Capitolo 15 _ Ω NEITH Ω _
Hibernia
Era lei.
Neith era convinto che lo fosse.
L'avrebbe riconosciuta ovunque, anche in mezzo a tutte quelle della sua stirpe, che ai suoi occhi di straniero parevano somigliarsi.
Quel dio forestiero, Kronos, gli aveva mostrato cose certamente allettanti, ma niente lo aveva convinto come la dea che aveva visto sulle terrazze dell'Olympos.
"Mi restituirai ciò che mi appartiene, maledetta sgualdrina" mormorò tra i denti poco dopo aver congedato il suo ospite.
E ormai alleato, almeno finché tale alleanza avesse portato vantaggi ad entrambe le parti.
Discese tutti i livelli della fortezza e la scala sotterranea che conduceva al labirinto di caverne calde e buie in cui dimoravano i Fomóraig.
Lontano dalla superficie sferzata dalle tempeste, lo schianto dei fulmini e il rombo dei tuoni era sostituito dal clangore delle armi e dal ruggito minaccioso dei mostruosi guerrieri.
Si esercitavano senza sosta dando sfogo a tutta la loro natura selvaggia.
Le risse tra i Fomóraig erano all'ordine del giorno, ma erano qualcosa che non necessitava di essere sedato: la loro società, se di società si poteva parlare, si basava su regole tribali volte a preservare il numero di guerrieri, poiché un Fomóraig morto in una rissa non era utile durante le battaglie.
Scontri e litigi diventavano, quindi, esercitazioni aggiuntive con un'apparenza un po' più realistica, e tuttavia innocua, se non si consideravano le sanguinose ferite e le ossa rotte.
Nello spiazzo che veniva usato come arena, Neith vide diversi giganti affrontarsi brutalmente, armati di spada e scudo, e circondati da loro simili che gridavano incitamenti in un linguaggio al limite del preistorico.
Erano alti quasi una volta e mezzo un normale essere umano ed avevano un corpo grosso e duro come la roccia, e altrettanto grigio, coperto solo da pochi elementi di armatura e da stracci.
La testa, a forma di uovo, era nascosta per larga parte da un pesante elmo da cui si dipartivano massicce corna di ariete.
La vista dei suoi soldati diede forza ancora maggiore al piano che Neith stava elaborando nella sua mente.
Tornò ai piani superiori della fortezza e si recò nell'ala dei Druidi.
Le guardie appostate lungo i corridoi chinarono il capo presentando a due mani la loro arma al passaggio del dio.
Neith trovò i comandanti druidi avvolti nei loro mantelli grigio scuro, intenti a recitare le loro litanie rituali attorno a Morrigan.
La sfregiata dea della guerra girava poggiando le mani su ognuno di loro, ma questi parevano non vederla. Solo dopo aver ricevuto il suo tocco per qualche lungo istante, sollevavano lo sguardo e lo fissavano nel vuoto con occhi spalancati e malvagi.
Morrigan si accorse di Neith e uscì dal cerchio senza che nessuno se ne accorgesse, fissando il dio-guerriero con i suoi occhi neri di corvo circondati da un alone rosso sangue.
Le piume scure e lucide del suo lungo abito si mossero leggere al ritmo dei suoi passi, lasciando intravedere nudità per frazioni di secondo.
Il suo volto aveva un'eterna aria di sfida che risultava ancora più accentuata dalla lunga cicatrice che lo percorreva da un angolo della fronte fino al carnoso labbro superiore.
Quando raggiunse Neith, gli si avvinghiò conficcandogli le unghie nella schiena e facendo scivolare ruvidamente la lingua lungo il suo collo, in un abbraccio di contrasti cromatici.
"Lasciva, come sempre" la schernì il dio.
La trascinò fuori mettendole le mani in punti che ben poco spazio lasciavano all'immaginazione.
La dea rispose con una gracchiante risata, spogliandosi senza troppe cerimonie.
Il suo corpo era scheletrico e sgraziato, ma ciononostante vibrava di una forte energia.
Così diverso dal corpo della dea che aveva rivisto poco prima.
Raccolse l'abito di Morrigan e se lo mise sottobraccio, avviandosi a lunghi passi verso le sue stanze.
Stupita e contrariata, la dea lo seguì correndo.
"Voglio che tu faccia un'altra retata" le disse Neith una volta raggiunta nuovamente la stanza decorata con corna di cervo.
Evidentemente seccata, Morrigan si stava rivestendo.
"Ti ho già portato tutti i druidi guerrieri che servono. E' inutile perdere tempo a cercarne degli altri, sempre ammesso che ne siano rimasti" rispose sbuffando.
"Non bastano. Ce ne sono sicuramente molti altri che nel frattempo sono cresciuti e possono unirsi al nostro esercito."
"Quante donne mortali pensi di aver ingravidato per pretendere che io continui a portarti tutti questi questi bastardi?" gridò Morrigan furiosa.
Neith le mise di scatto una mano alla gola e strinse, sentendo quasi subito sotto le dita l'osso sottile del suo collo.
"Tutte quelle che mi aggradavano e che servivano al mio scopo."
Lasciò la presa e la spinse a terra.
"E non ho intenzione di renderne conto ad una lurida strega come te. Quanti guerrieri hai cavalcato e poi mandato a morte, Morrigan? Quanti?"
Questa volta fu Neith a gridare e la violenza della sua voce echeggiò nelle pietre della fortezza.
Un sorrisetto soddisfatto della dea precedette la sua risposta.
"Ogni singolo uomo che è morto per me, mio signore."
Lo fissò con l'evidente scopo di scoprire se aveva ferito più o meno profondamente il suo bersaglio.
Il dio non cedette al ricatto e la tirò su per i capelli.
"Per questo non sarai tu a cavalcare me. Mai."
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Neith scrutò l'espressione soddisfatta sul volto di Morrigan.
Era chiaro ad entrambi che lei aveva ottenuto quello che voleva.
Quello che non era chiaro a Morrigan, invece, era che lui l'avesse usato come merce di scambio per ottenere ciò che voleva lui.
L'impulsiva e sanguinaria dea era così facilmente preda delle sue passioni e dei suoi istinti primordiali.
Negarle senza motivo, da subito, qualcosa che desiderava in maniera viscerale per poi concederglielo dopo uno scontro, facendole credere di aver vinto, permise a Neith di tornare sull'argomento della loro discussione senza incontrare eccessive resistenze.
"Quanti ne serviranno?" chiese Morrigan mentre si rivestiva.
"Tutti quelli che riuscirai a trovare. Più saranno, meglio è."
"Abbiamo già abbastanza Fomóraig e druidi guerrieri per conquistare le terre delle grandi foreste e probabilmente ancora più giù. Perchè rimandare ulteriormente questa guerra e sprecare tempo in inutili ricerche?"
Il dio sorrise sornione.
"Perchè il nostro obiettivo non è più solo quello, Morrigan. Ti darò molto di più di quanto tu possa immaginare. Ora prendi gli uomini e vai a cercare quello che ti ho chiesto" concluse cacciandola dalla stanza.
La dea si trasformò in corvo e volò via.
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