4° story
-> Antico Egitto <-
Prompt: AU storico
Categoria: Missing Moment/Alternative Universe
Lunghezza: 3859 parole (4100 con le note)
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Quando Crowley un mattino si svegliò con un mal di testa atroce, in un letto sfarzoso non suo e con delle belle donne che lo stavano chiamando “faraone”, si chiese quanto diavolo avesse bevuto nei precedenti tre giorni. Di solito non gli venivano allucinazioni visive e uditive se non dopo festini di anche cinque giorni filati senza chiudere occhio.
Poi si pizzicò. Si versò in faccia l’acqua che una donna gli offrì. Chiese sempre a lei di schiaffeggiarlo e lei lo guardò come se avesse insultato tutta la sua famiglia in ebraico, rifiutandosi di assecondarlo. Crowley aveva però già compreso la situazione.
Non era un sogno. Non era neanche un’allucinazione.
Il demone di terza classe Crowley era diventato faraone d’Egitto, senza avere neanche idea di come ci fosse riuscito.
C’era solo una persona a cui avrebbe potuto chiedere delucidazioni, così saltò fuori dal letto. Si ritrovò maledettamente nudo davanti a due donne imbarazzate e una di loro, vedendo la sua agitazione, si affrettò a tendergli qualcosa da mettersi almeno per coprire il suo corpo dai fianchi alle ginocchia. Una volta sistemato corse fuori da quella stanza, alla ricerca del suo unico amico.
Lo trovò nelle cucine che guardava dentro grossi pentoloni, visibile tra gli altri in cucina come una lucciola di notte: pallido, biondo, inconfondibile.
Stava mettendo un mignolo in un pentolone approfittando della distrazione del cuoco quando Crowley fece irruzione urlando: «Angelo!*»
«Non sto facendo niente!» esclamò Aziraphale tirando via la mano come un fulmine. Vide poi Crowley e disse: «Oh, buongiorno Crowley.»
Aggrottò le sopracciglia e aggiunse: «Forse dovrei chiamarti “mio signore” visto tutto.»
Crowley ignorò come tutti i presenti si fossero inginocchiati al suo semplice arrivo, si limitò ad afferrare Aziraphale per un braccio e a trascinarlo nella dispensa, sbattendo la porta dietro di sé. Prese Aziraphale per il davanti della tunica bianca e sibilò: «Angelo, cosa cazzo sta succedendo oggi?!»
Aziraphale non era eccessivamente intimorito da Crowley e commentò: «Hai dimenticato cos’è successo? Diamine, te l’avevo detto di bere meno!»
«Rispondimi.»
L’angelo aggrottò di nuovo le sopracciglia, poi disse: «Non ho spiegazioni di prima mano su tutto ciò che è successo. Se non erro, tre giorni fa ti sei ubriacato e sei finito tra le predilette del faraone. Ti ha scelto, portato in camera, siete diventati amici in qualche modo e lui ha indetto una festa in vostro onore.»
«Vuoi dirmi che sono stato a letto con il faraone?!» chiese Crowley incredulo.
«Non ne ho idea, non ero presente nella stanza per verificare. Comunque, ieri sera lui ti ha sfidato a Senet (1) e ha messo in palio il suo titolo. Eravate entrambi ubriachi marci, non mi stupisce non ve ne ricordiate. Comunque sia, hai vinto tu ed ecco il nuovo faraone Crowley.»
«Come è possibile che io abbia vinto a Senet? Sono una schiappa a giocarci!»
Aziraphale allontanò lo sguardo da lui, imbarazzato, e Crowley gli chiese, con un tono minaccioso decisamente credibile: «Angelo, cos’hai fatto?»
«Credo sia per colpa mia… Scusami tanto, ero brillo anche io, e quando hai detto al faraone che ci sarebbe voluto un miracolo per farti vincere, io… io ti ho concesso il miracolo.»
Crowley si schiaffò una mano sulla faccia e fece un verso che era un misto tra un gemito e un ringhio. «Dannazione, angelo!»
«Ero brillo! Non ho fatto apposta!» si difese l’altro.
«Non puoi tirarmi giù dal trono con un altro miracolo?!»
«Non è così che funzionano i miracoli!»
Crowley picchiò il pugno contro al muro, irritato ed esasperato. Aziraphale sobbalzò per quanto la sua mano era vicina al suo volto.
«Non c’è bisogno di essere così negativi.» tentò l’angelo. «Sei un demone, magari acquisti punto facendo casino come faraone.»
«Lo so, ma la questione è semplice, angelo: io non voglio responsabilità, non voglio essere faraone, non voglio essere qui!» sbottò il demone. Fece poi un respiro profondo e disse: «Se non puoi miracolarmi fuori da questo ruolo, allora dovrò fare casino da demone ed essere screditato. Devo fare un lavoro pessimo e far tornare il vero faraone.»
Poi Aziraphale lo vide arrossire di rabbia e urlare: «Non posso mandare a puttane tutto l’Egitto, però, cazzo!»
«Ti faccio da vice, se vuoi, così tu ti comporti male ma il regno non crolla.» suggerì l’angelo.
I due si guardarono per un lungo istante, poi Crowley sorrise. «Angelo, sei un genio! Così ti prendi la tua parte di colpa per avermi messo sul trono.»
«Ti ho già detto...»
«Io sarò ubriaco per tutto il tempo. Flirterò con le donne. E con gli uomini. Anche con le colonne, perché no, tanto nessuno mi darà corda, temono l’intervento divino.»
«Crowley, sei il faraone!» protestò Aziraphale, anche se sapeva benissimo che era tempo perso.
«Mi sembra un piano perfetto. Potrebbero addirittura elogiarci, in inferno e in paradiso. Sarebbe perfetto!»
L’angelo sospirò, passandosi una mano tra i capelli mentre Crowley lo lasciava andare usciva dalla dispensa. Lo udì richiedere a gran voce dell’alcol, poi decise di uscire per spiegare cosa sarebbe successo.
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Il giorno successivo Crowley era mezzo disteso sul trono dorato, mezzo addormentato e con ancora un bicchiere in mano. Doveva esserci dentro Shedeh (2), sospettò Aziraphale quando andò vicino e ne sentì l’odore.
«Crowley.» lo chiamò a piano. Aveva intravisto all’entrata del palazzo dei commercianti che evidentemente miravano a parlare con il faraone dei loro affari, aveva bisogno Crowley avesse una parvenza di sobrietà dalla sua parte.
Il demone gemette e non rispose, scacciandolo con la mano che reggeva il bicchiere e spargendo liquido ovunque.
Aziraphale sospirò. Il giorno prima Crowley, già ubriaco dopo parecchi bicchieri di birra, aveva assegnato all’angelo suo amico il compito di assisterlo durante il suo breve regno. Era stato detto nella sala del trono e Crowley aveva detto quel “breve regno” con quegli esatti termini, facendo borbottare molte persone che evidentemente non sapevano nemmeno perché indossasse lui l’Occhio di Horus sul petto.
Aziraphale si allontanò quindi da lui e diede ordine di far entrare gli ospiti.
Erano due uomini, uno dalla pelle piuttosto scura e in catene - non esattamente quello che l’angelo aveva visto quando si era affacciato, ma poteva essere che ci fossero più persone che richiedevano il faraone - e uno più basso, dall’aria sicura.
Vedendo Aziraphale, lo esaminò come stesse cercando di capire il suo valore sul mercato degli schiavi. Gli impedì di fare domande scomode dicendo: «Buongiorno, sono il consigliere e assistente del faraone, scelto da lui in persona. Cosa desidera?»
L’uomo si riprese e disse: «Vorrei parlare con il nostro signore di affari. Solo con lui.»
Entrambi si girarono a guardare Crowley, che sembrava piuttosto addormentato.
«Mi sento di dire che è leggermente indisposto. Può parlarne con me, farò da tramite per quando sarà più, come dire… sveglio.» disse Aziraphale con una punta di disapprovazione.
«Non ho intenzione di parlare con uno sporco straniero, nemmeno se scelto dal faraone in persona, nemmeno se parla la mia lingua.»
«Lei è estremamente scortese.» disse Aziraphale mentre la voce di Crowley riempiva con lui il silenzio: «Non azzardarti a rivolgerti così a lui.»
I due si rivolsero al faraone, che si tirò a sedere sul trono. Si coprì gli occhi con una mano per nascondere i suoi occhi serpentini, ma aprì le dita abbastanza da scrutare l’uomo.
«Aziraphale è il mio uomo. L’ho scelto io stesso con cura e pretendo che non gli si manchi di rispetto.» disse con chiarezza. Poi bevve di nuovo dal bicchiere, di nuovo pieno per sua abilità demoniaca, e si accasciò di nuovo sul trono, stavolta dritto.
Aziraphale si girò verso dell’ospite e disse: «Lo avete sentito.»
L’uomo fece una lunga pausa, poi disse: «Bene. Voglio offrire al re uno schiavo. Sono incatturabili questi, e voglio concederlo a sua maestà.»
«Per e in cambio di cosa?»
«Fare affari con il nostro signore in futuro, naturalmente.» disse lui facendo un esagerato inchino. «Quanto a lui, solo con la sua mole dimostra di poter fare qualunque cosa. Ottimo in qualunque lavoro manuale. Forse è anche buono per soddisfare le voglie del faraone.»
Aziraphale si girò appena prima che Crowley si alzasse dal trono come un gatto. Scese i gradini della pedana su cui era e si avvicinò ai due ospiti: quello che aveva parlato fino a quel momento fece un passo indietro, ma il demone non lo guardò proprio.
Si avvicinò allo schiavo. Lo osservò un momento, poi chiese: «Sai suonare l’arpa?»
L’uomo spalancò gli occhi tanto che parvero volergli saltar fuori dalle orbite. Aziraphale aveva capito cos’aveva detto Crowley, ma intuì che lui aveva parlato nella lingua natia dello schiavo, non in egiziano.
Quest’ultimo parve altrettanto sorpreso, poi rispose: «Me la cavo meglio con il tamburo.»
«Meraviglioso.»
Poi tornò a parlare egizio. «Mi sembra un ottimo acquisto. Prego, però, non dare per scontato che solo perché un uomo è muscoloso, allora debba per forza essere manodopera.»
L’uomo lo fissò, poi sorrise. «La ringrazio, mio signore.»
Crowley tornò sul trono e Aziraphale completò l’affare. Lo schiavo rimase con Aziraphale, che lo sentì mormorare: «Non ci voglio credere.»
«Spero il vero faraone ti terrà nel ruolo concordato con Crowley.» rispose l’angelo, facendolo sobbalzare.
«Angelo.» disse Crowley dal trono. «Lo porteresti nella stanza della musica? Se anche non fosse il suo strumento ma sa suonare qualcosa, andrà comunque bene.»
Lo aveva detto nella lingua dello schiavo, che fissò entrambi come fossero Ra in persona.
«Voi… parlate la mia lingua.»
I due tacquero un momento, poi Aziraphale disse: «Crowley è il faraone. È Dio. Quale dio non saprebbe ogni lingua? E io in quanto suo assistente e rappresentante devo… devo sapere anche io le stesse lingue.»
Era una spiegazione a dir poco stupida, ma lui ci credette. Si voltò verso Crowley e fece un inchino. Fu solo in piedi che si accorse dei suoi occhi.
Non fu che uscendo dalla stanza che chiese ad Aziraphale: «Perché il vostro faraone aveva gli occhi da serpente?»
Aziraphale pensò a tutto il loro piano e disse: «In realtà il faraone non è consacrato da Ra, ma dal grande serpente del Caos, Apophis. Per questo dovremo riportare sul trono il vero faraone.»
«Se è così cattivo, perché tu sei con lui?»
«Qualcuno deve tenerlo d’occhio, no?»
La stanza della musica era piena di gente che provava. Aziraphale entrò e disse a tutti: «Signori e signore, lui suonerà con voi. Vi chiedo di trattarlo bene… Ordine del faraone. Ha detto di saper suonare i tamburi: se così non fosse, aiutatelo a trovare la sua vocazione.»
Si girò poi verso di lui e disse: «Sarebbe un vero miracolo se vi capiste a vicenda, non trovi?»
Si rispose da solo. «Già. Un vero miracolo.»
E lo lasciò con loro, certo che sarebbe andato tutto bene.
Quando tornò, lasciò che i commercianti che già aveva visto entrassero nella sala. Loro erano egizi e offrivano della birra di qualità.
Crowley stavolta fu molto più reattivo.
«Birra?» chiese avvicinandosi a loro con molta più solennità.
I commercianti avevano della birra come assaggio. Appena Crowley se la fu scolata per intero chiese: «Quanto tempo ci mettete a portarne qua in abbondanza?»
«Non meno di quattro giorni, condizioni del tempo permettendo.»
«Angelo, tra cinque giorni voglio darei una festa. Voglio fare casino. Tanti disastri. Deve essere ricordata nei secoli.»
Guardò il commerciante. «Voglio tanta birra da farmi dimenticare di essere vivo.»
Il commerciante si inchinò profondamente e uscì, con promessa di un buon compenso. A quel punto Crowley disse: «Angelo, mi devi trovare il vero faraone.»
«Credo di avergli parlato dopo la tua vittoria, sai? Ho la curiosa sensazione che abbia voluto far perdere le sue tracce.»
Crowley gemette e si scolò un altro bicchiere di Shedeh. «Allora mi comporterò male. Così male che tornerà per pietà del suo stesso regno.»
Sorrise. «Durante la festa scatenerò il caos.»
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L’inizio del giorno della festa era alle porte. Aziraphale era steso sulla brandina che gli faceva da letto e non aveva alcuna voglia di alzarsi.
Aveva cercato il Faraone ovunque. Aveva chiamato il miracolo perché egli cambiasse idea e tornasse indietro o almeno di incontrarlo per parlargli, ma se Lui aveva ascoltato la sua preghiera, di certo non l’aveva fatta avverare, oppure il faraone gli era passato accanto e lui non lo aveva riconosciuto.
Quella ricerca costituiva metà della sua stanchezza e del suo stress. L’altra metà era dedicata ad aver a che fare con Crowley che, maledizione a lui, aveva tenuto fede alle sue parole e non aveva fatto altro che bere come una spugna, flirtare e andare a letto con tutte le concubine, flirtare con le guardie e sì, anche con lui, e un giorno lo aveva visto anche strusciarsi per davvero contro una colonna. Una vista a dir poco indecente per cui aveva detto un paio di rosari, per giunta.
Sentiva le voci spargersi per il palazzo, però. Voci di persone che rivolevano il vecchio faraone. “Quello nuovo era attraente e il suo aiutante pareva a posto anche se straniero” (e Aziraphale era felice nessuno volesse male a lui, almeno), “Ma il vecchio faraone era più bravo.”
Temevano di dirlo davanti a Crowley, senza sapere che lui avrebbe senza dubbio concordato con tutti loro.
Trovò la forza di alzarsi dal giaciglio e si avvolse in una veste bianca pulita, lasciata per lui la sera prima da delle donne che continuavano a guardarlo con occhio critico. Non che ci badasse granché.
Quando arrivò nella sala del trono, vide Crowley collassato su di esso, il collo appoggiato al bracciolo, le gambe distese oltre l’altro. Aziraphale gli andò accanto: aveva anche gli occhi chiusi e sembrava in generale stesse dormendo.
Sapeva però che non stava dormendo davvero. «Crowley.»
Il demone gemette e aprì un occhio. C’era un accenno di barba bizzarro sul suo mento.
«Sì, Angelo?»
«Non ho trovato il faraone, neanche con i miracoli.»
Il demone lo fissò un momento, in silenzio, poi disse: «Arriverà. Non è morto come temi. Hai già pregato il miracolo che non lo sia, no?»
«Naturalmente, ma se sono arrivato in ritardo posso anche pregarLo e di certo lui non torna. Non se è morto.»
«Non lo è. Non lo sarà. Fidati.»
Le porte si aprirono. Il mercante di birra fece il suo ingresso, trafelato.
«Siamo arrivati in tempo, mio signore. La birra è pronta!» esclamò.
Crowley balzò in piedi scattando come una molla. «Angelo, pagalo, dopo porta qua tutta la birra. Inizieremo la festa subito, ho bisogno di bere.»
«Crowley, sei ubriaco da giorni!» protestò Aziraphale.
«Non è abbastanza. Eddai, Angelo, fammi felice, non accetti nemmeno le mie avances!»
Non capiva se fosse serio o meno e preferì non indagare. Pagò con un mucchio d’oro il mercante, poi lo aiutò a portare dentro tutta la birra. Al termine Crowley convocò dei messaggeri e fece spargere la notizia della festa.
Entro mezzanotte si scatenò il caos.
Due giorni dopo, Aziraphale osservava la città sotto la reggia del Faraone e ascoltava le urla di festa. C’era gioia, paura, caos, e lui osservava da lassù, un boccale di birra appoggiato sul muro accanto alle sue braccia.
Non si era unito ai festeggiamenti. Si era concesso qualche boccale di birra, ma aveva fatto attenzione a non esagerare così che ci fosse qualcuno di responsabile in grado di fermare qualunque follia. E ne aveva fermate, di follie, anche più di una.
Aveva impedito che un paio di servitrici finissero in pasto ai coccodrilli, per esempio. Aveva fermato una rissa tra due guardie che sostenevano di essere state guardate per prime dal faraone. Aveva impedito ai cittadini di entrare nel palazzo a fare casino, il che era più per evitare problemi con il vecchio faraone che altro.
Sperava apparisse durante quella festa. Sperava mettesse fine a tutto quello. Nessuno avrebbe ricordato il passaggio di faraone così, ne era sicuro.
Una porta sbatté alle sue spalle. Si girò di scatto e incontrò due occhi gialli particolarmente grandi.
«Angelo!» esclamò Crowley trascinandosi verso di lui ondeggiando. Era nudo, notò solo in un secondo momento.
«Crowley. Che fine hanno fatto i tuoi vestiti?» lo salutò lui con un lieve sorriso rassegnato.
«Barattati per più birra! E che birra, angelo!»
Il demone lo raggiunse, prese il suo boccale e lo scolò per intero, poi appoggiò gli avambracci al muro e si bloccò ad osservare la città sotto di lui. Soffiava del vento fresco, ma pareva non dargli alcun fastidio.
Per un momento nessuno dei due disse nulla, poi Crowley disse in modo stranamente sobrio: «Non è ancora arrivato, vero?»
«No.»
«Speravo che minacciando di far piombare il caos sulla città avrebbe risolto il problema e lo avrebbe fatto tornare indietro. Una festa del genere andata sprecata, che delusione.» sospirò Crowley prima di appoggiare la testa sulla spalla di Aziraphale, che si irrigidì un istante prima di rilassarsi.
Per un momento ascoltarono le urla venire dalla città, poi Aziraphale ruppe il silenzio calato tra loro. «Mi dispiace, Crowley. È tutta colpa mia, non avrei mai dovuto bere quel giorno e miracolare la partita. Sono stato un idiota.»
Crowley si staccò e sollevò la testa finché non fu al suo stesso livello, a una distanza tale che Aziraphale poteva sentire il suo respiro sulla pelle.
«Sì, sei stato un idiota.» annuì il demone, facendo sibilare leggermente le esse. «Ma sei il mio idiota.»
Lo baciò. Crowley lo baciò, un bacio che persino a labbra chiuse sapeva di birra, shedeh e chissà che altro. Un bacio che lasciò l’angelo ad occhi spalancati prima di chiuderli e di avvicinarlo con cautela, bloccato dall’assenza dei vestiti di lui.
Crowley ficcò le mani nei suoi capelli e glieli tirò leggermente, poi inserì la lingua nella bocca dell’altro approfittando di un suo gemito.
Aziraphale all’inizio ne fu disgustato perché sapeva di birra, shedeh e altro ancora, poi l’insieme gli parve piacevole e decise che le cose potevano restare com'erano.
O almeno decise che potevano finché non sentì qualcosa di duro premere il suo corpo e allora si staccò, sussultando. Crowley era nudo ed era eretto, e si sentì avvampare a sapere che era proprio lui la causa di quella reazione.
Ma Crowley non vi badò. Mise le mani sulle spalle del biondo e disse, scandendo le parole: «Angelo, ho avuto un’idea.»
«Uhm, che tipo di idea?» chiese Aziraphale temendo la risposta.
«Quelli laggiù, e tutto il popolo egiziano, vogliono che il faraone abbia un erede. Ma se invece non lo avesse, Angelo? Se invece il faraone si scoprisse monogamo con un uomo?»
Aziraphale collegò i puntini e si sentì avvampare ancora di più. «Vorresti dire a tutti che noi stiamo insieme?!»
«È un piano perfetto.»
«Uhm, scusate, disturbo?»
I due si girarono verso una guardia, che aveva le guance arrossate dall’alcol ma pareva ancora cosciente di sé.
«Il faraone desidera vedervi.» disse solenne, come per rimediare al non essersi inchinato di fronte a Crowley o altro.
«Ma io sono qui.» disse Crowley mentre Aziraphale sgranava gli occhi.
«Il faraone è tornato?»
«Sì. Vi attende nella camera reale. Ha detto che vuole… vuole giocare con voi a Senet.»
Aziraphale prese Crowley per un polso, finalmente sobrio. Era arrivato. Era tornato.
I due rientrarono nel palazzo. Ora tutto poteva finire.
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Il faraone era un uomo attraente. Dopo una settimana di riposo, perché Aziraphale era certo che fosse stata per lui null’altro che una vacanza di puro relax, pareva ancora più attraente. Non che gli venissero pensieri strani su di lui, non quando sentiva ancora la sensazione della lingua di Crowley in bocca.
«Mio carissimo Crowley! Ti vedo in forma!» esclamò il rappresentante di Ra in terra. Crowley, ancora nudo ma per fortuna non più eretto, gli rivolse un sorriso. «Grazie, mio signore.»
«E tu, uomo che ha l’aspetto di uno straniero… tu devi essere Aziraphale. Da ubriaco Crowley non ha fatto altro che il tuo nome.»
L’angelo fissò il demone, che pareva essere arrossito per l’affermazione. A quanto pareva non erano andati a letto insieme.
Aziraphale si schiaffeggiò mentalmente. Doveva restare concentrato.
«Vi abbiamo cercata ovunque, maestà. Il trono d’Egitto non può essere ceduto come scommessa per una semplice partita di Senet.» disse Aziraphale.
«Ho pensato la stessa cosa, ma del resto mi ci voleva una bella vacanza. Da quel che diceva Crowley, se fosse salito lui sul trono sarebbe scoppiato il caos e che i morti divorati da Ammut (3) sarebbero tornati in vita.»
«Crowley sa essere drammatico quando ci si mette d’impegno.» confermò il biondo. Al massimo avrebbe potuto far insorgere i suoi amici demoni, ma quelli erano miti legati ad un altro dio e non voleva metter becco nelle questioni di fede se poteva evitarlo. Sì, anche se era un angelo.
«A quanto mi ha riferito la guardia, vuoi una rivincita a Senet.» disse Crowley, scrutandolo.
«È così. Vorrei riprendermi il trono, credo sia il momento. Al termine di questa festa il tuo breve dominio sembrerà solo un brutto sogno. Questo però solo se ti batto a Senet: se dovessi invece vincere tu, allora resterai sul trono e io mi ritirerò. Sostengo però che qualcuno in grado di vincere a Senet sia adatto anche nel ruolo di governante.»
«A dir la verità, io sono davvero scarso come giocatore di Senet, ho solo avuto un’immensa fortuna, o sfortuna, a seconda di come la si vuole vedere. In generale, io sono in effetti parecchio fortunato. Sarebbe un vero miracolo se lei vincesse, mio signore.» disse Crowley fissando Aziraphale.
«Concordo. Un vero miracolo.» convenne Aziraphale, decidendo le sorti dell’incontro.
«Curioso, mi pare la stessa conversazione che avete avuto all’altra partita. È un rito scaramantico?»
«Chiamiamolo piuttosto un modo per garantire il giusto vincitore.»
Sistemarono le pedine e iniziarono la partita. L’obiettivo del gioco era portare fuori tutte le pedine per primi e i due lanciarono i legnetti dei punteggi numerose volte (1). Aziraphale lo riteneva inutile, tanto il vincitore era già stato stabilito.
Il re portò infatti fuori le proprie pedine dalla scacchiera per primo, decretando così il vincitore. Crowley parve leggermente deluso e Aziraphale gli batté una mano sulla spalla a piano.
«Che dire, Aziraphale, lei deve possedere delle doti divine. Mi dispiace dovervi cacciare entrambi da palazzo.»
I due si guardarono, poi Crowley chiese: «Posso almeno un vestito?»
Il faraone sorrise, si levò il proprio e glielo lanciò addosso, poi disse: «Andate e state lontani da questo palazzo. Siete pericolosi.»
I due non se lo fecero ripetere due volte e uscirono tramite lo stesso tunnel segreto da cui il faraone era entrato a palazzo. Una volta fuori, Crowley si sgranchì.
«Beh, ne siamo usciti. Ora possiamo fare quel che ci pare.» stabilì pacifico.
«Già.» annuì Aziraphale. Fissò poi Crowley e disse: «Quando dicevi di voler avere una relazione con me per far arrivare l’altro faraone, era per il piano o…?»
Crowley lo fissò, poi sbuffò. «Ti stavo stuzzicando. Dicendo ciò che penso.»
Sorrise vispo. «Possiamo ancora stare insieme, senza però dare nell’occhio. Che dici, Angelo?»
Aziraphale non rispose, ma gli fu subito a fianco quando ripartirono in cammino. Crowley lo fece fermare per baciarlo, un gesto improvviso che fece arrossire prepotentemente il biondo e insieme lo rese stranamente felice.
«Crowley!» esclamò. «C’è gente!»
«Che vedano pure. A me non importa.»
Neanche ad Aziraphale, che gli diede il bacio successivo. Dopodiché si misero in cammino verso nuovi luoghi, puntando il mare che sarebbe stato rinominato Mare Nostrum (4).
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*Sembra in realtà Crowley chiami Aziraphale con questo nomignolo solo per un periodo della storia già dopo la nascita di Cristo, ma è un soprannome che mi sembra adatto ad ogni epoca e ho deciso che Crowley chiamerà Aziraphale così lo stesso.
(1) “Il senet è uno dei giochi più antichi di cui si abbia notizia. Si tratta di un gioco da tavolo, considerato uno degli antenati del backgammon” - https://it.wikipedia.org/wiki/Senet
Trovate altre informazioni sul possibile funzionamento del gioco nella stessa pagina.
(2) “Shedeh è una misteriosa bevanda dell’antico Egitto il cui contenuto è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi. Era vido, fatto da melograni o uva, o forse miscelato da entrambi? Il termine Shedeh non ha una traduzione in italiano moderno e l’unico testo egiziano che racconta come veniva fatto riporta solo che veniva filtrato e riscaldato, ma il papiro su cui è stato trovato è incompleto. Qualunque cosa fosse, lo shedeh era apparentemente una bevanda adatta ai faraoni: la tomba del re Tutankhamon conteneva un’anfora di questo liquore.” - me-gusta.org
(3) Il mostro Ammut secondo la mitologia egizia è una creatura con testa di coccodrillo, corpo di leone e zampe posteriori di ippopotamo. Nel momento del peso del cuore del morto operato dal dio Anubi, se esso fosse risultato più leggero di una piuma il morto poteva vivere una seconda vita nell’aldilà: se era invece più pesante, esso sarebbe stato divorato da Ammut.
(4) Mar Mediterraneo
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