Sono bugiarda
Amelia non era una persona sincera.
Era una grande fan delle bugie bianche, quelle innocenti e che non dovevano far male a nessuno. Era anche convinta che qualunque bugia, con la giusta motivazione, potesse diventare "bianca".
Non aveva mai avuto problemi con questo suo lato poco dignitoso. Non raccontava bugie inutilmente, ma solo se necessario, quindi aveva considerato la sua indole a metà fra il giusto e il sbagliato, sempre giustificata.
Quella mattina del venti dicembre, però, si svegliò insieme alla neve che precipitava adagio, finalmente, dopo due anni di totale assenza. Si alzò dal letto felice, osservando quei piccoli cristalli bianchi abbattersi contro la finestra, e cercò il suo riflesso allo specchio.
C'erano momenti di felicità infantile, o di tristezza profonda, in cui amava specchiarsi per vedere in che modo ne risentisse la sua immagine esterna, quella superficiale e a portata di tutti.
Quel giorno si trattò del primo caso e volle vedere se i suoi occhi brillavano o se le sue labbra restavano piegate in un incontrollato sorriso.
Nulla di tutto ciò, constatò infine.
" O forse, no aspetta, osservando meglio le pupille sembrano più dilatate e il lato destro delle labbra ha una piccola piega verso l'alto!" si convinse per un attimo, fino a constatare che, ormai, diceva bugie bianche anche a se stessa. Che fosse quello il problema? Si domandò, in ansia. E ancora, nonostante la preoccupazione, nulla traspariva dalla sua espressione.
Era così abituata alle sue piccole bugie che distribuiva quotidianamente qua e là, che non aveva più nulla della spensierata bambina che era. Da libro aperto si era poi trasformata in una faccia da poker invidiabile, circondandosi di un involontaria aria misteriosa che non sentiva sua. Si stava trasformando in un'orribile giornata, decise di uscire quindi a distrarsi.
L'orologio segnò le nove e mezza del mattino e Amelia si sentì improvvisamente affamata, quindi scelse un paio di jeans scuri e la felpa pelosa regalatole dalla madre, per dirigersi verso il bar più vicino.
Nonostante la neve che cadeva e i suoi piedi bagnati che sprofondavano nel manto bianco (coperti da scarpe da ginnastica di pessima qualità) non si fermò al primo bar più vicino, nemmeno al secondo. Il terzo era una pasticceria da cui provenivano delle leggere note di musica natalizia, un classico in quei giorni. Il pupazzo di una renna era caduto accanto alla porta d'ingresso, e Amelia dovette scavalcarla per entrare nel locale. Un acchiappasogni all'ingresso tintinnò non appena oltrepassò la porta e lei sorrise, amava gli acchiappasogni; da piccola li suonava di continuo, pensando di chiamare così gli angeli ed immaginandoseli arrivare di corsa, preoccupati, come se fossero il richiamo d'allarme per dei cavalieri senza macchia e senza paura. Poi era diventata una bugiarda, ed aveva iniziato a negare simili pensieri, ma continuava a crederci in un piccolo angolo di se stessa.
"Buongiorno" esclamò una calda e squillante voce maschile. Alzò lo sguardo e vide un ragazzo, aveva forse la sua età o poco meno, che la guardava da dietro un bancone pieno di pasticcini. Sorrise, sperando che la sua faccia da poker si mostrasse cordiale e all'altezza di quello sguardo caldo, e si avvicinò.
- Salve, vorrei una cioccolata calda e una meringa con panna- sussurrò senza guardarlo in viso, quasi impaurita che lui potesse darle della golosa. Non che gli interessasse però, era un piccolo timore nato da chissà quali inconsci e sciocchi pensieri. Pensieri che non conosceva, sia chiaro.
Lui le sorrise e si voltò verso il miscelatore di cioccolata con una tazza in mano.
- Amelia, tu non adoravi la neve? - le chiese.
Lei alzò lo sguardo, stupita che si ricordasse quel particolare tanto sciocco dato che erano passati anni, da quando non erano più nella stessa scuola elementare. Un pizzico di vanità le illuminò gli occhi.
- Che memoria, complimenti- esclamò, scherzosa.
Appoggiò una mano sul bancone in vetro e l'allungò sulla sua tazza mentre Giacomo, che aveva solo gli occhi a ricordarle quel bimbo solitario e timido che era, scrollò le spalle e si piegò in avanti alla ricerca della sua meringa.
- Me lo sono appena ricordato. Ti ho visto entrare con quell'espressione triste e i capelli ricoperti dalla neve fresca e mi è uscito spontaneo, - spiegò con noncuranza, poi forse notò lo sguardo sorpreso e dubbioso di Amelia e, porgendole la sua colazione, aggiunse - ti ho offeso? No perché mi manca il filtro tra bocca e cervello, a volte ciò crea problemi- intonò grave, come se la situazione fosse più cupa di come l'avesse illustrata. Amelia pensò fosse il suo modo di fare umorismo, quindi scoppiò a ridere.
- Io ho il problema opposto, ho troppi filtri -.
Giacomo non sembrava prestarle molta attenzione e passò la spugna sul bancone, per poi chiederle cosa intendesse dire.
Lei sospirò, incantandosi davanti ad una candela accesa al centro della vetrina e circondata da panettoni e fiocchi rossi. La fiamma domava la sua attenzione, giocando con gli spifferi di vento che la colpivano a tratti. Giacomo seguì il suo sguardo, forse anche lui era affascinato dal fuoco.
Notando che si stava perdendo lo guardò,
prendendo coraggio per rivelargli il suo piccolo segreto.
- Sono in un circolo vizioso e poco conveniente. Dico troppe bugie, a buon fine sia chiaro, ma il loro fascino si è esaurito come si esaurirà la cera che tiene in vita quella fiamma. Non voglio più dirle, ma ho paura di non ricordare come si faccia ad essere sinceri -.
Buttò il discorso lì, davanti ad un ragazzo che era come uno sconosciuto, un ex compagno di scuola con cui non avrebbe mai pensato di esser sincera. Chissà se la neve la stava cambiando, si domandò.
Lui esalò un'esclamazione sorpresa, asserendo con la testa come a prender atto delle sue parole.
- Non sempre è conveniente essere sinceri, ci vorrebbe una mezza via- disse lui.
- Ma sì, magari troppa sincerità a volte è fuori luogo... credo sia poi tutto relativo, ma nemmeno dire sempre bugie fa bene- gli rispose, asciugandosi le labbra dalla cioccolata.
Lui le avvicinò il dispensatore di tovagliolini, pronunciando un - già- poco convinto.
- Dai, sai che facciamo? - disse poco dopo, entusiasta. Lei gli rivolse uno sguardo leggermente allarmato, e lui proseguì, - oggi è il venti e mancano undici giorni al 31 dicembre. Ogni giorno verrai qui e impareremo l'uno dall'altro. Arriveremo al nuovo anno diversi, tu imparerai a essere sincera più spesso, ed io a dire qualche piccola e innocente bugia.-
Amelia quasi si strozzò con la granella della meringa.
- Sei pazzo...- rispose, ma in realtà l'idea l'affascinava.
- Vedi, già inizi a dire quello che pensi davvero- commentò lui, ridendo.
Lei gli rivolse uno sguardo altezzoso.
- In realtà pensavo che fosse un'idea intrigante. Prima regola, per dire bugie devi anche saperle riconoscere-.
Giacomo la osservò con l'espressione di un bimbo che ha appena fatto una marachella.
- Tranquilla, imparo in fretta. E per dimostrartelo ti propongo un'esame finale, il migliore sceglierà la punizione dell'altro!-
Amelia rise, contenta di avere un obbiettivo e, forse, una cura divertente alla sua malattia.
- Ok Giacomo, io sono pronta- esclamò con aria di sfida e, forse, dicendo la sua prima verità.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top