Capitolo XVI - Fratelli
Erano passate ore dall'accaduto, ore in cui il principe Kaiser aveva badato alla principessa, sperando che riuscisse a riprendersi dalla botta alla testa che aveva preso durante lo scontro.
Il principe non sapeva esattamente a chi appartenesse quell'orrenda creatura che si era permessa di toccare la sua amata Ophelia, ma lo avrebbe scoperto e gli avrebbe tolto la voglia di fare quei brutti scherzi.
Le luci dell'alba sfioravano il suo viso diafano e perfetto, forse, l'unico difetto che poteva avere, era quello di possedere una cicatrice argentea a lato del sopracciglio destro. Una cosa quasi del tutto impercettibile.
Se l'era procurato quando era molto piccolo, avrà avuto cinque anni, e stava correndo nei corridoi del palazzo. Suo fratello lo stava inseguendo perché stavano giocando ad acchiapparella, ma molto spesso i loro poteri non controllati potevano ferire chi gli stava attorno.
Difatti, Drelormo aveva spaccato una finestra in un impeto di rabbia perché non riusciva a prendere il fratello maggiore e, inevitabilmente, un pezzo di vetro aveva colpito il principino.
Dovette rimanere con una benda attorcigliata alla testa per diverse settimane, prima che la ferita si rimarginasse, e suo fratello lo trattava come se fosse estremamente fragile.
Sorrise toccandosi quel punto guardando fuori dalla finestra e ammirando i colori dell'alba affievoliti dalla cupola di ghiaccio situata sopra quel luogo.
Poco dopo, i suoi occhi dalle iridi rosse e la sclera nera, si posarono sulla figura della sua amata, sdraiata sul letto. Il lenzuolo la copriva fino alla vita e una camicia da notte avvolgeva il suo gracile corpo.
Durante quelle ore, l'aveva sentiva mugugnare per il dolore e sussultava nel sonno come se qualcosa disturbasse la sua quiete.
Odiava vederla così, odiava la persona che le aveva fatto questo.
Si sedette su uno sgabello, vicino al suo letto e inizio a giocherellare con il lenzuolo di Ophelia, sperando di far passare più velocemente il tempo.
Era stanco e avrebbe voluto andare a dormire, ma non voleva lasciarla sola, non dopo quello che era successo quella notte.
Gli occhi erano cerchiati di nero e la vista diventava sempre più sfocata e più debole.
Drelormo varcò la soglia della stanza della principessa e guardò il fratello con fare preoccupato.
«Come sta?» chiese il nuovo arrivato.
Kaiser si voltò verso di lui e gli rispose:«Non si è ancora svegliata, ogni tanto bofonchia qualcosa, ma nulla di più»
Drelormo sospirò.
«La stai facendo tragica, si riprenderà presto, vedrai».
Il maggiore strinse i pugni.
«Hanno cercato di ucciderla e tu mi dici che sto esagerando?»
Si girò a guardare il fratello, gli occhi trasmettevano pura rabbia.
Drelormo scosse la testa, si mise le mani nelle tasche dei pantaloni e guardò il fratello, ricambiando il suo sguardo con indifferenza.
Non gli faceva paura e tanto meno aveva voglia di istigarlo ancora di più. Sapeva che sarebbe bastato veramente poco per fargli perdere le staffe.
«Dovresti andare a riposare, sei uno straccio»
«Sto bene» sibilò a denti stretti.
«Senti, lo so che non hai alcuna intenzione di separarti da lei, fratellone, ma per favore, vatti a coricare e dormi»
«Non posso»
Drelormo avanzò verso Kaiser e appoggiò una mano sulla spalla di quest'ultimo.
«Bado io a lei, non le succederà nulla, e se dovessero esserci dei miglioramenti, ti chiamerò subito»
«Ma... »
«Niente ma! Vai prima che convoco nostra madre!»
A quella minaccia, Kaiser decise di lasciare perdere e di darla vinta al fratello, anche se una parte di lui sapeva che Drelormo avrebbe protetto la ragazza che stava imparando ad amare.
Se la madre avrebbe scoperto che lui, al posto di dormire, si era messo a fare la veglia alla sua serva, l'avrebbe presa e sbattuta nelle segrete fino alla fine dei suoi giorni.
Le spalle si incurvarono e le mani lasciarono andare il lenzuolo con estrema lentezza.
Si alzò dallo sgabello a fatica.
«Sappi che se le succede qualcosa, durante il mio periodo di riposo, ti assicuro che me la pagherai molto cara»
Il fratello minore sbuffò e si sedette al posto del maggiore.
«Non le succederà nulla, te lo prometto, ora vai».
Con un grugnito, il principe si diresse verso le sue stanze, lasciando la sua amata nelle mani di Drelormo.
***
Passarono le ore, Drelormo cercava di ammazzare il tempo con la lettura e a contare le assi di legno. Ogni tanto si concedeva di guardare la fanciulla che giaceva nel letto e osservava ogni singolo dettaglio del suo viso, in particolar modo le lentiggini e i capelli rossi.
Ora capiva perché suo fratello si era innamorato di lei: aveva una bellezza unica nel suo genere.
Non sapeva esattamente come aveva fatto a conoscerla, aveva provato a chiederglielo una volta e aveva divagato, dicendo che l'aveva vista con suo fratello in giro per i boschi.
Quella spiegazione gli aveva fatto capire che stava palesemente mentendo e che non voleva rivelare il suo segreto a nessuno, nemmeno a lui.
Sospirò e ritornò a guardare la piccola stanza in cui risiedeva la principessa: le pareti erano completamente spoglie, dipinte di un bianco sbiadito e triste; il letto in cui dormiva Ophelia era singolo e il materasso sicuramente era duro come pietra; l'unico mobile presente, era un semplice armadio in legno scuro che stonava con tutto il resto.
Nulla di interessante, nulla che potesse osservare con un certo interesse o, per lo meno, osservarlo per qualche minuto.
A quanto pare, l'unica attrazione principale, a parte la vista mozzafiato del giardino, era la principessa addormentata.
Decise quindi di guardarla nuovamente, ma quando posò gli occhi su Ophelia, lei iniziò ad aprire lentamente le palpebre, mostrando dei bellissimi occhi verdi.
A quella vista, al principe Drelormo gli mancò l'aria nei polmoni e le guance gli divennero rosate. Non aveva mai visto delle iridi così belle in vita sua.
«Dove... Dove sono?» chiese la ragazza con la voce impastata dal sonno.
Quell'affermazione lo portò alla realtà e si affretto a rispondere:«Nella vostra stanza».
Lo sguardo di lei si posò su di lui.
Aggrottò la fronte.
«E voi chi siete?»
«Sono il principe Drelormo, il fratello minore del principe Kaiser»
«Vi chiamiate Drelormo?» chiese lei stranita.
«Sì, mi chiamo così»
Accennò un sorriso.
«Non ho mai sentito un nome così strano in tutta la mia vita»
Drelormo sorrise in modo nervoso.
Sapeva che il suo nome poteva risultare bizzarro, ma lo rendeva, in qualche modo, speciale e diverso da tutti gli altri.
Anche quello di Kaiser non era un nome normale, o per lo meno, comune.
«Almeno ve ne ricorderete»
Ophelia decise di mettersi a sedere, ma appena lo fece, si portò una mano alla fronte.
Si sentiva debole e spaesata.
Drelormo decise che era il caso di farla nuovamente sdraiare, quindi, utilizzando i suoi poteri, fece in modo di farla coricare.
«Dovreste riposare ancora un po', non siete nelle condizioni per alzarvi»
«Ma il principe... »
«Il principe sta dormendo e oggi non dovrete prestare nessuno dei vostri servigi. Avete rischiato la vita la scorsa notte e siete ferita»
Il volto della principessa si indurì ricordando l'accaduto nelle stanze del principe.
«Avrei dovuto fare più attenzione»
Drelormo ignorò quell'affermazione, si alzò dallo sgabello e le rispose:«Vi conviene riposare».
La ragazza non rispose e si mise a guardare fuori dalla finestra, rimanendo in mobile nel suo giaciglio con una mano poggiata sul petto.
Il principe la guardò per qualche secondo prima di dirigersi verso le stanze del fratello per avvisarlo, ma prima che se ne potesse andare, Ophelia parlò: «È stato orribile».
Il ragazzo si fermo e drizzò la schiena per assaporare quelle parole così cariche d'odio.
Percepiva che quel rancore non era riferito a lui o a Kaiser, ma a se stessa.
«Posso solo immaginarlo, ma guardate il lato positivo, quella creatura è morta, Kaiser è riuscito a ucciderla prima che vi potesse ferire gravemente» ribatté.
Ophelia si voltò a guardarlo e Drelormo fece altrettanto, in modo che potesse vederlo negli occhi, così uguali a quelli di suo fratello.
«Kaiser... mi ha protetta?»
Il ragazzo sospirò.
«Ovviamente, lui non avrebbe permesso a nessuno di farvi del male».
La ragazza si strinse nelle spalle e inizio a giocherellare con il lenzuolo che le avvolgeva il corpo.
Sulle labbra di lui, a quella scena, si increspò un sorriso e si rese conto di quanto fosse tenera e fragile.
Forse troppo fragile...
«Potete ringraziarlo da parte mia?» chiese in modo impacciato.
«Non ce ne sarà bisogno, appena saprà che vi siete svegliata, correrà qui da voi e potrete dirglielo personalmente».
Con queste parole, si voltò e si diresse verso l'uscita della stanza, lasciando da sola la principessa.
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