38.| Kidnapped.

"Dopo una settimana di verifiche ed interrogazioni posso finalmente concedermi un po' di svago."

Questa è stata l'ultima frase detta a Chad e Alicia prima che mi spingessero nella macchina di Justin, all'uscita da scuola dopo interminabili corsi pomeridiani.

Sintesi: sono stata rapita.

Un lampo illumina l'abitacolo silenzioso ed in concomitanza la strada riluce sotto il riflesso di mille goccioline argentee.
Il tempo è arrabbiato, ce la con qualcuno tanto da coprire le note melodiose che passano alla radio con tuoni prorompenti.

<<Lo sai che me la pagherai?>> domando con la voce ancora un po' tremante, in serata sono stata zittita troppe volte ed ancora troppe volte ho sorvolato.

Osservo le lancette che scandiscono la velocità con la quale scivoliamo sull'asfalto, sono fisse sui 120 km\h e sembrano non voler proprio scendere giù.

Non ricevo risposta, l'unico rumore che avverto è l'incessante tamburellare delle gocce di pioggia sul parabrezza.

<<Fidati di me.>> aggiunge dopo poco l'ombra al mio fianco, ha gli occhi fissi sulla nebbia che diradandosi e poi sollevandosi incontra il catrame sporco e viscido.

Sono nervosa, le mani non fanno che rincorrersi a ritmo di cuore, un po' troppo agitato per poter ascoltare mente.
Lascio scivolare le dita sull'ultimo bottone della camicetta nera, mentre guardo fuori dal finestrino annoiata e sola.

La luna splende alta in cielo, talvolta la sua lucentezza viene offuscata dai fanali che squarciano ombre sulla strada deserta, altre volte , invece, qualche raggio lunare colpisce in pieno gli occhi di Justin mitigandone i lati più oscuri.

Se non fosse per l'odore della pioggia quello stantio del fumo avrebbe preso il sopravvento.
È da ore che il confine tra terra ed orizzonte è vivo sotto noi, è da ore che non poggio piede a terra.

<<Non arriviamo mai.>> getto questa conclusione in un silenzio infernale, cerco la mano del mio "più che amico" con scarsi risultati.
Sfugge a me da un pomeriggio intero.

Il caso mi ha in pugno, non posso minimanamente sapere cosa aspettarmi da questa "uscita."

Inumidisco le labbra mentre accostiamo con uno sbuffo di motori, il mio accompagnatore lascia andare il manubrio con rassegnazione e sguardo sgombro d'ogni legame con il mondo esterno.

La pioggia continua a venir giù fitta, scava solchi sul terreno, piega fili d'erba e margherite al suo cospetto, riempie le buche della strada dissestata: tutti la subiscono e nessuno l'accetta.

<<Perché non dici niente?>> domando accigliata, siamo persi nel nulla senza un apparente senso.

<<Perché sappi che non ci tornerai mai, non da sola.>> butta fuori tagliente, i suoi lineamenti sono avvolti nell'oscurità e risaltano sullo sfondo candido che ci circonda.

L'ennesimo tuono scuote il cielo e le fronde degli alberi che si richiudono su di noi, un lontano gracchiare si fa sempre più vicino non appena il caldo dell'aria condizionata cede il passo al gelo notturno.

Lascio andare la testa all'indietro, sono stanca di enigmi e tempeste ma sono riconoscente di questo suo lato protettivo.

Vorrei vederci chiaro per una volta, distinguere il bianco dal nero e smettere di essere una trapezista che rischia lanciandosi nel vuoto, dove cielo non si distingue da oblio.

<<Andiamo.>> sussurra non più brusco, quasi pentito.

Nel momento in cui spalanco la portiera nell'oscurità vengo inghiottita da un forte puzzo di acqua ristagnata ed umidità.

La pioggia cade sempre meno fitta, quasi impalpabile su di un campo immenso, scende goccia dopo goccia mentre le nubi vengono colte alla sprovvista da lampi oramai lontani.

Nubi viola e caviglie bagnate, descriverei così questo martedì sera alternativo.

Avverto una carezza indecisa solcarmi il viso, copre i rumori sinistri della vita notturna e mi ridona calore.

<<Devi correre e non lasciarmi mai.>> la voce di Justin non più ruvida ma delicata mi fa accapponare la pelle, è sempre più silenzioso e misterioso.

Correre.
Tutte le corse di bimba non reggeranno mai il confronto con questa fatta ora.
Perché nulla è più affascinante quanto seviziante dei graffi sulle gambe, delle nocche bianche per tenere stretto a sè l'amore e la salvezza, poi ancora le gocce contro la pelle arrossata dal gelo ed i respiri profondi come pozzi.

Correre insieme è un po' come fidarsi.
Fidarsi di chi ti sta affianco, di colui che sarà il solo a poterti tirare su, colui che ha il cuore che va a mille come te e che non ti lascia andare anche a costo di tardare.

Correre insieme è un po' come amarsi.
Perché superare un ostacolo insieme è facile solo se c'è armonia, perché i metri volano via più velocemente affianco a chi ti toglie e dà respiro.

Finiamo così per il trovarci con i polpacci doloranti, ferite aperte e fiato perso di fronte ad un enorme struttura abbandonata.
Si direbbe una fabbrica dalle grosse ciminiere che ci guardano rabbiose dal sommo della loro altezza.

<<Stai bene?>> si accerta catturando il mio viso con il pollice tremante, annuisco con un mezzo sorriso stretto in bocca.

<<Dio, se ti amo.>> esclama mentre ride di cuore al maschiaccio che è in me, ride e nel frattempo mi copre di baci per tutto il viso come se in principio avesse avuto paura di perdermi.

La sua mano rimane ancorata alla mia, anzi mi tiene ancora più stretta a lui come se il pericolo fosse in agguato dietro l'angolo.

Mi guida tra portoni di ferro battuto ed arrugginito, tra la calce che sbriciolandosi mi dipinge il volto di bianco, mi guida fra rottami e macchinari con indosso vestiti finissimi di ragnatele, mi guida verso l'assurdo con fare protettivo.

<<Entra pure in quella sala.>> fa arrestandosi di qualche passo dietro me, mi guarda negli occhi con espressività.

Un rivolo di vento entra e gli sbuffa in faccia polvere, gli occhi si arrossano e le ciocche di capelli prendono a fluttuare a pochi centimetri da suo volto.

<<Ho paura.>> ammetto mentre i miei occhi risalgono sulle innumerevoli candele lasciate qui e lì, sugli accendini e sui mozziconi.

<<Ti seguirò, ci sono io qui con te.>> risponde con quel suo mezzo sorriso in bocca, mi vorrebbe baciare ma non ne ha coraggio.

Per questo mi avvicino lenta, quasi come se i passi pesassero e non avessi voglia di muoverli.
Così a poca distanza dal suo volto, quando oramai gli occhi dorati sono nei miei e le labbra si muovono incessanti sulle sue avverto una bandana cingermi il capo.

Che fai? Vorrei chiedergli eppure lui continua a divorare la passione che tra noi aleggia, continua a mordere e poi baciare le mie labbra, avido più che mai.

Mi fa voltare con un veloce movimento delle braccia e poi nell'oscurità una lunga fila di baci sul collo, ed ancora giù con quelle mani verso i miei fianchi.

La camicetta si apre sotto l'incespicare delle sue dita svelte ed il mio petto si offre alla luce lunare.

<<Ora cammina.>> sussurra nel momento in cui le labbra schioccano appena sopra la mia clavicola, avverto il bruciore di un succhiotto ed il calore dell'amore che ha impresso sulla pelle.

Muovo i passi senza staccarmi dal suo corpo muscoloso, di tanto in tanto lascia che i pollici accarezziamo le mie guance poi, come se si fosse scottato, ritrae subito le mani.

<<Da qui un avanti, incomincia un mondo.>> sussurra appena sopra il mio lobo lasciando consequenzialmente un bacio.

Sento la bandana cadere sotto il tocco delicato, un sorriso che si schiude appena sopra di me con fare protettivo.

In torno a me colori, sfumature e poi ancora luce, ombre e figure sconosciute che trovano spazio fra volti noti, poi scritte e dediche, fogli volanti con sopra poesie, e pareti piene zeppe di fotografie.

E al centro della stanza il mio volto fedelmente riprodotto, con quella luce negli occhi di un verde accattivante che non mi so spiegare.

Le mie onde di un castano misto all'oro dei campi, poi ancora il mio nasino all'insù così sfacciato e vero e quelle labbra forse troppo piccole per così tanti baci, forse troppo grandi per non pregare ogni sera.

Il mio sorriso, lì immortalato come se non se ne fosse mai andato.

"Ed io ti immagino continuamente, ardo per te di fantasia che non so spiegarmi."
Sotto questa scritta c'è una firma, con quella J un po' troppo stilizzata per essere di una persona qualunque.

Le lacrime si fanno strada in me mentre volo, volo tra le braccia della mia metà che mi guarda ed asciuga qui e lì il bagnato con baci e carezze.

<<Dovresti vedere quanti pianti su questo muro, quanto ti ho idealizzato, quanto ti ho pensato, quante sere passate qui da ubriaco, quante notti venuto per vederti sotto il riflesso della luna e quanti pranzi fatti solo io e te.>> sussurra passando una mano fra i miei capelli ribelli, li scompiglia tutti portandoli indietro.

Noto tante altre dediche non sue, tante altre firme e disegni anonimi che fanno subito pensare a questo come un posto condiviso da più persone.

<<E sappi che nessuna prima di te mi ha preso così, che nessuna rimaneva ferma lì tra occhi e cielo, tra occhi e quotidianità.>> ora mi guarda così intensamente da sanare la vista offuscata dalle lacrime, mi guarda così intensamente da avermi.

<<E vorrei che tu la smettessi di colpevolizzarti per qualcosa che non hai fatto, che ci dessi una possibilità il che non significa "dimenticare ed andare avanti" ma vivere.>> lo osservo da lontano mentre sparisce in un'altra stanzetta.

Si porta via la mia serenità riempiendomi di dubbi.
Sto agendo con saggezza? Sto sbagliando tutto? Chi lo sa si faccia avanti.
Non passano che pochi minuti e mi ritrovo a seguirlo spaventata e sempre più persa in un mare di indecisioni.

<<Sei la mia donna.>>

Sento le sue forti braccia stringermi a lui nell'istante in cui varco la porta.
A coprire il suo volto angelico se ne sta una rosa con oramai sopra un ultimo petalo.
I suoi occhi brillano furiosi mentre mi ha in pugno.

<<L'unica per la quale ho fatto l'ama ed il non m'ama.>> conclude gettando in terra l'ultimo petalo.
Cade ai miei piedi con delicatezza, con la stessa grazia con la quale Juss fissa le mie labbra.

<<Cosa ti è uscito?>> domando divertita mentre gioca con il mio piede per recuperare la mia attenzione oramai persa.

<<M'ama, non ho barato.>>
In pochi minuti mi porta a fare casque, le sue mani intorno alla mia vita, le scocche rosse, i capelli biondi lungo in mio collo ed il nasino che accarezza il mio.

Mi lascio baciare senza oppormi, per litigare ci sarà tempo dopo quando dovremmo nuovamente correre su per la campagna deserta.

Sto sbagliando o va bene così?
Me lo chiedo e non ho risposte.
Lo urlo e nessuno mi sente.

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