6° story

-> Star Wars <-

Prompt: Crossover n°. 2
Lunghezza: 1530 parole
Spoiler: No

~•~▪~•~

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, c’era una tensione nello spazio che rendeva l’aria quasi irrespirabile, almeno in quei pianeti provvisti di essa.

Non era solo una questione di Jedi, Sith, e della Forza: il male era alle porte, sembrava di essere sull’orlo di una guerra anche se nessuno aveva idea di chi fosse realmente il nemico, né per gli uni né per gli altri.

Su una stazione spaziale, uno jedi avvolto in un mantello marroncino stava bevendo un frappè. Una specialità umana di cui lui andava matto. Nell’altra mano reggeva uno schermo in cui comparivano notizie.

Notizie di genocidi. Di stermini. Schiavitù. In nessuna immagine o video si potevano vedere spade laser: non era chiaro chi fosse il nemico.

Sentì l’atmosfera cambiare attorno a lui e alzò lo sguardo dallo schermo. Una figura avvolta in un mantello nero, vestita completamente di nero, stava avanzando tra i tavoli del bar, diretto verso di lui. L’uomo dal mantello marrone appoggiò il frappè e appoggiò la mano sulla spada laser che aveva al fianco.

Poi l’uomo in nero si calò il cappuccio, rivelando dei capelli rossi che arrivavano sotto le spalle, e la tensione parve spezzarsi. L’uomo dal mantello marrone tolse la mano dalla spada laser e riprese in mano il frappè.

«Signor Crowley!» esclamò il barista con un sorriso a novanta denti tipico della sua specie. «Bentornato! Cosa posso offrirti? Il solito?»

«No… Se non sbaglio è il periodo di produzione del vino della sabbia di Tatooine, corretto?»

«Sempre un intenditore di vini, a quel che sento. Corretto. Ne dovrei avere una bottiglia.»

Il barista scomparì sotto al bancone in un turbine di tentacoli. L’uomo in nero si guardò intorno e vide l’uomo avvolto nel mantello marrone.

Si guardarono un momento.

«Costa quindicimila. Sai, siamo lontani da Tatooine ed è un vino pregiato...» disse il barista appena riemerse.

«Nulla in contrario al prezzo.» disse il rosso facendo passare su un lettore di chip un oggetto che nessuno riuscì a vedere. A quel punto prese la bottiglia e raggiunse l’uomo dal mantello marrone al tavolo.

«Aziraphale.» disse solenne.

«Crowley.» rispose l’altro.

Si guardarono, e molti non del luogo guardarono i due maestri della Forza temendo uno scontro, ma con gran sorpresa i due si rivolsero un reciproco sorriso.

«Diamine, sono almeno sei mesi che non ci incrociamo!» esclamò Crowley stappando la bottiglia coi denti.

«Sette e mezzo, Crowley, sette e mezzo.» ribatté l’altro con un sospiro. «Sai com’è. “La guerra è alle porte! Dovete sempre essere pronti!”, e così via.»

«La parte divertente di questa storia è che il nemico non si trova. Beelzebub è assolutamente certo siate voi Jedi, voi Jedi credete siamo noi Sith… Io dico che c’è un terzo nemico che vuole romperci le scatole e farci scatenare la guerra a noi.» disse Crowley bevendo a canna metà bottiglia.

«Sì, anche Gabriel era dello stesso avviso. Solo i Sith possono architettare piani tanto malvagi.» fece Aziraphale con uno sbuffo infastidito. «E intanto ci si raddoppia il lavoro a vicenda, i nostri capi vogliono conquistare, fare guerra, fare casino, e non trovi neanche due minuti per respirare.»

«Te lo stavo giusto per chiedere, Azi. Come diamine sei riuscito a rispondere al mio messaggio e venire fin qui? Mi avevi detto che Gabriel ti stava col fiato sul collo.»

Aziraphale per un momento non rispose, sorseggiando il frappè, poi disse: «Ho distrutto il chip che mi aveva messo per controllare i miei movimenti.»

Crowley quasi si strozzò con il vino. «Tu hai fatto cosa?»

Il biondo arrossì leggermente. «Eddai, sai che detesto Gabriel e di dover combattere!»

«Ti sei tolto il suo chip! Quello ti ammazza!»

Aziraphale guardò altrove. «Crederà che mi sono fatto portare al lato oscuro… Voglio dire, mi ha messo il chip pensando proprio a quello. Sai no, la passione è per Sith, non per Jedi.»

Crowley sapeva a cosa si riferiva. Si riferiva a quando Gabriel aveva sentito un cambiamento in Aziraphale, appena successivo alla prima volta che loro, che si conoscevano da anni, si erano confessati ed amati. In effetti, non avesse già saputo che Gabriel era uno stronzo, per quei sei mesi di silenzio si sarebbe fatto venire le paranoie di aver sbagliato con l’unica persona che amava.

Quell’incontro era la prova che Aziraphale in realtà stava bene. E non lo odiava.

«Bah, Gabriel può andare a farsi fottere.» commentò bevendo il resto della bottiglia.

«Concordo. Può benissimo andare a quel paese.» aggiunse annuendo il biondo.

«E se ce ne andassimo?»

Stavolta fu Aziraphale a rischiare di strozzarsi con il frappé. «Cosa?!»

«Sì, insomma, visto che io odio combattere e non voglio andare in guerra e tu odi la tua fazione, Gabriel e compagnia bella, potremmo semplicemente andarcene. Smettere di essere Jedi e Sith. Ritirarci su un pianeta con un bel mare, tanto sole, tanto alcol, tanto silenzio. Un posto che mai verrà toccato dalla guerra. Un posto lontano da tutto questo, solo per noi.»

Crowley guardava fuori dalla finestra un punto lontano mentre lo diceva. Non sapeva che risposta aspettarsi, aveva fantasticato a lungo su quell’idea, quell’ipotesi. Voleva smettere tutto quello.

Voleva andarsene con lui. Con colui che amava.

La risposta di Aziraphale venne interrotta da un baccano all’entrata del bar. Si girarono entrambi e videro il barista svanire oltre il bancone. Poco dopo esso venne raggiunto da un gruppo di sei uomini.

Erano tutti contrabbandieri, lo si vedeva dal modo di vestire. Alcuni avevano le mani sulle pistole laser, gli altri le impugnavano con una mano sola e guardavano intorno a loro.

«Tirate fuori i vostri soldi e nessuno si farà male.» declamò quello che doveva essere il capo.

Crowley sbuffò a piano per non essere sentito. Aziraphale lo guardò, continuando a bere il suo frappè.

Se anche non avevano sentito il rosso, non approvarono l’indifferenza del biondo.

«Ci stai ignorando, biondino?»

Aziraphale si girò verso il capo, che aveva una pistola puntata contro di lui. A quel punto decise di dedicargli attenzione.

«Nossignore. Vi ho sentito. Volete che tiriamo fuori i soldi.»

«Esatto. Tirali fuori.»

«Li ho finiti.»

I contrabbandieri lo fissarono. Lui riprese a bere.

Non fu il capo a sparare, ma qualcuno lo fece.

Il proiettile rimase sospeso a mezz’aria, la luce del laser che lo componeva che illuminava il loro tavolo.

«Grazie, caro.» disse Aziraphale osservando Crowley, una mano alzata. Si alzò poi dal tavolo e l’altro liberò il proiettile, facendo scaturire scintille quando di scontrò con il muro di metallo.

«Avete due scelte. O ve ne andate di qui vivi e felici, o restate qua dentro e uscirete morti. A voi decidere cosa preferite.» disse con un sorriso il biondo.

«Morti? Chi ti credi di essere, grassone?»

«Grassone?» disse Crowley, alzandosi dal suo posto. Prima parevano non aver visto gli occhi gialli del Sith, ma ora brillarono in tutta la loro spaventosa gloria davanti a loro.

L’intero gruppo arretrò mentre Crowley avanzava. «Chiamatelo di nuovo così e non avrete più una scelta.»

Qualcuno sparò. Stavolta il proiettile venne deviato da Aziraphale: accese la spada laser blu in un istante e deviò verso l’alto il proiettile. Aveva perso il sorriso.

«Mi sa dovremo far pulizia qua dentro di nuovo, caro.» disse fissando i nemici con una luce spaventosa negli occhi.

«Niente di più semplice.» rispose il rosso accendendo la propria spada, anch’essa rossa.

Attaccarono insieme con la coordinazione che avevano fin da quando erano entrati nel tempio degli Jedi da bambini, prima della loro separazione e del rapimento di Crowley.

Aziraphale attaccò a sinistra, Crowley a destra, e rotearono le spade, incrociando tra di loro le armi, evitando i colpi dell’altro perché, semplicemente, conoscevano l’un l’altro abbastanza da sapere dove avrebbero colpito tanto quanto dove avrebbero colpito loro stessi.

Bastarono due minuti e dei sei contrabbandieri rimasero solo dei cadaveri. Aziraphale aveva imparato che quello era sbagliato, ma in quel momento non si sentì particolarmente pentito di ciò che aveva fatto. Né lo era Crowley.

«Avervi qui è sempre la mia salvezza, posso dirlo?» disse il barista riemergendo da dietro il bancone. Ovviamente si riferiva alle altre tre volte in cui quello era successo.

«Ci pensi te a ripulire?» chiese Aziraphale.

«Come sempre.»

«Allora noi leviamo le tende.»

Uscirono quindi dal bar, camminando in silenzio per i ponti metallici della stazione. Raggiunsero una terrazza che aveva vista su una galassia arcobaleno e rimasero a guardarla in silenzio: ogni volta la vedevano leggermente cambiata.

«Non mi hai dato una risposta.»

Aziraphale guardò Crowley un momento, ragionando e ricordando la sua proposta.

Guardò di nuovo la galassia, poi lui.

«Mi piacerebbe venire con te.»

Crowley sobbalzò e lo guardò. Aziraphale era arrossito leggermente e aveva di nuovo spostato lo sguardo altrove.

«Verresti?»

«Sì. Non c’è nulla che desideri di più di questo, in effetti.»

«Ho una navetta. Possiamo partire anche subito. Non è schedata, è molto rubata, in effetti… Possiamo andarcene. Ora.» la buttò lì Crowley.

Aziraphale stavolta lo guardò e sorrise. «Va bene.»

Il rosso sorrise in risposta, poi prese coraggio e si chinò a baciarlo. Come già successo molte volte, nelle stanze buie, in luoghi troppo affollati per essere notati. Da bambini, anche.

Poi lo prese per mano e lo portò con sé verso una nuova vita.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top