Non cadere
Il Signore di tutti non si ritira davanti a nessuno,
non ha soggezione della grandezza,
perché egli ha creato il piccolo e il grande
e si cura ugualmente di tutti.
Ma sui potenti sovrasta un'indagine rigorosa.
Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole,
perché impariate la sapienza e non abbiate a cadere.
[Sapienza 6, 7-9]
Il primo giorno dopo il plenilunio, il mare ci accolse come un vecchio amico.
Potevo chiaramente percepire quanto Mattia fosse rilassato, in quell'ambiente semplice e familiare, dove non doveva fronteggiare assalti alla sua autorità e ponderare con la massima attenzione ogni sua singola scelta. Non era propriamente calmo e disteso, dato che di lì a ventiquattr'ore si sarebbe ritrovato davanti una commissione di suoi professori e perfetti estranei creata apposta per giudicarlo, ma era certamente un grosso passo in avanti rispetto alla pietosa condizione in cui aveva versato fino alla sera precedente. Speravo solo che, a quel punto, si ricordasse cosa significava vivere una vita normale.
Perlomeno quella notte aveva dormito di più, anche se l'immagine dei nove traditori che, ancora incatenati alle scale, si trasformavano in lupi non appena sorgeva il sole doveva essergli rimasta ben impressa dietro le palpebre.
In quell'ottica, Valentino era capitato a proposito: Leonardo e Fabiana gliel'avevano immediatamente scaricato in braccio quando erano arrivati in spiaggia e se l'erano filata alla volta del divertimento su un altro lido, lasciando noi a fargli da babysitter. Non che Mattia si lamentasse, e dopotutto non mi lamentavo neppure io.
— Spesso penso che si sono sposati troppo presto — aveva commentato Mattia, osservando con un cipiglio di finto rimprovero la coppietta felice che correva a spassarsela. — Sono due bambini nel corpo di due adulti; davvero non mi capacito di come siano riusciti a metter su famiglia.
E poi si era dedicato al nipotino, che stravedeva per lui come Leonardo stravedeva per la moglie. Nel giro di qualche minuto, ero anch'io a fare avanti e indietro dal mare per riempire la piscinetta gonfiabile, approfittandone per tirare un paio di secchiate d'acqua in testa a Mattia, e a ridere fino alle lacrime vedendo quella meraviglia di bimbo che strisciava sul lettino come un buffo vermetto.
Purtroppo quel momento di serenità ebbe vita breve, poiché alle tre Valentino cominciò a mostrare segni di stanchezza e Mattia dovette percorrere tutta Serapo per farlo addormentare. Nell'attesa frugai nella borsa di Mattia, come avevo fatto tempo addietro nella sua camera a Villa Nardone, e ne tirai fuori un grosso volume dalla copertina cartonata. Il titolo, a lettere bianche e sottili, recitava La Biblioteca dei Morti.
Curiosa, lessi la quarta di copertina, quindi il prologo e il primo capitolo. Le pagine si susseguivano veloci: venti, cinquanta, cento, centotrenta. Mi feci immediatamente trascinare dalla narrazione di Glenn Cooper.
Erano descritte, tra le varie e frequenti analessi apparentemente non aventi nulla a che fare con l'intreccio principale, le vicende di un agente dell'FBI e della sua collega alle prese con un presunto serial killer che comunicava alle sue vittime la data precisa della loro morte. Peccato che ognuna di quelle vittime morisse nelle circostanze più disparate: per cause naturali, per suicidio, per un semplice incidente. Il killer era stato soprannominato Doomsday, giorno del giudizio. Tra le righe, si scorgeva una sottotrama paranormale.
Ci volle un pizzico ben assestato da parte Mattia perché mi accorgessi che era tornato.
— Perdonami — mi giustificai, colta con le mani nel sacco. — A mia difesa, questo libro è assai interessante.
Mattia fece spallucce e venne a stendersi accanto a me. Mi spostai verso destra per fargli spazio. — Puoi tenertelo, se vuoi. Io lo sto rileggendo, non è un gran problema.
Il motivo per cui Mattia aveva deciso di rileggerlo proprio in quel periodo mi fu improvvisamente chiaro: a modo suo, anche quel killer atipico prevedeva il futuro.
— Va bene, allora stasera me lo porterò a casa. Tu non vieni?
Un cenno di diniego del capo. — No. — Mattia sospirò. — Non fraintendermi, il tuo letto è stupendo, ma ho già scoperto mio padre che mi controllava portafoglio e comodino e mi piacerebbe evitare la seconda parte del discorso iniziato anni fa, grazie tante.
Gli infilai un gomito tra le costole, ridacchiando. — Quel discorso?
— Quel discorso, esatto — confermò. — Avendo beccato me e Maura in flagrante delicto, papà non ha sentito il bisogno di continuarlo. Ma adesso che sto passando le notti fuori e si sa quale piacevole compagnia femminile frequento... fai un po' tu. Oltretutto, capiscimi, voglio la mia stanza.
Mi girai su un fianco. — Certo, tranquillo — lo rassicurai. — Perciò tuo padre è un insegnante amatoriale di educazione sessuale?
— Sostanzialmente — rise Mattia, poi gettò un'occhiata alla carrozzina alla nostra sinistra. Valentino ronfava beatamente. — Lui è un cuoco e io un futuro medico, non potremmo essere più diversi di così, eppure siamo entrambi completamente d'accordo sul prevenire è meglio che curare. Con Maura, invece, dovevo addirittura litigare. Diventavo una belva. Fortuna che in determinate occasioni l'ira repressa non fa male.
— Non dirlo a me — commentai sarcastica. — Nell'ultimo mese, tra me e Jean era solo e soltanto ira. Però, ad essere onesta, abbiamo litigato per tutto ma mai per i preservativi. Prego che abbia usato precauzioni anche con tutte le altre sue conquiste.
— Altre sue conquiste? — Mattia sgranò gli occhi, sollevando il busto per guardarmi. — Vuoi dire che ti tradiva?
— Gli avrei cambiato gli attributi, se ci avesse provato — sbottai, secca. — No, Mattia, non mi tradiva. È stato dopo la... rottura. Dovunque andassi, a Idris c'era qualcuno pronto a giurarmi di aver sperimentato le gioie del sesso con Jean Argentsang. La figlia del panettiere, la sorella di Liza della sartoria Firestorm, Sally Horsefly, Andy Princewater – che avrà quindici anni, considera – persino il supplente di nuoto all'Accademia... tutti mi hanno assicurato che il mio ex ragazzo è un'autorità in quel campo. Quanto avrei voluto urlare in faccia a quegli emeriti idioti che Jean era vergine, prima di me, e se ha raggiunto quel livello ci è arrivato con la sottoscritta. Bastardi!
— Ti saresti sentita proporre indecenti ménage à trois, dunque meglio non averlo fatto — ribatté Mattia, storcendo le labbra in una smorfia di disgusto. — Per di più, millantare certe esperienze davanti a te... sì, non sapevano cos'era successo fra voi due, ma che schifo lo stesso. Quanta bassezza, sul serio.
— È stato piuttosto orribile, già. E comunque questa cos'è, gelosia retroattiva? — lo punzecchiai sorridendo.
— Sono italiano, sono costantemente geloso. — Mattia si aprì in uno dei suoi sorrisi a trentadue denti che irradiavano più luce del sole. — A Idris dovrai indicarmelo, questo Jean. Non lo nego, sono... curioso, nel bene o nel male.
Mi tornò alla mente l'ultimo sogno che avevo fatto su di lui, quando per me era ancora un anonimo licantropo. Lo stesso sogno in cui lo osservavo prendere a zampate il simbolo della famiglia di Jean inciso su una delle torri antidemoni, che brillava di azzurro per gli Accordi.
Dovevo dirglielo. Era inevitabile.
Mi tirai su a sedere di colpo. Mattia sobbalzò, preoccupato. — Lori?
— Tutto a posto — minimizzai. — È solo... ho ricordato una cosa. Sembra impossibile da credere, ma me n'ero quasi dimenticata.
Anche Mattia si mise seduto, voltato di tre quarti con un ginocchio poggiato sul lettino e l'altro disteso in diagonale a formare un angolo di quarantacinque gradi con lo strato di sabbia. Mi balenò l'assurdo pensiero che avesse assunto quella posa, consapevolmente o meno, per essere pronto ad alzarsi e correre via. — Su, racconta — mi incoraggiò, una scintilla di interesse indiscreto che gli infiammava le pupille nere.
Mi passai la lingua sulle labbra prima di esordire: — Sei stato protagonista delle mie visioni, a New York. Vedevo questo lupo, e vedevo me stessa, e la maggior parte delle volte ti vedevo morto.
— Mi fa piacere — mi interruppe Mattia, sardonico.
— Immagina quanto facesse piacere a me — continuai con altrettanta ironia. — Comunque, sei stato piuttosto ossessivo, caro mio, ma altrettanto utile nel risolvere una questione spinosa che ci ha tenuti impegnati in quei pochi giorni. Ti ho sognato la notte dopo aver tolto di mezzo quel problema, e mai più.
Gli spiegai brevemente quale ruolo aveva assunto in quel contesto. Notai che la sua espressione si era indurita.
— Se devo essere onesta, è avvenuto anche al JFK – l'aeroporto, intendo. Una visione, di gran lunga peggiore delle altre. Percepivo gli odori, avvertivo un peso sulle gambe, udivo il suono di uno sparo...
Trassi un respiro tremolante. Mattia stava pian piano mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle.
— ... Capivo che c'erano due persone in fin di vita. Ma ho realizzato solo a distanza di settimane che c'entravi tu, e che avevo vissuto ciò che sarebbe successo con Mallardo.
Mattia deglutì. — Mi sento in colpa per averti importunata così tanto, nonostante... be', nonostante colpa non ne abbia. Se può rincuorarti, non... non ero io, quel lupo. Cioè, ero io, ma non sapevo di essere lì. Non l'ho fatto di proposito, ecco, posto che sia possibile farlo di proposito. Suppongo non debba essere stato stupendo sognarmi morto.
— È stato molto peggio vederti morto — bisbigliai a testa bassa. — E, per la cronaca, neanch'io so se si possa fare di proposito.
Mattia mi prese una mano. La sua stretta, seppur non dolorosa, era spasmodica. — Lori, ciò che ti ho detto, quel pomeriggio... hai presente, no, tutte quelle parole sulla falsariga di il novantanove percento non è abbastanza e avresti dovuto essere assolutamente sicura che non sarei morto per concedere a te stessa di scappare. Io...
Emise un verso di stizza. Faticava a trovare i termini adatti.
— Mi dispiace, Lori. Non avevo idea che le cose stessero così come stavano – come stanno. Sono stato impulsivo e sconsiderato, ed ero spaventato...
— Smettila, Mattia — lo bloccai, poggiando una mano sulla sua. — Non ti ho mai incolpato, per quello. Data la situazione, era normale essere avventati e irriflessivi.
Mattia annuì e tornò a sdraiarsi sul lettino, le dita intrecciate dietro la nuca e gli occhi fissi sul decoro a righe dell'ombrellone. — Perciò tu ritieni che avrò una parte nella storia di Jean? — chiese dopo un po'.
— Non lo ritengo soltanto, ne sono piuttosto sicura — lo corressi. — Quale sia questa parte, al contrario...
— Non ne hai idea — mi precedette Mattia.
— Esatto.
Mattia si pizzicò la radice del naso, sbuffando. — Sarebbe indelicato domandarti se hai avuto qualche altra visione a tal proposito?
— Nulla è indelicato se detto da te — gli risposi, — ma no, nessun'altra visione. In realtà — proseguii lentamente, — le visioni sono... scomparse. Non ne ho una da un tempo talmente lungo che addirittura non riesco a quantificarlo.
Mattia si accigliò. — È possibile?
— Non pensavo che lo fosse — mormorai. — Dopo il... flashback, quello delle notti al lago, è improvvisamente finito tutto. Già da quando sono in Italia il numero delle mie visioni si era considerevolmente ridotto. Ora non c'è proprio più nulla.
Mattia diede voce al mio successivo commento: — E ti dispiace?
— Per carità, assolutamente no! — Risi nervosamente. — Però è strano.
Mattia si picchiettò l'indice sulle labbra. Avevo notato che lo faceva spesso quando ragionava su qualcosa. — Hai mai immaginato che fosse un effetto nocebo, Lorianne?
— Un effetto nocebo? — ripetei, confusa. — Cosa?
— L'eccessiva quantità delle tue visioni — chiarì lui. — Riflettici, Lori: mi hai raccontato che a Idris erano spropositate, giusto? E stupide, perlopiù; inconsistenti.
Attese un mio cenno di assenso, quindi continuò: — Un bel giorno parti da Idris. A New York sogni subito me. In aeroporto vedi lo studio di Mallardo. Qui in Italia ti fai un viaggetto temporale fino a dicembre dell'anno scorso. Poi, da allora, nient'altro. Mi segui?
— Sinceramente?
— Sinceramente.
— No.
Mattia scoppiò a ridere di gusto. — Okay, ammetto che potrei essere stato criptico. Cerco di farmi capire: le cose sono migliorate non appena hai lasciato Idris, no?
— Sì, esatto — concordai. — E?
— E in Italia sono migliorate ancora.
— Stringi e arriva al punto — borbottai.
Mattia tamburellò le dita della mano destra sul mio braccio. — A Idris ne hai dovute passare tante, Lori. Non credi di aver sviluppato una sorta di forma psicosomatica di Chiaroveggenza, mentre eri lì, e che il cambiamento d'aria ti abbia fatto da placebo?
Mattia aveva una spiccata capacità di arrivare alle conclusioni più impensabili, e lo faceva con un ragionamento dei più logici e sensati. Forse proprio per questo raramente aveva torto.
Non possedevo il privilegio di poter esaminare le vicende da un punto di vista medico come Mattia, ergo non ero neanche lontanamente giunta a una spiegazione del genere. Avevo interpretato il tutto come una conseguenza di quella "evoluzione del mio potere" ipotizzata da zio Magnus a seguito della mia inusuale visione su Camille e il lupo nella biblioteca dell'Istituto, archiviando la questione come secondaria rispetto a ciò che dovevo affrontare nel presente. Oltretutto, a dire la verità, l'assenza di visioni non era affatto fastidiosa, specialmente in giornate come quelle.
— Potresti avere ragione — asserii. — Non sono nella posizione di poterti dare una conferma o una smentita, ma per quanto mi riguarda ci hai azzeccato.
— Oh, perfetto — gongolò lui, tronfio. — Voglio un premio.
— E il mongolino d'oro va a Mattia Nardone! — Gli consegnai un finto trofeo, alzando gli occhi al cielo. — Idiota.
— Non sarò tanto idiota se sono riuscito a trarre una conclusione decente — obiettò Mattia, ancora con il sorriso sulle labbra. Poi si incupì all'istante. — Hai ricevuto dai tuoi cugini aggiornamenti riguardanti i vampiri?
L'atmosfera si fece repentinamente più pesante. Anche il sole sembrò perdere un po' della sua luce.
Mi tenni sul vago: — Ni — gli risposi. — Sappiamo per certo che hanno messo la zampa negli avvenimenti dell'altra sera, ma Logan e Trish, avendoli solamente pedinati, non hanno fiutato nulla di sospetto.
Le mie parole furono seguite da un lungo sospiro di esasperazione. — Perciò devo andarci io per forza di cose, non è così?
Mi strinsi nelle spalle. — Spiacente, Mattia. Occupando una posizione come la tua, devi sbrigare da solo alcuni affari.
Lui sibilò tra i denti serrati. — Credimi, Lorianne, fosse per me salterei giù da quel piedistallo qui e ora. Peraltro molti sarebbero deliziati dal mio gesto, considerando quanto mi disprezzano. Ma purtroppo c'è pure chi sarebbe pronto a legarmi con l'argento per impedirmi di lasciare il posto. E ho imparato a temerlo, l'argento.
Giocherellai coi laccetti del costume per qualche minuto, in silenzio. — Jean fa di cognome Argentsang — dissi d'istinto.
Mattia mi scoccò un'occhiata di sbieco. — Lo so, me l'hai nominato altre volte. E con ciò?
— Con ciò... — Mi agitai sul lettino, a disagio. — Mattia, ormai abbiamo appurato che o ti incontrerai o ti scontrerai con Jean, in un modo o nell'altro.
— E vorresti insinuare che mi farò mettere i piedi in testa da lui soltanto perché ha argento nel cognome? — replicò Mattia, ferito. — Ma dai, Lori! Per chi mi prendi?
— Ti prendo, Mattia, per uno che ha pochissima esperienza del Mondo Invisibile, e questo è ovvio e palese — ribattei in tono severo. — Se questa è tutta una metafora dell'Universo per avvertirti di stare attento... io personalmente non ignorerei determinati segnali, se fossi in te.
Mattia schioccò la lingua sul palato, un ghigno sprezzante che gli si dipingeva sul viso. — Per favore, Lorianne! Mi hai visto o non mi hai visto rompere a unghiate il sigillo della sua famiglia? Come diavolo potresti interpretarlo se non come un'altissima probabilità che Jean ci buschi le mazzate anche per mio merito?
Mi morsi l'interno della guancia per rimanere lucida. — Il sogno è terminato lì — gli ricordai. — Non so cosa succederà dopo.
La scintilla minacciosa negli occhi di Mattia si spense lentamente. — Non sarebbe la prima ritorsione che mi ritrovo ad affrontare — sillabò con forzata calma. La linea dura della sua mascella era netta come marmo scolpito da un abile scalpello. — Proprio da te mi aspettavo più fiducia.
— Raziel, Mattia! — per poco non strillai, contenendomi unicamente per via di Valentino e degli occupanti degli altri ombrelloni. — Secondo te ti avrei lasciato fare quello che hai fatto se non avessi avuto fiducia in te?
— Già, perché giustamente tu hai un grande peso sulle mie decisioni! — Mattia balzò in piedi sbraitando. Il lato destro del mio corpo, non più a contatto col suo, sembrò improvvisamente più freddo. — Come se avessi potuto desistere se me l'avessi ordinato tu! Ossignore, ma tu guardala, entra nella mia vita senza permesso e pretende pure di tenerne le redini!
— Sì che lo pretendo, brutto bastardo! — urlai, chiudendo i pugni con una violenza tale che le unghie, seppur corte, mi scavarono rossi solchi nella carne. — Ma guardati tu, che nel giro di neanche un mese già hai le megalomanie! Dove arriverai quando di mesi ne saranno passati due, tre, sei, dodici? Dove arriverai quando saranno passati anni, o decenni? In una fossa senza lapide come Mallardo, ucciso dal suo Beta più giovane? È questa la fine che vuoi fare?
Mattia ringhiò. In quel momento mi resi conto che sarebbe stato capace di saltarmi addosso in forma di lupo, se l'avesse voluto. Sin da subito aveva saputo controllare le zanne; non mi sarei sorpresa se avesse già acquisito anche l'abilità di trasformarsi a suo piacimento. Nel bene o nel male – nel bene e nel male – il ruolo del licantropo gli calzava a pennello.
— Se quella sarà la mia fine — scandì con tranquillità, — farò sì che tu sia abbastanza lontana da perderti lo spettacolo.
Il mio cellulare trillò. Sobbalzai. Lo lasciai trillare.
Tutta la mia attenzione era concentrata su Mattia, e sulla gelida e ponderata collera che leggevo sul suo viso. Era la prima volta che discutevamo seriamente su qualcosa. Dannazione, era la prima volta che litigavamo. Ancora nessuno dei due aveva capito se potevamo considerarci fidanzati o meno, e litigavamo. Litigavamo come una coppia. Dolce amaro paradosso.
Non posso dire che fu quella l'occasione in cui mi accorsi dell'ambizione celata dietro la facciata da buon samaritano che Mattia sfoggiava ogni singolo giorno: anche se non volevo ammetterlo ad altri e soprattutto a me stessa, l'avevo realizzato già da quando avevo visto il nuovo Alpha promettere ai suoi Beta una vita migliore – o, perlomeno, una vita diversa.
Sì, Mattia era ambizioso; ambizioso e orgoglioso e assai cocciuto. Avrei potuto spaccargli un cocomero in fronte e a rompersi non sarebbe stata la sua testa. Avrei potuto costruirgli un muro attorno e l'avrebbe fatto crollare a suon di spallate, persino al costo di fracassarsi l'articolazione.
Avrei potuto mettergli davanti Jean, e avrebbe vinto.
Chinai il capo sotto il suo sguardo fermo e fiero. Non in segno di sottomissione, ma in segno di accettazione. Non ero la sua balia e lui di certo non era un bambino. Seppur con le dovute proteste del caso aveva abbracciato la sua natura ed era stato costretto ad adattarsi a un difficile contesto che andava contro ogni sua precedente convinzione; le dita non gli si erano chiuse di loro spontanea volontà attorno allo scettro, ma ora la sua presa era forte e solida.
Che mi piacesse o no, Mattia era un licantropo, era un Alpha, ed era un camorrista.
Fino ad allora se l'era cavata egregiamente, e gli auguravo di riuscire a continuare così finché non fosse morto in pace a una veneranda età. Avrebbe imparato a sue spese le conseguenze di eventuali errori futuri. Io potevo solo aiutarlo a prevenirli.
— Non mi scuserò per quello che ho detto, Mattia — sospirai infine, rialzando lo sguardo. — È ciò che penso, e non lo nego.
Lui annuì. — Lo so.
— Non vorrei vederti su un trono, ma ci sei già e non voglio nemmeno buttarti giù — continuai. — Perciò tieni il culo attaccato a quel cuscino di velluto, tesoro, e ignora la proverbiale spada di Damocle sospesa a un centimetro dai tuoi bellissimi riccioli. Le forbici per tagliare quel filo ce le hai soltanto tu.
Mattia si passò la lingua sulle labbra, quindi mi tese la mano con un gesto fulmineo. La strinsi vigorosamente e con calore. — Non dubitare di me, Lorianne — proferì con voce carica di sicurezza. — Custodisci la mia sanità mentale e non interferire. Abbiamo un patto, dopotutto. Io intendo rispettarlo, e lo rispetterai anche tu.
Non mi sentivo come se mi stesse dando degli ordini: mi sentivo piuttosto come se stesse facendo una semplice constatazione. Ci eravamo presi un impegno e avremmo onorato l'accordo, ognuno con i propri mezzi e le proprie possibilità. In fondo in fondo eravamo come soci in affari.
— Lo rispetterò — gli assicurai, e lui mi rivolse un sorriso di gratitudine. — Non cadere, Mattia.
— Non cadrò.
Poi, con un'occhiata a Valentino che ancora dormiva, Mattia afferrò La Biblioteca dei Morti e si dedicò alla lettura.
Dunque la conversazione era conclusa. Sulla Lista delle 10 cose da fare col proprio ragazzo era stata tracciata una linea su litigare e fare subito pace. Percepivo un bizzarro senso di appagamento tra i rimasugli dell'ira.
Recuperai il cellulare dalla borsa e lo sbloccai con una scansione dell'iride. C'erano una chiamata persa e un messaggio in segreteria. Era Logan.
Lori, dannazione, non ci sei mai quando servi! Trascinati dietro il tuo moroso e vieni a Villa Orlando. Immediatamente!
Prima che potessi formulare un qualsiasi pensiero, sullo schermo comparve la notifica di un messaggio. Stavolta era Trish.
Lorianne Amatis Herondale, per le divine mutande di Raziel, CI STANNO SFRATTANDO!
Composi il suo numero alla velocità della luce. — Stanno facendo cosa? — strillai, senza darle neppure il tempo di riempirmi dei suoi soliti insulti. Mattia ripose sbuffando il segnalibro tra le pagine e mi puntò le pupille addosso.
— Benedetto sia l'Angelo, Lorianne, ma sei dislessica? — sbraitò mia cugina di rimando. — Ci stanno sfrattando! Quella troia ci sta sfrattando!
— Chi, Trish? — s'inserì Mattia. — Quella troia chi?
— La tua Beta, Mattia! — Dalla cornetta giunse il rumore di passi affrettati insieme a un'imprecazione troppo dialettale e troppo maschile per poter essere di Trish. Mi parve di riconoscere il timbro di Adriano.
— Ne ho quindici, di Beta, per la miseria! — replicò Mattia. — Nome e cognome, signorina!
— Ma va' a quel paese!
— Ci vado volentieri se mi ci accompagni tu!
— Smettetela! — Sì, quello era decisamente Adriano. Evidentemente per lui e Trish i letti e i divani del Palazzo non bastavano più, ma fui grata che fossero insieme, in quel frangente.
— È Rita, Mattia! Rita D'Amante!
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Giusto una nota a titolo informativo e poi vi lascio: La Biblioteca dei Morti è un libro davvero esistente, primo della trilogia omonima – comprendente anche Il Libro delle Anime e I Custodi della Biblioteca – di Glenn Cooper (dovrebbe esserci in realtà pure un quarto volume, ma a quanto ho capito è una sorta di spin-off/universo espanso). Ne sono rimasta estasiata; li consiglio a tutti gli appassionati del thriller e del paranormale, ma a chiunque in generale, perché sono veramente meravigliosi.
Ci risentiamo il prima possibile con il prossimo aggiornamento, che spero sarà più interessante e meno statico. E, mi raccomando, non lesinate sui commenti!
Al più presto,
Federica
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