Capitolo 45

"Maledetto!"

Non posso fare a meno di lasciarmi andare alla frustrazione, di riversare la mia impotente rabbia sulla causa del mio fallimento e del mio dolore.

Perché è colpa di Kronos se l'Ellade verrà rasa al suolo.

Sua sarà la responsabilità delle anime che si accalcheranno sulle sponde dello Styx.

E' per la sua ossessionante bramosia che non rivedrò mai più Alexandros, che sono condannata ad una vita, per quanto breve, di lacrime e malinconia.

"Hai venduto l'Ellade a quella banda di mostri? Ma che razza di divinità sei?" gli grido contro, mentre mi trascina per un braccio tra gli alberi di questa immensa foresta. Kronos si ferma e si volta di colpo, costringendomi a fissare da vicino il suo odiato volto.

"L'Ellade era mia prima che quell'arrogante straniero la invadesse e credimi, si viveva molto meglio di adesso. Qualsiasi opera di Zeus merita solo di essere spazzata via" sibila tra i denti.

"Tu non sei meglio di Zeus. Sei ricorso ad uno sporco imbroglio per vincere una scommessa con un'umana. Quanto più in basso scenderai ancora?" gli rinfaccio.

"E' tutto qui il tuo problema, Alyssa?" chiede con voce minacciosa. I suoi infernali occhi scuri mi tengono legata a lui, e solo quando il buio ci circonda mi accorgo che siamo completamente avvolti nel suo mantello.

La sensazione claustrofobica dura pochi attimi. Quando il suo braccio si abbassa, assieme alla pesante stoffa, la foresta straniera non c'è più. Al suo posto giacciono le rovine della Casa del Tempo.

Kronos mi spinge in avanti. Controvoglia varco la soglia del piccolo tempio semidistrutto. La desolazione che regna qui dentro è ancora più opprimente della prima volta che l'ho visto, eppure nulla sembra essere cambiato.

"Ti sei buttata a capofitto alla ricerca di uno sconosciuto, nemico della tua terra, che non poteva darti nulla se non dolore e morte, e rifiutando un Immortale. Povera sciocca!" commenta ironico il mio nuovo Signore. Il sorrisetto che aleggia sulle sue labbra ha lo stesso effetto del veleno.

In fondo al tempio una vecchia porta di legno scuro e nodoso si nasconde tra i rami che hanno ormai stretto nella loro morsa quasi tutte le pietre rimaste in piedi.

Il dio del Tempo la spalanca senza sforzo e mi fa strada attraverso un bagno di luce accecante che ci colpisce e mi costringe a chiudere gli occhi, lasciandomi condurre. Le parole di Kronos ora riecheggiano ovunque, nonostante la sua presa salda non lasci alcun dubbio sulla sua presenza davanti a me.

"Hai commesso un errore da umana, piccola mortale. Ma non te ne farò una colpa. Non potevi neppure immaginare cosa sono in grado di offrirti."

"Qualunque cosa tu voglia darmi non potrà mai sostituire quello che mi hai tolto, né cancellare il tradimento" mormoro ferma.

Ignorando la mia protesta, due mani si chiudono a coppa attorno al mio viso.

"Apri gli occhi, Alyssa." La sua voce è profonda e vellutata, mentre pronuncia il mio nome e lascia sulla mia pelle brividi di timore e piacere indesiderato.

Non voglio che sia gentile con me.

Quando lo sento allontanarsi, sbircio con diffidenza tra le palpebre socchiuse, ma quello che vedo non mi lascia scelta se non sgranare gli occhi.

Migliaia di piccole luci sospese nel cielo notturno, come freddi occhi della volta oscura, illuminano di un debole chiarore una morbida distesa di sabbia, dove i dolci pendii delle dune si muovono mutando le forme del paesaggio, lentamente ma inesorabilmente. Pallide onde celesti in un mare di solitudine.

"Queste sono le Sabbie del Tempo" mi sussurra all'orecchio Kronos.

Il suo corpo alle mie spalle ha il calore del fuoco che arde nei bracieri del suo tempio, a Lykaion. Le sue braccia si allungano finché le sue dita intrecciano le mie.

Con un movimento semplice e fluido le guida, marionette nelle sue mani, mentre una folata di vento, né caldo né freddo, solleva una manciata di sabbia e la avvolge in eleganti spirali che danzano aggraziate davanti a noi e poi si dissolvono nell'aria.

Non riesco a provare meraviglia. Posso solo rimanere inespressiva a fissare questo deserto, vuoto come quello che mi è rimasto dentro.

Kronos tiene le mie mani adagiate sulle sue, finché con una leggera spinta le lancia in alto. Le Sabbie del Tempo imitano il suo gesto, innalzandosi maestose e creando forme di animali, piante e creature di cui ho solo sentito parlare nelle favole e nelle storie del Sacerdote.

Un mondo perfetto, dove gli esseri umani sono parte di questa armonia. Li vedo correre liberi e seminudi, disarmati e felici.

Uno di loro si ferma e mi guarda. La sabbia del suo volto si dispone in un sorriso. Lo vedo avanzare sicuro verso di me, ma più si avvicina più assume le fattezze del volto che odio.

Il dio del Tempo rompe la figura di sabbia presentandosi davanti a me come uno di quegli uomini. Il suo petto nudo presenta gli stessi decori tribali che ornano le sue braccia, la sua possanza è amplificata dalla muscolatura scolpita e dall'altezza che ora sembra sovrumana. O forse è solo la paura che alimenta la mia immaginazione.

"Vedi cosa possiamo fare insieme? Questo è solo un assaggio di quello che potrai dominare assieme a me" promette sornione sollevandomi senza sforzo tra le braccia. Così vicino, il suo profumo silvestre mi stordisce e mi costringe a voltarmi il più lontano possibile da lui per non soccombere alla tentazione di cui è foriero.

Nonostante il rancore nei suoi confronti, è difficile ignorare la sua presenza. Il suo richiamo è ipnotico come i serpenti sacri della Madre Terra. Per quanto io mi sforzi di negarlo, rischia di attirarmi sempre di più nelle sue spire.

Non cederò alle tue illusioni, impostore.

Mi guardo intorno alla spasmodica ricerca della porta da cui siamo usciti, ma sembra non essere mai esistita. All'orizzonte appare, invece, una macchia verde che ben presto si rivela essere un gruppo di palme.

Solo quando arriviamo in prossimità degli alberi noto l'enorme tappeto dall'intricato disegno ai loro piedi, circondato da splendidi cuscini.

Kronos mi adagia delicatamente su di esso e io, d'impulso, rotolo fino all'altro capo per allontanarmi da lui, con l'agghiacciante presentimento di esserne già in parte assuefatta. So che non ho via di scampo, ma questo non vuol dire che gli permetterò di vincere questo gioco, anche se lui crede che io abbia già perso.

Per sfuggire al suo sguardo rapace mi concentro sul raffinato disegno del tappeto. Mi rendo conto immediatamente che si tratta della raffigurazione della storia del dio: Kronos tra le Sabbie del Tempo, Kronos in Ellade adorato dagli uomini, l'arrivo di Zeus e la sua vittoria. E poi il racconto si ferma.

"Questo sei tu, non è vero?" chiedo fingendo ingenuità. Lui mi fissa con un lieve sorriso, a braccia conserte.

"E questo è Zeus, quando ha conquistato l'Ellade" continuo, rigirando volontariamente il coltello nella piaga. Il volto di Kronos si fa subito serio.

"E finisce così la storia" concludo, come se fosse una verità inconfutabile.

Il dio riflette per un momento, poi torna a sorridermi con un'espressione maliziosa. Si siede sul tappeto a sua volta, puntellandosi su un braccio, e indica la parte non ancora ricamata.

"La storia non finisce qui. Stanotte ci sarà un altro capitolo da aggiungere. E saremo tu e io a scriverlo."

Con la pericolosità di un felino si avvicina a me e mi induce istintivamente ad indietreggiare. 

Che sia per difendermi o per colpa di un suo sortilegio, non riesco a distogliere gli occhi dal suo sguardo profondo. Lentamente mi accovaccio, pronta a scattare, ma Kronos scoppia a ridere, rompendo la mia concentrazione.

"Pensi veramente di poter fuggire?"

Mi afferra un braccio e mi strattona. Non mi ci vuole molto per perdere l'equilibrio e finire con la schiena a terra. In un attimo Kronos blocca le mie gambe con le sue e mi sovrasta.

Giro la testa di lato per non dover sostenere anche la vista del suo volto, così vicino, tanto da essere insopportabile. Perché nonostante tutto possiede una bellezza divina, oscura e magnetica, troppa per il fragile occhio umano.

Le sue dita scivolano sulla mia guancia e si insinuano lungo il collo.

Quello che le segue è un bacio che brucia a lungo sulla mia pelle, mentre morbide carezze si fanno strada dalle gambe alla vita.

Non ce la faccio a resistere.

Cerco di alzarmi con un guizzo, ma l'unica cosa che ottengo è sbattere contro la sua solida spalla. Presa dalla disperazione del sentirmi in gabbia, mi dimeno sotto di lui. Le sue mani mi bloccano in men che non si dica.

"Adesso basta!" tuona.

Immediatamente il suo peso grava quasi completamente su di me, lasciandomi senza fiato. La sua voce diventa roca, quasi ansimante, quando mi parla all'orecchio.

"Finora sono stato gentile e paziente. Non fare due volte lo stesso sbaglio. Resistere sarà solo più doloroso."

Stringo le palpebre senza riuscire a trattenere le lacrime, rassegnata e allo stesso tempo terrorizzata per quello che mi attende.

Non sarà l'amore che ho avuto da Alexandros.

E' un pensiero che mi dà il colpo di grazia. Reprimo a stento un singulto, mentre qualcosa in me si spezza, si scioglie nella più totale prostrazione.

Con un gesto che aggiunge rabbia al ventaglio di emozioni che mi vortica dentro, Kronos posa una mano sulla mia guancia e mi costringe a guardarlo negli occhi. La mia prima reazione sarebbe colpirlo al volto, ma la sua espressione mi lascia attonita e confusa.

E' molto diversa da quella che mi aspettavo. Non ha nulla della barriera di potere, superiorità e mistero che innalza di solito. No, nulla di tutto ciò.

E' quasi...umana.

Mi osserva in modo diverso, come se per la prima volta stesse davvero cercando un contatto con me.

"Non piangere" mormora.

Passano attimi che sembrano eterni, poi si abbassa su di me. Le sue labbra conquistano le mie con violenta passione, trabordano desiderio e dominio. Le sue mani esperte prendono possesso, incontrastate, di tutto ciò che incontrano, cercando piacere, ma anche donandolo a loro volta con inaspettata dolcezza. La sua sensibilità alle reazioni del mio corpo è disarmante.

La mia coscienza mi impedisce di rispondere al suo impeto, eppure non sono nemmeno in grado di fermarlo o di mettere a tacere le sensazioni che mi provoca. Quello che mette in ogni suo bacio, in ogni suo tocco, in ogni respiro, è qualcosa che va oltre la mera attrazione fisica.

C'è molto altro. E la scoperta mi spaventa, perché lo sento vicino, più di quanto desiderassi.

Se avesse preso solo il mio corpo, forse alla fine avrei persino potuto sopportarlo. Ma così mi travolge con una necessità che bussa direttamente alle porte della mia anima.

La sua bocca accarezza per un istante il mio collo, poi risale con un sospiro sofferente. Quando infine si solleva per guardarmi, sono i suoi occhi ad essere lucidi.

Mi guarda, come non mi ha mai guardato prima, e porta la mia mano sul suo viso, rifugiandosi il più possibile nel palmo ed inspirando a fondo.

E, con voce rotta, sussurra: "Ananke, amore mio."

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