Capitolo 37
I Fomoraig emergono in massa dal fondo dei sotterranei, pestando i pesanti piedi sul terreno.
Nascosti in un angolo della caverna, possiamo solo figurarci la scena attraverso i rumori che provengono dall'esterno.
Alexandros, a dire il vero, non si affida unicamente al suo udito.
Inginocchiato dietro di me, ha appoggiato la fronte contro la mia spalla, bilanciandosi col mio sostegno, mentre i suoi sensi godono del momento di libertà dai vincoli del suo corpo.
Non so che darei per poter vedere quello che è in grado di vedere lui.
I passi diminuiscono man mano che i Fomoraig giungono nei pressi della tana del Fir Larrig.
Il piccolo demone ha smesso di lamentarsi e comincio a temere che sia riuscito a rifugiarsi nel covo da cui è venuto.
Quando anche l'ultimo Fomoraig si ferma, cala un silenzio surreale, pesante e infinito, che rimbomba sulla volta di questa caverna, tra le pareti di questi sotterranei.
Sono tentata di svegliare Alexandros dalla sua trance per chiedergli cosa sta succedendo, ma non oso. Non so come potrebbe reagire.
Il sudore che finora mi ha appiccicato i capelli in un bagno di calore, inizia a scendere freddo dalla mia fronte. Ignoro la sensazione di fastidio, non tento neppure di asciugarmi, per paura di fare rumore.
Qualcuno digrigna i denti. Sono abbastanza sicura che si tratti del Fir Larrig.
E' ancora lì.
Forse possiamo ancora sperare di entrare nella sua galleria e trovare un modo di fuggire da qui.
La cortina di apparente calma viene squarciata dal grido di battaglia del Fir Larrig, a cui prontamente rispondono in maniera corale i Fomoraig.
E' un suono assordante.
Ben presto si aggiungono urla di dolore, lame che si scontrano, piedi che battono come a voler calpestare un insetto.
Rischio di perdere l'equilibrio quando Alexandros solleva inaspettatamente la testa. Mi affretto a cercare il suo sguardo per leggerci qualsiasi informazione possa essere utile per rendermi conto di cosa stia succedendo esattamente là fuori. Lui si porta la mano alla tempia, poi scuote leggermente la testa e sbatte più volte le palpebre.
"Quella sanguisuga è più veloce di una saetta, sta facendo un vero macello" racconta preoccupato.
"Approfittiamone ora."
Alexandros annuisce e parte in avanscoperta, affacciandosi dalla bocca della caverna e facendomi cenno di attendere dietro di lui.
Davanti ai nostri occhi appaiono all'improvviso la lunga testa e l'elmo cornuto di un Fomoraig che crolla per terra e alla cui vista ci ritiriamo come chiocciole.
E' alto come i Titani che una volta infestavano l'Ellade e le sue gambe portano i segni della micidiale falce.
Si lamenta e brontola rabbiosamente, infine si rialza e si lancia nuovamente nella mischia, lasciando abbondanti pozze di sangue dietro di sé ad impregnare il terreno.
Alexandros torna a controllare lo scontro, sollevando la mano a mezz'aria finché ad un certo punto dà il segnale di via libera.
Usciamo di soppiatto dal nostro nascondiglio con lo sguardo vigile e fisso sull'infernale zuffa.
La via per la tana del Fir Larrig è totalmente ostruita dai corpi seminudi, grigi e massicci dei Fomoraig che tentano di difendersi dal sanguinario demone.
Piccolo e veloce, l'inquietante essere sguscia tra di loro come un serpente di mare, provocando macabre ferite che, però, sembrano istigare l'aggressività dei tozzi giganti e aumentarne la forza, anziché indebolirli.
Per tenerci lontani dal pericoloso scempio siamo costretti ad allungare il percorso, correndo di stalagmite in stalagmite in cerca di riparo temporaneo.
Persino in questa fuga al cardiopalmo trovo il tempo di indugiare su quella languida sensazione che mi pervade quando Alexandros mi schiaccia contro una stalagmite, troppo stretta per nascondere entrambi.
E' qualcosa di primordiale, che sento crescere istintivamente ad ogni momento che passa e affonda le sue radici in quella natura libera e selvaggia in cui sono nata e cresciuta e a cui anelo ritornare, perché quello è il mio mondo. E voglio che Alexandros sia lì con me.
E' assurdo pensarlo in questa situazione in cui rischiamo di finire ammazzati, ma mai come ora ho creduto al sogno che mi ha accompagnato per anni. Adesso sono sicura non fosse solo un'illusione.
"Manca poco. Ora devi correre fin laggiù tutto d'un fiato, chiaro? Non fermarti per nessun motivo" mi redarguisce Alexandros.
Non posso non lanciargli un'occhiata sospettosa.
"Io ti seguo a ruota e ti copro le spalle" aggiunge con un sorrisetto furbo.
"Sappi che dovrai vedertela con qualcosa di peggio di quattro stupidi ammassi di muscoli e un cannibale squilibrato se osi rimanere indietro" lo avverto muovendo minacciosamente le punte delle dita davanti ai suoi occhi.
Lui ride.
Posa un bacio giocoso sulle mie dita, poi mi afferra per le spalle e mi gira nella direzione in cui correre.
"Sarei quasi tentato di accettare la sfida, ricordamelo quando saremo fuori da questo finimondo."
Mi sporgo per assicurarmi che la via sia libera.
I Fomoraig sono ammassati in un punto, voltati di schiena. Hanno finalmente messo il Fir Larrig con le spalle al muro.
Adesso!
Scatto, corro più veloce che posso, senza guardare indietro, né in qualsiasi altra direzione, per paura di perdere secondi preziosi.
Ci sono quasi, ci sono quasi...
"Aaargh!"
Lo strillo inferocito del Fir Larrig è lancinante.
Nell'attimo in cui mi volto per vedere cosa sta accadendo, una scheggia impazzita zig-zaga tra gli aggressori e mi si para davanti, sbarrandomi la strada.
Il demone è più arrabbiato che mai e non esita un secondo di più. Solleva immediatamente la sua falce per colpire, ma non ho il tempo di vederla calare su di me, perché vengo spinta via bruscamente.
Alexandros rotola a terra al mio fianco e si rialza prontamente, afferrandomi il braccio per rimettermi in piedi e trascinarmi via prima che il Fir Larrig attacchi nuovamente.
Il nostro tentativo di riprendere la fuga, però, viene stroncato dai Fomoraig, corsi dietro al selvaggio demonietto e chiusisi a cerchio attorno a noi.
I bestioni emettono suoni minacciosi e non sembrano indirizzarli solo al loro carnefice.
I loro occhi tondi e sporgenti come bulbi sono posati su Alexandros e me. Ci osservano torvi e non promettono nulla di buono.
Uno di loro allunga la rozza mano verso di me e avvolge il braccio attorno alla mia vita. Dalla forza che ci mette intuisco che potrebbe sollevarmi anche con un dito, se la presa gli fosse congeniale.
"Ná déan teagmháil léi!"
Alexandros punta la sua spada contro il braccio del Fomoraig, pronto a vibrare il colpo che lo mutilerebbe.
Ho visto solo un'altra volta uno sguardo così minaccioso negli occhi del druido-guerriero. Era il giorno del mio arrivo a Dùn Dùchathair.
Per gli altri trogloditi è come una dichiarazione di guerra. Si avventano su di lui costringendolo ad indietreggiare e difendersi.
Tento freneticamente di liberarmi, cercando di vincere anche la sensazione di totale disgusto che mi provoca l'odore nauseabondo e il contatto con la pelle di questi esseri abominevoli, ma i miei sforzi non fanno probabilmente neanche il solletico all'orrendo gigante che mi tiene in ostaggio.
"Ehi!" grido per attirare la sua attenzione. "Il Fir Larrig sta scappando!"
Agito le braccia e indico la galleria in cui il demonietto si sta rifugiando con un ghigno di soddisfazione.
Il Fomoraig lo guarda sparire nel buio e poi torna a concentrarsi su di noi, come se nulla fosse.
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