Regalo rubato
Autore/data: Ida59 – 17/18 novembre 2019 – revisione 11/2022
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, sentimentale
Personaggi: Severus
Pairing: Severus/Lily
Epoca: 7° anno
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Un regalo rubato riporta a un passato di colori perduti. Resta solo il dovere.
Nota: Storia scritta per il concorso " Missione Regalo" di Wattpad, seguendo il Prompt #2 "Sotto l'albero di Natale del vostro protagonista c'è un regalo speciale, un dono ricevuto da una persona a lui/lei molto cara. Cosa troverà nel pacchetto quando lo scarterà?".
Primo settembre.
Ancora pochi minuti e il banchetto d'inizio anno sarebbe iniziato.
Come sempre.
Poi sarebbe seguito lo Smistamento, come il primo settembre del lontano 1971, quando per la prima volta era giunto a Hogwarts.
Quando il Cappello Parlante lo aveva diviso da Lily.
Adesso, della rinomata Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era lui il preside.
Odiato da tutti.
Sospirò.
Un lungo e mesto sospiro.
Un nuovo anno iniziava, e sarebbe stato il più tremendo di tutti.
Ma avrebbe continuato a compiere il suo dovere.
Quattro mesi di sguardi colmi di odio verso l'assassino di Albus, e il disprezzo negli occhi di Minerva.
Quattro mesi di feroce solitudine mantenendo la parola data e cercando di proteggere gli studenti dalle crudeli angherie dei Carrow, senza mai riuscirci come avrebbe voluto.
Quattro mesi ed era giunto il Natale.
Era arrivato anche nella fredda oscurità del suo sotterraneo, dove il camino era sempre spento, a negargli il tepore dell'amore e dell'amicizia che aveva ucciso. Dove non brillava alcuna luce e nessun albero di Natale era mai stato addobbato.
Ma un regalo c'era.
Un regalo rubato tanti anni prima.
Un sorriso amaro gli incurvò le labbra al ricordo, mentre con un rapido movimento della mano accendeva il camino: aveva bisogno di luce per il suo rituale.
Osservò il profilo pallido e spigoloso nello specchio, le lunghe dita sottili che, adagio, liberavano i piccoli bottoni dalle asole. Tolse la rigida giacca, nero baluardo di protezione contro l'intimità con il mondo, monito di rifiuto e casta rinuncia.
Con la studiata lentezza di gesti troppe volte ripetuti, sciolse piano il nodo del nastro di seta nera che gli annodava stretto il collo, ultimo drappo di lutto per un amore perduto.
Chiuse le palpebre e sospirò mentre le dita meccanicamente svolgevano la lunga sciarpa e, in un lento svolazzo, la lasciavano cadere a terra.
Nessuna mano di donna l'aveva mai sfiorata.
Nessuna mano di donna l'avrebbe mai sfiorata.
Riaprì gli occhi, neri nel marmoreo pallore di un viso stanco di soffrire.
Afferrò la bacchetta e si chinò sul secretaire, i lunghi capelli corvini a carezzargli le guance: un piccolo lampo e il comparto segreto si aprì rivelando il pacchetto, carta rossa e nastro oro.
I colori sgargianti ferirono i suoi occhi, ma era così che Lily lo avrebbe incartato.
Sospirò di nuovo. Un rapido gesto e il contenuto si rivelò: una cravatta rosso e oro, in parte macchiata di sangue scuro.
Il suo sangue di ragazzo ancora innocente.
Il cravattino della divisa di Lily che, tanti anni prima, l'amica aveva usato per fasciargli il braccio sinistro ferito da uno degli umilianti scherzi dei Malandrini.
Lacerato proprio nello stesso punto in cui ora spiccava il marchio nero. Un sorriso amaro sottolineò la macabra coincidenza.
Avvicinò la cravatta al volto, aspirando a fondo e illudendosi di respirare ancora il profumo di Lily.
Con adorante devozione posò appena le labbra nel punto in cui la ragazza aveva deposto un bacio consolatorio, vicino alla macchia di sangue. L'aveva ripetuto mille e mille volte. Spinse fuori la punta della lingua a lambire l'umidità di un bacio lontano, ad assaporare il gusto perduto di un bacio mai dato, mai ricevuto.
Passò la cravatta sulla guancia, a rubare ancora il gesto lasciato con tenera indulgenza da Lily sulla stoffa. Chiuse gli occhi e tremando si abbandonò alla dolce fragranza di una carezza che mai si era posata sulla sua pelle.
La sfiorò con la punta dei polpastrelli e sentì il fruscio delicato dei colori tra le dita. Ogni anno gli sembrava sempre più morbida, più calda e avvolgente.
Eppure, quando la indossava, pesava sempre di più sul cuore.
L'avvolse intorno al collo della camicia e la annodò; bagliori rossi e oro luccicarono sul petto alla luce delle fiamme del camino.
Un pugno violento nello stomaco.
Un pugnale acuminato conficcato nel cuore.
La lacrima scese cocente sulla guancia pallida e scavata, come sempre quando si vedeva allo specchio indossando il cravattino di Lily.
Un viso rigido e serio, rughe profonde incise dal dolore e dal rimorso. Labbra sottili, serrate strette, che non avevano mai pronunciato parole d'amore.
Raddrizzò le spalle e sollevò fiero il volto pallido.
Sei un uomo molto più coraggioso di Igor Karkaroff. Sai, a volte credo che lo Smistamento avvenga troppo presto...[1]
Scrollò il capo con forza.
No, quello non era il viso di un Grifondoro.
No, anche dopo tanti anni e nonostante i dubbi di Silente, non era un Grifondoro neppure per il fugace istante del riflesso nello specchio. Nemmeno indossando il cravattino della donna morta a causa sua e che non aveva mai smesso di amare.
No, il Cappello Parlante non aveva sbagliato.
Svolse rapido il nodo e tolse la cravatta: un lampo e il pacchetto regalo, di nuovo perfetto nei colori smaglianti, fu al riparo nel nascondiglio segreto. Non l'aveva mai restituita a Lily: non gliela aveva mai chiesta indietro e si era sentito autorizzato a tenerla.
L'aveva conservata come un tesoro. Un regalo rubato. L'unica cosa di Lily, insieme alla foto, anch'essa rubata nella camera di Black. Una smorfia di disprezzo si disegnò sul suo volto. Non era solo un assassino, era anche un ladro.
Scosse la testa, quindi fece levitare da terra la sciarpa di seta nera e l'avvolse al collo, rimise la giacca e riallacciò sollecito la lunga fila di piccoli bottoni. Il pranzo di Natale lo attendeva, condito dall'odio per il Mangiamorte traditore e assassino.
Si guardò di nuovo allo specchio.
Il pallore era immutato ma le iridi nere scintillavano d'orgoglio.
Serpeverde o Grifondoro non faceva differenza alcuna: era un uomo che sapeva affrontare con coraggio il suo dovere. Fino in fondo.
E che sapeva amare.
[1] Sono parole di Silente rivolte a Piton nel capitolo 33 di "Harry Potter e i doni della morte".
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