go on once more you open the door and you're here in my heart and my heart will go on and on>> canticchia con voce roca, canticchia portando a galla un paio di ricordi.
Un Titanic visto insieme, un pomeriggio d'estate che sfuma nel sole caldo di un altro divenire e la sua bocca sulla mia.
E poi la sua chitarra dalle corde pizzicate appena, il fumo che avvolge i suoi lineamenti delicati e impegna le sue labbra soffici, poi quel suo diario segreto dalla copertina nera di cui lui mi legge innumerevoli poesie.
Cosa è più rosso il cielo o i lividi lungo i nostri corpi?
Spazio Autrice:
(è da tanto che non vi rompevo con uno Spazio Autrice, ahahah.)
Ragazze dovete scusare la mia prolungata assenza purtroppo i ritmi scolastici dettano le mie giornate.
Volevo precisare che in questo capitolo ho enfatizzato le paure e le fragilità dei ragazzi, arrivando così anche e soprattutto a descrivere una scena che non vuole essere presa alla lettera ma comunque far riflettere su quanto entrambi siano ,per circostanze esterne, profondamente fragili.
Non è un capitolo "romantico" bensì una specie dì excursus sul loro passato e le ripercussioni sul presente.
In altri termini avrei voluto tanto darvi qualche altra informazione sulla situazione familiare di Juss.
Non so come questo capitolo sia venuto fuori, spero solo sia decente ho avuto un blocco per quanto riguarda l'ispirazione e dunque ho impiegato molto tempo a scrivere rendendo così "più artificiale" il mio lavoro.
Fatemi sapere nei commenti, in ogni caso questo capitolo potrebbe essere soggetto a modifiche più in là.
Un bacione.🌸
(Instagram Shadows._wattpad.)
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