Capitolo 19 - Ω KRONOS Ω
Zeus e gli altri dei che risiedevano sull'Olympos erano noti per essere particolarmente capricciosi.
Il fatto che si infatuassero facilmente per una mortale e la ottenessero altrettanto facilmente rientrava, quindi, nella normalità.
Kronos non aveva mai approvato tale comportamento.
Mischiare il sangue divino con quello umano aveva accentuato la già dissacrante confusione che gli dei venuti da nord avevano portato nella sua Ellade, infangando e destabilizzando il perfetto equilibrio del suo ordine.
Ecco perché la giovane selvaggia che aveva davanti suscitava in lui sentimenti contrastanti.
Era la personificazione di tutto ciò che considerava impuro, una figlia del dominio immorale degli Olimpici.
Eppure non riusciva a starle lontano.
Libera, come lo era l'Ellade.
Indomita, come le creature del suo regno.
Perseverante, come il tempo.
Fiera, come lui.
Nessuna delle dee, nella loro perfezione, avrebbe potuto competere con lei.
Kronos si concesse di indugiare nuovamente su quegli occhi ambrati, chiari e limpidi. Spiccavano sul suo viso liscio e armonioso, e sembrava fossero in grado di vedere oltre il mondo terreno.
I capelli, lunghi quanto tutta la flessuosa schiena, erano tenuti insieme da un laccio che si intersecava disordinatamente con le ciocche della coda.
Il corto chitone che portava era legato in vita da una corda con diversi giri incrociati, contribuendo al suo aspetto indisciplinato e selvatico. Braccia e gambe scoperte rivelavano una pelle color miele, quasi fosse stata solo delicatamente baciata dal sole di Apollo.
Bellissima e aggraziata, come una foglia d'albero in autunno.
A Kronos parve per un attimo di trovarsi in un'altra epoca, tanto tempo prima.
"E sia" disse lei con voce ferma.
Il dio smise di contemplare le labbra rosa e levigate della giovane e tornò a concentrarsi sul momento.
Non attendeva altro.
L'avrebbe legata a sé con quel patto che lei difficilmente sarebbe riuscita a mantenere.
"Stai stringendo un accordo con un Immortale e come tale verrà sancito su un suolo sacro."
Appoggiando il braccio sull'altare, con la mano la cinse poco sotto il gomito, così che il suo bracciale aderisse a quello che le aveva messo al polso.
Sentiva il piccolo cuore della giovane battere forte, ma nonostante questo il suo volto rimaneva altero.
Persino i difetti di tuo padre, su di te, diventano virtù.
Quel pensiero lo fece accigliare.
Si stava abbassando al livello degli usurpatori.
Ma la sua riconquista sarebbe ripartita proprio da lì, dalle loro profanazioni.
"La Grande Madre mi sia testimone dalla terra. Il Cielo suggelli questo patto che io stringo con te, Alyssa di Meligalas, perchè entrambi ci atteniamo a quanto abbiamo concordato. Io vincolo me stesso."
Alyssa lo guardava seria.
Quando finì di pronunciare la formula rituale le fece un cenno con la testa.
Lei rispose con tono flebile.
"Io vincolo me stessa."
Una folata di vento sollevò un mulinello di foglie attorno a loro, come se la terra e il cielo stessero rispondendo alla chiamata.
Vide Alyssa gettare lo sguardo tutto intorno.
La piccola umana pensava forse di veder accadere qualcosa di più.
Queste sue reazioni lo facevano sorridere. E avrebbero anche fatto leva sul suo istinto protettivo, se non fosse stato per quel carattere guardingo e sfuggente dietro cui si trincerava, costringendolo ad alzare la posta.
Qualsiasi altra mortale avrebbe richiesto molto meno impegno.
Ma nessun'altra mortale era ciò che era Alyssa.
"Onorerò il patto. Il posto che tu cerchi è Dùn Dùchathair, in Hibernia."
Dallo sguardo di Alyssa era evidente che la ragazza non era soddisfatta della rivelazione, che si aspettava di più.
Kronos sospirò.
"E' oltre le colonne di Heraklês, a nord, circondata da mari tempestosi."
"E in che modo mi aiuterai a raggiungerlo?" chiese lei con una nota di scetticismo.
Il dio fu tentato di mettere a tacere quella piccola insolente a modo suo, ma si trattenne.
"Quando sarai di nuovo nel tuo mondo, cerca una sorgente o corso d'acqua. Poi invocami ed immergiti."
"Finora non ha mai funzionato per la divinazione" protestò lei.
"Funzionerà stavolta" le assicurò stringendole ancora una volta il braccio.
Poi la lasciò andare e la seguì con lo sguardo mentre si addentrava nel bosco, finché scomparve tra gli alberi.
Sfogò la frustrazione accumulata colpendo una delle colonne, che si sbriciolò come gesso.
La ragazza aveva osato resistergli.
Non si era concessa all'amore di un dio e aveva rifiutato di cedergli il suo dono.
Era dovuto scendere a patti con una mortale per non rischiare di perdere l'unica occasione che aveva.
E quel maledetto straniero che si era intromesso...
Kronos cercò di convincersi che alla fine si sarebbe preso ugualmente ciò che voleva.
Era ben più semplice indurla in una sfida in cui non poteva vincere che ottenerlo nello stesso modo in cui lei stessa lo aveva ricevuto, seppur inconsapevolmente.
Nessuno rinunciava ad un potere del genere, neanche per amore, e il suo caso era decisamente unico.
Specialmente perché è il nemico stesso ad averlo fatto.
Questo rendeva la ragazza più preziosa del suo dono.
E lui voleva fare in modo di assicurarsi anche quel vantaggio.
Non poteva attendere che lei si donasse volontariamente.
Una volta fallita la sua ricerca, Alyssa avrebbe dovuto saldare il suo debito e sarebbe stata sua, potere incluso.
La certezza dell'epilogo non bastò comunque a mitigare l'amaro lasciato dal rifiuto e dal pensiero che la giovane, infine, non si sarebbe legata a lui spontaneamente.
Col tempo, forse, avrebbe imparato a ricambiarlo.
Kronos serrò la mascella.
L'importante, per il momento, era imbrigliarla.
E chiunque fosse lo straniero che l'aveva stregata, avrebbe avuto modo in pentirsene.
"Pan!" chiamò il dio.
Un fauno, piccolo e sgraziato, fece capolino da dietro un albero.
Avanzò sulle corte zampe fino a raggiungere le ginocchia del suo padrone.
"Seguila. Trovale cibo e abiti adatti affinché soppravviva in Hibernia" ordinò.
Il fauno si inchinò.
"Poi porta un messaggio a Dùn Dùchathair. Dì a Neith che gli sto inviando l'arma che ci porterà alla vittoria."
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