6.

La maniglia si abbassò lentamente emettendo uno scricchiolio lento e vecchio, seguito poi dall'apertura arrugginita della porta. Il cuore della bambina sobbalzò e per paura di venire scoperta per colpa del pesante affanno, si portò le mani alla bocca per non far passare alcun filo d'aria da essa.
Con le orecchie seguì i movimenti adagi dell'uomo, ormai già all'interno della stanza, la luce che filtrava dall'esile spago dell'apertura dell'armadio, si spense quando l'ombra dell'uomo si fermò davanti. La bambina si addentrò ancor più in in fondo tra i cappotti fino a premersi la schiena.

Trattenne con sforzo i singhiozzi e raccolse le ginocchia al petto, che sobbalzava leggermente per via del cuore intento a uscire, l'idea di non sapere dove si trovasse l'uomo la teneva in equilibrio sulla lama di un rasoio.

L'intera stanza scivolò in un silenzio tombale e acutissimo, sudore, ansia, paura e lacrime.
La bambina ardeva profondamente fino alle membra di una voglia assurda di scomparire dalla faccia della terra pur di non essere trovata, il silenzio era talmente insopportabile che i muri si sarebbero messi a gridare pur di far rumore, la tensione era così alta che a momenti il cuore fragile di Meredith sarebbe ceduto e la paura era così intensa che nessuno dei libri dell'orrore che aveva letto potevano competere con ciò che stava passando.
Il battito del cuore era talmente forte che lo sentiva pulsare dentro le orecchie come una grancassa percossa in un corridoio vuoto, stillava sudore, tremava terrorizzata, pregava dentro di sé.

Silenzio, solo silenzio.

Ma poi, ecco che le porte del guardaroba si spalancarono abbondantemente ricoprendo di luce tutto ciò che prima giaceva nel buio e la polvere, quello che era nascosto venne illuminato e la bambina non ebbe più luogo dove nascondersi.
Il lupo aveva trovato il coniglio e quest'ultimo non poteva fare nulla per fuggire se non scalciare e a urlare a squarciagola per catturare l'attenzione di qualcuno.

«No, ti scongiuro no! Lasciami! Ti prego no! Voglio andare via! Voglio andare a casa!» la bambina liberò il fiume di lacrime e le grida di terrore che aveva trattenuto. «Voglio andare a casa! Voglio andare a casa!» l'uomo la prese per la caviglia e la trascinò fuori dalla stanza, la piccola non potendo competere contro la forza di un uomo adulto, si limitò a disperati e inutili calci.

Venne trascinata sulle scale e ogni scalino sceso la feriva in varie parti del corpo.  «Per favore no! No, no, no non voglio! Lasciami andare ti supplico! Voglio la mamma, voglio andare a casa! Perché mi fai così? Voglio la mamma, mamma!»

L'uomo la riportò nella stanza da cui era fuggiva, furioso e ferito da ciò, la minacciò.
«Guai a te Meredith, che non si ripeta mai più!» e la bambina ricolma di rabbia e tristezza, si lasciò andare un insulto a pieni polmoni. «Stupido idiota!»

Lo sguardo dell'uomo la fece pentire seduta stante, sentì di essersi condannata.
E infatti, l'uomo si avvicinò alla lampada e con violenza, impugnò la spina e la staccò dalla presa. Meredith come vide che punizione le aveva imposto, si mise in ginocchio e pregò perdono, ma l'uomo si rifiutò di darle ascolto e uscì dalla stanza portandosi dietro la fonte di luce che illuminava quel posto buio.

Ordunque la bambina prese a recitare la preghiera del buon pastore che le aveva insegnato la mamma, nel Salmo la scrittura diceva che il suo pastore l'avrebbe fatta riposare su verdeggianti pascoli e che anche se si fosse trovata nella valle della morte, non avrebbe dovuto temere alcun male, ma man mano che recitava quelle parole sacre, si accorse che non si trovava su nessun prato verde.

Si sentì sola, abbandonata e dimenticata come i giocattoli nel suo giardino di casa.

La giornata proseguì e il pentimento di Meredith crebbe come il sonno, così si stese sul pavimento e posando la testa sul cuscino, si coprì con la coperta e si appisolò.
Strinse la coperta tra le sue braccia contro il petto immaginando di abbracciare sua madre, lo stringeva con amore e amarezza pregando di sognarla.

Si chiedeva se la stesse cercando.

Dov'era?

Meredith a occhi chiusi ricreò il volto e il corpo della madre, stringendo a sé la coperta e annusandola come faceva con i ricci capelli di sua mamma quando dormivano insieme, la baciò e la bagnò di un paio di scarse lacrime e infine le diede la buonanotte.

Ma riaprì gli occhi e la visione che si era creata nella testa svanì come la poca pace che era dimorata nel suo animo, ciò che aveva annusato non erano i ricci profumati di pesca e fiori della madre, tutto ciò che stava stringendo era solamente la coperta e l'abbraccio, era solo frutto della sua immaginazione.
C

hiuse nuovamente gli occhi per rinnegare la realtà. Preferì continuare a fingere di abbracciarla, preferì illudersi e credere alle sue fantasie, piuttosto che piangere.

Ecco che però un rumore già ben molto noto catturò la sua attenzione è diresse subito il suo sguardo verso la porta che si stava aprendo, spaventata che fosse tornato per farle del male per ciò che aveva fatto, si nascose sotto le coperte e attese con ansia la sua entrata.
Ascoltò i suoi passi che via via si avvicinavano verso di lei, e contro ogni sua aspettativa, l'uomo si chinò sulle ginocchia, le tolse la coperta di dosso e la sollevò tra le braccia.

Meredith guardò il pavimento scorrere sotto i suoi occhi increduli di ciò che stava accadendo, l'aveva presa in braccio come faceva suo papà e senza dirle nulla la portò verso la parte sinistra del corridoio, verso la porta da cui aveva tentato di scappare il primo giorno.
Aprì la porta sotto gli occhi incuriositi di Meredith e mise piede in quello che era il salotto.
Bello e ordinato, ogni angolo era baciato dai raggi del sole.
I colori variano dal rosso scuro al marrone, ma dove ragnavano più colori, era nello scaffale dei libri.

L'uomo appoggiò la bambina sul divano e si allontanò verso la cucina che era attaccata al salotto, l'unica cosa che la separava era un'entrata ad arco ornata di mattoni.
Meredith si apprestò a guardare le finestre come una via di fuga più semplice e veloce, ma purtroppo si accorse che erano sbarrate.
L'uomo tornò con in mano una ciotola che conteneva due grappoli di uva nera, la posò sulle gambe della piccola e le disse di mangiare.

Lei guardò quei chicchi ovali e scuri con il timore che fossero avvelenati. L'uomo notò il disagio sul volto della piccola e per tranquillizzarla prese un chicco d'uva e se lo mangiò davanti a lei, Meredith lo guardò mentre masticava con tranquillità l'uva ed ebbe fede e coraggio di mangiarne uno anche lei.
Il gusto succoso e dolce dell'uva le esplose nel palato.

«Vuoi dell'acqua?» chiese l'uomo, e Meredith avendo la bocca impegnata a masticare, annuì.
L'uomo si alzò, andò in cucina, e ritornò con un bicchiere d'acqua che posò sul tavolino centrale del salotto.

«Non mi piace essere cattivo, ma tu se mi spingi potrei diventarlo. Potrei fare cose molto brutte» disse l'uomo «Non devi più scappare da me, dobbiamo stare insieme. Sarò costretto a punirti se tenterai nuovamente la fuga»

La piccola abbassò lo sguardo e annuì alle sue parole «Non lo fari più vero?» «No» rispose subito a bassa voce. «Brava bimba»

Si chinò verso la piccola e la baciò sulla fronte, nel mentre le sue dita erano affondate sotto la massa di ricci castani ormai invasi di nodi.
Poi si alzò e si avviò verso il corridoio, la piccola lo guardò confusa chiedendosi dove stesse andando.

«Vieni» disse lui facendole cenno con la mano di seguirlo.
Salirono le scale fino a giungere al piano di sopra ed entrarono nella seconda porta che stava affiancata alla camera da letto dell'uomo, era il bagno ed era lungo e stretto, ma tutto ciò che ci diceva stare c'era. L'uomo si piegò verso la vasca girò il rubinetto e chiuse con il tappo lo scarico dell'acqua.

«Spogliati»

Disse, Meredith lo guardò e scosse la testa.
«Spogliati» ripeté, ma la piccola compiendo un passo indietro rifiutò nuovamente.
Quel gesto irritò l'uomo, che per rabbia si avventò su di lei e prese a privarla di ciò che aveva addosso, Meredith restò inerme e immobile ad attendere che l'uomo finisse di spogliarla.
Le sollevò la maglia, le abbassò le mutande e le tolse i calzini.
La piccola per l'imbarazzo e la paura iniziò a piangere, l'uomo la sollevò e la mise dentro la vasca  «Sai lavarti da sola?» chiese, e e lei si apprestò a rispondere per non commettere lo stesso errore «Sì» «Allora tieni» le diede una spugna e del sapone, poi camminò verso il gabinetto, abbassò la tavolozza chiusa e vi ci sedette sopra per guardare la bambina «Su, lavati»
Meredith guardò la spugna che aveva in mano, ma l'idea di lavarsi davanti a lui fa faceva sentire molto a disagio.
«Ti ho già spogliato, vuoi anche che ti lavi pure?»

Meredith cominciò a pregarlo con le lacrime, ma si accorse che era inutile, era costretta a ubbidire se non voleva le mani di quell'uomo sul suo corpo.
Così versò un po' di sapone sulla spugna, lo posò sul bordo della vasca e iniziò a lavarsi.

Cercò di fare il più velocemente che poteva così da dargli meno piacere possibile.
Una volta finito, egli l'avvolse in un grande e morbido asciugamano, e la portò nella camera da letto dove la fece sedere sul materasso.
Meredith rimase seduta a guardarlo mentre frugava nel cassetto e tornò dinanzi a lei con in mano una crema, la piccola intese subito le sue intenzioni.

«Dammi la gamba» disse, e la piccola non esitò, gli allungò la gamba senza esitare.
Lui la colse con dolcezza, la condusse sulle proprie gambe, e con la crema sul palmo cominciò a spalmare.
Meredith lo guardò mentre le accarezzava la pelle con delicatezza ma decisione, era talmente confusa che non sapeva come reagire.
Fatta la gamba destra fece anche la sinistra, poi le disse di togliersi l'asciugamano, la bambina ascoltò per evitare di provocarlo e gli permise di passare i palmi delle mani sul resto del suo piccolo corpo immaturo.
Mentre l'uomo passava le mani sulla pelle chiara e soffice della piccola, sentì che la superficie era ricoperta di brividi «Non ti devi vergognare» disse voltandola verso il suo volto.
«Se non cominci adesso, sarà più difficile per quando sarai un po' più grande. Ti devi fidare di me, Meredith»

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