Capitolo VII - Foresta Nera

La luna proiettava piccoli fasci di luce, tiepidi e freddi. La cenere bianca fluttuava in quel luogo inospitale fatto di alberi alti, lucciole blu e rosse e strane vene azzurrine fluorescenti impresse su ogni millimetro di terra.

Gli esseri che ci abitavano erano ombre indistinte, occhi bianchi e bocche deformi erano i tratti più frequenti che si potevano vedere, artigli rossi in alcuni casi, ma nulla di più. In quella foresta, in quel regno di ombre era impossibile scorgere altro a quell'ora della notte.

Gli arbusti erano notevolmente alti, otto metri per quelli più piccoli, ventiquattro per quelli più alti.

L'essere dalle enormi corna, simili a quelli di una capra, si aggirava per quel luogo inospitale per ogni essere umano.

La terra tremava al suo passaggio e gli alberi, che gli arrivavano all'altezza del petto nero e ben definito da muscoli possenti, come per magia, si spostavano al suo passaggio.

Nella mano destra custodiva la principessa addormentata. Per lei aveva corso un bel rischio. L'aveva vista quando era una semplice e tenera bambina, in quel campo di narcisi insieme al fratello maggiore.

Lo colpì a tal punto da raccogliere informazioni sul suo conto, usando il potere delle ombre e vederla attraverso gli specchi.

Era così ossessionato da lei a tal punto che il giovane principe rifiutò ogni proposta di matrimonio. La bramava con ogni singola particella del suo corpo e avrebbe fatto di tutto pur di averla.

Il piano che aveva escogitato con estrema cura era andato a buon fine, l'unica cosa che non si aspettava e di vedere la ragazza scendere nei sotterranei, scortata da delle guardie e portata nella sala delle torture.

Quando l'avevano colpita, la rabbia che reprimeva con tutte le sue forze stava fuoriuscendo dal suo corpo martoriato e ferito. Avrebbe potuto scagliare tutti contro la parete di pietre ammuffite, ucciderli tutti lì, in quel preciso istante, tranne lei, l'unica cosa che a lui importava seriamente.

Non la conosceva, ma sapeva che tra loro due c'era già un legame che nessuno avrebbe potuto spezzare.

Alla fine, aveva deciso di non agire, di aspettare il momento giusto e di riprendersi la rivincita contro quei babbei che erano al servizio del re della Luce.

Si fermò di colpo, il suo sguardo si posò sulla luna e la contemplò per un bel po'.

Emise una sorta di sospiro di sollievo, misto al rumore delle ossa che si scontrano tra di loro.

Le fiammelle sparirono dall'orbita oculare, una nube nera avvolse la creatura.

Dopo poco tempo, il fumo scuro sparì nel nulla insieme alla bestia che governa quelle terre temute dagli esseri umani.

***

Nella piccola rientranza di una grande quercia, un fuoco era acceso nella speranza di illuminare e scaldare un minimo quel posto così freddo e buio.

I gufi bubbolavano e il vento soffiava tra le fronde degli alberi, producendo un fischio sinistro.

Il ragazzo dai capelli bianchi udiva ogni tanto alcuni fruscii o crepitii, ma non si allarmava per così poco.

Spostò leggermente la brace con l'aiuto di un bastone, in questo modo lo avrebbe rinvigorito.

Su di esso c'era un piccolo pentolino e al suo interno verdure, erbe e pezzetti di carne di lepre stavano bollendo .

Mescolò la brodaglia con un cucchiaio che gli avevano "gentilmente" donato le guardie durante il periodo di prigionia.

Tutta quell'energia utilizzata per usare i suoi poteri magici lo avevano prosciugato e mettere qualcosa nello stomaco sicuramente lo avrebbe rinvigorito.

Vicino a lui c'era la principessa Ophelia avvolta nel mantello del ragazzo, aveva teso il braccio fuori da quel riparo caldo.

I suoi occhi si posarono sulla nobile, ancora tra le braccia di Morfeo.

I capelli rossi e leggermente ondulati erano stesi sul tappeto di foglie colorate e le guance erano di color rosso cremisi. Le labbra di un rosso tendente al bordeaux erano succose e tremendamente invitanti per colui che l'aveva rapita.

Si avvicinò a lei, il suo viso si abbassò all'altezza del suo e con le punta delle dita le accarezzò una gota fredda. La contemplò per svariati minuti, ma quel momento magico svanì presto, quando Ophelia iniziò a muoversi.

Il ragazzo tornò a guardare il fuoco che aveva dato vita e il suo pasto che si stava bruciando. Tolse la pentola dalle fiamme e la mise per terra. Prese dei gusci di noce, grandi come le sue mani, e mise all'interno quella brodaglia che aveva preparato.

Sentì un fruscio accanto a sé e, con la coda dell'occhio, notò la principessa che si era messa a sedere e si stava stropicciando gli occhi.

<<Ben sveglia, avete dormito bene?>>le chiese continuando a mettere la zuppa in quelle due strane ciotole.

La principessa si guardò intorno prima di rispondergli.<<Dove mi trovo?>>

La sua voce traspariva una certa paura, una di quelle trattenute che solo alcuni individui avrebbero potuto vederla sotto la pelle diafana di lei.

<<Risponderò alle vostre domande più tardi, principessa Ophelia.>>disse, voltandosi verso di lei.

I suoi occhi la incatenarono sul posto, facendola diventare una statua di marmo, incapace di muovere qualsiasi muscolo.

La principessa lo riconobbe all'istante, grazie ai suoi occhi particolari: la sclera nera e le iridi di un rosso sangue.

Le porse gentilmente quella brodaglia che aveva preparato e continuò a parlare.<<Ora mangiate, questo vi scalderà.>>

Con mani tremanti prese la noce fumante e l'odore della zuppa le inebriò le narici. Aveva un buonissimo odore, nonostante l'aspetto poco invitante.

Portò alle labbra il bordo della ciotola e assaggiò. Il liquido denso e caldo passò dalla gola allo stomaco, scaldandola anche nell'animo.

Il gusto era buono, aveva il sapore della menta, mischiato a quella della carne bollita e alla fragranza della rosa.

Senza tanti convenevoli, la bevve tutto d'un fiato, scoprendo che era terribilmente affamata.

Passarono minuti interi prima che il misterioso ragazzo parlasse.<<Non ricordate nulla?>>

Quando dì quella frase, le ciotole erano ormai abbandonate per terra e il fuoco si stava affievolendo ogni secondo che passava.

La ragazza provò a sforzarsi, ricordò vagamente le prigioni, il corridoio principale completamente deserto e una densa nube nera immersa nell'oscurità. Dopo, il vuoto totale.

<<Ricordo ben poco.>>

Il giovane sospirò, chiuse per qualche secondo gli occhi per poi riaprirli. Si alzò, Ophelia rimase leggermente turbata dal suo comportamento e nella sua testa si insinuarono diversi pensieri. Forse l'avrebbe abbandonata lì, oppure l'avrebbe divorata. Sapeva che davanti a lei c'era una creatura terribilmente potente, spietata e piena d'odio.

I pensieri della giovane principessa sfumarono in un soffio, quando udì un fischio.

Si accorse che quel suono lo stava producendo il ragazzo di cui non sapeva quasi nulla.

Le dava la schiena, il mantello che oscillava leggermente a causa dei soffi di vento e i capelli bianchi come la neve erano illuminati dalla luce lunare.

Le sue labbra carnose appena inumidite dalla saliva, producevano quella strana melodia che si mischiava alle note della notte.

Le stelle brillavano di un intensità sbalorditiva e il cielo era privo di nuvole.

Erano entrambi vicini all'uscio di quel riparo sicuro e Ophelia era meravigliata da ciò che stava succedendo in quel momento.

Gli alberi iniziarono a muovere i propri rami, come se stessero ballando, i fiori sbocciarono e divennero luminosi.

Ma la cosa più bella che vide, fu la creatura che entrò nel loro campo visivo: gli zoccoli calpestavano prepotentemente il suolo pieno di crepe, la criniera nera e lunga svolazzava producendo piccoli spiritelli dalle forme irregolari, e le ali d'oro erano estremamente possenti, probabilmente avrebbero potuto realizzare un tornado con un semplice movimento.

Dalle narici gli usciva del fumo nero e denso, simile alla polvere delle stelle, e sulla fronte c'era un corno d'argento.

Il ragazzo osservò con la coda dell'occhio la giovane nobile, notava un certo stupore e meraviglia nei suoi occhi verdi screziati di blu.

Accennò un sorriso e le porse una mano.<<Dobbiamo andare.>>

La ragazza spostò la sua attenzione sul gesto dello sconosciuto e osservò la mano inguantata.

Non era convinta di quello che stava per fare, ma se voleva sopravvivere aveva bisogno di lui. Non sapeva nulla di quel posto, di che cosa ci fosse tra quei arbusti e non aveva intenzione di scoprirlo.

L'afferrò e il giovane aiutò la principessa ad alzarsi da terra, le mani dei due si intrecciarono come fili d'erba e gli occhi erano incatenati tra loro.

Quel momento parve durare un'eternità, il tempo sembrava si fosse fermato. Erano due sconosciuti che si stavano godendo quel momento.

I due si diressero verso l'unicorno, l'ex prigioniero aiutò la principessa a salire sul suo destriero. Prima di mettersi in sella, accarezzò il muso dell'animale e gli sussurrò parole dolci che Ophelia non riuscì a capire visto che stava utilizzando una lingua diversa da quella che conosceva lei.

Il ragazzo montò a cavallo, si posizionò dietro alla ragazza in modo da essere sicuro che non cadesse durante il viaggio. Prese le briglie e tallonò la pancia dell'animale. Il cavallo alato iniziò a muoversi prima con estrema lentezza per poi prendere sempre più velocità. Aprì le sue enormi ali, le sbatté durante la corsa e si sollevò da terrà, sfiorando le fronde degli alberi alti.

La principessa si avvicinò ancora si più al ragazzo, aveva paura di cadere e di farsi male, non aveva mai raggiunto altezze così elevate.

<<Non temete, siete al sicuro. Godetevi il panorama e non abbiate timore di sporgervi.>>

Ophelia sbirciò e si meravigliò di vedere così tanti colori in quella foresta così lugubre e tetra. Luci rosse e azzurre addobbavano quel regno pieno di oscurità. Si potevano intravedere anche degli animale passeggiare per quei luoghi.

Si girò verso il suo compagno di viaggio, dimenticò per un secondo tutto quello che aveva visto, e con un'espressione neutra e priva di emozione, gli fece una domanda: <<Voi chi siete?>>


Lui sorrise, mostrando i suoi denti aguzzi e terribilmente letali.<<Sono Kaiser IV, principe delle terre in Ombra ed erede al trono di questo regno. Lieto di fare la sua conoscenza, principessa Ophelia.>>

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