2° story

-> Acrostico <-


Prompt: Corrispondenza
Categoria: Missing Moment
Lunghezza: 1685 parole
Spoiler: No

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Le librerie, soprattutto quelle non molto frequentate, prendono facilmente polvere. Le librerie di grandi acquirenti avevano anche pile di libri un po’ ovunque: i libri erano sempre ben tenuti, ma sparsi che costituivano torri, che creavano stretti corridoi e, in generale, disordine.

Questi erano i motivi per cui ogni tanto Aziraphale, proprietario di una libreria poco frequentata, lettore devoto e collezionista, doveva dedicare una giornata alla pulizia.

Va detto che la libreria di Aziraphale si suddivideva grossomodo in due parti: quella dei libri a cui teneva, e quelli a cui teneva un po’ meno. I primi erano accessibili solo a lui, i secondi anche al pubblico, sebbene fosse più probabile ne entrassero di nuovi che ne uscissero in mano ad altri.

Aziraphale era geloso dei suoi libri, erano come figli per lui. Ci teneva.

I secondi erano anche gli unici in cui era possibile trovare della polvere, e sebbene i tomi fossero numerosi, Aziraphale si armò di panni puliti e si mise al lavoro, pulendo ogni volume e ogni armadio in cui trovavano alloggio.

Trovava estremamente divertente poi doverli risistemare. Metterli sui vari scaffali, uno vicino all’altro, in base alla data di uscita, alla lingua, ai colori, alle case editrici, alle edizioni, o semplicemente per le dimensioni. Non sempre li sistemava per genere letterario, e lo faceva perché meno gente cercava di comprare i suoi libri, meglio era.

Le pile di libri accumulate sui tavoli e accanto agli scaffali sparirono, rimesse nei loro posti. A volte mancavano pochi centimetri per farci stare dei libri e allora si poteva udire anche la voce del libraio mormorare: «Sarebbe un vero miracolo se ci fosse il posto per questo libro.»

Se si girava e controllava poco dopo, miracolosamente il libro trovava il suo posto e Aziraphale poteva proseguire. I suoi colleghi avrebbero odiato un simile utilizzo delle sue doti, ma a lui non importava ciò che pensavano loro. Non abbastanza, almeno.

Appena finiva di sistemare quei libri - e gli poteva portare via una mattinata come un giorno -, poteva procedere con la seconda parte della sua collezione. Prima di procedere si assicurava di indicare sulla porta che la libreria era chiusa: non voleva interruzioni mentre si dedicava ai libri a cui era più affezionato.

Dopo aver chiuso la libreria, si ritirava sul retro e, prima ancora di pulire, passava sempre una mano ad accarezzare i dorsi dei libri lì presenti. Ce n’erano alcuni del ventesimo secolo dopo Cristo come alcuni papiri del ventesimo avanti Cristo. Era una collezione vasta, curata, conservata immutata nel tempo.

Era un altro miracolo per preservare dei pezzi che anche solo lo scorrere del tempo avrebbe potuto distruggere.

Erano stati congelati così come quando Aziraphale li aveva trovati. Alcuni erano freschi di stampa, altri cadevano a pezzi già quando era riuscito a trovarli o quando qualcuno glieli aveva portati.

Nessuno di loro aveva polvere. Nessuno di loro aveva bisogno di una pulita. Alcuni avevano bisogno di una sistemata, ma li avrebbe rovinati ai suoi occhi anche solo riparare delle piegature negli angoli. No, quella sezione aveva bisogno solo di essere costantemente sistemata, perché era sua abitudine prendere quei volumi, rileggerne dei pezzi particolarmente apprezzati o ogni capitolo presente, traducendo senza sforzo ogni lingua, ogni grafia, ogni illustrazione.

Sapeva tutto di quei libri. Erano i suoi tesori, la cosa a cui teneva più in assoluto.

Beh, quasi in assoluto, anche se di solito non si contestava quando la pensava in questi termini.

E quando ogni papiro era stato riposto al suo posto, ogni lettera richiusa nella sua busta originale e messa in un cassetto e ogni tomo sistemato nell’apposita mensola, allora si girava verso il tavolo e guardava una pila di una ventina di libri, sempre gli ultimi che si ritrovava a sistemare.

Quelli erano i libri che gli aveva regalato Crowley. Ovviamente il demone sapeva che lui amava i libri, si conoscevano da troppo tempo per non saperlo, e ogni tanto appariva nel suo negozio, a volte come uomo, a volte come donna, a volte non lo sapeva e non gli interessava, e gli consegnava un libro.

Quei libri erano speciali agli occhi di Aziraphale, e non solo perché era stato Crowley a regalarglieli. Erano tutte prime edizioni di libri famosi, e mentre era semplice ottenere le prime edizioni di libri che avevano fino a trecento anni, era molto più difficile trovarne di quasi duemila.

Eppure in quella pila ce n’erano anche di quelli. Non erano libri rilegati, erano al massimo papiri, componimenti, pergamene: i libri non esistevano al tempo da cui venivano la maggior parte dei volumi.

Come ogni volta, Aziraphale si avvicinò a quella pila di opere e le sfiorò una ad una. Un altro motivo per cui quei libri erano speciali era che il miracolo della conservazione era stato attuato da entrambi, ma l’angelo se n’era a stento accorto all’epoca. Era ad Atene e Crowley gli aveva detto un giorno: «Sarebbe un vero miracolo se qualunque libro io ti regalassi rimanesse nei secoli.»

Aziraphale aveva risposto distrattamente con un “Già, un vero miracolo”. Si era accorto di aver fatto un miracolo solo qualche secolo dopo.

Sapeva le date di tutti quei volumi e di solito li metteva in ordine cronologico, ma quel giorno aprì il libro più in alto sulla pila, la prima copia stampata di Il Signore delle Mosche.

Un foglietto cadde dalla prima pagina. Un foglietto che aveva sentito il passare del tempo, nonostante fosse contenuto in un libro che ne era immune. Un foglietto rovinato, ma su cui si poteva comunque leggere un numero.

Sette.

Cercando nell’edizione sottostante, prima copia stampata de Il ritratto di Dorian Gray - lui possedeva anche una versione scritta a mano da Oscar Wilde stesso e la versione di Crowley non era altrettanto preziosa, ma non glielo aveva mai rivelato -, trovò un altro numero, stavolta a due cifre. Undici.

Si girò verso la mensola in cui riponeva generalmente quei libri e li posizionò nell’ordine indicato dai foglietti, lasciando un po’ di spazio in mezzo. Si voltò verso il libro successivo, nientemeno che la prima versione assoluta delle Egloghe di Dante Alighieri, non quella pubblicata nel 1719 - quella già la possedeva - ma quella originale, scritta da Dante di suo pugno. Il numero all’interno era il quattordici e Aziraphale lo posizionò attaccato alla parete in legno che delimitava la mensola.

Sembrava un giochetto e la cosa lo intrigò più del dovuto.

Il successivo era il famoso componimento epico dell’Eneide. La posizionò al primo posto, come indicato dal foglietto. Quello sotto era Viaggio al Centro della Terra, che posizionò per nono, lasciando due spazi vuoti tra lui, Il Signore delle Mosche e Il Ritratto di Dorian Gray.

Il successivo era Il Fu Mattia Pascal. Quello venne posizionato a sinistra de Il Signore delle Mosche, essendo indicato come sesto.

Gli rimasero otto libri. Posizionò come quinto la prima edizione de I Fiori del Male di Baudelaire - un tipetto molto strano che sarebbe andato d’accordo con Crowley, si fossero incontrati, aveva pensato Aziraphale -, come seconda quella di Notre-Dame de Paris e come tredicesima Emma di Jane Austen. 

Gliene rimasero cinque e Aziraphale si accorse che quattro di essi erano testi latini. Rimase un momento a guardarli e si chiese il motivo dell’ossessione di Crowley per le opere latine, ma si rispose da solo: ricordava molto bene di quando lo aveva tentato con delle ostriche - e si imbarazzava ancora a ricordarlo -, probabilmente anche lui non aveva scordato quell’episodio e si era affezionato all’impero romano per quel singolo ricordo.

Posizionò quei testi: le Georgiche di virgilio seguirono Notre-Dame de Paris sullo scaffale insieme alle Epodi di Orazio. Andavano per decime invece le sue Epistole, mentre dodicesimo andava il testo delle Historiae di tacito. Un tipetto anche lui molto singolare.

Come ottavo e ultimo volume inserì la prima edizione scritta dell’Odissea, che Aziraphale ancora non capiva come fosse riuscito ad ottenere. Sapeva che era originale, perché sapeva ancora a memoria la prima storia che era stata tramandata oralmente e riconosceva che era la stessa. Le edizioni successive avevano perso dei pezzi.

Infine osservò i volumi così disposti e inclinò il capo. Aveva la sensazione ci fosse un motivo dietro quella sistemazione, che ci fosse un codice che Crowley voleva Aziraphale decodificasse.

Dal tavolo recuperò un foglio e una matita che necessitava una temperata, poi scrisse i titoli di quei libri, i titoli originali così come Crowley glieli aveva dati.

Aeneis
Notre-Dame de Paris
Georgica
Epodon Liber
Les Fleurs du Mal
Il Fu Mattia Pascal
Lord of the Flies
Όδύσσεια
Voyage au centre de la terre
Epistulae
The Picture of Dorian Gray
Historiae
Emma
Egloghe

Fu lì che si accorse del codice. Vide le prime lettere.

“Angel I love thee.” Angelo, ti amo.

Sparò in piedi così veloce che il foglio volò via e corse al telefono. Fece ruotare la rotella del vecchio telefono che ancora conservava, facendo più veloce che poteva.

L’ultimo libro glielo aveva dato a capodanno del millenovecento, proprio quello di Dorian Gray, ed erano passati cento anni da allora. Non poteva aspettare un minuto di più.

«Crowley!» urlò nella cornetta appena il demone prese la chiamata.

«Angelo, ma che cazzo?! Non urlare, stavo dormendo.»

«Ho visto il messaggio dei libri.»

Per un momento credette l’altro avesse attaccato la cornetta, poi la sua voce disse, a piano: «Sì, io.. scusami, è stata un’idea sciocca, non odi-»

«Ti amo anch’io, Crowley. Scusa se ti ho fatto aspettare da un secolo a quasi trenta per risponderti.»

Crowley chiuse la chiamata. Aziraphale fu costretto a sedersi, sentendosi agitato, dispiaciuto, anzi, mortalmente dispiaciuto.

Poi la porta della libreria venne aperta di scatto e Crowley varcò la soglia come stesse scappando da un incendio.

Non aspettò Aziraphale. Non chiese il permesso. Semplicemente, si chinò su di lui, gli prese il volto con le mani e posò le labbra sulle sue.

«Trenta secoli per recuperare li possiamo ancora vivere, che dici?» chiese il demone quando si staccò da un angelo decisamente paonazzo.

Non esitò quando rispose. «Sì. Sì, Crowley, facciamolo!»

Stavolta fu lui a baciarlo, e in quel momento si ricordò che c’era qualcosa a cui teneva più dei suoi libri.

Teneva a Crowley.

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Potete trovare la versione con l’acronimo italiano nella raccolta Racconti sui Fandom, capitolo 32: Acrostico | Good Omens

Ci tengo a precisare che ho scritto “Angel I love thee” e non “Angel I love you” perché trovare dei libri che mi coprissero quelle tre lettere mi sarebbe stato impossibile. E Oscar Wilde non poteva mancare :)

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