VII. La regina dei cuori infranti

"In sostanza chiedevo un letargo, un anestetico, una certezza di essere ben nascosto. Non chiedevo la pace del mondo, chiedevo la mia." Cesare Pavese


Marzo 2007

Zack era sempre stato un ragazzino complicato. Non parlava molto spesso di se e di cosa gli piacesse. La sua compostezza e la sua serietà, delle volte, potevano virare in timidezza. Era la sera del suo tredicesimo compleanno e Reuel stava tornando di corsa all'Istituto con un pacchetto stretto tra le braccia. Non aveva saputo cosa regalargli fino all'ultimo ed aveva trascorso l'intero pomeriggio a vagare per i negozi alla ricerca di qualsiasi cosa potesse andare a genio all'amico. La preadolescenza è un'età strana. Non si sa mai cosa regalarsi. Si è troppo grandi per dei regali da bambini, ma allo stesso tempo ancora troppo piccoli per dei regali da adulti. Si ha fretta di crescere, ma allo stesso tempo non lo si vuole fare.

Alla fine la ragazza aveva optato per un paio di polsini in cuoio, molto resistenti ed adatti anche alle battaglie contro i demoni. Non era del tutto convinta del regalo. Non sapeva se a Zack sarebbe piaciuto.

Xavier gli aveva regalato un libro. Gli aveva dato il pacchetto la mattina stessa, mentre lei si era subito dileguata per non presentarsi dal festeggiato a mani vuote.

Spalancò violentemente la porta d'ingresso dell'Istituto ed entrò, dirigendosi a rotta di collo nella stanza principale. Lì trovò Zack e Marco ad attenderla. Ansimava ancora per la corsa.

Si portò subito davanti al ragazzino biondo, porgendogli il suo regalo e facendogli gli auguri.

Quello perse il pacchetto tra le mani e lo scartò, trepidante, dopo averla ringraziata. Quando vide i polsini i suoi occhi si illuminarono. Il regalo gli piaceva.

Allargò le braccia e le avvolse attorno a Reuel, stringendola forte ed urlandole tutta la sua gratitudine. Lei provò una strana sensazione. Zack non l'aveva mai abbracciata prima d'ora. O almeno, non così. Quello non era come i soliti abbracci di convenienza, quelli che si danno a tutti solo per salutare o per dire grazie. Era speciale. Perché era solo per lei. In quel semplice gesto era racchiuso tutto l'affetto che Zack nutriva nei suoi confronti. Non era un qualcosa di sgradevole, anzi.

Per la prima volta la ragazza si sentì a casa. Felice. Amata. Si sentiva come tutte le altre Cacciatrici della sua età. Sorrise e, sentendo il battito che accelerava, fece affondare le dita nella maglietta di Zack, stringendolo a sua volta.


Dicembre 2011

Reuel era ancora immobile. Il mostro si stava lanciando contro Zack e lei non accennava in alcun modo a muoversi. Stava combattendo ancora una battaglia con se stessa, con il suo lato demoniaco.

Solo quando udì il fischio della lama dell'amico che fendeva l'aria qualcosa le scattò nella testa.

Zack venne scagliato qualche metro più in là da un colpo infertogli dal suo avversario e Reuel, finalmente, si mosse. Era riuscita a contenere il suo istinto e si stava lanciando contro il demone con lo stiletto stretto tra le mani, perfettamente lucida.

Saltò, atterrando sulle spalle del mostro e facendogli perdere l'equilibrio. Caddero entrambi in avanti.

Lei con un'agile mossa riuscì a mettersi cavalcioni su di lui. Inchiodandolo a terra. A differenza di quelli che aveva affrontato a Cadorna, quel demone, grazie a dio, era di dimensioni molto più piccole.

Gli puntò lo stiletto sul cuore, intimandogli di non muoversi, ma il demone si dibatté, ringhiando, graffiandogli i polpacci e le braccia con le sue squame e, con aria di sfida, ruggì: << Non lo faresti mai. Tu non uccideresti qualcuno della tua specie! >>

La Cacciatrice strinse con più forza la sua arma.

<< Non ne sei e non ne sarai mai capace! Tu non puoi uccidere chi è come te. Chi è sangue del tuo sangue! >> continuò il mostro, vaneggiando.

Lei, impassibile e spietata, rispose: << Spiacente, l'ho già fatto. >> Ed affondò la lama nella carne del mostro fino all'elsa.

Ci fu un'esplosione nera, di liquido nero, poi il demone scomparve.

Reuel si rialzò, un pochino traballante, grottescamente imbrattata del sangue del nemico, e si accorse che anche Zack si era rialzato ed ora era al suo fianco.

<< Stai bene? >> disse, mentre estraeva dalla giacca uno stilo << Sei stata brava. Sei sempre brava. Rapida e precisa. Hai fatto un ottimo lavoro. >>

E fece un passo verso di lei, con l'intento di abbracciarla e di complimentarsi per la vittoria, ma lei si scansò, respingendolo.

<< Fermo Zack >> gli intimò, sollevando le braccia e tenendole dritte dinnanzi a se << Sto sanguinando. E anche tu. Non voglio che... >> E si interruppe, facendo un passo indietro.

Zack non si mosse, intuendo la fine di quella frase.

...il mio sangue entri in contatto con il tuo.

Il ragazzo riabbassò le braccia, mormorò qualcosa che suonava come un "d'accordo" e si tracciò tristemente una runa Guaritrice sull'avambraccio.

Reuel gli diede le spalle, tracciandosi anch'essa alcune rune. Odiava quella situazione. Non ne poteva più. Zack voleva solo essere gentile con lei e lei ogni volta lo doveva frenare o per lui sarebbero stati guai seri se fosse entrato in contatto con i suoi fluidi. In quei casi lei non riusciva ad essere se stessa e questo la feriva. La faceva sentire come un animale in gabbia. Non poteva ricambiare l'affetto degli altri, in nessun modo e questo l'aveva tramutata in una regina dei cuori infranti, che lasciava dietro di se una lunga scia di cocci e frammenti di tutte le amicizie, gli affetti e gli amori che aveva distrutto.

I due ragazzi, dopo essersi muniti di marchi dell'Invisibilità per non farsi notare dai mondani, tornarono all'Istituto. Passarono dalla porta sul retro e fecero per andare a farsi una doccia al fine togliersi i segni della battaglia di dosso, quando sentirono la voce di Marco che li chiamava dalla sala principale. Molto probabilmente li aveva sentiti entrare.

Si diressero entrambi nella suddetta stanza dove trovarono ad accoglierli non solo il capo dell'Istituto, ma anche il padre di Zack, Dimitri Stonewhite.

L'uomo fece finta di non notare nemmeno Reuel e, subito, si rivolse unicamente al figlio. << Callum >> disse con un tono serio e leggermente adirato << Rientri da un combattimento? >>

Il ragazzo annuì, chinando il capo. Reuel sapeva quanto Zack temesse il padre. Quanto temesse sia il suo giudizio sia le sue reazioni. Ne era infelicemente sottomesso. Inoltre Dimitri era l'unico di cui la ragazza fosse a conoscenza a chiamare Zack "Callum".

Il nome completo del ragazzo, infatti, era Callum Zachary Stonewhite, ma egli detestava il suo primo nome, quindi tutti lo chiamavano semplicemente Zack. Tutti tranne il padre, ovviamente, perché era stato lui a scegliere quel nome per il figlio, mentre era stata la madre, morta dandolo alla luce, ad aver voluto aggiungere Zachary come secondo nome. Forse era proprio questo il motivo per cui il ragazzo aveva scelto quel nome e non quello appioppatogli dal padre. Lui, nel profondo del suo cuore, forse, odiava quell'uomo, per il suo temperamento sempre severo e scostante. Non ricordava mai nessun evento in cui l'aveva abbracciato, baciato o si era manifestato fiero di lui.

Dimitri era per metà inglese, da parte di padre, e per metà russo, da parte di madre. Zack, quindi era russo solo per un quarto, mentre per i restanti tre inglese, essendolo sua madre per intero e suo padre solo per metà.

Da bambino aveva vissuto con il padre in Inghilterra, a Londra, in una casetta che si affacciava direttamente sul Tamigi. Prima che suo padre ottenesse quel prestigioso incarico per il Consiglio e si trasferisse ad Idris dovette, con grande rancore del ragazzo, vendere quella casa.

<< Avete vinto, vero? >> domandò poi Dimitri, squadrando le macchie di sangue sul vestito del figlio con i suoi occhi di ghiaccio.

Zack annuì ancora.

<< Proprio di questo dobbiamo parlarvi, della battaglia intendo >> intervenne Reuel, facendosi spazio in quella sterile conversazione.

Dimitri la ignorò senza mezzi termini e, rivolgendosi sempre al figlio, continuò: << Il mezzo-mondano era con voi? >>

"Mezzo-mondano" era l'appellativo con cui il padre di Zack identificava Xavier, anche se i genitori di quest'ultimo erano entrambi, al cento per cento, Cacciatori. Lo definiva in quel modo perché a Xavier piacevano i mondani, non come alla maggior parte dei Nephilim, li trovava... interessanti. Gli piacevano i loro romanzi fantascientifici, la loro cultura, le loro festività ed il loro modo di parlare così bizzarro e diverso dal suo.

Reuel una volta, parecchi anni addietro, aveva sentito Dimitri dire a Marco che il ragazzo francese non era degno di essere un Cacciatore, che si sarebbe ibridato con una mondana qualunque e avrebbe prodotto una progenie indegna. Aveva aggiunto anche che non imprecava nemmeno come un Cacciatore. Che preferiva gli squallidi insulti mondani ad un per l'Angelo!

<< No >> rispose Zack scuotendo il capo << Xavier è già tornato a casa per le festività natalizie, ieri. >>

Dimitri scosse il capo, amareggiato e stizzito allo stesso tempo. << E lasciare in questo modo incustodito l'Istituto? Quale superficialità ed egoismo... >>

Tecnicamente Dimitri non voleva festeggiare il Natale, perché lo reputava una mera festività mondana, essendo lui un Cacciatore del "vecchio stampo", ma allo stesso tempo, dato che sia Marco che Xavier lasciavano l'Istituto per festeggiare la suddetta celebrazione, non poteva permettersi di abbandonare Zack solo con Reuel, la ragazza ibrida. Tra i due mali aveva scelto il minore, ovvero prelevare il figlio dall'Istituto per il periodo natalizio, fingendo di festeggiare con lui.

Alle parole di quell'uomo Reuel scattò. Nessuno poteva insultare Xavier, almeno, non davanti a lei.

Forse il padre di Zack lo stava facendo apposta, per provocarla, ma a lei importava ben poco.

<< Non ha lasciato l'Istituto incustodito! >> intervenne, alzando la voce << Ci siamo ancora noi, qui. Io, Marco e Zack. >>

Questa volta Dimitri parve udirla. Si voltò lentamente verso di lei, sovrastandola in tutta la sua altezza. I suoi occhi sembravano ancora più chiari e taglienti, come ghiaccio; uniti ai suoi capelli biondi lo facevano sembrare un angelo vendicatore, bellissimo e letale.

<< Taci >> ringhiò quasi quello, mantenendosi serio e glaciale << E vedi di chiamare mio figlio con il suo vero nome, hai capito? >>

Reuel si sentiva ribollire. Serrò i pugni con violenza, combattendo con la voglia di saltare addosso a Dimitri e morderlo, morderlo forte, al collo.

L'atmosfera si era fatta tesa e fu solo grazie all'intervento di Marco se si riuscirono a placare gli animi. << Suvvia >> disse il capo dell'Istituto con tono leggero, ma cauto << Alla fin fine non è successo nulla di grave, no? I nostri due giovani Cacciatori... >> ed accennò con la mano a Zack e Reuel << ...hanno vinto, come ci hanno testimoniato poco fa, vero? Non solleviamo un polverone per nulla... >>

Dimitri si sistemò il colletto della giacca con fare autoritario. << Molto bene >> ne convenne.

Marco proseguì il suo discorso, dopo essersi raddrizzato gli occhiali sulla punta del naso, rivolgendosi ai due ragazzi: << Chi era la creatura che avete affrontato? >>

Fu Zack a fornire una risposta. Disse: << Il demone che aveva ucciso quel licantropo che ci aveva avvisato dell'assedio del clan Alfa a Cadorna. Credevamo di averlo eliminato assieme agli altri, alla suddetta stazione, l'altro giorno, ma a quanto pare era fuggito dopo aver assassinato quel figlio della Notte. Con lui fuori gioco, ora, la città dovrebbe essere al sicuro, credo. >>

Il capo dell'Istituto ascoltò il tutto con grande attenzione ed alla fine, concluse: << Perfetto. Quindi lo avete eliminato... bene. È vero che gli attacchi dei demoni sono aumentati nell'ultimo periodo, in città, ma è altresì vero che tutte le presenze demoniache di cui eravamo a conoscenza sono state debellate, quindi non abbiamo motivo di cui preoccuparci ulteriormente ed inutilmente e possiamo passare delle vacanze serene. Ragazzi, ottimo lavoro, ora potete andare a ripulirvi. >>

I due ragazzi fecero per congedarsi, ma Dimitri richiamò ancora una volta l'attenzione di Zack.

<< Callum tra meno di mezz'ora ti voglio qui con la tua valigia pronta. Torniamo ad Idris. >>

Zack annuì. In effetti la presenza del padre all'Istituto si poteva spiegare solo nel seguente modo: egli era venuto lì per prendere il figlio e trascorrere con lui le vacanze natalizie.

Reuel si voltò proprio mentre Dimitri iniziava a tracciare una runa per aprire un portale sul muro della sala principale. Odiava quell'uomo, con tutta se stessa. Lo detestava sia per il modo in cui trattava Zack, sia per quello con cui trattava Xavier, sia per quello con cui trattava lei stessa, come se si credesse superiore a tutti, perfino a Raziel. L'odio, ovviamente, era reciproco.

Il venticinque di dicembre fu una giornata dannatamente grigia e buia. Per le strade del centro non erravano che ombre indistinte di figure immerse nella nebbia e nello smog. Le nuvole del cielo sembravano voler abbracciare la terra tanto erano basse e sinistre e l'umidità aveva raggiunto dei picchi stratosferici, tanto che le macchie nere agli angoli della stanza di Reuel sembravano espandersi a vista d'occhio.

La ragazza se ne stava seduta sul suo letto a fissare tristemente il soffitto.

Era pomeriggio inoltrato e Natale si poteva ormai definire passato. Reuel ormai ci aveva fatto l'abitudine a trascorrerlo da eremita e per lei era solo un giorno in cui percepiva un po' di più la spossatezza ed il peso della solitudine. Solitamente trascorreva quel giorno ad osservare le persone sgattaiolare lungo la via sotto la finestra della sua camera pensando che esse, proprio come lei, non avessero nessuno con cui festeggiare. Era un pensiero triste, ma un po' la confortava. Quando era piccola lo faceva con maggior convinzione, arrivando al punto di voler aprire le porte dell'Istituto ed invitare quei poveri spiriti erranti a cenare con lei, negli ultimi anni, invece, osservava la gente quasi passivamente, per abitudine più che alla ricerca di un effimero conforto.

Sia Marco che Zack erano partiti la sera precedente, lasciandola sola nel grande Istituto, come ogni venticinque dicembre, del resto, senza eccezioni.

La sua camera era piccola e spoglia, fatta eccezione per un armadio ed una mensola con sopra adagiati tre libri, uno dei quali era il Codice dei Cacciatori.

Reuel continuava a pensare alla cura. Al rimedio promessole da Alagorna. La strega le aveva assicurato che sarebbe stato pronto entro qualche giorno.

Stava ancora osservando le ombre sfilare lungo la via, ma la sua mente era altrove, quella sera sempre volta alla galleria Vittorio Emanuele.

Dopo un ultimo sospiro la ragazza si alzò, si avvolse una sciarpa attorno al collo ed uscì.

Passarono solo pochi minuti e Reuel era già davanti alla porta dell'attico di Alagorna a picchiare i pugni sullo stipite nella speranza che quella le aprisse. Dopo svariati tentativi si udirono dei rumori provenire dall'interno del locale; solo in quel momento la ragazza smise di battere.

La porta si aprì senza alcun rumore e da dietro essa si stagliò l'alta figura della strega milanese, vestita con un abito da notte blu scuro tutto pizzi e merletti. Guardò la ragazza con aria irritata. << Hai la vaga idea di quale giorno sia oggi? >> inveì senza nemmeno salutare.

Reuel si fece strada entrando nell'appartamento, ignorando la domanda. << Tanto nemmeno tu festeggi >> rispose, sfacciata << Hai la cura? >>

Alagorna ruotò gli occhi con aria esasperata e, dopo aver pronunciato uno stremato , si diresse in un'altra stanza, lasciando per un momento sola la ragazza. Quest'ultima chiuse la porta ed attese il ritorno dell'altra.

Quando la strega ricomparve nel soggiorno teneva tra le mani una siringa di vetro ricolma di un liquido biancastro, simile a latte. La porse a Reuel, ma un attimo prima che la ragazza la afferrasse, ritrasse la mano.

<< Aspetta >> disse, con fare quasi giocoso << Potrei non dartelo. Dopotutto sei così maleducatamente e sfacciatamente venuta qui il giorno di Natale ad interrompermi... >>

La ragazza, che era rimasta con una mano sospesa a mezz'aria, si sentì risucchiare via tutte le speranze che aveva riposto in quel maledettissimo antidoto di poter salvare chi amava da un eventuale contagio. Riabbassò l'arto, serrando forte i pugni e cercando di non fare in modo che la rabbia prendesse il sopravvento. << Avevamo un accordo, noi due >> sibilò.

Alagorna la guardò dall'alto in basso. << È vero >> ne convenne << Ed è altresì vero che non ho compagnia durante questa festività, così come non ce l'hai nemmeno tu. >>

Reuel iniziava a spazientirsi. Vedere la cura tra le mani di quella strega e non poterla avere la stava facendo impazzire. Se poi Alagorna si prendeva pure gioco di lei non l'aiutava affatto a controllarsi.

<< Con questo cosa vorresti dire? >> insinuò la Nephilim << Mi vuoi invitare a cena? >>

La stregona scoppiò a ridere. << No >> disse poi << Era solo una frecciatina al tuo "tanto nemmeno tu festeggi". Non festeggio io e non lo fai nemmeno tu. Vuoi giudicarmi? Ferirmi? Molto bene, ma sappi che stai ferendo anche te stessa. Noi due siamo molto più simili di quanto tu non credi. Sole per scelta.

Perché, poi, non hai mai provato a guarire l'infezione procurata dal tuo sangue con delle rune? Sarebbe stato più semplice che venire qui da me a chiedermi di procurarti un rimedio. >>

La ragazza si morse il labbro inferiore, per la prima volta a disagio. Un disagio dettato dalla rabbia che covava dentro. << Perché dovrei costringere qualche malcapitato Cacciatore ad infettarsi e rischiare inutilmente la vita per sperimentare questa stupida teoria? Non è nemmeno detto che funzioni. Sarebbe una condanna >> rispose, acida.

Alagorna sorrise, inclinando il capo verso sinistra. << Credo che i tuoi amici sarebbero ben accetti di prendere parte all'esperimento >> disse con leggera cattiveria.

La ragazza ribollì maggiormente, ma cercò di nasconderlo. La stregona però se ne accorse.

<< Alludevo al fatto che sei molto cara a loro >> si corresse ostentando un sorriso falso. << E che farebbero qualsiasi cosa per te. >>

Detto questo, vedendo che la sua interlocutrice stentava a ribattere, le porse la siringa. Reuel l'agguantò fulmineamente e la guardò quasi con adorazione, con il cuore a mille, ma prima che potesse gioire di quanto aveva appena conquistato, Alagorna ricominciò a parlare: << Bada bene, Cacciatrice, che questa cura può essere usata sui Nephilim e sui Nephilim soltanto. Non sui mondani. Non sui Nascosti. Non sui demoni. È stata concepita per i Cacciatori e deve essere utilizzata esclusivamente su di loro. >> Tacque per un momento, per assicurarsi che la ragazza la stesse ascoltando. << Inoltre non è stata testata. Voglio dire, per ora è solo un prototipo, ma dovrebbe funzionare. Ha innumerevoli controindicazioni, ma è atta allo scopo per cui è stata creata: debellare il tuo veleno nelle vene degli altri Cacciatori. >>

Reuel sollevò la testa di scatto. Qualcosa dentro di lei iniziava ad incrinarsi. Speranze. Aspettative. Sicurezze. << Quali controindicazioni? >>

Alagorna la fissò, senza parlare.

<< Quali controindicazioni? >> ripeté la ragazza, con rabbia, scandendo duramente ogni parola.

La stregona questa volta abbassò lo sguardo. << Potrebbe... >> iniziò << ...accorciare la vita di colui al quale viene iniettata. Non so bene di quanto. Giorni, mesi o addirittura anni, non mi è possibile saperlo. >> E tacque.

Reuel non si scompose, ma ciò che si stava rompendo dentro di lei andò definitivamente in pezzi. Una parte di lei avrebbe voluto urlare che quella cura era inutile, che aveva barattato il suo sangue per ottenere altro veleno e non ciò che aveva sperato di ottenere, ma quella stessa parte venne frenata dalle successive parole di Alagorna.

<< Mi dispiace >> disse la strega. Il suo sguardo era basso e gli occhi lucidi. Tutta l'arroganza sfoggiata poco prima si era completamente dissolta sia dal suo volto che dal suo portamento. Lei sapeva cosa volesse dire perdere qualcuno. Ella aveva perso tutti per colpa della sua immortalità e riusciva ad immedesimarsi in Reuel meglio di qualsiasi altro essere. Capire quasi appieno quella ragazza che rischiava di perdere tutti coloro che amava per colpa della sua natura così maledettamente diversa e sbagliata l'aveva fatta sentire in colpa per non essere riuscita a creare la cura perfetta. << Non posso fare di meglio. Il siero curerà il veleno. Impedirà una morte istantanea e debellerà ogni dipendenza, ma esiste la possibilità che accorci la vita dell'avvelenato. Non è certo, ma è probabile che accada. >> Si stava quasi scusando per il suo fallimento.

Reuel non sapeva cosa pensare, quasi in stato di shock. Si era fatto il deserto dentro di lei. Arido e spoglio. Non si aspettava un simile risultato. La magia non poteva tutto, la ragazza se ne rese conto più che mai in quel frangente. Guardando Alagorna non seppe se compatirla, comprenderla, arrabbiarsi, insultarla, ridere di lei o che altro. Si limitò a stringere tra le dita la siringa con maggiore forza, voltarsi, abbassare la maniglia della porta ed uscire, lasciando la strega nella vergogna, con lo sguardo basso, rivolto al pavimento.

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