37.| You make me complete.

Toc, toc.

Mi sveglio soprassalto guardandomi in torno con occhi sgranati, ho avvertito un rumore.
Gli occhi arrossati sono parecchio doloranti, vorrei poter afferrare qualcosa nell'oscurità ma viene parecchio difficile.

Toc, toc.

Osservo i titoli di coda scendere pigri sullo schermo della TV, le letterine brillano di colori vivaci inghiottendo il buio che mi circonda.
Penso sia parecchio tardi, accantono la ciotola di pop-corn ed il libro di matematica che mi lancia un'occhiata di sfida.
Il compito andrà malissimo, me lo sento.
Avrei potuto fare di meglio, avrei potuto chiedere da me stessa il massimo ma il mio cervello non ha voluto collaborare, è stato troppo impegnato a girare e rigirare sugli episodi delle giornate precedenti.

Toc, Toc

Le ombre si divertono a prendersi gioco di me facendo sembrare più tenebroso il ritmo scandito dall'orologio là in cucina.
Afferro con decisione il telefono, lo schermo s'accende rischiarando i mobili, lasciando che tutto intorno a me possa assumere una sfumatura contorta, diversa.
La luce nel buio può illudere, non sempre un faro traccia la strada e non sempre gli oggetti hanno forma stabile.
Non esiste la normalità di notte, la notte non conosce regole umane. 

Toc, Toc, Toc.

Il mio occhio verde sgattaiola su per la vetrata, si fissa su ogni angolo di vetro sporco o poco appannato.
Una stella brilla appena al di là di una figura scura avvolta nell'ombra.
"Cosa?" sussulto domandando a me stessa, è improbabile ma è ciò che vedo.
Una persona?'!.
Trasalendo indietreggio quanto basta per finire spalle al muro, il freddo dell'intonaco bianco riesce a tirarmi un lungo brivido lungo le scapole.                                                                                                 

Toc, toc

I miei nervi sembrano diventare corde di un'arpa ed il nulla e tutta la sua inquietante natura le sta sfiorando. 

Le nocche continuano a picchiare in maniera insistente, non aprirò.
Lembi di pelle della mano misteriosa sono illuminati dalla bianca luce lunare non lasciano intravedere molto, sono un indizio senza tempo e senza sesso.

La figura sinistra è avvolta in una felpa dello stesso colore della notte, il cappuccio calcato bene in testa e dei pantaloncini di tuta lasciati cadere morbidi, lungo i fianchi.

È un uomo?

Toc, Toc.

Quel corpo senza nome sembra puntare in mia direzione, è me che cerca con molta probabilità.
Non ha visto quanta paura si squarcia tra le screziature dei miei occhi verdi?

Barcolla indietro sbraitando, in mano ha una sigaretta è accesa ed è fumante.
Lascia che il cappuccio scivoli via velocemente, rivelando una figura non del tutto estranea.

Rabbrividisco.

Muovo passi quasi robotici, mossi mangiando uno spicchio di parquet alla volta per ritardare un confronto inevitabile.

Delle volte mi domando perché, perché la mia vita è fatta di pazzia allo stato puro. 

<< Cosa diavolo ci fai qui?>> sbotto aprendo di corsa uno spiraglio per farlo passare, l'aria fredda di Los Angeles si diverte ad accarezzare le mie clavicole.
Rabbrividisco mentre una nuvoletta sale impalpabile dalle mie labbra, si smarrisce nell'incessante soffiare del vento.

I suoi occhi vengono illuminai da un raggio trasversale della luna e si rivelano alquanto rossi.
Quel rosso aggredisce il caramello, lo violenta e lo rende esasperatamente lucido.
Vorrei potessero essere vivi quegli occhi ma non lo sono, sono natura morta.

<<È una notte stupenda e ti pensavo.>>
Il suo alito odor fragola carezza il collo facendo venir su la pelle d'oca, dovrebbe essere irresistibile eppure vengo colta da un istinto materno.

Ed è una sensazione magica e macabra insieme: sapere di essere visceralmente unita a lui ed anche preda, due realtà per due cuori senza moralità e privi di coordinate.
Il sangue scorre a mulinelli: attrae nella sua morsa, si precipita nella parte più profonda del muscolo e si affoga in un liquido caldo, caldo come l'amore e corposo come il peso della coscienza passata.
È tutto un gioco sottile fra passato e presente.

<<Tu non mi pensavi, piccola?!>> sorride inebetito venendosi a porre proprio sotto me, cinge il mio vitino sottile e tremante, le sue dita cercano altro: insistenti giocano con il mento e lo torturano costringendomi ad alzare lo sguardo.
I nostri occhi si scontrano e non si riconoscono, quelli non sono i miei occhi. 

<<Ora chiamo qualcuno e ti faccio venire a prendere.>>

Vorrei averlo detto con convinzione, vorrei poter allontanare le miei iridi dalle sue vitree ma nessuno dei miei sensi vuole collaborare.

Ma lui, lui non legge la paura in me.
Come un bimbo al quale si è dato un sonaglino afferra la mia mano con sguardo attento, stregato.
La tiene stretta a sé tracciando carezze fragili poi, quasi come per paura di perdere il contatto, le attrae con violenza intrecciandole e stringendole mille volte ancora.

<<Sono venuto qui per restare, ho fatto su è giù le scale antincendio per raggiungerti.>>

Rabbrividisco, sarebbe potuto cadere: barcolla e credo fermamente che ballino anche i suoi pensieri.
Non avrebbe dovuto cercarmi, avrebbe dovuto dimenticarmi come pattuito un paio di giorni fa.

È difficile lo ammetto, ti ritrovi a fissare il vuoto con le gambe strette al petto e secondi di vita che scorrono quasi non volendo.

Quei lineamenti stravolti gridano "ora e qui" ed io perdo vocali sconnesse e convinzioni.

<<Ti vado a prendere un cuscino e tutto l'occorrente. Aspettami!>> dichiaro arresa, non mi riconosco più. 

Da quando la mia vita è cambiata ogni angolo del mio essere è stato stravolto e lui, lui entra senza permesso dirottando i sentimenti per poi annullare ogni mia decisione. 

<<No, resta.>> sussurra, la sua voce calda sfiora il mio lobo trascinando a fondo l'ennesimo briciolo di certezza. 
Si lascia cadere all'indietro sul divano e nel suo eterno precipitare attira anche me.
Siamo ad un faccia a faccia oramai inevitabile, rende il tutto più difficile poggiando i suoi pollici tremanti sul mio viso.
I nostri nasini si sfiorano ed io credo d'aver già contato e ricontato le sfumature d'oro che sembrano insinuarsi qui e lì in quel mare color nocciola.

<<Tu sei l'unica.>>
Le lacrime si affacciano, gli occhi diventano due rubini appena lucidati ed esposti a fasci di luce.

 Mi domando perché finiamo sempre con il farci male, con il dover parlare di tutto e contemporaneamente di niente: è come se fossimo pronti per correre ma fermi al punto di partenza.

Non c'è inizio né fine alla storia ma dunque cosa è tutto ciò? Fiducia e dialogo, manca tutto ciò perché entrambi abbiamo paura. 

<<Sei stato con qualcuna da quando ci siamo lasciati?>> domando con una vocina flebile, inesistente.

Vorrei poter seriamente avere le parole giuste, saperle comporre con nonchalance ma attualmente mi è impossibile: quelle pupille mi stanno divorando, sono così in profondità da scombussolare tutto. 

<<No ed ancora no, mai! Il vuoto, i sensi di colpa che mi hai lasciati addosso...>> rabbrividisce ad un passo da me, seguo la pelle d'oca affiorare e quel pomo d'Adamo andare su e giù mentre le labbra si schiudono.

<<Ed ora era tutto così perfetto, pensavo fosse stupido esprimere un desiderio, perdersi nel rimpianto: potevo agire, tu sei sempre qui a due passi da me.
Ed eccomi, sono tornato da te... Sarai stanca del patetico che sono, eh?>> 

Una lacrima, una sola scivola sulla sua pelle d'orata, ci gioco rapita per poi sfumarla sulle sue guance rosee. 

Non osa toccarmi, lo vuole ma sente di non poterlo fare: una battaglia senza ragione di essere imperversa nella sua mente annebbiata dall'alcol. 

<<Non sono qui per i baci, non sono qui per le carezze piuttosto sono qui per vedere come stai.
Non pensarci più, hai capito?>>
Si morde un labbro facendo sì che una scossa mi percuoti tutta.
Se solo potessi dirgli che tutto è così strano qui senza di lui, che le giornate sono vuote e senza alcun sentimento lo farei ma ho un groppo alla gola che proprio non vuole andarsene.
Una parte di me grida allontanalo, un'altra grida resta.

<<Shh, abbiamo solo bisogno di silenzio.>> sussurro accasciandomi al suo fianco per poi poggiare il mio capo sul suo petto.
Lo sento rintanarsi fra i miei seni, come un bimbo farebbe con la propria mamma ed una carezza parte spontanea dal profondo del mio cuore.

<< Ti senti ancora una poco di buono?>> domanda incerto, lascia vagare lo sguardo verso il cielo che di qui si vede benissimo. 

Con me è tranquillo, il suo cuore batte lento scandendo secondi di intimità stravaganti. Sono io il suo elisir di lunga vita, solo io. 

<< Non sanno nulla di me.>> ammetto, tirando un sospiro.
Non dovrei parlargli eppure sono qui, perché lui sta soffrendo.
Sta soffrendo per me, per noi.
Mai, non avrei mai potuto pensare ad un lui così fragile e ad un passo dal caos interiore.

<<Non ti conoscono, sei speciale! Io vorrei starti accanto ma tu, tu non me lo permetti.>> sussurra scosso da un singhiozzo, si nasconde nuovamente fra le mie braccia. 

Vederlo piangere è sempre stato un colpo al cuore: tutto ciò mi fa capire quanto sensibile e fragile sia, ho sempre odiato recidere i fiori belli come lui eppure ultimamente sembro volerlo e doverlo fare.

La vecchia me o la nuova me? Bianco o nero? Lui non sembra porsi la domanda, mi vuole sempre e continuamente. 

<< Sei carina con la mia felpa, portala sempre con te.>> butta giù d'un fiato, gli occhi cominciamo a pizzicare anche a me. 

Avverto quelle mani giocare con la scossa e lasciare carezze segrete sui lembi di pelle scoperti, mi piace tutto questo "noi."

<<Vorrei averti lasciato tanto di quei ricordi per i quali se chiudi gli occhi non mi dimentichi più. Mai più. Invece sembra che tu abbia rimosso tutto, in un solo colpo.>>
Porta le mani dietro la nuca e si perde a fissare le macchioline di intonaco sul soffitto, la penombra gioca ad approfondire i suoi tratti e a far scintillare nell'oscurità il suo volto rigato di lacrime.

<<Lo hai fatto, anche quella notte in cui mi hai respinta ha in sè qualcosa di speciale.>> ammetto in un tutta sincerità catturando con lo sguardo l'ennesima stella che ha adocchiato. 

Così senza pensarci lo abbraccio, sprofondo in quell'odore di buono misto a sigarette delle 7 del mattino, sprofondo nel mio scopo. Sì, la nostra relazione è un motivo in più per dire "sono qui".

<< Posso confidarti un segreto? >> domanda, mi volto in sua direzione quasi di scatto facendo cenno di si con il capo. 

Prende a giocare con i miei capelli divertito, mischiando il biondo a castano lasciando che le dita sciolgano piccoli nodi.

<<Vorrei dormire con te stanotte.>> arrossisce probabilmente in ricordo di quanto accaduto a Miami.

Adoro il rosso sulle sue guance sa di innocenza e ingenuità, sa di bimbo ma soprattutto del Justin che io conosco. 

<<Seguimi.>> sussurro scivolando via dal divano, lo sento trattenere il fiato.
Juss afferra subito la mia mano e la intreccia alla sua, mi guarda rapito cercando di essere il più concentrato possibile su di me. 

Ha sempre creduto in me, non ha mai smesso di credere in me. 

Vorrei non esaudire ogni suo desiderio ma è di fronte a me tremante e solo ed io ho infranto tutto ciò che avevamo costruito.
Piano, piano dovremmo ricomporlo e dovremmo dare forma a questo nostro "mondo."

Si spoglia osservando ogni mia piccola parte, lasciando vagare il suo sguardo su di me come si guarda un'opera d'arte: con quella attenzione sovraumana e quella malcelata voglia di guardare ciò che piace agli occhi. 

Noto come i suoi muscoli guizzino nella notte e le sue mani bisticcino con i panni, è buffo come si sforza di essere perfetto. 

<< Dà qua.>> bisbiglio ridacchiando, mi guarda inebetito e preso da quel mio sghignazzare. 

Mi siedo sulle sue gambe incerta, lo avverto rigido sotto me ma lascio che il calore del mio corpo lo faccia sentire a casa. 

Così le mie mani piegano i suoi panni uno ad uno, sfiorano lembi di pelle e catturano i suoi occhi. 

Mi fa impazzire il modo in cui mi guarda, sembra che mi stia concependo come la "sua donna" ovvero la ragazza che un giorno starà al suo fianco, che lo aiuterà in momenti così semplici e complicati assieme. 

Le sue mani continuano ad accarezzare i miei fianchi, i suoi occhi rincorrono questo e quello curiosi e quelle scocche rosse non lo hanno abbandonato. 

<<Bimbo è ora di andare a dormire.>> dichiaro picchiettando il suo nasino, quello sguardo si ravviva e così anche le sue labbra: un bacio, poi altri cento e mille ancora. 

Ci infiliamo sotto le coperte senza parlare, domani mattina zia si sveglierà presto e non ci scoprirà, anche se lo facesse non mi interessa granché: non parliamo più come prima, non dovrebbero esserci problemi.

Si rannicchia affianco a me facendo del mio petto il suo cuscino, sorrido ed accarezzo i suoi capelli fluenti.

<<Juss?>> domando con un fil di voce.

Il suo volto sprofonda nel cuscino bianco con un mezzo sorriso stampato in volto, è carino come sia imbarazzato e come sotto le coperte cerchi di avvicinarsi a me senza dare nell'occhio.

<<Sì?>> la sua voce è flebile quasi si perde tra le mura di questa stanza finalmente mi cinge con il suo forte braccio, mi lascia trafficare sul suo petto tatuato. 

Giocare con quei tatuaggi è un passatempo perfetto, riesci a cogliere ogni sfumatura della sua essenza.

<<Mi aspetterai?>>trattengo il fiato mentre l'insicurezza si fa strada in me, respinge le mie mani tremanti scivolando sotto il mio sguardo.

Lo vedo appena, sorridente e tremante d'avanti a me. 

<<Sempre.>> risponde lasciandomi un bacio sulla pancia, un bacio lento seguito da una pernacchia rumorosa.

È notte a Los Angels, ottobre disegna la sua ombra sulla città ed io spegnendo la lampadina affianco al mio letto spengo il rumore assordante delle incertezze ma non quello perfetto delle nostre risate.

"If I came to your crib would you open the door? I don't wanna go down that road no more. Said you wanted it bad, but girl I wanted it more you're the only one I wanna be with"
-One life.

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