Capitolo 18
La radura della casa del Tempo ha improvvisamente perso colore.
Tutto ha assunto svariate tonalità di grigio, così da sembrare ancora più irreale.
Kronos è ancora ritto davanti a me, appoggiato all'altare su cui sono rannicchiata.
Un'espressione oltraggiata e pericolosa deforma i suoi lineamenti, privandolo di una parte del suo fascino. O forse attribuendogliene uno diverso.
Sotto il suo tocco, il bracciale di metallo diventa morbido e malleabile.
Socchiude gli occhi da cui si intravedono spiragli di luci e ombre che corrono veloci.
"E' questo che cerchi. Il vero motivo per cui hai invocato Kronos" mormora quasi offeso.
"Voi stesso avete affermato che il dono della Veggenza è l'unico motivo per cui gli umani vi venerano. Perché mai avrei dovuto comportarmi diversamente?" ribatto spavalda.
Ha osato profanare l'immagine più sacra che la mia mente abbia mai custodito, l'unica cosa il cui richiamo è forte e vero, pur sembrando onirico.
Non ho paura di sfidarlo per proteggerla.
Il dio solleva minacciosamente il braccio, pronto a colpirmi.
Incrocio istintivamente i polsi, pronta a difendermi.
Sento qualcosa montarmi dentro e iniziare a diffondersi, finché le punte delle dita pizzicano lievemente.
Il ricordo del bruciore è ancora troppo vivo in me per lasciarmici andare, qualunque cosa sia.
Cerco di sedare il miscuglio di sentimenti che alimenta la crescente sfera indefinita racchiusa nel mio centro. Non so quanto possa gonfiarsi. Ho paura che il mio corpo non possa contenerla.
Preferisco assorbire il colpo dell'iracondo Immortale di fronte a me.
Ma Kronos abbassa la mano, osservandomi con sguardo vittorioso.
"Chi è quell'uomo? Quello che ha osato infiltrarsi tra di noi, prima" ripete.
"Non lo conosco. Visita i miei sogni ogni notte."
Scendo cautamente dall'altare.
"Ma lo sapresti già da tempo, se ti degnassi di ascoltare le suppliche dei tuoi devoti e dei mortali che dici di voler proteggere" continuo stizzita. Ormai gli appellativi reverenziali con cui mi sono rivolta a lui finora sono andati a farsi benedire.
Mi rassetto le vesti, raccolgo un bastone e mi avvio verso gli alberi.
"Dove stai andando?" mi chiede lui allibito.
"Torno sulla mia strada."
Il mio tentativo di evasione fallisce malamente.
Kronos mi afferra per un braccio, costringendomi a voltarmi.
La sua fronte è a poche dita dalla mia.
"Non sfidarmi, fanciullina" ringhia.
"Non ho paura di farlo" replico asciutta.
E per tutta risposta lascio che il crepitio azzurro raggiunga le mie unghie, stringendo i denti.
Il dio ride.
"Hai appena scoperto questo dono, Alyssa, ma questo non vuol dire che tu sia in grado di usarlo."
"Niente mi vieta di imparare. Lo hai detto tu stesso."
Lo sento allentare la presa sul mio braccio, mentre sulle sue labbra si disegna un sorriso beffardo.
Con una mano tesa verso la terra fa un gesto crescente.
In quel momento un ramo di edera spunta dall'erba e inizia a salire velocemente avvinghiandosi contro la mia caviglia.
"Il potere è una cosa viva. Possedere un potere vuol dire conoscerlo, coltivarlo, addestrarlo, farlo tuo e plasmarlo su di te, in modo sia una proiezione di te stesso. Ma questo" conclude indicando le mie mani "è l'unico dono che non puoi sperare di padroneggiare. Non da umana."
I miei occhi indugiano sui miei polpastrelli.
Sono segnati da piccole ustioni.
Capisco che cosa intende.
Se permettessi a quella cosa di straripare...
Non oso neanche pensarci.
Come accidenti si è risvegliata?
Sono troppo immersa nei miei pensieri per accorgermi del cambiamento di espressione di Kronos.
Le sue mani prendono le mie con molta più delicatezza di quanta me ne abbia usata finora. Le sue labbra le sfiorano.
"E' la risposta che attendi da tutta la vita, Alyssa. Non dovrai più preoccuparti di questo. Donati a me..."
...le sirene chiamano la tua arma. Essa porta al dominio, ma non ti appartiene...
Le parole di Pythone risuonano nella mia testa.
Sono queste le sirene di cui parlava. E questa è l'arma che vogliono portarmi via.
...essa porta al dominio...
E' l'unica cosa che cerca questo infido Immortale.
Troppi segnali mi stanno mettendo in guadia contro di lui.
"Tu non vuoi me. Tu vuoi solo un potere che non hai, per potertene servire. E quando l'avrai ottenuto, ti libererai di me" sibilo.
"Stai mettendo troppo alla prova la mia pazienza, umana. Io ti sto offrendo l'amore di un dio e il potere, donando qualcosa di cui tu stessa non puoi servirti. Oseresti rifiutarlo?" tuona lui in risposta.
"Se davvero così stanno le cose, allora il mio cuore è già impegnato. E' per questo che non posso accettare."
Sento i miei capelli sollevarsi lievemente attorno a me, come sostenuti da una leggera brezza.
Kronos non si muove, mi fissa con un'espressione cupa e allo stesso tempo di superiorità in volto.
Non saprei dire per quanto tempo ci fronteggiamo.
Per lui forse pochi secondi, per me un'eternità in cui i miei muscoli sono tesi allo spasmo per contenere un potere che non conosco e che sembra volermi sfuggire di mano, ogni volta con una sfaccettatura diversa, come una crocchia di riccioli ribelli.
"Tu pensi di metterti alla ricerca di un uomo che non conosci e che non sai dove sia sulla base di un sogno" commenta lui infine, appoggiando la schiena all'altare, con le possenti braccia incrociate sul petto.
Bracciali e tatuaggi formano una barriera mistica tra me e lui.
"Sì."
Kronos si tormenta le labbra con un pollice.
"E se io ti dicessi che so esattamente dove si trova? Che potrei farti avere ciò che cerchi?"
Davanti a queste parole non posso che rimanere di sasso.
"Pensavo lo avessi visto oggi per la prima volta."
"E' vero. Ma sono già stato nel posto in cui vive."
Sciolgo la caviglia dall'abbraccio dell'edera per prendere tempo.
La posta in gioco è cambiata improvvisamente e questo incontro sta diventando sempre più difficile da sostenere.
"Però non è nel tuo interesse rivelarlo" asserisco, intuendo le sue intenzioni.
Kronos scuote la testa.
"Ti propongo un accordo" dice sollevando di poco il mento.
Non mi fido di lui.
Ma ha in mano la cosa che desidero di più al mondo, la chiave per convincermi ad ascoltarlo.
"Che genere di accordo?" chiedo scrutandolo come se cercassi i segnali di un inganno.
Il dio socchiude le palpebre. Poi spalanca il palmo di una mano di fronte a sé. Quando riapre gli occhi, al loro posto campeggiano due pozze nere, quasi liquide, che calamitano la mia attenzione, impedendomi di realizzare cosa succede attorno a noi.
Un vento freddo e sferzante mi risveglia dalla trance.
La radura è sparita.
Una distesa di rocce scure e piatte, tra cui serpeggiano sparuti fili d'erba, si apre davanti a me.
Tutto intorno pesanti nuvole grigie cariche di pioggia ricoprono la vastità del cielo come una coltre di spessa lana appena tosata.
Uno sciabordare di onde rompe ritmicamente il soffiare incessante del vento, suoni che si intensificano e si adagiano, per poi ricominciare, senza sosta, avvincendo l'udito e la mente.
Mi volto, scoprendomi sul ciglio di una scogliera. Lungo le sue pareti colonie di uccelli marini si accalcano, ma le loro grida arrivano ovattate.
Ho già visto questo posto nei miei sogni.
Manca qualcosa. O meglio, qualcuno.
"Lui dov'è?" grido per farmi sentire da Kronos, parecchi metri dietro di me.
Il dio punta il dito verso sud, dove un'altra sporgenza della scogliera ospita un'enorme costruzione circolare di pietra nera.
Poi si avvicina. Prima che possa rendermene conto, mi cinge la vita e mi trascina con lui in un salto nel vuoto, giù dalla scogliera.
Il terrore mi esplode nella testa, l'istinto di sopravvivenza mi porta ad allungare le braccia per cercare un appiglio, ma trovano solo lui a cui avvinghiarsi.
Stringo tutto ciò che mi riesce in attesa dell'impatto.
Che inesorabilmente arriva. Ma non è bagnato e tagliente come mi aspettavo.
Rotoliamo per alcuni metri sul prato della radura.
Le braccia e le mani di Kronos hanno attutito notevolmente il colpo alla testa e anche la schiena sembra essere tutta intera.
Il dio ride come un ragazzino reduce da una bravata.
"Che cosa significa?" gli urlo fino a farmi bruciare la gola.
Lui si solleva seraficamente su un gomito, lasciando il resto del suo corpo a schermare il mio.
"Significa, mia cara, che puoi fidarti di me. Se volessi, potrei farti fuori in qualsiasi momento. Invece fino ad oggi ti ho osservato e ho deciso che ti voglio al mio fianco. Viva. Per questo ti sto proponendo un accordo."
Si rialza liberandomi dalla sua gabbia umana e mi conduce fino all'altare di pietra.
Dopo la visione di prima, questo posto sembra ora così angusto, nonostante sia all'aria aperta.
"Io ti rivelerò il nome di quel luogo e ti aiuterò ad arrivare fino ai confini del dominio dei suoi dei."
Il suo tono è fermo, privo di qualsiasi emozione.
"Trova quel uomo e conducilo qui. Hai tempo fino a quando Persephóne si ricongiungerà al suo sposo."
"Come ritroverò questo posto?"
"Dirigiti alle pendici dell'Olympos. Sarò io a ritrovare te."
"In cambio di cosa?" chiedo diretta. Inutile girarci intorno.
"Se riesci nella tua ricerca contro il tempo, ti lascerò libera e non pretenderò niente per il mio aiuto."
Le sue mani si chiudono attorno al mio bracciale.
"Ma se fallisci, sei mia. In eterno."
Rabbrividisco sotto il suo sguardo determinato.
Non sono sicura che giocherà pulito per avere ciò che vuole.
Anche se rifiutassi.
Le sue mire sono ormai puntate su quel potere che ignoravo e non mi darà tregua.
Stare ad un gioco con delle regole è forse la mia unica possibilità per riuscire nel mio intento.
"L'eterno potrebbe concludersi in breve tempo, vista la mia natura mortale" sottolineo "sicuro che ne valga la pena?"
"Oh, non temere, posso facilmente sistemare anche questo dettaglio" replica sbrigativo.
"Come faccio a sapere che non tenterai di intralciarmi?"
"Il posto che cerchi è dimora di divinità straniere dove gli Olimpici non possono accedere. In quella terra sarai soggetta alle loro leggi. Ecco perchè dipenderà tutto da te. Ma ti avverto" minaccia "non tentare di nasconderti. Verrò a recuperarti personalmente se dovessi fallire, a costo di affrontare tutti i loro dei."
Questo conferma le mie paure.
Non credo di avere altra scelta.
"E sia."
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