IX. Le prime luci dell'alba

"Qui nell'oscurità la luce si confonde con la felicità." Eclissi del cuore-L'Aura ft. Nek

Dicembre 2008

È un periodo strano ed allo stesso meraviglioso quello che va dai quattordici ai quindici anni. Ci si sente liberi, padroni del mondo, senza pensieri. Si pensa di poter fare tutto. Ci si sente grandi, anche se si è più vicini al mondo dei piccoli che a quello degli adulti.

Xavier ovviamente non faceva eccezione.

Quell'inverno aveva deciso di farsi un piercing sul lobo dell'orecchio destro, un po' perché era la moda del momento, un po' per trasgredire alle rigide regole imposte da Marco.

Niente orecchini, pendagli o fronzoli aveva detto il capo dell'Istituto Potrebbero impigliarsi in qualsiasi cosa ed essere d'intralcio in battaglia!

Ovviamente Xavier non gli aveva dato retta ed, accompagnato da una riluttante Reuel, si era recato in un'angusta, buia e sporca via per avere il suo pendaglio all'orecchio.

La ragazza aveva tentato di dissuaderlo, invano, constatando che, appena Marco avesse visto il nuovo look del ragazzo gli avrebbe fatto togliere l'orecchino in qualsiasi modo, pur strappandoglielo di dosso lui stesso. Ancora non sapeva che avrebbe dovuto essere più persuasiva nei confronti dell'amico.

I due non avevano detto nulla a Zack perché Xavier lo reputava troppo serio e sottomesso all'autorità e, con tutta probabilità, se gli avessero anche solo accennato le loro intenzioni, lui, sarebbe filato dritto dritto a spifferare tutto a Marco. In quel periodo Zack non andava troppo a genio a Xavier, forse perché se ne stava in casa sempre a studiare rune e leggi del Mondo Invisibile, suscitando l'invidia dell'amico. << Zack non scoperà mai >> erano state le testuali parole di Xavier a Reuel, quel giorno, dopo essersi fatto l'orecchino. << È troppo contenuto, quasi amorfo. Se non sei in grado di fare le tue scelte da solo, nel bene o nel male, non sei nessuno. Studiare in continuazione potrà prepararti al futuro, ma non può essere veramente l'unica cosa che vuoi.>> Forse era stato davvero troppo cattivo; in effetti un'altra controindicazione dell'avere quasi quindici anni è la totale assenza di filtri.

La ragazza non aveva fatto in tempo a ribattere che i due si erano ritrovati davanti una strana scena: un ragazzo pallido, molto alto, circa della loro età, teneva inchiodato nella penombra dei palazzi, un altro ragazzo, altrettanto pallido, colpendolo con violenza alla bocca dello stomaco.

Xavier continuava a toccarsi il cerchietto dorato, nuovo ospite del suo corpo, e, quando vide quella zuffa impiegò meno di un secondo a capire che quei due ragazzi erano dei vampiri. Lui, in quanto Cacciatore, era tenuto a placare le liti tra i Nascosti ed a salvaguardare la pace, quindi, senza tanti preamboli, si gettò tra i due, tentando di dividerli. Quello più alto non ci mise molto a sbatterlo a terra con un'agile movimento del braccio. Xavier si rialzò, afferrando il coperchio di un bidone lasciato per strada ed, utilizzandolo sia come arma che come scudo, schiacciò il vampiro contro il muro, intimandogli di calmarsi e di smetterla, quello, ringhiando, gli afferrò l'orecchino e tirò con tutta la forza che aveva in corpo, strappandoglielo dalla carne viva.

Il ragazzo urlò per il dolore, lasciando cadere il coperchio e portandosi le mani sulla ferita sanguinante. Reuel accorse, mentre i due vampiri fuggivano in direzioni opposte.

La ragazza raccolse un po' di neve lì intorno con i guanti e tamponò la ferita di Xavier, per restringerne i vasi sanguigni, poi gli tracciò un iratze sul polso.

Fu da quel giorno che il ragazzo iniziò a farsi crescere i capelli, in modo che quello sfregio si notasse di meno. Ai normali Cacciatori non sarebbe importato, ma a lui sì, perché ogni volta che avesse visto quell'irregolarità del suo corpo si sarebbe sentito stupido per quello che aveva fatto e Reuel, invece, si sentiva responsabile del fatto di non essere riuscita a fermarlo, di non essere riuscita ad impedirgli di compiere un gesto così ingenuo e sconsiderato allo stesso tempo.


Gennaio 2012

La notte era calata su Milano lenta ed oscura, come un'ombra, tingendo le strade, i palazzi e gli alberi come di una vernice nera. Reuel era ancora sdraiata sul suo letto, dopo la dichiarazione di Xavier non era riuscita a prendere sonno. Si era girata e rigirata nelle più svariate posizioni, ritrovandosi addirittura con i piedi sul cuscino e la testa dall'altra estremità del letto, ma nulla, era ancora vigile e desta, con il pensiero che continuava a vagare a quanto le era accaduto.

Xavier non se lo meritava tale dolore. Lei, nel corso della sua vita non aveva fatto altro che farlo soffrire e causargli guai. Quando a otto anni l'aveva quasi ucciso, quando aveva bruciato il suo regalo, quando non era riuscita ad impedirgli di farsi quell'orecchino... ed ora questo. Gli aveva spezzato il cuore, lo sapeva, ma l'unica magra consolazione era che l'aveva fatto per lui. Probabilmente l'aveva perso per sempre. Lui tra due settimane sarebbe partito alla volta di un altro Istituto e loro non si sarebbero più visti. Avrebbero potuto chiarire, certo, ma lei pensava che non sarebbe bastato. Quella situazione non si sarebbe risolta semplicemente chiedendo perdono. Non si chiede scusa per dei sentimenti che non si è in grado di provare.

D'un tratto un suono si librò nell'aria, Reuel lo percepì nitidamente. Una specie di continuo battere sommesso aleggiava oltre le mura di San Satiro.

La ragazza capì che proveniva dalla strada sottostante, quindi si mise a sedere, avvicinandosi alla finestra ed appoggiando i palmi al vetro, con lo sguardo rivolto verso il basso.

Quando vide ciò che si trovava al di là del vetro fu come colpita da una scossa elettrica, che la fece ritrarre e staccare dalla finestra, ricadendo sul letto.

Cercò di regolarizzare il respiro, poi, ritrovato un po' di coraggio, si affacciò nuovamente.

Demoni. Orde ed orde di demoni strisciavano e marciavano per le vie di Milano come un esercito. Ce n'erano di tutti i tipi, amorfi, umanoidi, a forma di uccello, di cane, ibridi di più specie... ed erano di un numero incalcolabile. Una calca nera ed informe che serpeggiava per le strade come l'onda di un fiume in piena.

Reuel rabbrividì e si nascose dietro una tenda, attenta a non essere vista da quei mostri. L'Istituto era zeppo di protezioni antidemoni, ma non si sapeva mai.

Poi, con il cuore che le martellava selvaggio nel petto, la ragazza si mosse, aprì la porta e si fiondò davanti alla stanza di Marco, tempestandola di pugni per richiamare l'attenzione del proprietario.

<< Marco! Marco! Apri! Apri, ti prego! >> urlò, nel panico più totale.

Le sue grida attirarono l'attenzione di Zack e Xavier i quali, destati, appunto, dalle sue urla, accorsero nel medesimo istante in cui il capo dell'Istituto spalancava la porta.

<< Cosa c'è, che succede? >> domandò un assonato e stravolto Marco, mentre Zack chiedeva a Reuel il perché di tale agitazione.

La ragazza si portò una mano al petto, cercando di regolarizzare il proprio respiro, mentre gli altri tre continuavano a fissarla. Xavier che non aveva proferito parola.

Dopo due brevi ansiti Reuel disse: << Demoni, lungo le strade. Ce ne sono a centinaia. >>

<< Mio dio! >>

Marco tirò con violenza le tende della sala principale dell'Istituto, per non essere visto dalle creature che pullulavano le strade all'esterno. Lui ed i tre ragazzi si erano precipitati di sotto per accertarsi della gravità dei fatti e fare il punto della situazione.

Il capo dell'Istituto era sconvolto. Mai in vita sua aveva visto tanti demoni tutti insieme. La piega presa dagli avvenimenti era grave, molto grave.

Tutta via Torino era colma di mostri, ma il loro comportamento era strano, in quanto essi non cercavano prede o reclamavano la distruzione di tutto ciò che gli capitasse a tiro, no. Si limitavano solo a marciare. Vagare caoticamente per la città come una mandria, senza lasciare dietro di essi segni del loro passaggio. Sembravano quasi degli orridi ed ondeggianti burattini.

<< Dobbiamo avvertire l'Enclave >> continuò Marco << Subito. >>

Era pallido e sudaticcio. I tre ragazzi lo osservarono mentre si sistemò gli occhiali sulla punta del naso.

<< Prima... >> intervenne Zack << ...non dovremmo cercare di capire le motivazioni per le quali un numero così elevato di demoni si aggira per le strade della città a quest'ora? >>

Ora tutti si erano voltati a guardare il ragazzo biondo, Reuel compresa. La ragazza stava facendo l'impossibile per non incrociare lo sguardo di Xavier. Era tesa, e la comparsa di quei mostri era una buona scusa per mascherare il suo disagio.

<< L'Enclave ci domanderà sicuramente se abbiamo delle idee in merito >> stava continuando a dire Zack << In fin dei conti siamo noi i responsabili della tutela della città, quindi è molto probabile che la colpa di quanto è accaduto possa ricadere interamente su di noi. >>

Il ragionamento non faceva una piega. Marco annuì, preoccupato e soddisfatto insieme. << D'accordo >> disse << Idee? >> Si voltò prima verso Reuel, la quale scosse il capo, rimanendo in silenzio. In quelle circostanze non riusciva a pensare. Non aveva dormito per niente e si sentiva i nervi a pezzi. Il capo dell'Istituto si voltò verso Xavier. << Xavier? >> domandò poi.

Il ragazzo incrociò le braccia al petto. << Qualche setta di squilibrati si è messa ad evocare demoni a casaccio. La situazione gli è poi sfuggita di mano ed eccoci in questo casino >> decretò.

Marco scosse il capo, titubante. << Dopo le prime due, al massimo tre evocazioni si sarebbero fermati, se non fossero stati in grado di controllare i demoni. >>

<< Magari >> proseguì Xavier << L'hanno fatto per conto di qualcuno. Hanno evocato tutti quei demoni perché qualcuno glielo stava ordinando, qualcuno di molto potente. >>

L'uomo rifletté un attimo sulle parole del ragazzo. << Sì >> ne convenne << È possibile, sì. >> Infine si voltò verso Zack, facendogli un cenno con il capo, un chiaro invito ad esporre la sua teoria.

Il giovane si grattò l'interno dell'avambraccio, dicendo, con lo sguardo tipico di chi è perso nei propri pensieri: << Credo si tratti di un demone evocatore. >>

<< Un cosa? >> Reuel non si rese nemmeno conto di aver parlato fino a che Zack non si fu voltato nella sua direzione. Lo sbigottimento era tale da non consentirle di tenere a freno la lingua. << Non ne ho mai sentito parlare >> proseguì << Nemmeno il Codice ne fa menzione! >>

<< No, infatti >> spiegò Zack << Si tratta di un tipo molto particolare di demone, una specie rara, aggiungerei, il quale è capace, una volta evocato, di evocare a sua volta altri demoni e la sua forza è proporzionale al numero di esseri che riesce a condurre qui dalle dimensioni demoniache. >>

Marco cercò di dire qualcosa, ma la voce di Xavier scavalcò la sua. << Questo non spiega perché il Codice non ne parli >> disse il ragazzo.

<< Molti credono che questi demoni non esistano >> rispose Zack << Durante la stesura del Codice erano più coloro che non credevano alla loro esistenza che quelli che lo credevano, così i demoni evocatori vennero omessi. Io li ho scoperti per caso, mentre studiavo le lingue demoniache. >>

<< Se la loro potenza è direttamente proporzionale al numero di demoni evocati, dato il numero di mostri che pullula per la via, perché non ci siamo accorti prima della sua presenza? >> Questa volta Marco era riuscito a farsi largo nel discorso. Anche a lui, quell'argomento, era del tutto ignoto.

<< I demoni evocatori... >> spiegò Zack << ...appena li si conduce in questo mondo non sono altro che dei demoni qualunque. Ridicolmente deboli, se posso dire la mia. La loro forza si sviluppa con il tempo. Per questo non ci siamo mai accorti della sua presenza. Ha evocato i demoni poco a poco, senza che ce ne rendessimo conto. >>

<< Questo spiega anche l'aumento di attività demoniaca nella città in questi ultimi tempi >> intervenne Reuel << Nemmeno lui riusciva più a tenere a bada tutti i demoni. >>

<< Oppure li stava sguinzagliando apposta. >> Ora era stato Xavier a prendere parola. Reuel si sforzò di non guardarlo.

<< Ne dubito >> lo corresse Zack << Altrimenti non mi spiegherei perché stanotte i demoni si aggirano per le strade senza seminare il panico e la distruzione. Come hanno distrutto il clan Alfa avrebbero potuto radere al suolo il Duomo ed invece non l'hanno fatto. C'è qualcosa che non mi torna... perché sono qui? Perché evocarne così tanti se il motivo non è la conquista della città? >>

Ci fu un lungo attimo di silenzio, nel quale tutti si ritrovarono a guardare Zack, intento nelle sue congetture, con la fronte corrugata ed una mano premuta sul mento. Fu Marco ad interrompere il silenzio. << Bene. Ora abbiamo abbastanza informazioni per poter contattare l'Enclave >> disse, dando per scontato che tutti i presenti approvassero la teoria del demone evocatore. << Zack, i testi su cui hai fatto affidamento per imparare queste nozioni sono attendibili? >> Il ragazzo annuì. << Ottimo >> proseguì Marco << Quindi tu verrai con me, all'Enclave, ad informare tutti i Cacciatori di questo disastro, ed esporrai la conclusione a cui siamo giunti, quella del demone evocatore. Per sicurezza porta con te il libro nel quale hai letto di questi demoni, non si sa mai. Ora vai a prendere uno stilo per aprire un portale. E... Xavier, Reuel, voi resterete qui, a vegliare sull'Istituto. Nessun gesto avventato, la vostra incolumità viene prima di tutto. >> I due ragazzi annuirono. Era il momento di mettere da parte le divergenze, pensò Reuel, quello che era accaduto con Xavier, ora, non aveva più importanza. In quanto Cacciatori dovevano salvaguardare la sicurezza della città, i loro problemi non contavano nulla a confronto.

Pochi minuti dopo Zack tornò con uno stilo in mano, pronto a tracciare sulla parete accanto al camino crepitante una runa che consentisse la creazione di un portale.

Tutti osservarono il ragazzo tracciare gli intricati ghirigori del suddetto marchio. Tempo pochi secondi ed una luce sfavillante squarciò l'aria, riversandosi dalla parete. Il portale era stato aperto.

<< Saremo di ritorno entro il prossimo pomeriggio, si spera >> disse Marco << In caso contrario vi avviseremo. >> Poi vece un accenno verso Zack, il quale annuì e varcò il portale. Dopo un ultimo sguardo a Reuel e Xavier anche Marco varcò il portale che si chiuse alle sue spalle in un'esplosione di luce.

La ragazza represse un sospiro. Represse anche ogni singolo movimento o parola.

Ora che era sola con Xavier, nella sala, era calato un silenzio assordante che chiedeva soltanto di essere smorzato. Era un tacito invito a parlare. L'argomento di conversazione era ovvio: loro due. Sembrava quasi fatto apposta. Un bizzarro e crudele scherzo del destino. Entrambi lasciati soli all'Istituto, nella stessa stanza, dopo quanto era accaduto, impossibilitati ad uscire per via dei demoni.

Nel momento in cui Xavier aprì bocca, Reuel si irrigidì. Non voleva parlargli. Non ora. Non di quello che era successo. Non di quello che provava lei. Era ancora troppo presto.

Ma a dispetto delle sue previsioni, il ragazzo, disse solamente, senza nemmeno guardarla: << Credo che dovresti tornare a dormire. >> Probabilmente anche lui si sentiva in imbarazzo. Continuò: << Non hai una bella cera. Baderò io all'Istituto e se incorrerà qualche problema, allora ti chiamerò, tu va' a riposarti. >>

Reuel non rispose. Fissò la schiena di Xavier per diversi secondi, poi si voltò, avviandosi verso la scalinata che conduceva alla sua stanza. Si sentiva una codarda per non essere nemmeno riuscita a dirgli grazie.


Xavier rimase a vegliare sull'Istituto per tutta la notte, vigile ed all'erta davanti alla finestra della sala principale per tenere d'occhio i demoni che strisciavano per le strade, come un predatore che cerca di salvaguardarsi da un altro predatore.

Alle prime luci dell'alba, quelle tenui, che tingono il cielo di un rosa pallido e che preannunciano la nascita di un nuovo giorno, i demoni erano spariti, rifugiandosi tra le ombre da cui erano giunti. Le strade ora si stavano nuovamente animando: i tram che slittavano lenti tra le vie, i taxi che serpeggiavano, abili, tra le automobili, i passanti con il loro passo pigro e svogliato. La città si stava risvegliando sotto quella candida luce mattutina.

Il Cacciatore si concesse un sospiro si sollievo. Il peggio, per quella notte, sembrava passato. I demoni se ne erano andati con il sorgere del sole, ristabilendo una fragile e precaria pace.

Le luci filtrarono attraverso la finestra, albergando nella stanza. L'alba infondeva sempre calma e serenità al ragazzo. Vivere in perenne bilico tra la vita e la morte gli aveva insegnato che non era sempre scontato riuscire a vedere il sole sorgere il mattino successivo e vedere l'alba, per lui, significava essere ancora vivo, ancora lì, all'Istituto. Semplicemente, esserci.

Si sedette su una poltrona, crogiolandosi in quella sensazione. Chiuse gli occhi, ma solo per un attimo. Poi suonò il telefono. Si alzò. Rispose ed attese. Riattaccò. Uscì dalla stanza, si vestì e prese qualche arma. Rientrò. Scribacchiò qualcosa su un foglietto e lo adagiò sul tavolo. Uscì, questa volta dall'Istituto, con i marchi che gli brillavano neri sulla pelle, immergendosi completamente nella luce.


Reuel si svegliò quando i primi pigri raggi di sole entrarono, attraverso la finestra, nella sua stanza. Non le sembrava vero di essere riuscita a prendere sonno. Non dopo quello che era successo la sera precedente. Xavier ed i demoni. I demoni e Xavier. Tutto le sembrò così assurdo, come se appartenesse ad un sogno lontano che non si è nemmeno convinti di aver fatto veramente. Guardò fuori dalla finestra: i demoni erano scomparsi.

Forse si era trattato veramente di un sogno, ma lei era certa che non fosse così.

Si alzò e scese al piano inferiore. Erano le otto e mezzo di mattina.

Varcò la porta che conduceva alla stanza principale, pensando di trovarci Xavier. Non trovò però il ragazzo, ma un biglietto. Lo prese e, riconoscendo la storta calligrafia dell'amico, lo lesse. Un fulmine la travolse.

Stupido pensò.

Corse ad indossare la tenuta da Cacciatrice, frenetica. Agguantò un paio di armi, diede un'ultima occhiata, rapida, all'Istituto mormorando un flebile scusa ad un Marco che non poteva nemmeno udirla ed uscì, mentre il biglietto che aveva da poco letto continuava, spietato, dal pavimento, a lasciare che il mondo potesse leggere il messaggio che esso portava.

Un uomo mi ha chiamato dai giardini pensili di San Donato.

È stato attaccato dai demoni della scorsa notte.

Vieni non appena puoi.

Xavier.

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