Fai da te(la)


Tornai in una tiepida sera d'autunno. Il vento scompigliava i miei capelli castani in cerca di scorie che avevo finalmente allontanato dalla mia vita nei mesi precedenti. Le converse mi avevano accompagnato in un viaggio oltre la mia immaginazione. Durante quel periodo mi ero impegnato tanto per arricchire la mia vita di colori. Già...colori...

Ricordo la cartolina che le avevo inviato qualche tempo dopo la mia partenza. Ricordo cosa le avevo scritto:

"Grazie per aver colorato la mia vita e la mia scatola. La sto riempiendo poco a poco. Spero che i tuoi colori non si siano sbiaditi troppo per accendere i miei. Riguardati, ragazzina. "

Quella ragazza aveva fatto molto per me, senza neanche conoscermi. Pochi sguardi dall'altro binario del treno le erano bastati per capire. Avrei allontanato chiunque si fosse avvicinato in quel periodo. Ma lei no. Aveva qualcosa che scaldava l'anima. Spero tu stia bene , pensai stringendo la scatola a me. Il suo regalo per invogliarmi di nuovo a vivere.

Mi dissi che dovevo cercarla. Dovevo accertarmi che stesse bene e che i suoi colori splendessero. Caldi e vivi. Dovevo trovarla e farla ridere. Invitarla a bere una birra seduti in mezzo al prato. Dovevo fare qualcosa per lei. Ma cosa? I miei pensieri vennero interrotti dalla musica distorta proveniente da un locale. Un buco marcio della peggior specie. L'odore degli alcolici scadenti si unì al puzzo di urina sul marciapiede, pungendomi le narici. Trattenni a stento un conato.

Quando quella musica assordante e rumorosa cessò, sentii una voce sussurrare un "grazie". Ebbi un brivido nel riconoscere la voce. Era la sua, ne ero certo. Eppure sembrava così frammentata. Decisi di entrare per capire cosa stesse succedendo.

***

Il bianco elettrico delle luci al neon mi accecò per un istante, colpendomi le iridi con prepotenza. Questo non m'impedì, però, di notare il giallo sporco delle pareti lungo il corridoio che stavo percorrendo. Il senso di sudicio che trasmettevano penetrava sotto pelle e scuoteva le mie membra di disgusto, che aumentò non appena arrivai in fondo alle scale.

Le luci bluastre soffuse introducevano alla sala principale del night club, piena di ricconi senza scrupoli ed ubriaconi da quattro soldi. Ogni tavolo aveva come al centro una lava lamp variopinta. Volevano dare colore ad un posto nero e schifoso.

- Il signore vuole accomodarsi? - mi chiede la voce sensuale di una ragazza seminuda dalla parrucca rosa, che stonava col sorriso cupo e finto che indossava. Mi limitai ad annuire e mi condusse ad un tavolo in un angolo.

Ordinai un whiskey e me ne fu servito uno scadente. Il suo colore quasi marroncino, insieme al suo odore pungente, mi fece quasi desistere dal buttarlo giù. Ma alla fine lo feci, non ero sicuro avrei retto l'atmosfera marcia di quel locale senza un alcolico in circolo.

- Mi scusi, potrebbe dirmi chi si esibirà adesso? - la cameriera si voltò a guardarmi, perplessa.

- Ma come, non è qui per Lei? - il suo sorriso ammiccante mi fece intuire che gli altri uomini erano lì appositamente per qualcuno.

- Lei chi? - forse speravo di essermi sbagliato.

- Eccola, sta uscendo ora. Capirà - la cameriera si accostò al mio viso e in tono sensuale mi sussurrò - E dopo non le staccherà più gli occhi di dosso.

***

Il sipario rosso stinto si aprì sul piccolo palco al centro sala. Una ragazza entrò trascinandosi fino a posizionarsi davanti a un microfono. Le luci si abbassarono ulteriormente. I colori accesi delle lava lamp erano quasi fastidiosi nell'atmosfera buia.

Il silenzio calò come un drappo pesante su tutti i presenti e una musica profonda iniziò a suonare. Una sorta di marcia interiore. Le luci sul palco si spensero di colpo, per poi riaccendersi quando la ragazza iniziò a sbiascicare delle parole soffocate di un testo di Caparezza.

Quando la vidi, mi spaventai. Era nuda, si intuiva. Ma il suo corpo era ricoperto totalmente di pittura nera come la pece. Non riuscivo a capire. Sapevo che l'oscurità che aveva dentro era grande, ma non immaginavo potesse arrivare ad esternarla così.



"La mia testa è nei morsi di gogna.

I sensi di colpa nei sorsi di cognac.

La paranoia, che nelle sere mi ingoia,

come un bicchiere di Nero di Troia,

dipingo pitture nere di Goya.

Come se non meritassi ciò che ho.

Come se contassi ma per quante ciocche ho.

Assuefatto al fastidio, prendo merda addosso

e mica la schivo, chiamami Steve, Oh!"

Il suo sguardo era spento. Non c'era traccia di quella dolcezza color nocciola nelle sue iridi. Solo rabbia. E indifferenza. Ad ogni parola. Ad ogni sillaba. Ad ogni lettera. Ad ogni respiro.

Mi accorsi che le cameriere iniziavano a distribuire pennelli e pittura di vari colori ai tavoli. Due di loro salirono sul palco, posizionandosi accanto alla ragazza. Era immobile, ma potevo percepire i suoi muscoli irrigidirsi.

Le cameriere iniziarono a muovere dei pennelli su di lei. Non capivo cosa stessero disegnando. I colori che usavano sembravano molto accesi. Vedevo qualche sbavatura di verde colarle dalle braccia, come linfa vitale che scivola via. Un rosa fluorescente le contornava l'ombelico, come a voler dare una scossa alle pareti dello stomaco.

Il pubblico invece bagnava i pennelli con i colori a disposizione e li agitava violenti su di lei, che impassibile continuava a cantare.

"Fai,
Fai da,
Fai da te,
Fai da tela,
E lascia che la gente ti dipinga, come può!
Come deve!
Come crede!"

Ecco cosa stava facendo! Era una tela umana! Voleva che le sue ferite si vedessero all'esterno. Voleva che tutti capissero che lei era sempre stata lì. Sempre. A costo di lasciare gli altri far strage di lei. Ma quel pubblico lurido non era lì per riflettere così a fondo. Erano lì per vederla nuda su un palco che li lasciava fare.

Continuavo a vedere le più varie sfumature riempirle il corpo senza che reagisse. Mi faceva incazzare vederla così. Odiavo quando si lasciava sopraffare. Dagli altri, sì. Ma da se stessa soprattutto.

Volevo che mi vedesse. Che si accorgesse che ero lì. Che, almeno in quella situazione, sapesse che poteva contare su di me.

Guardai il barattolo di colore che mi aveva dato la cameriera con la parrucca rosa. Arancione. Sorrisi istintivamente ricordando il momento in cui le sue dita si erano posate sul mio petto, all'altezza del cuore, per scaldarlo. Con un segno di colore arancine.

Mi alzai e, nel farlo, feci appositamente rumore con la sedia. La sua posa impassibile vacillò e per un attimo guardò furiosa nella mia direzione. Rimase sorpresa e i muscoli del viso sembrarono quasi disegnare un sorriso. Ma la canzone continuava. Non poteva fermarsi.

Con le braccia aperte, lasciò che le cameriere continuassero a dipingerle il corpo con non curanza. Il palco buio non consentiva di vedere il risultato. Non fino a quando la musica cessò.

Le luci si riaccesero. Lo spettacolo che mi si parò davanti fu raccapricciante. Sulla base nera, varie sfumature di verde, rosa, azzurro, rosso, bianco e giallo si erano unite per formare la figura di una pianta carnivora appassita. Le avevano disegnato un volto, all'altezza dello stomaco. Lo sguardo mortificato e spento degli occhi blu della pianta era, allo stesso tempo, in sintonia e in discordanza con quello della ragazza.

Dopo gli applausi, si avvicinò a me. Quasi non la riconoscevo. Era stanca. Tanto stanca.

- Cosa ti è successo? Questa non sei tu! - il mio tono preoccupato le fece accennare un sorriso.

- Sì, invece. Io sono esattamente così. Cerco di riparare gli altri, di colorare le loro vite come posso, di farli stare bene. A costo di spegnermi. - la freddezza nella sua voce fu un pugno allo stomaco.

La abbracciai, senza pensarci. Non m'importava che fosse nuda. Non m'importava di sporcarmi con la pittura. Non m'importava di niente. Non potevo lasciare che si spegnesse.

- No, tu non sei così. Tu sei un vulcano di colori. Un'esplosione viva e intensa di emozioni e sorprese continue. Tu, ragazzina, sei un pezzo della mia scatola. - mi scostai da lei e le sorrisi. Sembrava perplessa. Allora lo feci. Bagnai un dito con la pittura arancione e le sporcai delicatamente lo stomaco.

- Questo è per l'empatia che emani. - passai al cuore - Questo è per la vita che hai. - ora la fronte - Questa è per le tue idee folli, ma geniali. - mi fermai un attimo a guardarla, prima di sporcarle le guance. - Questo è per i sorrisi che dovranno illuminarti il viso ogni giorno.

Mi abbracciò commossa e iniziò a lavare via il nero dal volto. Dalle piccole crepe vidi riaffiorare la sua pelle rosa.

Mi guardò a lungo, prima di sorridermi. I miei segni arancioni vennero assorbiti da due magnifiche fossette. E quel caldo colore nocciola tornò a scaldarle l'Anima negli occhi.


[1454 parole]


NOTA DELL'AUTRICE:

Carissime,

Come va?

Non so se sono in tempo, ma eccomi qui finalmente. Mi scuso per il ritardo e per non essere stata all'altezza stavolta, ma ho avuto un po' di cose per la testa in questi giorni e non riuscivo a scrivere. Consiglio come sempre l'ascolto del brano, seppure ininfluente sul giudizio.

Allora, su queste OS devo dirvi un po' di cosucce.

Innanzitutto questa storia è dedicata a Sinapsi_Corrotte , principalmente perché è il seguito di "La Scatola Magica" (che si trova in "Il Puzzle di T."...perdonate l'autospam). In quel brano ho cercato di parlare un pochino di lui, per quel poco che lo conosco, dal mio punto di vista. In questo ho fatto esattamente il contrario. Ho provato a parlare di me secondo il punto di vista del personaggio che avevo creato per lui. Mio caro D., grazie davvero per le volte che mi sproni, per le birre, per "la giocoleria", per i fumet...ah no, quelli ancora non me li hai dati :P! No, sul serio, sono contenta di averti incontrato tra un mare di utenti e aver avuto modo di leggerti e confrontarmi con te. E ti prometto che è l'ultima volta che ti cito in qualche storia (immagino la noia delle notifiche)...forse ;).

Seconda cosa. Avrei voluto svilupparla meglio. Ma molto meglio. Lo farò a fine concorso magari. È stata colpa della mancanza di tempo...*sospira sconfortata*.

Terza ed ultima cosa. La più importante.

Vi ringrazio per avermi dato l'opportunità di partecipare a questo magnifico concorso e per avermi fatta crescere. Vi ringrazio per le emozioni che mi avete regalato. Per le risate. Per i fumi di alcool. Per le tracce stupende e stimolanti che avete creato. Ma, soprattutto, vi ringrazio per avermi fatto conoscere persone come voi. E ringrazio anche tutti gli altri partecipanti per il supporto e per aver condiviso questo percorso insieme. Un in bocca al lupo a tutti!

Vi lascio ai vostri sogni.

Un abbraccio,

La Vostra T.

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