Capitolo 3
E' tornato anche stanotte.
Purtroppo sempre e solo in sogno, ma incredibilmente reale.
Bianco come la luna, con gli occhi di ghiaccio sotto un enorme cappuccio grigio e la mano tesa a cercarmi, un sorriso lieve ma rassicurante; poi le sue labbra si schiudono, come se stesse per parlare, ma non esce alcun suono umano, solo le note di uno strumento, forse una lira.
E come sempre, all'improvviso sento un richiamo irresistibile, quel bisogno di cercarlo, di raggiungerlo, in quello strano luogo freddo e oscuro, fatto di distese di rocce piatte, come se fossero messe lì apposta per formare un pavimento, a strapiombo sul mare, sotto un cielo pieno di nuvole minacciose.
Posso sentire il vento sferzarmi il viso e l'odore della salsedine. Un posto tanto ostile quanto invece è invitante l'uomo che lo abita.
Chi diavolo sei?
Ancora una volta tento inutilmente di muovermi verso di lui, di toccare la sua mano, di soddisfare finalmente il mio bisogno di raggiungerlo, ma precipito nella realtà dell'improvviso risveglio.
La luna sta per tramontare, ma il sole non sorgerà prima di un paio d'ore.
Ormai sono sveglia.
Lascio di soppiatto il mio giaciglio e la stanza che divido con le altre giovani ancelle del tempio.
A differenza di me, loro possono fregiarsi del titolo di ancelle di Athena. Sono state chiamate al suo servizio dalla Dea stessa, o almeno così raccontano.
Io non ho mai conosciuto alcuno degli Immortali, ma chi entra al servizio dei templi giura che essi si manifestano a coloro che sono nelle loro grazie.
Io invece non so ancora perché vivo qui.
O per meglio dire, so che mi hanno abbandonato qui al tempio appena nata, ma non so perché non mi abbiano mai ceduto a qualche famiglia del villaggio.
Non sono stata chiamata dalla Dea e non ho mai manifestato nessuno dei poteri che aprono le porte al sacerdozio e alle alte cariche della comunità.
A tutti gli effetti, non sono nessuno.
Mi limito a vivere qui, sotto la protezione del tempio, aiutando come posso, andando a caccia per procurare carne e bacche, e svolgendo piccole commissioni per il Sacerdote.
Ma non mi è permesso assistere ai rituali né imparare i Misteri Divini.
Se il Sacerdote sapesse che Demetrios mi sta addestrando alla Divinazione, andrebbe su tutte le furie.
A noi comuni mortali non è consentito avvicinarci al mondo degli Olimpici. Dobbiamo venerarli e fare offerte per guadagnarci la loro benevolenza, soprattutto in questi tempi in cui le divinità sembrano aver voltato le spalle all'Ellade, ma sono solo gli eletti degli dei a poter cercare il contatto con coloro che dominano la terra e il cielo.
A mia discolpa posso dire che non sarei mai andata contro il volere del Sacerdote se non fossi stata così disperata.
A modo suo, si è preso cura di me e mi ha tenuto sotto la sua protezione, ma non è il genere di uomo a cui confesserei che uno straniero tormenta i miei sogni da anni.
E io devo scoprire chi è.
Il tempio di Athena non dispone di bacini per la divinazione, perché la Dea parla ai suoi seguaci per altre vie.
Prendo il mio mantello e i sandali ed esco dal tempio.
Il vasto spiazzo antistante è ancora avvolto nell'oscurità ma ad est il blu della notte sta già sbiadendo.
Scendo di pochi metri dal versante opposto, dove affiora la polla d'acqua a cui si rifornisce il tempio.
Il ricordo del sogno è ancora vivido nella mia mente.
So che sto trasgredendo una delle condizioni poste da Demetrios per la mia iniziazione, ma devo tentare. Non posso andare avanti così.
Mi stendo prona e mi sporgo sullo specchio d'acqua, chiudendo gli occhi.
Respira profondamente...respira...
"Kronos, Signore del Tempo...Kronos, origine del mondo..."
Mi perdo nella litania rituale e svuoto la mente da qualsiasi altra cosa, lascio che l'immagine del mio sogno rimanga l'unico caposaldo a cui ruota vorticosamente intorno tutto il resto, il tempo, lo spazio, il cielo, la terra.
Kronos, ti imploro, concedimi la Vista.
Quando apro gli occhi sulla polla d'acqua, l'immagine dell'uomo del mio sogno viene violentemente scacciata da un lampo rosso che sembra provenire dall'acqua stessa e che mi spinge indietro, lasciandomi boccheggiante e senza vista. Nel buio dei miei occhi un altro uomo appare al posto del primo. E' il cavaliere incontrato ieri.
La sensazione di malessere dura relativamente poco. E' il profondo disagio per quello che ho visto che invece tarda a dissolversi, assieme ad un bruciore al polso, là dove il lungo bracciale di metallo lo fascia stretto. Tento di rimuoverlo ma sembra quasi aver aderito alla forma del mio avambraccio.
C'è solo una persona che può aiutarmi a capire.
Prima di tornare al tempio per sbrigare i miei compiti raccolgo more e bacche dai cespugli intorno e una volta tornata dentro li deposito in un cesto sul tavolo dove a breve si riuniranno tutti per la colazione.
Con lembo di stoffa fascio il polso per nascondere il luccichio del metallo che attirerebbe l'attenzione e inizio quindi la mia routine mattutina: spazzare il pavimento del colonnato esterno, rifornire d'acqua pulita il tempio, curare il giardino delle piante officinali del Sacerdote.
Quando rientro trovo Eirene, una delle ancelle, intenta ad accendere una piccola torcia.
"Sei già sveglia."
Dietro la sua affermazione si cela una domanda a cui preferisco non rispondere ed Eirene è fin troppo brava ad interpretare i silenzi altrui. Dev'essere per questo che la Dea l'ha chiamata al suo servizio.
"Hai fatto colazione?" chiedo per cambiare argomento.
"Sì, grazie. Le more erano particolarmente succose" risponde compiaciuta.
"Ne raccoglierò delle altre allora."
"Prima di andare è meglio che ti presenti al Sacerdote, credo che abbia un compito per te. Lo trovi nel naos."
"Vado subito."
Lo spazio centrale del tempio di Athena è meno intimo di quello del tempio di Kronos.
Più luminoso, con diverse aperture sulle pareti laterali che intervallano le bianche colonne, offrendo una vista sul cortile.
Resto all'esterno dello spazio sacro in attesa che il Sacerdote termini il suo rituale giro di omaggi alla statua della Dea.
Non mi è permesso accedere qui in queste occasioni.
A dire il vero non dovrei accedere qui in nessuna occasione, ma il Sacerdote ha sempre chiuso un occhio le poche volte che mi ha trovata qui da bambina, seminascosta dietro la grande statua di pietra per sfuggire ad un temporale.
"Hai già finito i tuoi compiti mattutini?"
Il Sacerdote si avvicina a me parlando con il suo caratteristico tono pacato ma autoritario.
A differenza di Demetrios, è un uomo di notevole statura nonostante l'età.
"E' tutto a posto. C'è qualcosa che posso fare per voi?" chiedo chinando il capo.
"Ho bisogno che ti rechi a Lykaion. A quest'ora il mercante dovrebbe ormai avere un sacchetto per me."
"Sarà fatto" rispondo con un inchino.
La fortuna forse ha deciso di aiutarmi.
Ho solo il tempo di raccogliere il mio coltello e rimpinguare la faretra di frecce prima di partire. Voglio arrivare prima che il sole sia allo zenit.
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