Compiuti i quattordici anni il rapporto tra Meredith e Allan germogliò in un rovo spinoso, in qualcosa di diverso.
Ciò che prima erano innoque carezze e baci sulla guancia, ora sembravano molestie, carezze azzardate e baci forzati. "Più un gioco per adulti" pensava la ragazza.
Allan vedeva la stessa Meredith che aveva rapito, ma non la guardava più con gli stessi occhi di prima.
Non c'era molto che lei potesse fare, anche se non portava le catene, la speranza di tornare a casa non si era ancora spenta, anzi, giorno dopo giorno il suo desiderio di scappare accresceva costantemente.

E quel giorno sembrava il giorno perfetto per scappare via.

Lei e Allan avevano nuovamente trascorso del tempo insieme nel letto nella stanza di quest'ultimo, come alla fine di ogni rapporto, Meredith si sentiva macchiata, oltraggiata e disgustata. Ma tutto ciò lo esprivema solo in un paio di lacrime, non voleva fargli capire che quello che le faceva la feriva, non voleva concedergli questa piccola gioia.
Le aveva già portato via la cosa più preziosa che una ragazza potesse possedere, una virtù la quale una volta persa non si poteva più riacquistare. Questo la irritava nel profondo, nella sua testa c'era la voce della madre, quella voce che da bambina le ripeteva  quanto fosse preziosa e valorosa la verginità di una fanciulla. Adesso ne era stata completamente privata e non aveva fatto nulla per impedirglielo, o meglio, poteva ma temeva di reagire, per tutti quegli anni aveva avuto paura di lui ma adesso la paura era odio.

Si trovava sola nella stanza, Allan si era recato in bagno per qualche minuto, minuto che avrebbe potuto sfruttere a suo vantaggio.

Si alzò dal letto e a passo lento e quasi zoppicando, si avvicinò alla porta e appoggiato l'orecchio, cominciò a origliare. Ma nulla, ignorò anche un po' il fatto che l'avesse lasciata nella stanza da sola apposta per metterla alla prova, se fosse stato così almeno ci aveva provato, avrebbe dimostrato la sua infelicità di stare in quella casa.
Andò verso la finestra e senza preoccuparsi del rumore che avrebbe emesso la maniglia nell' aprirsi, la girò tutta di un colpo, poi spalancò entrambe le finestre che emisero un leggero cigolio di legno vecchio. Ora però toccava alla tapparella.

Afferrò la corda con tutte e due le mani, poi cominciò a sollevare lentamente la tapparella verso l'alto.
Non era necessaria aprirla del tutto le serviva solo lo spazio giusto per le sue piccole ed esili dimensioni.

Prima di sedersi ai margini della finestra, si voltò verso la porta della camera ancora chiusa, le lenzuola del letto erano esattamente come le aveva lasciate e se avesse avuto più tempo avrebbe messo anche un cuscino sotto la coperta per far intendere che fosse lei.
Non ci sarebbe cascato ma lo avrebbe rallentato.

Improvvisamente Meredith, quando realizzò che stava per fuggire, venne assalita da una gioa indescrivibile accompagnata dall'adrenalina, ma anche dalla paura di venir colta sul fatto.
Si sporse dalla finestra guardando ciò che si trovava sotto di lei, e fortunatamente ad aderire l'atterraggio c'erano degli arbusti, con gli occhi cominciò già a disegnare il percorso che avrebbe fatto di lì a poco.
Fece uscire fuori le due gambe e tremolante guardava i suoi piedi sospesi nel vuoto, poi chiuse gli occhi e a mente fece la conta al rovescio, e man mano che si avvicinava allo zero, si lasciava andare.
Le sue mani sudate scivolavano lentamente e il suo corpo pendeva sempre di più verso il vuoto, verso la libertà.

"Cinque, quatto, tre..."

La porta della stanza si aprì.

Il suo cigolio e i brevi passi che vi susseguirono fecero sobbalzare il cuore di Meredith, che a malapena con la coda dell'occhio osò guardarsi alle spalle.
Non sapeva bene che cosa aspettarsi anche se la risposta era evidente, oltre a lei e Allan non viveva nessuno in quella casa.

Infatti era proprio lui, piantato su due piedi affianco alla porta con gli occhi rivolti verso la ragazza che aveva rapito, la stessa che ha nutrito e coccolato, la stessa che ora stava per scappare di fronte a lui...