V. Rose in gabbia


"Torna presto, se no arriva l'inverno anche in pieno maggio." Jakob Lenz


Gennaio 2003

Erano passati circa quattro mesi dall'incidente con Xavier e Reuel non l'aveva più rivisto dalla fine dell'estate. Il bambino era tornato all'Istituto milanese in gennaio, per passare un weekend con i suoi amici, come era solito fare da due anni a quella parte.

Reuel non sapeva come comportarsi con lui, come approcciarsi. Doveva far finta di nulla? Oppure chiedergli scusa? Per cosa poi, per essersi fatta baciare? Per averlo messo in pericolo di vita? Per il semplice fatto di essere un lurido mostro infetto?

Decise di far finta di nulla. Di immaginare che quel fatto non fosse mai accaduto, prendendo un po' le distanze però da Xavier, onde evitare di ripetere l'errore.

Lui, una volta giunto a San Satiro, si accorse subito della strana freddezza della bambina e, la sera stessa del suo arrivo, la trovò sola, nella stanza principale dell'Istituto, davanti al caminetto acceso, intenta a scaldarsi, e decise di andare a parlarle.

Le domandò se fosse arrabbiata con lui per qualcosa che aveva fatto o detto e solo dopo l'ostinato silenzio dell'amica riuscì a trarre una sua conclusione. Quindi tirò fuori dalla tasca del suo piccolo cardigan una piccola scatolina avvolta in una traslucida carta rosa, un piccolo pensiero che aveva acquistato in Francia per Reuel, porgendoglielo.

<< Scusami per quello che è successo l'altra volta >> disse << Non volevo metterti nei guai con Marco o farti sgridare. Questo è per chiederti scusa e per augurarti buon Natale. >>

Lei si sentì travolgere da un'ondata di tristezza e malinconia, unite alla furia di un odio ingiustificato. Davvero lui pensava che fosse sua la colpa di quello che era accaduto ad agosto? Come faceva a vederla come una persona normale, quando era palese, dopo quel fattaccio, che non lo era? Credeva di essere veramente lui quello sbagliato?

Lei non se lo meritava.

Non si meritava quelle scuse e tanto meno quel regalo!

Lei non aveva mai avuto regali di Natale, né ne desiderava. Pensava di non esserne degna.

Provò una rabbia incontenibile, ma non verso Xavier. Verso se stessa.

Si allungò verso il pacchetto, lo afferrò saldamente con entrambe le mani e, senza guardare Xavier negli occhi, si voltò e buttò il suo dono tra le fiamme del camino.


Dicembre 2011

Milano è da sempre famosa per il suo cielo plumbeo o grigio e per il suo clima freddo e nebbioso. Quella sera Reuel si trovava davanti ad un portone che conduceva negli appartamenti adiacenti la galleria Vittorio Emanuele, imbacuccata nel suo pesante giubbotto blu per far fronte al rigido tempo milanese. Non era eccessivamente tardi ed alcuni gruppetti di persone brulicavano ancora per le strade. La ragazza sollevò una mano guantata e suonò il terzo campanello.

Alla fine aveva accettato la proposta di Zack. Non se l'era sentita di rifiutare. Aveva ragione lui, quello era il loro ultimo Natale insieme, era più che lecito desiderare un bel ricordo da custodire per tutta la vita. Chissà se dopo quell'anno lei, Zack e Xavier sarebbero rimasti in contatto? Lei li considerava alla stregua di fratelli, ma non poteva ammettere con certezza che il tempo e la lontananza non avrebbero reciso il loro legame. Loro si sarebbero ricordati di lei? Entrambi si sarebbero sposati e sarebbero divenuti Cacciatori di successo, mentre lei avrebbe continuato a vivere nell'ombra, per non rischiare di svelare all'Enclave il suo segreto. Per quanto riguardava il matrimonio, figuriamoci, era lei la prima a non volerlo. Non riusciva ad accettare l'idea che qualcuno sacrificasse la propria vita per passarla al suo fianco. Che amore sarebbe stato se non avrebbe potuto nemmeno baciare il suo amato?

All'improvviso una voce giunse dall'altra parte del citofono, destando la giovane Cacciatrice dai suoi pensieri. << Sì? >>

<< Sono io >> rispose prontamente Reuel e dopo pochi secondi la serratura del grande portone davanti a lei scattò e lei poté entrare all'interno del plesso. Salì tre rampe di scale fino ad arrivare davanti ad una porticina in ferro, già spalancata, che dava su un prestigioso attico arredato in stile vittoriano.

<< Prego entra pure >> disse una voce proveniente dall'interno del soggiorno, percependo che la ragazza era rimasta ferma sulla soglia d'ingresso. Reuel fece un passo avanti. Una nuvola di fumo si levò oltre un lussuoso divano rosso, unica nota stonata di quell'arredamento così raffinato, dove era seduta una donna che le stava dando le spalle, intenta ad osservare la piazza principale della città attraverso l'immensa vetrata che si trovava davanti ai suoi occhi.

<< Buonasera >> disse solo la ragazza, avvicinandosi al divano.

La donna inspirò una nuova boccata di fumo dalla lunga pipa che aveva tra le labbra. Aveva i capelli molto lunghi e corvini, gli occhi azzurro cielo e la pelle diafana. Non dimostrava più di trentacinque anni. Era magra ed indossava un lungo abito nero ricamato finemente con pizzi e perline del medesimo colore, ad avvolgerle le gambe c'era un paio di lunghe calze nere, probabilmente con il duplice scopo di scaldarle i polpacci e di celare il suo segno da stregona, le dita dei piedi uniti da una sottile membrana di pelle. Si voltò a guardarla. << Reuel, giusto? >> disse << Mi ricordo di te. Sei cambiata. L'ultima volta che ho avuto il piacere di vederti avevi otto anni. >>

Reuel, mantenendo la schiena dritta e lo sguardo serio, rispose: << Giusto. E tu devi essere Alagorna, o mi sbaglio? >>

La stregona soffiò fuori il fumo con eleganza. << Non ti sbagli. >> Si mise a sedere composta. << Accomodati >> le intimò indicando il divano << Avevo proprio una gran voglia di parlare con te. >>

La ragazza scrollo leggermente le spalle, infastidita. << Non sono qui per chiacchierare >> chiarì << Ho una richiesta. >>

Alagorna sgranò un po' gli occhi, ma non sembrava sorpresa. Probabilmente aveva imparato a farlo nel corso del tempo oppure era l'abitudine. Chi vive più di mille anni, ormai, non si stupisce più di nulla.

<< Sentiamo >> disse solamente.

<< So che sei una stregona molto potente... >> iniziò << ...e che Marco si è rivolto a te innumerevoli volte per chiedere i tuoi servigi. >>

La donna annuì. << Dici il vero. >>

Reuel, determinata, continuò dicendo: << Uno di questi servigi fu curare Xavier Chapelyeux da... >> Si fermò, titubante. Provava vergogna alle parole che stava per pronunciare. << ...i miei fluidi. >>

La donna annuì nuovamente. << Ricordo quell'accaduto >> disse, posando la pipa su un tavolino di legno a fianco del divano << In quell'occasione feci ricorso alla magia per curare quel bambino. >>

Reuel strinse i pugni. Era venuta fino a lì per quello. Aveva rintracciato il nome di quella stregona ed il suo indirizzo in uno degli archivi di Marco e si era recata lì all'insaputa di tutti. Non lo faceva per se stessa, non per egoismo. Lo faceva per gli altri. Lei faceva sempre tutto per gli altri. Per proteggerli da lei stessa.

<< Mi serve quella cura >> disse tutto d'un fiato << Per questo sono qui. >>

Questa volta lo stupore di Alagorna sembrò genuino. Si alzò e si mise di fronte alla ragazza. Da seduta non si notava, ma quella donna era davvero molto alta.

<< Perché? >> domandò squadrando la Cacciatrice.

Lei resse il suo sguardo. Avrebbe potuto mentirle, ricattarla o altro, invece si limitò a dirle la verità. << Perché se qualcuno dei miei compagni dovesse... venire infettato dai miei fluidi avrebbe ancora una possibilità di salvezza. Potrei ancora salvarlo, come è successo con Xavier. Non posso vivere nel terrore di uccidere i miei amici, devo poter avere un qualunque rimedio a portata di mano, sempre, per strapparli dalle braccia della morte. Tu sai cosa può fare il mio sangue, sei stata proprio tu ad analizzarlo, Marco me l'ha detto, sei l'unica che ha la soluzione al mio problema, capisci? >> disse, cercando di nascondere il leggero tono disperato che aveva assunto la sua voce, man mano che parlava.

L'altra la osservò per diversi secondi, dopo che ebbe terminato di parlare, con lo sguardo che non tradiva alcuna emozione. Alla fine, proferì: << Non posso farlo. >> E tornò a sedersi sul suo divano rosso.

Fu un duro colpo per Reuel. Batté più volte le palpebre, pensando si essersi sognata quelle parole. Poi si parò d'innanzi all'altra donna. << Perché? >> domandò, con un'espressione a metà tra l'isterico ed il furente.

Alagorna sollevò lo sguardo, incontrando quello buio e cieco della ragazza. << Non posso donarti la mia magia, Cacciatrice. Non posso conferirti un dono che non ti è stato prescelto. Sarebbe come far crescere delle campanule sulla criniera di un leone. Mi dispiace, ma, come ti ho detto, non posso farlo >> spiegò tranquillamente, riprendendo in mano la pipa e rimettendosi a fumare sotto lo sguardo attonito della ragazza. La piazza oltre la vetrata si stava svuotando degli ultimi passanti rimasti.

<< Ci deve essere un altro modo! >> sbottò la Reuel << Potresti... potresti creare un antidoto. Un siero capace di contrastare il mio icore, che possa essere iniettato su chi ne fosse stato avvelenato. >>

Alagorna rimase con la pipa sollevata a mezz'aria. I suoi movimenti, aveva notato Reuel, erano sempre molto lenti ed aggraziati. Anche quando parlava, lo faceva in modo molto flemmatico. Socchiuse gli occhi. << Sì, potrei farlo >> bisbigliò, più a se stessa che alla sua interlocutrice << Ma tutto ha un prezzo. >>

La ragazza se lo aspettava. Era ovvio che la stregona non avrebbe fatto tutto quello che lei avesse voluto gratuitamente, senza pretendere nulla in cambio. Per questo motivo, la ragazza aveva portato con se una cospicua somma di denaro.

<< Quanto vuoi? >> le domandò.

La stregona si alzò nuovamente e si recò di fronte ad un quadro dipinto con colori ad olio, raffigurante il mezzobusto di un giovane appartenente ad un'altra epoca, magro, non eccessivamente bello, dai capelli ricci, color mogano e gli occhi grandi e grigi.

<< Sai qual è la nota negativa del vivere per sempre? >> domandò Alagorna e, senza nemmeno aspettare la risposta da parte della ragazza, proseguì dicendo: << Che tutti coloro che conosci muoiono prima di te. Sai poco prima che arrivassi tu stavo guardando i passanti in piazza e pensavo che io sarei sopravvissuta a tutti loro, persino ai bambini più piccoli. Non è triste?

Certo, ci si può innamorare innumerevoli volte, ma ogni volta il sentimento perde di smalto. Ogni volta che mi sono innamorata pensavo di fare uno smacco all'uomo che avevo amato in precedenza, perché, se lui fosse stato ancora in vita, sarei rimasta al suo fianco. Così, ho deciso di non innamorarmi più. Dopo aver conosciuto quello che tu potresti definire come l'uomo perfetto o l'anima gemella, ho deciso di chiudere definitivamente il mio cuore. Lui era sorprendete. Riusciva sempre a stupirmi, in qualunque modo, nonostante fosse solo un comune mondano. Era una novità continua e con lui non mi annoiavo mai. Credevo ormai di conoscere tutto del mondo, ma lui riusciva sempre a mostrarmi un lato della vita su questa terra che mi era all'oscuro. Dio, l'ho amato talmente tanto... >> E fece scorrere le lunghe e magre dita sul dipinto << Ora questo è tutto ciò che mi resta di lui. >> Tacque per pochi secondi. << Ho anche ingenuamente arredato questo attico come la nostra vecchia casa, sperando di attenuare un poco il mio dolore, ma mi sbagliavo. Non passa. E non passerà mai. Lui non era la mia anima gemella, come poteva esserlo? Come potevano le nostre anime essere accoppiate se io sono condannata a restare qui, mentre lui se ne è già andato via? Come potevamo essere predestinati se ora non possiamo nemmeno raggiungerci? Lui era l'uomo perfetto per me, ne sono certa. Anche se il destino ha deciso di giocarci un brutto tiro. Dopo di lui non ho più amato nessuno. Come potevo? Nessun sentimento sarebbe mai stato paragonabile a quello che provavo per lui. Era come il mal di mare, che ti fa sentire il cuore in gola, ma al tempo stesso di culla nella sua risacca. Dolce e violento uniti insieme in una sinfonia celeste. >> Si voltò verso la ragazza << Siamo come rose in gabbia. Bellissime, ma dotate di una malinconia che solo la prigionia può dare. Perché si dice legarsi a qualcuno? Perché ci vincoliamo ad una persona. Io però sono vincolata alla mia immortalità, tu alla tua natura, Reuel. Sono queste le nostre gabbie. E purtroppo non ne possiamo uscire. Ci consumeremo ed appassiremo dentro di esse. È il nostro fardello. Nel tuo caso sarà il tuo corpo a sfiorire, nel mio la mia anima, finché non si sarà svuotata del tutto ed io sarò divenuta un fantoccio privo di qualsiasi emozione e sentimento. La mia vita, ora, non è altro che un lungo ed interminabile inverno. >>

Reuel ascoltò quella donna parlare e provò pena per lei. La sua immortalità non era un dono, ma un esilio. Percepì una fitta nel petto, ma represse in un attimo il pensiero di aiutare quella Nascosta. Aveva altre priorità, non meno importanti.

<< Quanto vuoi? >> replicò. Non voleva sembrare scortese o brutale. Voleva solo arrivare al sodo e troncare quel discorso, perché sapeva che era vero e quella verità le faceva male.

Sono queste le nostre gabbie. E purtroppo non ne possiamo uscire. Ci consumeremo ed appassiremo dentro di esse. È il nostro fardello. Nel tuo caso sarà il tuo corpo a sfiorire, nel mio la mia anima.

Sfiorire ed appassire in solitudine, come in una prigione. Era questo il suo destino.

Dopo che le ebbe posto nuovamente quella domanda, Alagorna, si scostò di un passo dal quadro, tornando a guardare la ragazza.

<< Non è il quanto che mi interessa >> disse << Ma il cosa. >>

Reuel deglutì. Sentiva che qualcosa stava andando storto.

<< Allora, cosa vuoi per esaudire la mia richiesta? >> si corresse.

La donna socchiuse gli occhi, per poi riaprirli, lentamente. Espirò ed inspirò. Le sue labbra si schiusero e proferirono quelle parole che mai la ragazza si sarebbe aspettata di sentire.

<< Voglio un po' del tuo sangue. >>

La Cacciatrice si irrigidì e non parlò, limitandosi a fissare la stregona con sguardo assente, mentre nella sua testa iniziavano a vorticare una seria indefinita di domande senza risposta. L'unica delle quali riuscì a raggiungere le sue labbra fu: << Perché? >>

Lo chiese quasi inconsciamente, senza rendersene conto.

Alagorna continuava a fissarla. << Questo non ha importanza e non deve interessarti, Cacciatrice. >>

Reuel serrò i pugni, riprendendosi un po' dallo shock iniziale. << Invece sì. Non posso permettere che il mio sangue venga distribuito come una merce di scambio. So quali danni può causare! Li ho visti! E dato che li hai visti anche tu, dovresti temerli. Oppure non ti importa che il mio icore possa finire nelle mani sbagliate? Cos'è le vuoi vendere? O le vuoi utilizzare per qualche rito di magia nera? >> urlò quasi. Ed in quell'istante capì. Il suo amato defunto. Il sangue infetto di una Cacciatrice. Ma certo. Alagorna voleva il suo sangue per riportare in vita quell'uomo con un rito proibito.

La ragazza fece un passo indietro, guardinga.

La stregona non le scollava gli occhi di dosso. << Dunque è questa la tua risposta? >> domandò << Molto bene. Se è così puoi anche congedarti, cara. >> E le porse una mano, in segno di saluto, ma Reuel non la strinse né se ne andò. Aveva troppo bisogno di quella cura. Non poteva permettersi di infettare Marco, Xavier o Zack. Aveva aspettato per troppo tempo.

Espirò rumorosamente. Fissò Alagorna dritta in quelle piccole pupille color petrolio. << D'accordo, te lo darò, ma a tre condizioni >> disse, aspettando che l'altra annuisse prima di riprendere a parlare << Primo, non dovrai dare il mio sangue a nessuno, Cacciatore, mondano o Nascosto che sia. Devi tenerlo tu, come spoglia o come semplice ornamento, non mi interessa. Secondo, non dovrai utilizzarlo per compiere riti magici oscuri o negromantici. E terzo, mai e poi mai lo dovrai utilizzare per ricreare altre creature come me, per nessuna ragione al mondo, nemmeno se dovessero torturarti o minacciarti di morte, hai capito? >> La sua voce era gelida e tagliente ed i suoi occhi stavano perdendo luminosità, fagocitando la luce irrorata nella stanza.

La stregona sorrise freddamente. << E se, per caso, non rispettassi una delle regole? >>

Lo sguardo di Reuel si assottigliò. La sua voce, un cupo brusio gutturale. << Non rimarrai immortale ancora per molto. >> La ragazza sapeva benissimo che quella donna avrebbe potuto attendere l'avvenire della sua morte e poi utilizzare il sangue a proprio piacimento, ma non sapeva quale altra via intraprendere per salvaguardare i suoi compagni.

Gli occhi di Alagorna si accesero di una vivace scintilla d'eccitazione. << E sia. Dunque abbiamo un accordo, Cacciatrice >> disse, sorridendo amabilmente << Quando posso averlo? >>

Reuel non mutò espressione e, con gli occhi neri e vuoti, decretò: << Anche subito. >>

E fece un passo verso di lei, rimboccandosi lentamente le maniche, in modo da lasciare scoperti i polsi.

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