36.| Hollow.

Il banco è vuoto e pieno di scritte, brillano vivaci sotto la luce neon e si diradano di tanto in tanto a seconda di quanto le ombre siano trafitte dalla luce.

Anche io ho sempre amato scrivere frasi qua e là su fogli di carta o su agende dimenticate nel e tempo, da piccola arrivavo a casa con le mani imbrattate dopo aver lasciato a scuola scritte ovunque.

Sorrido impressionata dalle affinità con questa persona sconosciuta, sarebbe bello conoscerla e scambiare quattro chiacchiere.

"C'hai il volto di chi lotta alla giornata per qualcosa di sacro ed eterno, un valore forse?"

Leggo ricalcando i solchi e le imprecisioni lasciate dal pennarello indelebile sulla superficie liscia.

È una bella grafia, di quelle pulite ed ordinate che amano mischiare lo stampatello al corsivo in maniera disordinata.

Chi le avrà mai scritte?
Di chi sarà questo banco?
Non ne ho la più pallida idea.

Finalmente ho trovato il coraggio di fare un passo in avanti verso i miei sogni, finalmente ho provato a mettere in discussione me stessa, quello che ho dentro e che è maledettamente profondo.

Un universo? Un buco nero? L'infinto, forse.
Mi porto dentro polvere di stelle miscelata a lava di vulcano, riesco a liberarmene solo quando scrivo.

Me ne libero o creo?
Decisamente creo.
Sculture, dipinti dalle impercettibili sfumature ed ancora arazzi di tessuto finissimo.
Decoro tutto dentro e fuori di me per un attimo, un attimo che entra in collisione con l'eternità.

<<Ragazzi, per favore siate puntuali!>> il professore Carter sbuffa roteando gli occhioni arrossati per tutte le lettere d'inchiostro mangiate.

Ho scelto un quaderno meraviglioso, più che essere un quaderno è un agenda senza numeri nè tempo.
Di quelle che apri e trovi solo righe, righe spesse in cui incidere pensieri solitari.
Sulla copertina è disegnata una rosa, appena sporgente e che funge da banda metallica: si chiude infatti grazie ad un sistema calamitale.

Sulla lavagna alle spalle del professore si materializzano caratteri e parole, se non il tema della lezione.
Ricopio il tutto velocemente, ho voglia di dare il massimo e ricevere in cambio soddisfazioni.

Vorrei poter costruire il mio futuro, partire da zero e trovare davvero la mia strada.
Sola e con le mie uniche forze.

"Scrittura creativa", l'unico corso al quale partecipo con piacere smisurato.
L'unico corso per il quale sono arrivata in anticipo, almeno oggi perché questa è la mia primissima lezione.

I brusii si alzano violenti nel momento in cui la porta cigola, avverto un tonfo pesante alle mie spalle e non posso che voltarmi.

Comincio a pensare che il posto dell'ultima fila non sia il migliore, quando scrivo necessito serenità e pace altrimenti finisco con l'innervosirmi.

La luce della finestra mi inonda e mi grida di rimanere, io assecondo senza fiatare questo banco ha tanti pregi: è enorme essendo per due persone, il posto è luminoso e sono libera da occhiate furtive.
Non è male, effettivamente.

<<Bieber, nuovamente in ritardo?!>> tuona il professore scuotendo il viso grassoccio a più riprese, solleva i grossi occhiali e porta le dita a stropicciarsi il volto.

<<Mi scusi.>> avverto quella voce profonda fendere l'aria e fare breccia nella mia mente, oramai vuota.

Non pensavo dovessimo incrociarci così, è da un po' che non ci sentiamo.
Non mi ha mai rincorso, per meglio dire dopo i litigi non mi è mai venuto a cercare per farmi capire d'esserci, di voler esserci.

Il suo orgoglio o forse il suo essere bastardo mi hanno sempre logorata dentro, ho ceduto a Miami ma non qui.

"Voglio certezze." gli ho gridato ma lui non mi ha mai capita e di conseguenza non mi ha mai stupita.
Sono arrivata a pensare che sia insensibile e che io sia solo un gioco, è bello giocare a perdermi?

"Ne ho abbastanza, il treno passa aspetta una mezz'ora e poi se ne va." Diceva papà quando da piccola facevo i capricci, aveva dannatamente ragione.

<<Si sieda, si sieda e mi ringrazi! Mi ringrazi!>> brontola l'omone voltandosi di spalle sempre più impacciato nei movimenti, rosso in volta per la collera.

Penso di aver perso per un istante il respiro, nel momento in cui tutti gli sguardi si sono puntati asettici su di noi.

<<Non dovresti occupare i banchi altrui, di solito non faccio sedere nessuno affianco a me.>> sorride a pochi centimetri dal mio volto.

Poggia sul banco un quadernino nero, mi ha detto che è qualcosa di speciale che porta sempre con sè.

Lo ignoro, ha sempre avuto una bella parlantina a cui però non si aggiungono i "fatti."

Siamo vicinissimi tuttavia non posso sfiorarlo, appena lo faccio avverto un senso di vuoto e disorientazione che non aiuta.

Come quando seguita una barca fino all'orizzonte poi, come caduta precipitosamente in un baratro, scompare.

<<Oggi voglio che descriviate qualcosa in relazione alle stagioni.
Per favore non andate su luoghi comuni, deliziateci con la vostra penna.>> tuona il prof.
Sistemandosi la giacca un po' troppo stretta, vedo scorrere le sue dita tozze saltando rigo dopo rigo i nomi sul registro.

<<Ascolterò Belle Blanc, Ben Parker, Justin Bieber, Layla McCann ed infine Soraya Groove.>> conclude trafficando con le agende sulla cattedra.

Non avevo dubbi, per essere il primo giorno vuole davvero mettermi in imbarazzo.

Che la pagina di un quaderno immacolato sia bianca è dato di fatto ma non capisco come possa diventarlo dopo averla riempita di parole, così vedendola bianca seppure tu sia certa che quella fosse colma di lettere arrivi ad odiarne il contenuto per poi strapparla.
Effetto Bieber, mi dicono.

Ci sono troppi segreti tra di noi, per ogni passo fatto in avanti veniamo rigettati indietro come se non fossimo destinati ad essere.
Sono stanca di lottare, vorrei che le cose accadessero con più naturalezza nella mia vita.

È da un po' che lui sta scrivendo, per lui non è un problema la mia presenza perché è fin troppo sicuro di sè.
Io affianco a lui tremo.
Tremo sempre che sia per emozione o per tensione, l'effetto che ha su di me è totalitario.

Qualcuno di tanto in tanto ci lancia occhiate, alcune volte quando il silenzio si fa più greve e puoi anche avvertire delle risatine, altre invece sembriamo essere il soggetto di qualche parlata nell'orecchio.

Ci odiano, ci pugnalano alle spalle un po' tutti: siamo due persone sbagliate che hanno sbagliato.
Insomma due errori viventi.

un biglietto stropicciato rotola davanti ai miei occhi senza far rumore, è minuscolo e ben accartocciato.

"Come stai?" - c'è scritto, la ritengo una domanda ridicola.
Male, ecco come sto.
Pensavo di non dover dare spiegazioni di questo tipo a lui, pensavo che bastasse uno sguardo per capirci ma evidentemente non è così.

Decido di ignorare appoggiando i rimasugli di quanto ho strappato sul davanzale della finestra.

Come si ci sente di fronte ad una roulette al termine della partita, quando hai vinto tutto ed in estasi punti una fortuna intera su di un numero?
Inizialmente benissimo, avverti in cuore battere forte ogni secondo di più, ogni qual volta la pallina vola sulle caselle colorate.
Basta un rumore sordo, un rotolare che sfuma e perdi tutto.
Sei povero ed in rovina, sei un comune illuso.

Con la coda dell'occhio mi ritrovo a spiare i movimenti di quelle dita vellutate, scivolano sul bianco del quaderno disegnando lettere d'inchiostro per poi dedicarsi ad un ennesimo fogliettino.

È instancabile, mi chiedo come faccia.

"Vorrei che tu mi lasciassi spiegare."
Questa scritta ondeggia sotto i miei occhi per qualche istante, mi rifiuto di cedere alle sue scuse perché l'ho fatto già una cinquantina di volte con scarsi risultato.

Dove sei stato in questi giorni passati? Se non ci fossimo incrociati cosa avresti fatto?
Mi viene difficile credergli, non ci riesco.
Scappa al confronto con una facilità tale da farmi pensare che in realtà non se ne freghi.

Ho sempre pensato che si comportasse in questo modo per via del suo carattere insicuro ma chi, chi me lo assicura?

<<La smetti?!>> lo ammonisco nell'istante in cui poggia la sua mano sulla mia, è un contatto che brucia come fuoco vivo.

Il mio tono irritato si amplifica a dismisura nel silenzio generale, in pochi minuti ho le guance rosse e occhietti malefici puntati addosso.

Tutti ci guardano, tutti sono pronti a spellarci vivi come del resto sempre.

Il professore tossisce da fondo classe, ha un'espressione adirata che tenta di celare con del finto buonismo.
Non vorrei rischiare, in ballo c'è la prima impressione e tutto un insieme di cose che sono molto importanti per me.

"Sei sempre stata una piccola testarda."
Ennesimo pezzo di carta che viene lanciato tra le mie mani, roteo gli occhi e sbuffo sonoramente.

"Dove eri tu in questi giorni?
Quando la gente mi guardava storto e si mormorava il nostro nome nei corridoi?"

La mia grafia distorta è un casino, ho scritto velocemente presa da un'ira man mano sempre più percepibile.

Non sto combinando granché e sto scrivendo solo cose insensate, è come se nella mia mente vi sia il nulla: è qualcosa di meraviglioso, imparagonabile e fascinoso ma difficile da esternare.

La cosa che più mi fa rabbia è la superficialità con la quale crede di poter risolvere le cose, lui è sempre stato bravo a rompere e mai paziente a riaggiustare.

È talmente egocentrico dal non capire quanto a volte le fratture siano profonde, quanto la fiducia sia qualcosa di superiore al suo bel faccino e di quanto io sia uscita distrutta dagli ultimi mesi di lotte e brutti sogni.

"Dammi una seconda possibilità."
Nuovamente la sua grafia fa a botte con la mia vista, cerco di strappare in due il foglio ma vengo bloccata da una carezza lungo il volto.

Così, crede di comprarmi così?
Forse è questo ciò che vuole, carezze e contatto fisico eppure quando si tratta di confrontarci, di lottare per la sincerità e la chiarezza nel nostro rapporto scappa sempre via.

Rimango sola e bistrattata.

Non gli credo, non gli credo perché sa quanto io sia restia nei suoi confronti e non fa nulla per cambiare le cose.
Peggiora tutto, manda tutto alla rovina con la sua immaturità.

Quanti altri altarini saranno scoperti? Cosa ancora io non so?
Probabilmente qualcun'altra mi dovrà chiamare "prostituta" prima di avere un briciolo di risposta.

<<Professore, posso cambiare posto?>> domando per nulla incerta, non ho intenzione di combattere con le bambinate di Justin.

Che sfacciato, una seconda possibilità?
Questa sarebbe la centesima per l'esattezza.

<<Vede altri posti? Smettetela o sarò costretto a cacciarvi fuori.>> sbotta quello torturando i bordi mangiucchiati della cattedra, ha lo sguardo di chi potrebbe uccidere ed il tono di chi è disposto a farlo.

Mi lascio andare al fianco di quel biondo invadente senza tentare minimamente di interloquire, se c'è una cosa che odio è avere il suo respiro ad un passo dalla mia pelle.

"Non ti fidi di me?"
Lo leggo appena, non voglio prestare attenzione al suo farneticare perché l'ora sta passando ed io sarò interpellata.

Le due ragazze che dovevano esporre il progetto hanno già concluso e sbandierano ai quattro venti il loro talento.

Sono molto calme e sicure di loro; nessuna ha gli occhi bassi, nessuna gioca con le mani o i capelli e nessuna sembra bisticciare con le parole.

"Rimani la più bella."

"Quella con le parole adatte."

Due pezzi vengono spinte da due dita tremanti al mio cospetto, l'occhio va da sè come per istinto e non riesco a frenare un sorriso.

Mi fa sorridere perché sembra essere tenero, ma è questa tenerezza o solo un'esca?

Fa rabbia il fatto che io debba pensare a tutto ciò, fa rabbia il fatto che io non ci dorma la notte o che versi lacrime su di lui.

Fa rabbia un po' tutto, possibile che io debba provare questi nei suoi confronti?
Odio ed amore.

È una relazione tossica, altrimenti non si potrebbe spiegare.

<<Bieber, visto che è tutto effusioni e rossore in volto potrebbe deliziarci con la sua di produzione?>> domanda il professore catturando il nostro agitarci sulle sedie, sta mantenendosi dal rendere pubblico il piacere che prova nel vedere il biondo in difficoltà.

Ma Juss non lo è, non è in difficoltà.
Si alza lentamente lasciando che il maglione nero cada morbido su di un paio di cargo a stampa militare, ha le mani che stringono con forza sovraumana un pezzetto di carta e gli occhi che si nascondono dietro un paio di guance rosse.

<<Aveva gli occhi smeraldo e dicevano sapesse amare, su di lei la primavera si ricamava con una bellezza simile a quello dei fiori di campo: fragili eppure selvaggi, indomabili.
Infestò subito il mio cuore.>>

È maledettamente bravo, adora scrivere e lo si può capire da quanto minuziosamente abbia scritto questo paragrafo probabilmente dedicato a me.

La classe ha sul volto sorrisi esterefatti e maliziosi, non posso crederci siamo nuovamente sulla bocca di tutti.

<<Cosa cazzo ridi?>> d'un tratto il suo volto assume un'espressione dura, i suoi occhi sembrano passare da parte a parte un ragazzo poco più avanti di noi.

È un tipo di quelli timidi, di quelli di cui non te ne accorgi ma sul suo volto stavolta un sorriso largo lo ha tradito.

La classe si riempie di brusii, è subito uno spettegolare su quanto questa frase possa nascondere.

<< Non sono io quello che ha messo le corna alla ragazza, sei ridicolo...>> commenta di rimando il moro schiudendo le labbra sottili in un sorriso.

Ha l'aggressività di chi è sempre stato subordinato e passa la giornata sottolinenando ciò che succede agli altri.

<<Fatti tuoi? La tua ragazza qualche mese fa era nel mio letto.>> risponde con tono irrisorio Bieber.

Risate generali, ragazze che riprendono con il cellulare e commenti sempre più ad alta voce si alzano velocemente sovrastando le urla del professore.

<<Avete passato il segno!>> avverte il professore Carter lasciando cadere un palmo sulla cattedra, ha gli occhi che sprizzano fuoco e la penna che già solca il registro cartaceo scrivendo chissà quale nota comportamentale.

Perché continua a fare questo?
Perché lascia le cose così come sono e poi ci espone al ridicolo?
Perché in questo suo gesto non riesco più a cogliere un lato positivo?

Certo è una frase meravigliosa ma ci ha messo a nudo, si è messo a nudo.

Io...

Lascio l'aula sbattendo la porta alle mie spalle, corro fuori per respirare aria pura.
Scappo da lui o da me?
Trascino a fatica lo zaino nero mentre sistemo la giacca di pelle, infilo le maniche lottando con il tempo.

<<Bieber, si sieda...Dove scappa?!>> sento urlare oltre il baccano delle aule di canto, il prof. sembra essere terribilmente agitato.

Ho rovinato tutto, ultimamente per me la scuola è un'opzione che vivo un po' alla giornata.

C'è qualcosa di sbagliato in tutto ciò, c'è qualcosa di sbagliato nel fatto che io mi sia arresa.

<<Fanculo, io la voglio nel mio domani.>> grida di rimando il biondo, lo sento forte e chiaro ed è una tortura.

Scivolo via nascondendomi tra armadietti ed ombre, il mio è un incedere sfuggente come i ladri nella notte.
Quale azione delinquenziale ho commesso?
Probabilmente amare.

I suoi passi pesanti lungo il corridoio mi rincorrono, mi raggiungono e poi incrociati miei occhi rosso fuoco, si disperdono.

Ritornare come sempre, ritornare per farsi male, per farci male.

Mi ha ferita, lo ha capito e non ha retto il confronto con i sensi di colpa.

"Mi aspetterai?" Chiedo di continuo ma è sempre vuoto ed il nulla ad ogni gradino.

Precipito.

"Sometimes the heart can see what's invisible to the eyes, all you gotta do is listen to your deepest feelings they don't ever lie.
Well giving up is immature, got so much more to live for, they don't wanna see us together now 'cause we're strong enough to endure"
-Trust.

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