Donna malvagia

Dalla donna ha avuto inizio il peccato,
per causa sua tutti moriamo.
Non dare all'acqua un'uscita
né libertà di parlare a una donna malvagia.
Se non cammina al cenno della tua mano,
toglila dalla tua presenza.

[Siracide 25, 24-26]


Raccogliere tutto il mio coraggio non fu tanto difficile; d'altronde lo facevo ogni volta che chiudevo gli occhi nel mio letto, la sera, in attesa di incontrare Raziel nei sogni, rifiutare nuovamente la sua offerta e ascoltare qualsiasi cosa avesse da dirmi.

La parte complicata iniziò quando dalla finestra di camera mia vidi Chrysta avvicinarsi sorridente alla porta di casa ed entrare senza aver bussato.

Sentii la sua voce salutare i miei genitori e Jon, poi il ticchettio delle sue scarpe sulle scale, infine i suoi braccialetti che tintinnavano mentre spingeva in basso la maniglia e varcava la soglia della mia camera.

— Ciao — esclamò lasciandosi cadere sul letto, accanto a me. — Mi aspettavo una tua telefonata.

Lanciò un'occhiata al calendario appeso alla parete. Solamente tre giorni ci separavano dalla fatidica data cerchiata in rosso. — Ancora niente?

— Niente — negai. — Né dolori né altre avvisaglie. Solo il nulla totale.

Chrysta mi poggiò una mano carica di anelli sulla spalla. — Ehi, Lori, tranquilla.

Mi scrollò scherzosamente. — Sai che gli sbalzi di temperatura possono influenzarlo.

— Non penso che la temperatura possa influenzarlo, Chris — ribattei mestamente. — Dura quattro mesi, cioè due stagioni. E non è mai arrivato in ritardo, mai.

— Dannazione, aspetta di averne la certezza e non saltare a conclusioni sbagliate! — Chrysta cominciò a scaldarsi. — Lo sai che mi dai sui nervi quando fai così!

Scattai in piedi, furiosa. — Menti! — le urlai contro, poi mi ricordai che in casa non eravamo sole e mi costrinsi ad abbassare il tono.

— Non sono io a darti sui nervi — sibilai tra i denti. — Ti dà sui nervi il fatto che potrei mettere fine a tutto questo semplicemente guardando nel futuro come faccio quotidianamente e invece non ci penso nemmeno.

Anche lei si alzò di colpo e mi si parò davanti. Con quei tacchi mi superava di buoni dieci centimetri. Mi sovrastava in altezza e in ira.

— Hai ragione — ammise. — Non ti rendi conto del tuo potenziale, Lorianne, e so che te lo ripeto praticamente da quando entrambe abbiamo iniziato ad avere coscienza della tua situazione, ma sai che da questa bocca non è mai uscito altro che verità. A parte in certi casi, ovvio — aggiunse in fretta. — Tu continui a sostenere che essere una Chiaroveggente significhi essere quella presa in giro, quella vessata, quella insultata, quella sfruttata. Per carità, nessuno nega che tu abbia avuto la tua dose di brutte esperienze legate al tuo potere. Ma è proprio per questo che non riesci a cogliere il lato positivo.

— Il lato positivo? — gridai, ormai troppo esasperata per contenere la rabbia. — IL LATO POSITIVO? Ho tentato un omicidio di massa a causa della Chiaroveggenza, Chrysta! E tu hai il coraggio di venire a parlarmi del lato positivo?!

Lei strinse le mani a pugno. Dalle dita serrate prese ad uscire del fumo viola. — Non è stata colpa tua, e lo sai. Era autodifesa.

Afferrai il portapenne di vetro e lo scagliai a terra, frantumandolo in mille pezzi. Chris lo riparò subito con un cenno del mento. — Autodifesa un corno! Io volevo ucciderli! — strillai a squarciagola.

— Tu volevi difenderti — mi corresse Chrysta. — Volevi scappare.

— NON È VERO! — Cercai di impedire alle lacrime di sgorgare, ma il mio tentativo fu vano. Mi gettai tra le braccia di Chrysta e crollai a piangere come una bambina.

— Io volevo ammazzarli — dissi fra i singhiozzi. — Lo volevo io, non Raziel. Lo volevo io. Sono malvagia. Disumana. Oscura. Che paradosso, eh? La ragazza angelo è tutto meno che angelica.

— E cosa dovrei dire io, allora? — sospirò lei accarezzandomi la schiena. — La donna che mi ha partorita è chiusa in un istituto di igiene mentale e il mio padre biologico è un demone non meglio identificato che si è infilato sotto le sue lenzuola. Ho due orecchie da pipistrello, un nido di cicogne al posto dei capelli e la pelle più nera del cioccolato fondente. Eppure ho trovato qualcuno che mi ama.

Tirai su col naso. — Non tutti sono come zio Magnus e zio Alec.

— Parole sante — commentò. — Ma lì fuori c'è il tuo principe azzurro – o la tua principessa rosa, dipende – che ti sta aspettando. E poi ci siamo noi: la tua bellissima e colorata famiglia multietnica. In pochi possono vantare di avere una cugina nigeriana, uno zio indonesiano, un altro zio ex-ebreo e un padre con lontane origini gallesi.

Mi strinse forte a sé. — Ti senti meglio adesso?

— Sì... grazie. — Mi staccai dall'abbraccio e subito tornai a sprofondare nel letto. Mi stiracchiai fino a sentire il crac delle vertebre della schiena e presi un respiro profondo, preparandomi all'inevitabile rivelazione. — In realtà ti ho chiamata per un altro motivo. Certo, uno sfogo non mi avrebbe fatto male, ma la ragione è diversa.

Chris si sedette sulla scrivania. — Vai.

Respirai nuovamente a fondo e piegai le ginocchia. — Per favore, non interrompermi.

— Non lo farò.

— Bene. — Diedi un colpetto di tosse. — Chrysta, ascoltami, io... io non ce la faccio più a continuare a vivere in questo modo. La voce di Raziel nella testa, le visioni costanti, i sogni rivelatori e quel cazzo di sangue angelico che ogni tanto si ricorda di non essere degno della Terra e inizia a bruciare. Hai idea di quanto mi faccia male, Chris? Mi sento andare a fuoco, a volte divento trasparente; le vene mi ribollono sotto la pelle come se fossero piene di petrolio incandescente. Non posso andare avanti così. Prima ogni tanto le visioni aiutavano, e le avevo una volta ogni morte di Papa, ma ora sono sempre più ravvicinate e inutili. Ieri pomeriggio sai cos'ho visto? Che mia madre avrebbe preparato coniglio al forno per cena! Ti sembra utile, una cosa del genere? NO! Mi reca solo fastidio, e dolore, un tremendo dolore, e rottura di scatole.

Ripresi fiato. Avevo la bocca secca. — Quindi, sai che ti dico? Me ne vado. Vado via da Idris, via da questa terra troppo angelica. Potrei andare in Inghilterra, a Londra magari, o a New York con zio Simon e zia Isabelle, ma non voglio. È questo il problema.

Rabbrividii, rendendomi conto che ero arrivata al punto cruciale. Al succo del discorso.

— Ultimamente... sto pensando di unirmi alle Sorelle di Ferro. Almeno lì potrò essere una persona normale. Fare cose normali, per quanto sia possibile in un convento di suore di clausura. Non proverò più l'ebbrezza del sesso né rivedrò il cielo azzurro; le mie mani diverranno rosse e rugose per l'azione combinata del fuoco e dell'adamas rovente, ma potrò mettere i miei talenti al servizio di una causa maggiore. Forse non mi servirà nemmeno indossare le protezioni, per colpa del sangue angelico, e forse le mie mani rimarranno uguali. Ti prego di non giudicarmi, Chris. So che tu odi essere immortale, odi il significato stesso della parola, ma è meglio una vita lunga e tranquilla piuttosto che una corta e sofferente, no?

Chrysta si era irrigidita. Aveva gonfiato il petto, serrato la mascella e stretto le mani sull'orlo della scrivania. Aveva perfino smesso di far dondolare le gambe avanti e indietro. Ed era un brutto, brutto segno.

— Stai delirando. — Scosse la testa energicamente. — Tu stai delirando. Mi dispiace, Lorianne, ma questo non posso accettarlo.

— Dovrai — ribattei secca. — Perché sono davvero molto motivata.

— No, tu sei depressa! — urlò lei. — Ti rendi conto di cosa stai dicendo? La ragazza che fino a qualche mese fa non parlava d'altro che degli addominali di Jean e di quanto fosse bravo a letto ora vuole farsi monaca!

Saltò giù dalla scrivania. — E non permetterti di tirare in causa l'immortalità. Io preferirei vivere dieci anni o persino dieci giorni con tutti voi piuttosto che dieci secoli senza le persone che amo. Non pensi alla tua famiglia, Lorianne? Non ci pensi? Sai cosa sei? Sei un'egoista! — strillò. — Metti da parte te stessa, per una volta, e ricordati che esistiamo anche noi!

Scattai in piedi. — Allora non lo capisci, eh? — ribattei, ormai incazzata nera. — È proprio per voi che voglio diventare una Sorella di Ferro! Sono solo un peso sulle vostre spalle. Non potete negarlo, e non dovete.

Le labbra di Chrysta iniziarono a tremare. — No no no, quella che non capisce sei tu — disse agitandomi l'indice davanti al viso. Una scia di scintille viola seguì i movimenti del dito. — Non capisci che non ti lasceremo andare nemmeno per tutto l'oro del mondo, Lori.

— Non sto chiedendo il vostro permesso — ringhiai. — Ho preso la mia decisione.

Alzai il mento in segno di sfida. — Nessuno potrà farmi cambiare idea.

— Per Lilith, credi che non lo sappia? — replicò Chrysta, furibonda. — Credi non sappia che vuoi averla sempre vinta e l'ultima parola dev'essere la tua? Lasciamelo dire, Lorianne, sei insopportabile quando fai così.

— Ecco! — esclamai con un gesto eloquente della mano nella sua direzione. — Hai ammesso che la mia presenza nella vostra vita non è gradita.

Chrysta fece per protestare, ma riconobbe che si trovava dalla parte del torto e stette zitta. — Io ho ammesso proprio un bel niente — sibilò infine. — Non comprendi quanto tu sia importante per tutti noi.

Mosse un paio di passi verso la porta e l'aprì. — Logan e Trish stanno organizzando una vacanza in Italia. Tre mesi, da maggio a luglio. Ho già accettato l'offerta di unirmi a loro. Ti avrei chiesto di aggregarti a noi se solo tu non avessi messo in chiaro che hai fatto la tua scelta e non hai intenzione di ripensarci.

Si voltò in modo da darmi la schiena. — Tra una settimana vado a New York, e da lì poi prenderemo l'aereo per Roma. Ci sono ancora alcuni posti liberi. Ti consiglio di valutare la proposta, anche se sono sicura che la risposta sarà no. Ti faccio notare che questi mesi potrebbero essere gli ultimi che passiamo insieme. Hai tempo fino a domenica.

E su questa nota allegra uscì sbattendosi la porta alle spalle.

~ • ~

Papà salì in camera un quarto d'ora dopo. Avevo appena finito di piangere come una bambina fino a disidratarmi, in compagnia del suono dei miei singhiozzi e della voce collerica di Raziel, e l'espressione grave sul suo viso mi fece venir voglia di ricominciare.

Si lasciò cadere sul letto, poggiò i gomiti sulle ginocchia e vi seppellì la testa. — Perché, Lorianne? Non metterò bocca su nulla, giuro sull'Angelo. Non ho la benché minima intenzione di costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà. Tra l'altro ho appena finito di ripetere a Jon che non deve permettersi di andare al laghetto delle anatre con la sua ragazza, e ne ho abbastanza di rimproveri per oggi. Ma dimmi il perché.

— Non ti ha già spiattellato tutto Chrysta? — sbottai, girandomi sul fianco per non doverlo guardare in faccia.

— Sì, ma io voglio sentire la tua versione.

— Bene. — Sbuffai. — La mia versione, papà, è che quella che sto conducendo da dicembre non è vita. Prima almeno avevo Jean. Avevo l'amore. E riuscivo a tirare avanti, seppur faticosamente. Adesso invece non ho più niente. Dammi un buon motivo per restare. Ti ascolterò.

Papà sospirò e si avvicinò a me. — I buoni motivi te li ha dati Chrysta — replicò. — Lorianne, fidati, so cosa significa vivere senza amore. Fino ai dieci anni la mia quotidianità era l'allenamento. Allenarmi e studiare, allenarmi e studiare. Valentine mi concedeva un po' di libertà e qualche estrema manifestazione di affetto solo il giorno del mio compleanno. Non mi ha mai baciato, stretto con tenerezza o preso in braccio, tanto che quando nascesti tu avevo paura anche solo a sfiorarti, perché ti vedevo così fragile, così piccola e innocente da temere che il mio tocco più lieve potesse farti male. Poi sono andato all'Istituto di New York e ho conosciuto i Lightwood. Ho conosciuto Alec, che è diventato il mio parabatai. E tempo dopo è arrivata Clary. Pensaci, Lori: il bambino che aveva smesso di piangere, che si era costruito una corazza di ostilità e sarcasmo per allontanare chiunque avesse oltrepassato il limite di sicurezza, che non era mai stato innamorato, si scopriva circondato d'amore. Questa perifrasi per dirti di non lasciarti vincere dalla tristezza e dalla delusione.

Allungò una mano per accarezzarmi dolcemente un braccio. — Non ti ho mai vista così, figlia mia — mormorò mestamente. — Hai sempre affrontato tutto a testa alta, con la mia arroganza e la cocciutaggine di tua madre. Dov'è finita la ragazza che amavo, Lori? Dov'è quella persona che sarebbe scappata dalla finestra a costo di non restare più di un'ora chiusa in camera?

D'istinto abbracciai il cuscino e ruotai su me stessa fino a trovarmi a pancia in giù. — Quella persona se l'è portata via Jean — ribattei in tono aspro. — Non c'è più, papà. È scomparsa. E non c'è modo di riportarla indietro.

— Potremmo fargliela pagare. — Papà strinse i pugni alzando la voce. — Potremmo sputtanarlo davanti a tutta Idris. Ne godrei terribilmente.

— Sai cosa succederebbe se lo facessimo. Ha in pugno l'intero Consiglio. Ci screditerà, ci infamerà, ci lascerà letteralmente in mutande, e nessuno avrà il coraggio di opporsi a lui. Non ne avranno motivo, dato che qualsiasi cosa diranno contro di noi – soprattutto contro di me – è vera.

— Ed ecco che ricomincia ad autocommiserarsi — commentò papà, ironico. — Solo ora capisco quanto sia irritante. Clary ha ragione a schiaffeggiarmi ogni volta che lo faccio.

Mi scappò una risatina, ma cercai di nasconderla affondando il viso nel cuscino. — Sul serio mamma ti schiaffeggia?

— Sul serio — sghignazzò lui. — È la donna più manesca al mondo. Una notte è stata talmente violenta da lasciarmi otto graffi paralleli sulla schiena. E considera che all'epoca era ancora casta e pura. C'era anche Sebastian... lunga storia.

Al nome dello zio Sebastian scattai impulsivamente a sedere. — Era il periodo in cui giravate l'Europa?

— Sì — confermò. — Mi pento di non esservi tornato. Praga e Parigi erano meravigliose, ma Venezia è imbattibile. E a proposito dell'Italia...

Si slanciò in avanti, mi afferrò per la vita e mi attirò a sé. Tentai di liberarmi, ma la sua presa era ferrea. — Perché non vai a Gaeta insieme a Chris, Logan e Trish? — mormorò mentre mi spostava i capelli su una spalla. — Potrebbe essere una perfetta occasione per meditare sull'idea di unirti alle Sorelle di Ferro e rilassarti un po'. E divertirti, magari. Divertirti in quel senso, se sarà necessario.

— Parla quello che fino a qualche mese fa voleva castrare Jean — osservai ridacchiando.

— Ehi, darti dei consigli è una cosa, vedere che li metti in pratica è un'altra! — Papà rise e mi schioccò un sonoro bacio sulla guancia. — Ho sentito che gli italiani sono i migliori a letto — insinuò, malizioso.

Mi abbandonai all'indietro, stretta tra le ferme e sicure braccia di papà. Piegai leggermente la testa di lato per sentire il profumo del suo dopobarba, un odore che adoro fin da quando ne ho memoria. — Grazie, papà — bisbigliai chiudendo gli occhi. — Nella mia vita c'è amore, e ce n'è moltissimo. L'ho finalmente capito. Ma non è il tipo di amore che desidero.

— Troverai la tua anima gemella — mi sussurrò lui all'orecchio. — Te lo auguro. Me lo auguro. E ne sono sicuro.

— Te lo auguri o ne sei sicuro?

Si batté una mano sul petto. — Touché — dichiarò con aria teatrale. — Comunque direi entrambi.

— Sono un tantino discordanti, non trovi?

— Forse — ammise. — Ma non sarebbe divertente vivere senza contraddizioni. Il mondo è bello perché è vario.

— Io non l'ho visto, il mondo — commentai malinconica.

— Lo vedrai. Te lo auguro. Me lo auguro. E ne sono sicuro. — Tacque, ma riprese subito: — Brevetterò la citazione.

Gli tirai una gomitata alla cieca sogghignando. — Oggi non te la cavi tanto bene con le parole, eh?

— Sto invecchiando, Lori, sto invecchiando — si lagnò. — Volendo dirla all'italiana, e precisamente con le parole del Principe Totò, "ogni scarpa diventa scarpone". In napoletano farebbe più figo.

Mi diede un ultimo bacio e si alzò stiracchiandosi. — Cucino io. Salmone al vapore. E non provare a lamentarti.

— Deve cuocere di più — lo avvertii. — Non rovinare di nuovo un meraviglioso trancio di salmone. Cameron e Nathan ci rimarrebbero molto male.

— Si sono messi nei guai da soli decidendo di darci un terzo di quanto hanno pescato in Alaska — puntualizzò.

Presi il primo cuscino che mi capitò sottomano e glielo lanciai addosso. — Venti minuti.

— Venti minuti — affermò lui rimandando indietro il cuscino. — E stavolta ci metto anche la scorza del limone oltre al succo.

— Bravo. — Prima che uscisse, gli ricordai: — E lascialo marinare!

~ • ~

Come dessert quella sera ci fu un tortino di Chrysta condito con lettere da New York. Nome del piatto: casini in arrivo.

Chris si materializzò all'improvviso davanti al caminetto spento, mentre papà aiutava Jon a tradurre Cesare con il vocabolario di latino sulle ginocchia e mamma ed io spettegolavamo tranquillamente su qualsiasi argomento interessante.

— Mio padre è nei guai — rivelò sedendosi sul divano senza tanti complimenti.

— Chrysta, cara, odio farti questa domanda, ma devo — replicò papà. — Quale dei due?

— Magnus — chiarì lei mostrandoci un'articolata busta in simil-pergamena con un finto sigillo di ceralacca. — L'ha scritta Camille. Camille Belcourt.

— Non credo che zio Magnus sia stato con più di una Camille — osservò intelligentemente Jon. — Era ovvio che fosse lei. E poi, anche se ce ne fossero state altre, nessuna avrebbe avuto un conto in sospeso con lui poiché sarebbero tutte morte.

— Chiudi la bocca, sapientino — lo zittì Chrysta. — Camille rivendica una vecchia offerta di un drink. E vuole parlare anche con me.

— Perché mai dovrebbe? — obiettai. — Insomma, non ti ha nemmeno vista.

Chrysta mi lanciò un'occhiata stranamente pacata, considerando la situazione e quanto era successo poche ore prima. — Non lo so, Lori, non lo so. E c'è dell'altro.

Ci indicò la seconda busta, bianca e con l'indirizzo del mittente in filigrana. — È dell'orfanotrofio dove mi hanno accolta da piccola — spiegò. — Dicono che mia madre è in libertà.

Tutti trattenemmo il fiato. Per Chrysta era quasi un tabù parlare di sua madre, e se tirava fuori l'argomento significava che la questione era critica.

— Oh — sussurrò mamma. — E quindi tu pensi che le due cose siano collegate?

— Forse — disse Chrysta, laconica. — Dopotutto chi avrebbe potuto far uscire una pazza immigrata senza documenti, familiari ed effetti personali se non una donna di una certa presenza come Camille?

— Hai ragione — ammise papà. — Così avrebbe un senso anche il volerti parlare.

— Esatto. — Chrysta si riprese le lettere. — Parto domani per New York — dichiarò seria. — Ormai è inutile rimandare fino a domenica.

— E verrò anch'io — annunciai alzandomi in piedi. — Sempre se la proposta è ancora valida.

Chrysta mi guardò per un istante, poi si aprì in un sorriso a trentadue denti. — Oh, la mia cuginetta vuole uscire dal guscio! — Mi abbracciò e mi scompigliò i capelli. — Andiamo, ti aiuto a fare le valigie.

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So, ecco che si manifesta l'idea di Raziel, ed ecco che ritorna la prima delle due "vecchie conoscenze" di cui vi avevo accennato nella precedente NdA.

Avete capito cosa rappresenta la data cerchiata in rosso? Su, siete quasi tutte ragazze. E i ragazzi intendano senza domandare, tanto lo sanno. E se ve lo steste chiedendo sì, Lorianne ha un culo incredibile ad averlo ogni quattro mesi, cioè solo tre volte all'anno. MAGARI.

Bene, non credo di aver altro da dire. Nel prossimo capitolo incontreremo i gemelli Lewis e rivedremo i loro genitori, ossia il mio adorato Simon e Isabelle.

VOTATE e COMMENTATE, ciao!

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