Ciò che tu ami
Qual è la cosa più bella sulla terra nera?
Una schiera di cavalieri? Di fanti? Di navi?
Ciò che tu ami, io dico.
[Saffo]
Dopo avergli urlato in testa un paio di cosucce non troppo carine, Trish si trascinò via un inebetito Adriano verso una destinazione sconosciuta. Non ero sicura al cento percento che anche lui fosse arrivato simmetricamente alla stessa conclusione di mia cugina, ma qualcosa doveva pur aver capito.
Al contrario c'erano persone che – a ragione – non avevano capito un bel niente, perciò a me e a Logan toccò tenere un breve comizio per spiegare almeno i punti salienti della storia, a cominciare dai bei vecchi tempi in cui la nostra cara Trish altri non era che un'ingenua apprendista hacker adescata sulla rete da un tizio misterioso che si nascondeva dietro un nome d'arte piuttosto azzeccato.
Inutile aggiungere che Mattia era furioso: se non avessi avuto la certezza che non se lo sarebbe mai sognato, avrei scommesso che di lì a pochi minuti sarebbe andato a cercare Adriano in qualunque posto fosse per, a dirla con le sue parole, "fracassarlo di mazzate".
Neanche i lupi che avevano assistito alla scena furono risparmiati dalla sua ira, tantomeno scamparono a una ramanzina in perfetto stile Mattia: — Ma quando avevate intenzione di dirmi che è un maledetto criminale informatico?!
Assomigliava in modo inquietante a una mamma che sgrida i suoi figli perché hanno rotto la finestra dei vicini giocando a calcio. — Quante volte vi ho ripetuto che dovete mettermi al corrente di qualsiasi cosa o altrimenti il cazziatone ve lo beccate doppio? Mi sembra di parlare ai muri, guardate, mi sembra di parlare ai muri.
Mi veniva da ridere a vederlo sbraitare così, però in effetti non aveva torto: i mannari dovevano riporre fiducia in lui, sì, ma diametralmente anche lui doveva poter riporre fiducia in loro. Purtroppo lì non pareva valere il principio della reciprocità, quantomeno non nei modi in cui un cittadino civile si aspettava che valesse.
Nel palazzo dei licantropi – e probabilmente anche nell'intero, enorme clan dei Mallardo – la reciprocità assumeva soltanto valori negativi: tu mi fai un torto e io ne faccio uno peggiore a te, in un'esemplare legge del taglione. Ciò che offriva Mattia temevo fosse per i lupi semplicemente inaccettabile. Ammiravo la sua perseveranza, ma prevedevo che i suoi buoni propositi un giorno sarebbero stati impossibili da attuare persino per lui, e allora Dio solo sa cosa sarebbe potuto accadere.
A posteriori, molto a posteriori, realizzai che non mi sbagliavo affatto.
~ • ~
Presi da parte Mattia per poter chiacchierare un po'; era da quasi una settimana che non avevamo l'occasione di farlo seriamente. Era domenica, e in serata sarebbero rientrati in città i suoi genitori e la famiglia di suo fratello: dalla mattina dopo avremmo dovuto vedercela noi da soli, privi del suo aiuto e della sua presenza rassicurante. Ci saremmo comunque incontrati al ristorante – avevamo ufficiosamente prenotato un tavolo da quattro verso l'una – ma il Lupo di mare non era proprio il miglior posto per un briefing.
Eravamo in una delle stanze al piano – il primo – che ospitava gli alloggi per i membri del branco. Ognuno di questi si componeva di una o due piccole camere da letto più un bagno e un modesto soggiorno; la cucina e la sala pranzo erano comuni a tutti e si trovavano in fondo al corridoio. Constatai che, nonostante il clima generale non troppo spensierato, lì doveva essersi formata una bella comunità. Di sicuro Carmine Mallardo sapeva bene come giocare le sue carte: una sistemazione del genere necessitava di fiducia, collaborazione e rispetto reciproco, e un'eventuale lite poteva essere facilmente sedata nello stesso modo in cui si sarebbero messi a tacere due vicini di casa che litigavano per la spazzatura. Considerate le sue abilità, non mi sorprendevo che fosse riuscito a creare e a mantenere per così tanti anni un impero di quelle proporzioni.
Altro motivo, questo, per cui avevo il serio timore che Mattia sarebbe rimasto schiacciato sotto quell'enorme carico di responsabilità, prima o poi, o che peggio ancora, in futuro, il potere sarebbe stato in grado di corromperlo come aveva corrotto Mallardo. Mattia aveva tutte le buone intenzioni del caso e una testaccia dura che gli sarebbe servita non poco, ma a conti fatti era solo un ragazzino neppure uscito dal liceo, con una limitatissima esperienza di vita e ancor meno esperienza del Sottomondo, per non parlare della sua assai naturale e assai nobile avversione nei confronti delle attività illecite di cui ora, volente o nolente, era a capo.
Anche adesso che la sua anima candida era indissolubilmente sporcata dalla macchia nera dell'omicidio, Mattia era circondato da una cappa di innocenza quasi bambinesca che mi rendeva difficile immaginarlo a doversi relazionare con un determinato tipo di situazioni, fosse pure perché vi era costretto; in parallelo, però, nemmeno ritenevo possibile che qualcuno volesse spontaneamente dargli una mano – i più "esperti" in primis – o addirittura si offrisse di prendere il suo posto, così come dubitavo alquanto che uno dei lupi si sarebbe azzardato a sfidarlo per strappargli il titolo di Alpha: nel bene o nel male il fantasma di Carmine Mallardo aleggiava ancora sui corpi dei suoi ex sottomessi, impedendo loro di compiere certe azioni o prendere certe decisioni, costringendoli a credere di essere ancora suoi burattini.
Mi era capitato spesso, in quei giorni, di vedere lupi – soprattutto i più giovani – che esitavano a rivolgersi a Mattia in modo informale o persino a salutarlo con un ciao se incrociavano per sbaglio il suo sguardo. Lui aveva provato a intervenire su quelle abitudini sbagliate, ma aveva lasciato perdere quasi subito. Era lentamente arrivato alla conclusione di avere potere di vita o di morte su chiunque appartenesse al suo branco, dai neonati agli adolescenti e ai membri più anziani, di essere in sostanza intoccabile e inviolabile, quasi venerabile. E ne era altamente disgustato.
Almeno questo mi rincuorava; in fondo, anche dal suo primo discorso era intuibile quanto tutto ciò lo ripugnasse. Eppure, non potevo fare a meno di ripetermi, chi disprezza compra.
Riflettei se metterlo al corrente o meno di tali valutazioni, ma alla fine optai per il sì, sebbene non sperassi di ottenere chissà quali risultati.
— Capisco, Lorianne, ma non posso farci niente — mi disse lui infatti. — Intanto ti do la mia parola che proverò a restare sulla retta via, e se non terrò fede a questa promessa hai tutto il diritto di venirmi a cercare e trapassarmi con quel tuo bel pugnale d'argento.
— Perché dovrei venirti a cercare se saprò sempre dove sei? — ribattei per contro, sollevando le sopracciglia. — Ricorda, hai messo la tua sanità mentale nelle mie mani.
Mattia sorrise mestamente. — La mia sanità mentale starebbe meglio lontano da me.
Quelle parole non mi offesero né mi ferirono, ma certamente mi lasciarono un po' turbata. Questo cosa significava, che voleva che io stessi lontana da lui oppure che riteneva opportuno tenere metaforicamente a distanza la sua ultima arma di controllo perché non venisse alterata dagli eventi in corso?
Non contribuì a fornirmi una risposta, quantomeno non verbalmente. Preferì piuttosto mostrarmela.
~ • ~
Il lunedì non fu tanto orribile come avevamo temuto. Con Mattia assente, una persona insospettabile si assunse il compito di fare da mediatore tra noi e i lupi: Adriano.
Trish era sicuramente implicata nel caso, dato che i due erano spariti chissà dove per una giornata intera; in effetti, interrogandola a proposito, mi sentii rispondere: — Come, cosa avete fatto?! Siamo andati a letto, è ovvio!
Gongolava come una bambina. Era difficile restare indifferenti alla sua esuberanza, ma mi lasciai contagiare solo per lo stretto necessario: i miei pensieri erano tutti rivolti ad Adriano e alle conseguenze che le future azioni di Trish avrebbero avuto su di lui. Non mi aspettavo certo che mia cugina avesse intenzioni serie – non le aveva mai avute – né pensavo che si sarebbe concessa di essere un tantino più civile quando l'avrebbe scaricato senza alcuna remora, perciò mi preoccupava molto come avrebbe potuto reagire un soggetto emotivamente fragile quale Adriano. Inoltre, considerato cosa implicava essere il nuovo scaldaletto di Patricia Lewis, mi allarmavano anche i possibili cupi scenari in cui vedevo Adriano inevitabilmente morto – nel miglior modo in cui si possa morire, sì, ma sempre morto.
Non che, per contro, Adriano non si tenesse in attività: da quanto la madre stessa ci aveva rivelato, la sua ultima fiamma era stata la ragazzina che poco meno di una settimana prima aveva ringraziato Mattia dopo il suo discorso. Con i suoi quasi sedici anni, Melissa era la più giovane del branco, morsa da Mallardo il Natale precedente. Lungimirante, Mattia l'aveva da subito coinvolta nelle operazioni di perquisizione del Palazzo – così, scoprii, i mannari chiamavano la loro sede, con tanto di p maiuscola – e lei era stata per noi un aiuto formidabile fin dal primo momento.
Oltre che nello svolgere mansioni pratiche, Melissa collaborò con noi anche nella fase di raccolta informazioni circa Carmine Mallardo e il suo branco. A differenza dei lupi più anziani, lei non era ancora arrivata alla fase "non aprire bocca neanche per tutto l'oro del mondo" e si dimostrava aperta e disponibile. Da lei apprendemmo che Mattia era stato la prima vittima a seguito di un lungo periodo di pausa e c'era una buona probabilità che Mallardo non avesse mentito nel dire che solitamente le sue scelte erano meditate e ponderate, però per Mattia aveva agito la sorte. Ci fece qualche pettegolezzo persino sul conto dell'intera famiglia Mallardo, dichiarandosi convinta che Carmine avesse più di un'amante – "Mano sul fuoco, Sabrina lo sa!" – e non era escluso che lì fuori ci fossero pure suoi figli illegittimi; tuttavia non volle sbottonarsi ulteriormente e perse del tutto la parola quando provammo a toccare il tasto Adriano.
Quel lunedì passai mezza mattinata ad elemosinare altri gossip da chi secondo me era malizioso abbastanza, ma alla fine mi ritrovai con un bel pugno di mosche e una fame – era proprio il caso di dirlo – da lupi.
Per fortuna il Lupo di Mare non era lontano, e per una qualche sorta di intervento divino non era neppure troppo affollato. Il locale non era molto grande ma la studiata disposizione dei tavoli faceva sì che l'ambiente non risultasse chiuso e asfissiante; guardando con attenzione si capiva che in tempi relativamente recenti era stato fatto un restyling totale, dalle pareti all'arredamento e addirittura alle mattonelle. Dalla cucina proveniva un profumo delizioso e al di là delle porte semiopache si intravedeva la sagoma del cuoco, il padre di Mattia.
Inizialmente ci servì un tale Leonardo, che solo dopo compresi essere anche lui un Nardone – per la precisione, il fratello maggiore di Mattia, ossia il padre di Valentino. Si assomigliavano pochissimo, ma entrambi avevano gli stessi occhi e lo stesso sorriso, oltre a quell'aria rassicurante che tanto mi piaceva di Mattia.
Quest'ultimo si palesò verso le due e un quarto, quando eravamo già al secondo: a quanto pareva era salito dalla nonna per parlarle di qualcosa e Anna l'aveva trattenuto.
Portava la divisa – pantaloni e papillon blu scuro, camicia bianca con le maniche lunghe arrotolate fino ai gomiti e gilet grigio ferro – che già gli avevo visto indosso il giorno in cui mi aveva rivelato di essere un lupo mannaro. Quei colori gli stavano a pennello, soprattutto ora che lo vedevo sorridente e solare. Eh sì, sistemato nel giusto modo Mattia era alquanto attraente.
Da sotto il tavolo, Chrysta mi conficcò il tacco nel polpaccio. Da sopra, mi lanciò un'occhiata eloquente che interpretai con un "Logan ha avuto la sua avventura, Trish sta a posto, manchiamo soltanto noi due. Questo te lo vuoi tenere tu oppure posso prendermelo io?"
Com'era materiale.
Ma in fondo, mi resi conto, anche la sola idea che qualcun altro mettesse le mani addosso a Mattia in un determinato senso del termine mi faceva ardere d'ira.
Cos'era, istinto di protezione? Desiderio di possesso?
... Gelosia?
Fissai i residui della ricciola nel mio piatto come se avessero potuto darmi una risposta. Purtroppo, quel pesce era morto da già parecchio tempo. Non che da vivo sarebbe potuto servire a qualcosa, sia chiaro. Almeno aveva avuto una morte onorevole.
In tutto ciò, Mattia era rientrato nei panni di cameriere e ci si era avvicinato: — 'Giorno, ragazzi, come va il pranzo?
— Ottimo — replicò immediatamente Chrysta tirandomi un altro calcio nello stinco, senza ottenere alcuna reazione da parte mia. Sbuffò piano, quindi aggiunse: — Però devo farti un appunto, Mattia: gli spaghetti erano...
— Fammi indovinare: crudi — la precedette lui con un sospiro esasperato. — Sempre la solita storia. Siete voi che la mangiate scotta, la pasta, non noi che la mangiamo cruda. È al dente, cari miei, è così che si fa in Italia.
Chris alzò le mani per scusarsi. — Mea culpa.
— Mi hai colpito nel mio orgoglio di italiano, vergognati — ribatté Mattia, fintamente offeso. Un angolo della bocca leggermente sollevato lo tradì. — L'antipasto e il secondo?
— Abbondanti — commentò Logan, e non potei far altro che concordare. — Non capirò mai come facciate voi italiani a infilarvi una tale quantità di cibo nello stomaco ogni giorno, credimi.
Mattia scoppiò a ridere. — Abitudine, ci educano fin da piccoli. E poi, dai, vuoi confrontare la cucina italiana con quella americana o di qualsiasi altro paese?
— Hai ragione — ammisi, — ma comunque non so come riusciate ad alzarvi da tavola, dopo.
— Caffè e ammazzacaffè e passa tutto — minimizzò Mattia, mentre cominciava a prendere i piatti vuoti. Si notava la differenza tra lui e Leonardo: il fratello, che aveva fatto l'alberghiero, aveva una tecnica e un equilibrio che lui non avrebbe mai potuto eguagliare. — Frutta, dolce o entrambi? Mia cognata ha fatto una torta pere e cioccolato che è...
Non lo lasciammo neanche finire di parlare. — Pere e cioccolato — si fece portavoce Trish. — Com'è che si dice? Abbiamo fatto trenta...
— Facciamo trentuno — concluse lui, ridendo, avviandosi verso la cucina. — Due minuti e sono da voi!
Stavolta toccò a Trish trapassarmi la gamba da parte a parte. — È una mia impressione o Mattia nell'ultima settimana è... maturato?
— Ovvio che è maturato, Trish! — la rimbeccai. — Se ritrovarsi da un momento all'altro ad essere l'Alpha di un branco fuori dall'ordinario in quanto a dimensioni e potenza non è una buona spinta a maturare... be', detto francamente, non so cos'altro possa esserlo.
Logan ridacchiò. — Continua pure a tenere il prosciutto sugli occhi, Lori, tranquilla.
— Il prosciutto ce l'ha anche sulle orecchie — lo corresse Chrysta con un gesto eloquente della mano, seguita a ruota da Trish: — E da qualsiasi altra parte.
Indirizzai a tutti e tre una pernacchia sprezzante, inondando la tovaglia di saliva. Per carità di Raziel Mattia arrivò giusto un secondo dopo con i dessert. — Oh, e quella per cos'era?! — sghignazzò. — Non preoccuparti, Lorianne; vieni di là in cucina e ti do un po' di melone, col prosciutto ci sta una meraviglia.
I miei cugini naturalmente scoppiarono a ridere come pazzi, mentre io mi limitai a un bel vaffanculo ben piazzato. — Te lo ripeto, Mattia: sei l'unico che si è meritato una gita a quel paese da parte mia dopo così poco tempo.
Lui mi sorrise beffardo. — Te lo ripeto anch'io: felice di esserlo.
~ • ~
Restammo al ristorante fino all'ora di chiusura, su insistenza di Mattia. Ci fece entrare in cucina e osservare la brigata all'opera, capitanata dal padre, Claudio, che era la copia spiccicata di Leonardo; dopodiché ci piazzò uno strofinaccio in mano e ci mise ad asciugare bicchieri – "Siamo a corto di personale, non è colpa mia". Visto che ormai eravamo lì, ci adoperammo anche per risistemare il locale, chi spazzando a terra e chi pulendo pentole e piani da lavoro. Mattia era persino più pignolo di nonna Maryse e supervisionò le operazioni di pulizia pronto a rimproverare il poveraccio di turno che aveva tralasciato quell'angolo lì o non lucidato quelle posate là.
Si erano fatte quasi le cinque quando finalmente uscimmo sul lungomare: l'aiuto cuoco e gli altri camerieri si avviarono alle loro case, Leonardo e Claudio salirono da Anna e Mattia prese la sinistra in direzione Serapo. Decisi di fargli compagnia: Chrysta aveva già stabilito con Trish un programma di shopping compulsivo a Formia e Logan si era poi unito a loro, molto probabilmente soltanto per fare da portaborse.
Dalle parti della chiesa dell'Annunziata affrettammo il passo. Il vento spingeva le nuvole verso il mare e si sentiva già odore di pioggia. Mi resi conto che Mattia, senza accorgersene, fiutava l'aria.
La conversazione verté in particolar modo sul pranzo e sulle ricette di tutti i piatti che avevamo assaporato. Era un argomento interessante e ricco di spunti per poter ampliare il discorso ma, ogni volta che andavamo eccessivamente fuori tema, in una maniera o nell'altra ritornavamo sul soggetto principale. Dopo un po' questo cominciò ad infastidirmi, così gli chiesi se sapesse qualcosa che io non sapevo a proposito della persona protagonista dei miei pensieri per quel giorno: Adriano.
Non appena feci quel nome Mattia storse la bocca. — Sono informazioni confidenziali, Lorianne. Dovrei tenerle per me.
— Ricorda sempre che mi hai affidato un pezzo di te. Sotto certi aspetti, io sono te. Quelle informazioni rimarrebbero confidenziali.
Rise piano. — Ti ho già detto che la mia sanità mentale deve starmi lontana.
Per la seconda volta in poco più di ventiquattr'ore le sue parole mi disorientarono. — Bene, allora la terrò lontana — azzardai, tenendomi vaga. — C'è qualcosa in queste informazioni confidenziali che potrebbe influire sulla tua lucidità?
Mattia abbassò lo sguardo. — Dio mio, Lori, quel ragazzo è... maledetto. — Scosse la testa, affondandosi gli incisivi nel labbro. — Mallardo ha provato a morderlo quando era ancora piccolissimo.
Sussultai. Non che non me lo aspettassi, dopotutto avevo sentito le medesime parole dallo stesso Adriano, ma era comunque orribile ascoltare.
— Non ha sviluppato la licantropia — continuò Mattia, con voce atona come per estraniarsi dal contesto, — e perciò il padre l'ha rinnegato. Gli ha precluso l'accesso al conto, l'ha fatto restare in bilico tra la vita e la morte, non credo l'abbia mai nemmeno preso in braccio. Non c'è da meravigliarsi se poi Adriano è così com'è.
— Cioè? Com'è?
Mattia ci rifletté su per un attimo. — Singolare.
— In positivo o in negativo?
— Entrambi — concluse enigmatico, e tenne la bocca chiusa per un bel pezzo.
Eravamo quasi arrivati all'Hotel Serapo quando mi sorse spontanea una domanda: — Adriano ti ha detto come mai non si è rivolto a uno Stregone?
Non ci fu bisogno di specificare perché avrebbe dovuto rivolgersi a uno Stregone.
— Ma l'ha fatto — replicò Mattia, spiazzandomi. — Il problema è che nessuno ha voluto mettergli le mani addosso. Sabrina sospetta che la causa sia la sua enorme fragilità di vita combinata a quel poco sangue demoniaco che deve avergli trasmesso il padre al momento del morso. Ora che me lo fai ricordare, devo farne parola con tua cugina, lei mi sembra la più adatta a fare luce sulla questione — aggiunse. — Fatto sta che non una sola persona si è azzardata a combinare qualcosa, si è rifiutato chiunque.
— Non si può biasimarli, Mattia; operazioni del genere sono rischiose per tutte le parti coinvolte.
— Immagino — convenne lui, — ma poveraccio, nemmeno con i metodi non ortodossi è in grado di trovare la pace...
Feci per ribattere, ma un flash di luce seguito subito da un rumore improvviso mi mise in allarme. — Ahia, il lampo e il tuono erano vicini. Acquazzone?
— Acquazzone — confermò Mattia, quindi mi afferrò per la manica e mi trascinò correndo per il lungomare. — Dai su, veloce, veloce!
— Non sei tu quello con le scarpe scomode! — gli gridai dietro, mentre cominciavano a cadere le prime gocce.
Al contatto con l'asfalto arroventato dal sole, la fredda acqua evaporava. Era una pioggia tutt'altro che rinfrescante, che contribuiva soltanto ad aumentare l'umidità e far infuriare chi come noi si trovava all'aperto.
Dovendo stare attenta a non scivolare, non feci caso a quale fosse la nostra destinazione. Me ne resi conto solamente quando riconobbi la maiolica del numero civico sul muretto che delimitava il giardino dell'abitazione e il cancello che Mattia stava aprendo con un comando del cellulare.
— Sotto il portico, Lori! — mi incitò lui, lasciandomi il braccio per poter prendere le chiavi in tasca. Mi fiondai all'ingresso e attesi che Mattia finisse di litigare con la serratura sciorinando un torrente di incomprensibili imprecazioni in dialetto, poi attesi il suo invito ed entrai in casa.
— Benvenuta – di nuovo – nella mia umilissima dimora. — Mattia mi prese il coprispalle e lo appese all'attaccapanni accanto al muro. — Scusa il disordine. Quando sono solo, ecco... non è che mi dia alle pulizie.
— Eppure al ristorante sei così meticoloso. — Mossi un paio di passi in avanti. L'atrio si restringeva in un corridoio che poi curvava attorno a un pilastro che avevo più avanti sulla sinistra, così mi bastò girare l'angolo per arrivare in salotto.
Mattia mi fece segno di sedermi sul divano. Accettai subito: le mie gambe urlavano di dolore e le caviglie si stavano gonfiando. Invidiavo il modo in cui Chrysta e Trish portavano i tacchi per ore e ore senza effetti collaterali.
— Be', abbiamo uno standard di qualità da mantenere — spiegò. — E ciò implica anche, ahimè, un certo grado di pulizia.
— Ci tornerò — sussurrai, giocherellando con la frangia di un cuscino sul quale erano ricamati dei gufi. — Al ristorante, intendo. Con la mia famiglia. C'è una bella atmosfera, lì.
— Allora ti è piaciuto! — Mattia si lasciò cadere accanto a me e mi punzecchiò il fianco con l'indice. — Dalla tua faccia sembrava il contrario!
— È solo che la cucina italiana è molto... — Schioccai le dita. Avevo la parola giusta sulla punta della lingua.
— Condita? — mi suggerì.
— Esatto. — Lo ringraziai con un cenno del mento. — C'è tantissimo olio.
— Questo è niente — sghignazzò. — Considera che papà cucina leggero.
— Sul serio ci sono cuochi che mettono ancora più olio? — esclamai, sorpresa. — Non mi dire!
— Lo giuro! — assicurò con la mano sul cuore. — Una volta, per mangiare una tiella, ho dovuto arrotolarmi le maniche fino alle spalle.
— Sì, okay, ma la tiella è un'altra cosa... Io non parlavo di pizze et similia — chiarii, prendendo mentalmente nota del colore dei gufi ricamati sul cuscino: lilla. Un gufo lilla non l'avevo mai visto, nemmeno a casa di zio Magnus dove tutto era possibile. Decisi che il prossimo gufo che avrei disegnato sarebbe stato di quel colore.
Calò il silenzio per buoni due minuti. Proprio quando stavo per intavolare una conversazione, irritata dalla mancanza di dialogo, Mattia lo spezzò sussurrando: — Lori?
— Sì? — Mi girai verso di lui.
— Questa è casa mia, perciò, perché ti ho portata qui?
— Forse perché... sta piovendo? — azzardai, poi mi maledissi mentalmente. Sì, come no, Capitan Ovvio. Ti ha portata a casa sua perché "sta piovendo".
Mattia tirò un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì luccicavano. Mi accorsi che il cerchio dorato attorno all'iride andava pian piano allargandosi: tra due settimane sarebbe stata luna piena.
— In realtà ci sono tanti, tanti motivi — sillabò lentamente. — In primis...
Prese fiato. — Non è vero che della... di quella sera... ricordo poco. Anzi, ricordo a sufficienza. Ricordo di aver sparato all'Alpha. Ricordo di aver visto tutto nero. Un dolore tremendo dalle parti dello stomaco.
Mi guardò da sotto in su, attraverso le ciglia. — Inoltre sono abbastanza sicuro che qualcuno mi abbia baciato. E vorrei davvero, davvero tanto che non sia stato uno dei lupi.
Ops. Sgamata.
Avrei dovuto accettare l'offerta di un incantesimo di memoria da parte di Chrysta. Lei aveva ragione: non volevo che rammentasse di essere stato baciato in circostanze del genere, con me sul punto di cedere per la seconda volta all'influenza della magia angelica e lui con il fianco squarciato, più di là che di qua.
Mattia diede un colpetto di tosse. — Allora, Lorianne? Ho un pretendente licantropo, è stata tua cugina o la realtà è un'altra?
Aprii la bocca per rispondergli, ma ne uscì solo un verso strozzato. Ci riprovai: stessa storia. Avevo il cuore a mille e il sangue correva così velocemente da rimbombarmi nelle orecchie.
Mattia mi sfarfallò le dita davanti agli occhi. — Ehi?! Terra chiama Lorianne!
Non reagivo. Tutti i suoi tentativi di farmi riprendere erano inutili. Ero dinamica come un baccalà sotto sale e cosciente come una zucchina.
Mattia sospirò lentamente. — Bene. — Strinse la mascella. — Non pensavo di ritrovarmi in questa situazione. E vai col cliché.
Si sporse in avanti di colpo, mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Baciare un lupo mannaro era diverso dal baciare uno Shadowhunter. Non sapevo cosa sentisse lui, con il suo olfatto super sviluppato, ma io sentivo odore di pioggia, di foresta, di posti freddi e bui, in contrapposizione con quell'avvolgente profumo di mare, sabbia e sole che aveva sempre.
Ed era caldo, molto caldo. Le sue labbra sopra le mie erano bollenti, le sue mani sulle mie guance roventi. Istintivamente lo artigliai per la camicia e lo attirai ancora di più a me, lasciando che il suo calore mi circondasse e scacciasse via il gelo e l'oscurità che mi avevano accompagnata per troppo tempo.
Mattia si staccò il più piano possibile, restando però a pochi centimetri dalla punta del mio naso. Io non mi mossi di un millimetro, totalmente imbambolata.
— Grazie per avermi accompagnato al covo dei lupi — mormorò. — Grazie per essere stata così stupida da non dirmi che avresti potuto restare senz'aria per un quarto d'ora – incolpa tuo cugino per avermelo spiattellato. Grazie per avermi fatto beccare una pugnalata all'addome. Grazie per avermi salvato la vita, anche se... be', non in prima persona.
Mi passò l'indice sulle labbra. — Grazie per avermi baciato, Lorianne Herondale.
Lo fissai dritto negli occhi per un istante, poi gli scoccai un ultimo rapido bacio a stampo. — Grazie per avermi dato un motivo per restare, Mattia Nardone.
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Oh, finalmente. Qua molti di voi sclereranno come pazzi e altri moriranno di disgusto, ma chissenefrega, è una parte importante della storia e spiana la strada per le Houses, e in quanto tale doveva essere inserita.
Non mi sembra di dover dire altro, a parte che fareste bene a shippare Trish e Adriano oppure sono guai. Poi se shippare o no Mattia e Lorianne sta a voi.
E non vi saluto nemmeno, tanto è doppio aggiornamento e vi saluto di là u.u
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