Capitolo 12

Non ricordo quando è stata l'ultima volta che ho avuto la sensazione che qualcuno mi ascoltasse davvero.
Forse è successo solo con Demetrios, ed in ogni caso solo durante i primi due anni di addestramento.

Ammetto di non possedere la virtù della dialettica, ma ci sono stati parecchi momenti in cui essere spronata a parlare avrebbe senza dubbio aiutato a farmi sentire che contavo qualcosa anche io.

Eleni mi ascolta. Mi ascolta davvero.
Non so se lo faccia in maniera genuina o se ciò dipenda dall'interesse personale che ha nel conoscere tutta la storia, oppure sia semplicemente abitudine.
In quanto sacerdotessa dell'Oracolo, ascoltare le richieste dei fedeli era parte fondamentale del suo compito.

Non mi interrompe neanche una volta, lascia che il mio racconto fluisca senza trovare ostacoli o deviazioni.
Il suo volto è lo specchio del lutto che sta attraversando quando le spiego come è morto suo fratello. Comunicare questo tipo di notizie è quel genere di cose che vorrei non dover fare mai più nella vita.

Le stringo le mani nelle mie e mi accorgo che sono fredde nonostante l'aria calda e immobile del primo pomeriggio.
Termino la mia storia lasciando che sia la voce delle cicale a riempire ora il silenzio.

"Il segno dell'Olympos è veramente su di te."
Eleni fa eco alle mie parole chiudendo gli occhi.
"Che cosa vuol dire?"
"Non ho le capacità dell'Oracolo, ma sono sicura che non si è sbagliato. Anche io sento in te qualcosa di strano, Alyssa."
"Tu hai ascoltato centinaia di profezie, sei in grado di interpretare le sue parole. Ti prego, dimmi qualcosa di più" la supplico.

Lei raccoglie un rametto ed inizia a tracciare strani segni a terra.
Poi si ferma, ne traccia altri, esita.
E infine cancella tutto con il piede.

"L'Oracolo dice che hai un'arma."
"L'avevo. Il mio arco è rimasto indietro. Ma non credo che portasse al dominio."
"No, non lo credo neanche io. Cos'è quello?" chiede accorgendosi del bracciale di metallo.
"E'...una lunga storia" mormoro sconfortata.

La sacerdotessa prende il mio braccio e lo esamina, segue il profilo del bracciale ed indica le sottilissime linee decorative.
"Dove lo hai preso?"
"Me lo ha infilato al polso uno straniero a cui ho salvato la vita tempo fa. Ho tentato più volte di toglierlo, ma è come se si fosse ristretto" racconto con un'inconscia voce di protesta. Ho già sentito una ramanzina da Demetrios a causa di questo maledetto pezzo di metallo.

"Sì, lo so, e non te ne libererai finchè non sarà l'Immortale che te lo ha messo a deciderlo" risponde scura in volto.
"Cosa...?"
Ecco il segno dell'Olympos. Ora capisco perché Pythone mi ha accusato di avere addosso 'odore di divinità'.

"Un Olimpico, per qualche motivo, ha deciso di rivendicare diritti su di te senza chiamarti al suo servizio nei templi. Sei semplicemente di sua proprietà" spiega Eleni.

Mi torna alla mente l'immagine del sedicente mercante di metalli.
"Che cosa vuole da me un dio che pensa di marchiarmi come se fossi una schiava senza considerarmi neanche degna di entrare in un tempio? Io sono libera!"
La mia voce si è alzata involontariamente e sento la rabbia rimbombarmi dentro la testa.
Eleni spalanca gli occhi scuri dentro cui leggo un'improvvisa paura.

Non ha senso arrabbiarsi con lei. Perchè lo sto facendo?

"Perdonami, non volevo essere scortese. Non è colpa tua" mi affretto a scusarmi.
"Non preoccuparti. Per rispondere alla tua domanda, forse tu hai davvero qualcosa che lui vuole" prosegue raddrizzando la schiena e riavvicinandosi con espressione sicura.

"L'unica cosa che ho è la mia libertà e un sogno di cui devo scoprire il significato. E non posso permettere che me li portino via" ribatto, più a me stessa che alla mia interlocutrice.

"Dovrai comunque fare i conti con quello che rappresenta quel bracciale, prima o poi. Ma questo avverrà quando il dio che ti reclama deciderà di servirsi di te."
"Come sai che si tratta di questo?"
"Anche Apollo è un dio possessivo. A volte succede che scelga degli esseri umani in un modo simile per servirlo a suo piacimento."

Un brontolio del mio stomaco interrompre le nostre riflessioni.
Mi rendo conto solo ora che non mangio da ieri.
E sicuramente anche Eleni.

"Dobbiamo cercare acqua e qualcosa da mangiare."
Lei annuisce.
"C'è un villaggio di pescatori poco lontano da qui, verso est" mi informa.
"Tu resta qui nascosta. Se ti riconoscono, c'è il rischio che ti riportino al santuario" la fermo subito.
Vorrebbe protestare, ma poi piega ragionevolmente il capo.

"Sì, è molto probabile. D'accordo, andrai tu. Tutto quello che ci serve è una rete e un otre."
Le sue parole mi colgono alla sprovvista.
Non è così debole e sprovveduta come pensavo.

Nonostante il tentativo di contenere lo stupore, i miei pensieri devono essere evidenti sul mio volto, perché la ragazza si affretta a spiegarsi.
"Me l'ha insegnato Nestor. Qualche volta mi faceva sgattaiolare fuori dal tempio come quando eravamo bambini e mi spiegava come sopravvivere. Diceva che era necessario che io lo imparassi, perchè non si può mai sapere."
Appoggia la schiena contro un tronco.
"Aveva ragione" conclude.
"Sopravviverai meglio di quanto non potesse sperare."

Mi volto e mi avvio lungo la costa, lasciandomi il sole alle spalle.
Non so cosa mi passasse per la testa quando ho deciso di portare via Eleni con me. Di certo non si è trattata di una scelta dettata dalla razionalità.
Ma ora che è con me, mi sento responsabile per lei. Devo assolutamente trovarle una sistemazione che la tenga fuori dai guai.

Rientro qualche ora dopo con quanto richiesto da Eleni e la scarsella delle monete – ahimè – più leggera. Dovrò trovare il modo di ripagare anche questo debito con Metradora.

Eleni sta finendo di intrecciare fronde di alberi in quello che sembra un rifugio di fortuna.
Hai fatto un ottimo lavoro con lei, Nestor. Se solo...
Non voglio neanche terminare il pensiero. Non servirebbe a nulla.

"Dammi l'otre, c'è una sorgente verso l'interno. Ci vorrà un po', ma è l'unica a cui possiamo attingere nei dintorni."
E' stanca e accaldata, ma ha una nuova determinazione negli occhi.
"Non mi succederà nulla, fidati."
"Lo so."
Si allontana leggera e silenziosa.
Potrebbe essere un'ottima cacciatrice.

Raccolgo la rete e mi avvicino ad gruppo di scogli.
Non ho mai pescato in vita mia e mi sembra dannatamente impossibile.
Dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto, presa dalla frustrazione, decido di rinunciare e rivestire i panni in cui mi sento a mio agio.

Raccolgo un paio di pietre e ne uso una per scheggiare e affilare l'altra, con un capo della rete la fisso ad un lungo bastone e mi addentro tra gli alberi dell'entroterra.

Trovo presto le tracce di Eleni.
E poco dopo quelle di un animale.
Sembrano zoccoli di capra.
Li seguo per alcuni metri, finchè spariscono.
Come è possibile?
All'improvviso da un cespuglio schizza fuori una lepre.
La inseguo e la raggiungo con la lancia prima che possa infilarsi in qualche tana nel terreno.
Non rimarremo a stomaco vuoto, almeno per oggi.

Mentre torno sui miei passi un grido squarcia il silenzio.
Ormai conosco troppo bene quella voce.
"Eleni!"
Corro a perdifiato chiamandola, cercando di capire da quale direzione provenisse l'urlo.

Sono le sue impronte a venirmi in aiuto.
Mi guidano fino alla sorgente, dove trovo la ragazza riversa a terra, svenuta, i capelli sparsi nell'acqua della polla.

Le sollevo il capo da terra e avvicino l'orecchio.
Respira.
Cosa è successo?
Non ha segni o ferite, né sanguina dalla testa.
La sua pelle è però sudata, pallidissima e fredda.

Con la mano raccolgo un po' d'acqua e cerco di rianimarla bagnandole il viso.
"Eleni, svegliati" ripeto infinite volte, finché le sue palpebre danno cenno di volersi aprire.

Mentre sembra pian piano risvegliarsi, qualcosa alle mie spalle si muove e fugge. Non faccio in tempo a voltarmi per capire di cosa si tratta.

"Alyssa..."
"Come ti senti?"
"Mmmmm... mi gira la testa" risponde portandosi la mano alla fronte.
"Cosa è successo?"
Ci pensa un attimo fissando il cielo oltre la mia testa, come se lo stesse mettendo a fuoco.

"Ero china sulla sorgente e stavo riempiendo l'otre. Ad un certo punto tutto intorno a me ha iniziato a girare vorticosamente. Credo... credo di essere svenuta per il caldo e la fame. Probabilmente sono scivolata."
Aggrotto la fronte.
C'è qualcosa che non torna.
"Ti fa male qualcosa?"
"No, sono solo debole, suppongo."
Raccolgo l'otre e lo riempio, porgendolo poi ad Eleni.
"Bevi."

Non se lo lascia ripetere due volte e trangugia fino all'ultima goccia.
Io faccio lo stesso ed infine lo riempio per il giorno successivo.
"Vieni, appoggiati a me."
Lentamente ci incamminiamo di nuovo verso la costa.

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