PRIMA PROVA - Prodigio doppio
I raggi del sole entrarono nella sua camera e la svegliarono. In quell'albergo non c'erano persiane o tendine così, ogni mattina, si svegliava troppo presto. A lei non dispiaceva: amava essere mattiniera e fare lunghe passeggiate per Londra. Tutto questo sarebbe finito, lo sapeva. Doveva ritornare a casa e continuare il suo lavoro noioso, ma in quel momento voleva godersi solamente le sue meritate vacanze.
Si preparò e scese nella hall. Vicino alla vetrata era posizionato un pianoforte di mogano. Un distinto signore si sedette sul comodo sgabello in pelle e incominciò a suonare.
La ragazza gli fece un cenno con la mano e uscì in strada. Anche se il sole era sorto nel cielo e illuminava le strade, i lampioni erano accesi.
Trafalgar Square di notte era uno spettacolo! Era piena di persone, di suoni, di luci, di profumi...
In quel momento invece, le insegne pubblicitarie erano spente. I pedoni erano pochi, ma le auto non mancavano.
A lei piaceva molto fermarsi, osservare le persone e provare ad indovinare o ad inventare le loro storie.
Si appoggiò ad un muro ed incominciò a guardarsi intorno. Si maledisse mentalmente perchè non aveva portato con sè gli occhiali da sole. La luce era troppo intensa. Era strano a quell'ora del mattino, ma non ci badò molto.
Ad un tratto vide tra la folla una bambina molto particolare. Non aveva gli occhi. Le due cavità oculari non c'erano, al loro posto c'era solo la sua candida pelle chiara. I capelli erano boccolosi, color miele e le sue guance rosse.
Non lo aveva mai fatto prima, ma decise di avvicinarsi e di parlarle. Voleva sapere chi era e sentiva il bisogno di descriverle ciò che non riusciva a percepire.
"Ciao!" La voce della bambina era gentile. "Io sono Melissa! Tu chi sei?"
Come aveva fatto a capire che era arrivata? Molto probabilmente aveva perfezionato l'udito negli anni di cecità, si disse tra sè e sè.
"Sei qui perchè vuoi descrivermi quello che vedi tu, vero?"
Melissa era una bambina, ma sembrava molto intelligente. La ragazza era incredula. Come aveva fatto a capire anche il suo intento? Non volendo apparire scortese le rispose: "Sì! Vorrei tanto che tu riuscissi a vedere ciò che ti circonda!"
"Ma io vedo la luce!"
"Ti piace vederla?" La ragazza pensò che fosse un modo per Melissa di accettare la sua condizione così le diede corda. Molto probabilmente l'oscurità che vedeva era l'unica luce che ricordava o che aveva mai potuto contemplare.
"Sì! Lo sai che Londra è una bellissima città?" Sussurrò la bimba.
"Certo!"
"Sai, io non vedo solo la luce... io... posso vedere Londra!"
"Davvero? Com'è?" La ragazza stava aggiungendo "per te", ma si tratenne.
Quando si accorse che però Melissa descriveva la piazza nei minimi particolari si spaventò.
"I tuoi genitori dove sono?" Le chiese. "Sono a casa! Lo so che non devo parlare con le persone che non conosco, ma tu sei brava e voglio portati da loro! Mi segui?"
"Io dovrei andare..." Mentì. Quella conversazione aveva preso una piega troppo strana. Si sentiva a disagio.
"Non è vero! Questa è una bugia!"
"Sì, hai ragione!"
Era sempre più inquietante. Era come se Melissa riuscisse a vedere l'anima e la mente della sua interlocutrice, ma anche ciò che le stava intorno. Nessuno poteva capire le persone come lei e nessun cieco aveva mai visto come lei, altrimenti non si chiamerebbero in questo modo.
Quella bambina aveva due particolarità, ma se all'inizio la ragazza si fidava di lei ed era convinta che fosse una bambina buona; in quel momento cambiò idea. La scoperta di queste sue due capacità l'agitò e si fece prendere dal panico.
"Forza! Vieni!" Com'era duro e perentorio il suo ordine!
La ragazza la seguì incerta. Nessuno prestava attenzione a loro. Erano tutti troppo presi da loro stessi per notare una bimba senza occhi camminare come se nulla fosse e una ragazza tremante seguirla.
Arrivarono a Piccadilly Circus e procedettero verso Green Park. Che suoni melodiosi! Il cinguettio degli uccellini, gli insetti che ronzavano... il rombo delle macchine e il brusio delle voci era un ricordo lontano. Si era immersa in quel paradiso naturale e non ne voleva più sapere di muoversi.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto ed era rimasta incantata.
Melissa si accorse che non la stava più seguendo così si fermò.
"Ti piace questo posto?" Le chiese Melissa.
"Uh! Oh! Scusami! Ero persa nei miei pensieri! Mi hai chiesto se mi piace Green Park, ho capito?" la bambina annuì "Certo! È uno splendido posto! È come se non fossimo più nella città che è Londra, ma in campagna!"
Melissa sorrise e le disse: "Non trovi che sia il Paradiso?"
La ragazza lo interpretò come un modo di dire e annuì.
Percorsero tutto il parco. Gli alberi non riuscivano a fermare la luce. Le zone per i pic-nic erano tutte libere e quello strano duo incontrò solo alcuni corridori mattinieri e un bambino piccolo, insieme alla sua mamma con una pianola giocattolo nera. I loro volti erano luminosi e pieni di felicità.
Uscite da Green Park passarano vicino a Buckingham Palace. Lo spiazzo vicino al palazzo reale era di sabbia, non c'era l'erba come al parco.
La luce non era più accecante come a Trafalgar Square e a Green Park, una nuvola bloccava i raggi del sole.
"Il palazzo reale!" Disse Melissa.
"Già!" Sospirò lei.
"Dopo non conterà nulla essere ricchi e avere potere!"
"Cosa vuoi dire?"
"Lo capirai!"
"Ci vuole ancora molto?" La ragazza era spazientita dall'atteggiamento di Melissa e voleva sapere il significato di tutte le sue frasi strane.
"Non avere fretta! Questo è un luogo di passaggio, un po' come il Purgatorio!"
Quella frase non le piacque. Ripresero a camminare rimuginando a lungo su tutto quello che le stava succedendo.
Arrivarono a Victoria Station, una statione della metropolitana molto conosciuta a Londra. Entrarono e andarono verso le porte girevoli.
"Non paghiamo?"
"No! Non c'è nessun! Scavalca!" Rispose con un sorriso peccaminoso Melissa.
La bionda scavalcò e prese le scale mobili per scendere dalla banchina. Non aveva gli occhi, ma era come se ce li avesse. Stufa e spaventata, la ragazza era sul punto di ritornarse all'albergo, ma cambiò idea.
Sapeva che era pericoloso e non molto intelligente, ma era lì ormai, quindi avrebbe finito il suo viaggio.
Arrivò alla banchina e Melissa le fece cenno di seguirla inoltrandosi nel tunnel della metropolitana.
Era buio pesto! Non c'era luce! Non c'erano i raggi del sole ad aiutarle nel loro cammino! L'oscurità le avvolgeva in un abbraccio asettico e freddo!
"Perchè siamo qui?" Urlò la ragazza.
"A conoscere i miei genitori!" Melissa si voltò. "Apri la porta!"
"Quale porta? Non c'è nessuna..."
La ragazza si girò a destra e vide una porta di legno marcio. Stufa di questo viaggio, l'aprì sicura di sè.
Buio, la sola cosa che vide in quella stanza. L'audacia si afflievoliva a poco a poco nel suo animo. Non voleva entrarci, ma era come se sentisse di doverlo fare.
Mise prima un piede all'interno e poi un altro. Era avvolta da un'oscurità peggiore di quella del tunnel. Si spinse oltre, incerta, andando verso quello che lei intuiva fosse il centro di quel posto orribile.
"Benvenuta! Spero che ti piaccia l'Inferno!" Sghignazzò Melissa.
Chiuse la porta e urlò come un'ossessa andandosene via.
Non ci poteva credere! Era lì, da sola in trappola e nessuno l'avrebbe salvata. Un senso di claustrofobia incominciò ad impossessarsi di lei. Voleva uscire e rivedere la luce del sole, la sua famiglia, i suoi amici...
Si Si Do Re Re La Si La ...
Lieve! Era sicuramente un pianoforte che produceva questo bellissimo suono! Lei conosceva la sinfonia che producevano quelle note una dopo l'altra: era la 9° Sinfonia di Bethoveen, più conosciuta come l'Inno alla gioia.
Era sempre più forte! Lo sentiva aumentare sempre più! Fece un sorriso amaro: era curioso come fosse finita all' "Inferno", lei era rea di frode! Non aveva pagato il biglietto e il karma l'aveva punita. Che stupidità! Scuotè la testa e pensò che molto probabilmente se lo avesse pagato non sarebbe cambiato niente!
L'Inno alla gioia non cessava e lei si ritrovò a pensare ad un altro scherzo del destino: lei non era affatto gioisa, ma era costretta ad ascoltare un inno alla gioia...
La luce accecante del sole la svegliò. Era mezzogiorno! La ragazza si guardò intorno constatando che era in camera sua. Dal salotto proveniva il suono del pianoforte di suo fratello. Scese dal letto e si diresse in cucina.
"Ben svegliata sorellona!" Il salotto e la cucina erano comunicanti.
"Ciao Marco! Preparo da mangiare, okay?"
"Sbrigati che tra un po' arriva il papà!"
"Lo so, piccolo!" Fece un sorriso sincero.
"Io non sono piccolo!" Marco scuotè il capo e i suoi capelli biondi svolazzarono a destra e a sinistra. Prese il telecomando e accese la televisione sedendosi sul divano.
La ragazza era intenta a cucinare, ma luce era troppo intensa. Decise di tirare le tende delle due finestre. Così facendo si imbattè in una notizia del telegiornale: bambina tranciata sui binari di Victoria Station.
Scioccata la ragazza ricordò il sogno appena fatto. Quando vide l'immagine della bambina morta rabbrividì e si sedette sul divano tremante: le due cavità oculari non c'erano, al loro posto c'era solo la sua candida pelle chiara. I capelli erano boccolosi, color miele e le sue guance rosse...
***
Angolo Autrice
È lungo, lo so! Vorrei chiedere solo una piccola cosa ai giudici! Se vi piace la storia mi potreste mettere una stellina? Così so se vi piace!
Grazie mille in anticipo!
DornANna-LlorentIan
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