Dolore dal sapere

Pensavo e dicevo fra me: «Ecco, io ho avuto una sapienza
superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me
in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza.»
Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza,
come anche la stoltezza e la follia,
e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento,
perché molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere, aumenta il dolore.

[Ecclesiaste 1, 16-18]

Quando battezzi Valentino?

— Quattordici agosto — mi rispose Mattia, staccando un bel morso dalla mela che aveva in mano. — Tu te ne vai alla fine di luglio, no?

Annuii distrattamente. — Già.

Non avevamo ancora discusso i termini della nostra ormai decollata relazione, e non sapevo bene cosa avrebbe significato tornare a Idris dopo così poco tempo passato insieme a lui. Da un lato, ero partita per l'Italia col presupposto che mi sarei concessa al limite una storiella estiva di qualche settimana, se proprio l'avessi voluto e soprattutto se ne fossi stata in grado; dall'altro, non volevo lasciare Mattia in quel modo, solo tra i mannari e sperduto nel Mondo Invisibile. Era – forse – troppo presto per dire che lo amavo, ma quel ragazzo mi piaceva davvero moltissimo e volevo tenermelo vicino. Peccato che ad Alicante ci fossero delle questioni che mi aspettavano.

— Tornerò — decisi sul momento. — Ho un paio di cose da sistemare, che mi porteranno via qualche mese, ma poi sarò libera e potrò bussare di nuovo alla tua porta.

Mattia sorrise da dietro la mela. — Ne deduco che non sono il benvenuto a casa tua.

— Ehi, signorino, andiamoci piano — lo rimbeccai, — ma hai ragione, in un certo senso. Di questi periodi i licantropi preferiscono evitare Idris.

Mattia si accigliò e venne a sedersi accanto a me attorno al tavolo. — Ah sì? E come mai?

Gli indirizzai un'occhiata amareggiata. — Attento a ciò che chiedi, Mattia.

Lui sorrise tristemente. — Lorianne, ho visto la morte in faccia. La mia e quella altrui.

— Sei pronto a vederla un'altra volta?

Fece segno di sì con la testa. Notai un che di titubante in quel gesto. — Se lo sei anche tu.

Con un sospiro scostai la sedia e mi alzai in piedi. — Aspetta qui — intimai, quando ero già sul primo gradino.

Salii fino in camera mia e recuperai dal fondo della valigia i rapporti che mi aveva passato zio Alec, quindi ridiscesi di sotto e li posai sul tavolo, davanti a Mattia.

— Wow — commentò lui. — Plico consistente.

— Purtroppo. — Mi appoggiai al lavello a braccia conserte. — Oltre ai ventisei lupi di cui si parla lì dentro ne sono morti anche altri due, singolarmente, più un vampiro che... conoscevo, a farla breve.

Mattia mise a segno un tiro da tre coi residui della mela lanciandola nel cestino dall'altra parte della stanza e aprì il fascicolo. Il suo sguardo si incupì immediatamente. — Oh, Dio — sussurrò, mentre scorreva le pagine con rapida perizia. — Dio mio. Avvelenamento? Di massa?

— Sì — confermai. — Ed eccetto questo si sa ben poco.

Mattia rialzò per un attimo la testa. — Nemmeno il movente?

— Potresti fare decine di ipotesi per un caso del genere — obiettai. — Sparo di avvertimento? Vendetta? Semplice sterminio?

Scrollai le spalle. — È impossibile avere qualcosa di certo, con una tale carenza di prove.

Mattia allontanò i fogli da sé e ruotò la sedia per essere faccia a faccia con me. — Com'è avvenuto il tutto? Non... non ce la faccio a leggere.

Mi mordicchiai il labbro inferiore. Quel cuore tenero sarebbe stato la sua rovina.

— L'intero branco si era riunito ai margini della foresta di Brocelind per una non specificata commemorazione in una villa che sostanzialmente è una sede distaccata dell'Hotel Silverscale – la si può affittare per pranzi, compleanni, matrimoni, cose così; i Silverscale hanno anche altre costruzioni di questo tipo, sia dentro sia fuori Alicante.

Sventolai la mano in aria come per scacciare quell'ultima informazione irrilevante. — Comunque, chi ha effettuato le autopsie ha concluso che la polvere d'argento doveva nascondersi nella frutta o nel dessert, considerato che durante tutta la durata della cena nessuno aveva accusato sintomi di alcun tipo, a scanso di un paio di bambini; ciò ha indotto il medico legale a supporre che una leggerissima dose di polvere fosse stata mescolata anche all'acqua.

Mattia si coprì il volto con le mani. La sua voce mi arrivava attutita. — Se la situazione non fosse quella che è, ne sarei ammirato. È orribile da dire, ma questo killer sa il fatto suo.

A malincuore, dovetti concordare. — All'alba erano già tutti alla Basiliade a sputare sangue. I più deboli, circa sei o sette, sono morti entro dodici ore. Nel giro di due giorni non ne è rimasto neanche uno.

Mattia scosse violentemente il capo, sconvolto. — Com'è stata gestita l'emergenza?

— Non so darti i dettagli, ma è stato fatto il possibile e si è tentato pure l'impossibile — gli risposi. — Hanno persino chiamato diversi Stregoni, tra cui mio zio Magnus – ti ho accennato di lui, se ricordi – e una sua amica di vecchia data, Catarina Loss, specializzata in magia curativa. Sembrava quasi che fossero riusciti a salvare l'Alpha, ma in realtà avevano peggiorato il peggiorabile. Alla fine non è restato altro che concedere a quei poveri lupi una morte indolore, con tre o quattro infermieri coraggiosi a consolarli e l'ago della morfina piantato nel braccio.

Ingoiai un groppo amaro che mi si era formato in gola. — Terminate le autopsie, non si è potuto neanche seppellire i corpi: l'argento aveva divorato ogni singolo lembo di muscoli, tessuti e organi. Erano rimaste soltanto le ossa.

Mattia tirò un lungo respiro profondo. — Immagino ci sia andato di mezzo il personale innocente.

— Il personale innocente ci va sempre di mezzo — replicai mestamente. — Oltretutto, l'enorme quantità di DNA presente nella villa – sala e cucine in particolar modo – ha impedito di poter compiere delle analisi forensi, nonostante questi non siano esattamente i nostri metodi d'indagine. Per quanto riguarda la Basiliade, il Ministero della Sanità era già in crisi da molto prima che si aggiungesse anche questa macchia nera.

Mattia si grattò il naso. — Ho sentito Sabrina blaterare qualcosa sull'argomento. Correggimi se sbaglio: la maggior parte dei licantropi vuole ratificare gli Accordi prima del solito aggiungendo degli articoli a proposito della tutela dei Nascosti nell'ambito del Ministero?

— Esatto — asserii. — E se fino a qualche tempo fa c'era la remota possibilità che potessimo dissuaderli dal farlo, adesso non abbiamo più speranze.

Mi allungai in avanti e gli accarezzai lievemente una guancia. — Sei consapevole che tutta questa... storia, di Carmine Mallardo e del tuo branco, dovrà venire a galla, sì?

Mattia strofinò il viso contro la mia mano, come un lupacchiotto in cerca di coccole. — Troveranno il modo di resuscitarmi per potermi uccidere trenta volte, Lorianne.

Aveva eluso la domanda. — Ti garantiremo protezione, Mattia, sta' tranquillo. Sarai... come un pentito che collabora con la giustizia. Dopotutto, uscire allo scoperto è quello che vuoi, no?

Lui chiuse gli occhi. — Sai cosa fanno ai pentiti, Lori? — Strascicò le parole le une sulle altre, con una lentezza inquietante. — Li ammazzano per strada.

Aveva eluso anche la seconda domanda. — Mattia, sta' tranquillo — gli ripetei. — Vorrei dirti che abbiamo tutto il tempo del mondo ma non è così. Di questo passo gli Accordi verranno firmati entro settembre, a meno che la pressione non aumenti e si arrivi addirittura a non attendere la nomina del nuovo Console e del nuovo Inquisitore. Sei costretto a prendere una decisione e a prenderla subito. E se persegui la verità dovrebbe esserti facile.

Mattia mi circondò il polso con le dita. La sua stretta non era ferrea o dolorosa, ma comunque decisa. — Non andare sull'offensiva, Lorianne. Stai indurendo i toni soltanto perché ti rendi conto che le ultime due frasi si possono applicare anche a te.

Mi liberai delicatamente dalla sua presa e ritornai ad appoggiarmi al piano della cucina. — Non ti avevo già detto che ho definitivamente abbandonato l'idea di farmi suora di clausura? Ringrazia te stesso, per questo.

— Ecco, adesso la metti sul sentimentale. — Mattia assottigliò lo sguardo. — Sai bene che non intendevo quel che hai voluto intendere tu.

Roteai gli occhi al cielo con un sospiro. Speravo che almeno lui mi avrebbe risparmiato la predica, ma in fondo Mattia Nardone era il re delle prediche. — Da dove devo cominciare, mmh, Mattia? Ti faccio il discorso standard o vuoi una delle tante versioni alternative?

Lui mi lanciò un'occhiata di rimprovero. — Non difenderti, non ti sto attaccando e non voglio farlo. Però stiamo parlando di verità, e io davanti a me vedo una grandissima bugia.

Serrai le dita sul marmo. — Non ho mai mentito — sibilai. — Mai, Mattia.

Un guizzo delle sue labbra rivelò che si stava scaldando. — Qual è il contrario della verità?

Rassegnata, crollai sulla sedia più vicina. — Non riuscirai dove schiere di altri hanno fallito, Mattia. È una battaglia persa in partenza.

— Non sono il tipo che perde le battaglie senza combattere.

Ridacchiai nervosamente. — Sì, questo l'avevo notato.

Anche Mattia sorrise, poi tornò serio e si sporse in avanti verso di me. — Ce la fai a raccontarmi cosa... cos'è successo dopo, Lorianne?

Feci spallucce, preferendo non rispondere a parole.

— Okay, devo interpretarlo come un sì o come un no?

— Scendi più nello specifico — sillabai velocemente. — Riesco a parlare meglio se ho un tema preciso.

Lui annuì comprensivo. — Ascolta, Lori... — Sembrò radunare i termini adatti per esprimere il concetto. — L'altra sera abbiamo dormito insieme. Ti abbracciavo. Ti... toccavo.

Intuii all'istante dove voleva andare a parare. — Già. Non me ne capacito neanch'io.

— Com'è possibile, Lorianne? — mormorò. — Non ti ha agitata trovarti in determinate circostanze? Non che stessimo facendo chissà cosa – lungi da me – ma nella maggior parte di questi casi si sviluppa un PTSD, ossia un Post-Traumatic Stress Disorder — tradusse a mio beneficio. — Eppure non mi sembri così sconvolta a riguardo.

Fissai il pavimento, pensierosa. — Suppongo di dover ancora metabolizzare il tutto — azzardai. — Sotto sotto ero preparata all'eventualità che Jean potesse... perdere il controllo fino a quel punto. Il suo comportamento in tempi recenti avrebbe dovuto far suonare un campanello d'allarme, ma, come piace ripetere alla maggioranza degli Shadowhunters, le emozioni offuscano il nostro giudizio.

Mattia sollevò le sopracciglia in una smorfia sarcastica. — Per questo ti do ragione.

— Ti ringrazio, compagno di sventure — replicai, utilizzando l'espressione che lui stesso aveva usato la sera che ci eravamo incontrati. — Sbaglio o è la prima volta che mi dai ragione?

Lui si permise di ridere brevemente. — Non ti ci abituare. — Sospirò. — Per cui pensi di non aver sviluppato un PTSD perché in cuor tuo – Dio, è orribile da dire – sapevi che sarebbe potuto succedere?

— È solo il mio modesto parere non professionale — chiarii. — Inoltre, ti ho già informato del fatto che non ricordo... be', non ricordo ciò che comunque non vorrei ricordare.

Avevo la bocca secca. — E se ti avessero riferito del dolore che si prova a farsi estrarre i ricordi dalla testa capiresti perché non voglio neanche affidarmi a uno strizzacervelli.

— Okay. Okay, davvero, basta così — mi fermò Mattia. — Ora, per favore, dimmi che ti sei fatta visitare.

— Mi sono fatta visitare — lo rassicurai, — da un medico che conosco benissimo, Cameron Bla-Orwell — mi corressi istintivamente, e la finii lì.

Saggiamente, Mattia non mi incalzò a continuare. Prima regola per far sì che le persone ti dicano di più: non riempire il silenzio.

Gliela diedi vinta, per quella volta: — Ho sbagliato ad aspettare la mattina per andare da lui; avrei dovuto farlo subito. Appena ho messo piede in casa, quella sera, mi è venuto naturale buttarmi sotto la doccia, e a quel punto addio sangue, fluidi e terra. Risparmiati la paternale, ci ha già pensato Cameron.

Mattia schioccò la lingua sul palato. — Questo Cameron, che specializzazione ha?

— Medicina interna, ed è pure parecchio competente: è stato nominato Ministro per due mandati.

— Non dubitavo affatto della sua competenza, uno che fa di cognome Orwell ha già tutta la mia simpatia.

— E infatti il pin del tuo cellulare obsoleto è 1984.

— Guarda qua che grande hacker, fai concorrenza ad Adriano — ironizzò lui, ma riportò immediatamente la conversazione sui binari. — Cosa ti aspettavi di trovare, Lori?

— Sinceramente? Ben poco di ulteriore rispetto a quello che avevo potuto trovare io da sola — confessai. — Avevo qualche livido su gambe e fianchi e si vedevano benissimo i segni delle mani e delle dita sulla pelle, ma Cameron non riuscì a capire da dove provenisse il sangue che mi ero lavata via di dosso – e per questo ero sicura di non essermelo, non so, immaginato – né scoprì altri segni di violenza sessuale.

— Test di gravidanza?

— No — negai. — L'HCG, come saprai, è rintracciabile solo dopo almeno otto giorni. Cameron mi sconsigliò di affidarmi alle analisi di laboratorio perché avrei dovuto giustificarle, e il governo di tecnici che manteneva – e mantiene tuttora – il Ministero ci teneva ad andare a fondo alle questioni; molto probabilmente l'avrebbero capito. Per dirla tutta, il cugino di Jean, Francis, è tra quei tecnici ed è anche candidato al posto di Ministro. Ero bloccata, Mattia.

Lui espirò. — Capisco. E passati quegli otto giorni?

Abbassai la testa. — Mi sono rifiutata di fare il test.

— Mi fai cascare le braccia.

— Puoi biasimarmi, Mattia? — mormorai, sempre tenendo lo sguardo puntato sul tavolo.

Parve riflettere. — No — ammise infine. — Anche se dipenderebbe dalle circostanze.

— Fidati, Mattia, a circostanze diverse non avrei reagito come ho reagito — gli risposi, e per un attimo sembrò che l'avremmo conclusa su quella nota.

Mattia intervenne all'istante per non far cadere l'argomento: — Quando avevi avuto l'ultimo ciclo?

— Alla metà del mese, suppergiù. Potrai immaginare il sollievo quando mi è tornato a marzo.

Mattia alzò una mano. — Ehi, ferma lì. Se mi dici così è ovvio che penso male.

Deglutì. — Quella brutta cosa che inizia per a... ti prego, ti prego, non avrai dovuto affrontare anche quello.

Impiegai un po' a realizzare a cosa stava alludendo. — Io... no, Mattia, no — lo rincuorai. — È solo che il mio ciclo è un tantino irregolare. O meglio, è regolare ma dura quattro mesi. Non ho idea del perché — lo precedetti, — ma sarà sicuramente implicato il sangue angelico. Francamente, non mi lamento.

— E ci credo — commentò lui, accennando un lieve sorriso. — Perciò non vuoi e non puoi denunciarlo, giusto?

Annuii. — Sarebbe la mia parola contro la sua. Ho potere in Consiglio, non fosse altro che per la famiglia a cui appartengo, ma molti diffidano di me in quanto "Shadowhunter impura" a causa di questa maledetta Chiaroveggenza e la maggioranza non oserebbe inimicarsi l'assai probabile nuovo Inquisitore.

Mattia fischiò. — Wow. Jean, un ragazzino, Inquisitore? Mi stai prendendo in giro.

Gli indirizzai uno sguardo che parlava da solo. — Seriamente, Mattia? Seriamente? Tu sei un boss della camorra a diciannove anni. Jean ha tutto il diritto di essere Inquisitore alla tua stessa età.

— Lorianne, è il percorso che importa, non la mèta — ribatté lui. — Jean di sicuro non ci è arrivato per caso.

— Siamo un popolo precoce sotto la maggior parte degli aspetti — chiarii. — Andiamo sul campo giovani, ci sposiamo giovani, abbiamo figli da giovani. Lo senti necessario quando la tua vita potrebbe finire da un momento all'altro.

Mi strinsi nelle spalle per minimizzare il tutto. — Jean ha le qualità adatte per quel ruolo, e dopotutto l'età non è mai stata altro che un numero. I miei genitori e i miei zii erano anche più piccoli di lui quando hanno scongiurato due catastrofi globali.

— È per questo che chiunque conosce il tuo cognome?

— La famiglia Herondale aveva una connotazione illustre già da molto prima di mio padre — gli spiegai. — Come in tutte le famiglie ci sono state delle pecore nere, ma il prestigio dei suoi membri ha superato di gran lunga l'infamia buttata sul cognome da quei singoli soggetti che ormai sono solo un lontano ricordo. Siamo un po' come i Medici o i Kennedy.

— O i Nardone — si vantò Mattia.

Risi. — Perché, anche i Nardone sono famosi?

— Ovvio — millantò lui. — Mai sentito parlare di quel tale, Mattia, che a diciannove anni era già un boss della camorra?

Gli tirai una gomitata nelle costole ridacchiando. — In effetti...

Mattia allargò le braccia per ostentare potenza. — Guardami dal basso della tua posizione, plebea! Chissà se Mallardo aveva un trono.

Emisi un verso di disprezzo. — L'unico trono adatto a lui è la tazza del gabinetto.

Mattia scoppiò a ridere di gusto. — Questa me la segno, sul serio — sghignazzò. — Se non un trono, perlomeno la poltrona nel suo ufficio è comodissima.

— Anche la tazza del gabinetto necessita di essere comodissima.

— Ma chi abbiamo qui, un'aspirante designer di vespasiani? — mi stuzzicò, con un bellissimo sorriso che andava da orecchio a orecchio.

Pecunia non olet — gli ricordai petulante.

Mattia strinse la mascella. — Pecunia olet, fidati — ribatté con voce grave. — E a tal proposito, quale fine dovrei riservare al denaro del branco?

Tamburellai le dita sul tavolo, riflettendo. — Adriano aveva ragione — dovetti ammettere. — Non puoi buttare all'aria tutto quello che Mallardo ha costruito. Secondo il mio modesto parere ti conviene farci la mano, imparare a capire come funzionano le cose, e solo allora, se vorrai e soprattutto se potrai, sarai in grado di iniziare pian piano a smantellare traffici, alleanze eccetera.

— Mi stai suggerendo di fare buon viso a cattivo gioco? — mi chiese lui, dubbioso. — Temo di non esserne capace.

— Dovrai esserlo — replicai. — Prendila come una sfida contro te stesso, poniti un obiettivo e cerca non solo di raggiungerlo, ma anche di superarlo. Dopo un po' ci farai l'abitudine.

Mattia si massaggiò le tempie con indice e medio. — Io ci provo, però tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.

Sorrisi lievemente. — Se non cado in errore, a te il mare piace.

— Sono nato in una città di mare, deve piacermi per forza — contestò, ma aveva già perso la mestizia di prima. Mi rivolse uno sguardo sfuggente da sotto le ciglia. — Promettimi una cosa, Lorianne.

— Parla.

— Più sto insieme ai lupi, più apprezzo il quid pro quo.

Mattia fece una pausa studiata. Lui poteva anche credere di non essere un bravo attore, ma il modo in cui stava conducendo quel discorso diceva tutt'altro.

— Perciò, se io per il momento mando all'aria i miei buoni propositi e mi comporto da bravo criminale, tu devi assolutamente – e sottolineo assolutamente – andare contro le tue errate convinzioni secondo le quali Jean se la caverà liscia sempre e comunque. Tentar non nuoce, Lori.

— Mattia, ti do la mia parola, in questo caso potrebbe nuocermi — sussurrai.

— E allora fa' sì che questo non succeda. — Il suo tono non ammetteva repliche. — Purtroppo non posso assicurarti il mio aiuto, né tu potrai e tantomeno dovrai fare qualcosa per me – non permetterti di obiettare, hai i tuoi nemici da combattere e non puoi combattere anche i miei. Però, Lori, per quanto possa valere, pregherò il mio Dio per te.

Non avevo mai pregato Raziel. Ne avevo avuto l'occasione, certo, ma non ne avevo mai sentito il bisogno né peraltro avevo mai voluto farlo. Sarebbe stato come dargli un'ulteriore prova del fatto che ero sua subordinata. L'idea non mi aveva nemmeno lontanamente sfiorata.

Eppure di una cosa ero certa: se avessi mai avuto o avvertito la necessità di pregarlo, di rivolgergli una richiesta o anche solo di parlargli, l'avrei fatto per Mattia Nardone.

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Ladies and gentlemen, beccateve due belle cose fighe per cui devo innalzare l'ennesima statua ad Althea, alla quale ho lanciato la sfida di crearle sapendo poco o nulla sui personaggi: picspam su Jean e Mattia. Io quella ragazza prima o poi la divinizzo.


Con l'eterna e perpetua speranza che le notifiche stavolta saranno più significative e consistenti,

saluti da una Federica che vuole tanti commenti 😔

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