4° story
-> Medioevo <-
Prompt: AU storico
Categoria: Alternative universe
Lunghezza: 4477 parole
Spoiler: No
~•~▪~•~
C’era una volta, in un regno molto lontano, una bellissima principessa.
Ella non era solo bella, era anche diligente, seria, saggia, e tutti erano convinti ella sarebbe stata perfetta come erede al trono, essendo prossima in linea di successione.
Ma poi ella scomparve, senza lasciare traccia. I suoi sudditi, affezionati a lei, la cercarono ovunque nel castello e fuori, ma nessuno riuscì a trovarla.
Nel frattempo, diversi regni più in là, si era iniziato a parlare di una principessa rinchiusa in una torre con un drago a fare da guardia…
In quell’epoca storica di magia e guerra, non tutti potevano essere coinvolti in una o nell’altra. Era l’epoca magica definita da tutti “medioevo”, un tempo di castelli, foreste, pericoli, crociate, leggende, magia e principesse rinchiuse.
Ovviamente nessuno sapeva ancora che quel periodo sarebbe stato ricordato in quel modo. Non lo sapeva di certo Duffus Burdock, conosciuto dai più come Duff, che in groppa ad un cavallo nero stava percorrendo un sentiero che gli permettesse di uscire dal regno.
Era rimasto nel regno per qualche anno, cercando di diffondere sapienza e saggezza, e tutti lo avevano bollato come “stregone” e avevano tentato di farlo finire sul rogo. Come se utilizzare il cervello fosse un’abilità magica.
Aveva però sentito le notizie prima di andarsene. «La creatura di fuoco colpisce ancora! Altri cavalieri non sono tornati indietro dalle loro missioni!»
Duff aveva sbuffato. “Creatura di fuoco”. La gente credeva fermamente che la magia esistesse e che fosse malvagia, ma si rifiutava di chiamare un drago con il suo nome. Era fastidioso. Non credeva ce ne fosse davvero uno lì in giro, peraltro, i draghi apprezzavano tutt’altro clima rispetto a quello che c’era lì.
Sentì tuttavia odore di zolfo mentre si avvicinava in una zona dove, lo sapeva, c’era effettivamente una torre. C’era segnata sulle mappe, almeno, ma lui non l’aveva mai vista di persona e dalle storie aveva capito che era diroccata: nulla per cui valesse la pena preoccuparsi.
Uscì comunque dal fitto degli alberi, deciso a dare un’occhiata accademica alla torre in questione, e appena uscì uno sbuffo di vento dall’odore di zolfo quasi lo buttò giù dal cavallo.
C’era un drago. Un drago vero dalle scaglie bianche che lo guardava, attorcigliato attorno ad una torre che non era poi tanto diroccata quanto immaginava.
Smontò da cavallo, una mano appoggiata sull’elsa della spada che portava al fianco. La creatura sbuffò dal naso, gli occhi fissi sulla sua mano, ma non si mosse. Duff decise allora di dare un’occhiata alla torre, come voleva fare dall’inizio: la creatura non pareva una minaccia.
La torre era alta una ventina di metri ed era tutt’altro che diroccata. Notò qualche buco sparso lungo la struttura, forse per illuminare le scale all’interno, e solo in cima si poteva vedere una finestra vera e propria. Un balconcino, anzi. Dietro poteva vedere delle tende.
Si chiese se ci abitasse qualcuno lì.
Abbassò lo sguardo sulla base della torre. Ci doveva essere una porta per salire, ma non la vedeva. Probabilmente era dove era appoggiato il drago.
Non sarebbe dovuto essere affar suo, così controvoglia si girò verso il suo cavallo per andarsene. Mise una mano sul collo dell’animale, che non pareva troppo turbato dal drago alle loro spalle, e disse: «Possiamo andarcene»
Il drago sbuffò tanto forte da farlo cadere a terra e si sollevò sulle zampe, sporgendosi verso di lui. Il cavallo nitrì spaventato e scappò, mentre Duff urlò, aspettandosi di essere mangiato, ma il drago si limitò ad afferrare il suo mantello da viaggio e a sollevarlo in aria.
«Mettimi giù, drago! Ma che stai facendo?!» urlò terrorizzato.
Il drago lo sollevò e lo fermò così che fosse all’altezza del balcone. Sbuffò poi con le narici, facendo muovere le tende.
Una donna ne uscì e per un momento Duff dimenticò ogni cosa. Dimenticò dov’era, che era tenuto su da un drago, che doveva andarsene; vedeva solo lei. Una donna bellissima, che non poteva che essere una splendida principessa.
Aveva i capelli raccolti e indossava un abito azzurro che toccava terra.
Poi parlò. «Le stai simpatica.»
Duff sbatté gli occhi un paio di volte. «Prego?»
«Alla mia draghessa. Le stai simpatica. Di solito i cavalieri li mangia. Tutti teste vuote venute a cercare la principessa per la fama.»
«Io non sono un cavaliere.» disse Duff.
«Hai una spada.»
«Quando vieni accusato di stregoneria così spesso, scopri che averne una può fare comodo.»
La donna sorrise e disse: «Fallo scendere.»
Il drago - no, la draghessa - si mosse in avanti, facendo tornare Duff con i piedi per terra. Ora però era su una torre con davanti una donna che era davvero bellissima, troppo per uno come lui. Che era una principessa, a suo dire, e lui non faticava a crederci.
«Naim ha un ottimo occhio in fatto di esseri umani, quindi sei uno di cui ci si può fidare. Dunque, ti illustro il problema.»
«Sei incatenata.» disse Duff, accorgendosene solo in quel momento. Dall’orlo del vestito sbucava una catena nera come la pece.
La donna lo osservò sorpresa. Le sue labbra formarono una piccola “o” e lui la fissò confuso.
«Che c’è?»
«Tu vedi la catena.»
«Non dovrei vederla?»
«È incantata. Il primo cavaliere entrato qua dentro non l’ha vista finché non gliel’ho detto.»
«Magari era più impegnato a guardare te che a guardarsi intorno.»
Duff volle mordersi la lingua appena disse l’ultima parola, ma una soffiata d’aria calda da parte della draghessa lo distrasse. La donna la guardò e disse: «Naim concorda con te… e io pure. Ma torniamo a noi. Questa catena è effettivamente incantata: sottrae la magia di chi la indossa. Non posso quindi aprirla con la magia e non ho la chiave, inoltre la catena è troppo dura perché una spada possa romperla.»
«Non può scassinarla… Naim?»
«La catena non è abbastanza lunga e come vedi lei non può entrare. Se entrasse a forza cadrebbe la torre e potrei ferirmi, e lei non vuole farmi del male. E senza la chiave sarei libera ma senza poteri, anche se alla fine quello è il meno.»
Duff si chinò a studiare la catena, poi frugò in una tasca sotto al mantello e tirò fuori dei grimaldelli.
«Allora possiamo scassinarla.» disse mostrandoglieli.
La donna esitò un istante, poi sollevò la gonna e gli diede la caviglia.
«Preferisci sederti? Non so quanto ci posso mettere.» propose Duff.
Lei lo fece e disse: «Se provi ad assalirmi ti caverò un occhio.»
«Ci ha provato qualcuno? Io non lo farei con un drago ad osservare la situazione.» disse Duff iniziando a lavorare sulla serratura.
«Neanche immagini quanto siano stupide le persone. A proposito, come ti chiami?»
«Duffus Burdock, per gli amici Duff. Tu?»
«Te lo dirò, Duff, se riesci a liberarmi.»
L’uomo annuì, un lieve sorriso sul volto. Non era esattamente uno scassinatore dei più abili, ma aveva fatto un po’ di pratica.
Ci mise una decina buona di minuti tra tentativi e sbagli, ma alla fine, con un click assolutamente piacevole da udire, la serratura si aprì.
Duff sorrise mentre liberava la donna dalle catene. Lei, in risposta, guardò con gli occhi sbarrati l’uomo girare la catena su sé stessa, annodandola e infine chiudendola a chiave attorno agli anelli metallici.
«Ecco fatto. Se la catena fosse stata incantata per richiudersi una volta aperta, credo ora non farebbe comunque più nulla, così annodata. Ne ho già viste diverse che fanno così.» disse Duff, cercando di riempire uno strano silenzio che era calato tra loro.
«Oh, capisco. Beh, sì, meglio essere prudenti…» rispose la principessa annuendo e guardandolo. Distolse poi lo sguardo, come fosse imbarazzata, e disse: «Fatti portare giù da Naim. Ora che sono libera devo lavarmi, vestirmi come si deve ed essere presentabile, e non lo farò con te qua dentro.»
Duff sbatté gli occhi, poi disse: «Va bene.»
Naim era ancora lì ad osservare. Non muoveva un solo muscolo e lo osservò con discreto interesse mentre le si avvicinava.
Lo prese di nuovo dal mantello e lo appoggiò a terra con un unico movimento, poi lo leccò da testa a piedi con una lingua rovente come fosse fuoco.
«Ma che cavolo?» fece con una smorfia, cercando un fazzoletto con cui togliersi la bava dalla faccia.
«C’è un fiume ad un centinaio di metri da qui.» disse la donna. Alzando lo sguardo, vide che stava guardando dal balcone decisamente divertita.
Duff guardò la draghessa, che sbuffò divertita, poi disse: «Devo cercare il mio cavallo per un cambio.»
«Aspetta lì.»
Poco dopo gli cadde addosso un completo intero da uomo. Un completo decisamente troppo elegante per uno come lui, ma non sapendo dove si trovasse il suo cavallo avrebbe dovuto farselo andar bene.
Ci mise pochi minuti a trovare il fiume e a lavarsi, costringendosi ad entrare in acqua nonostante la temperatura gelida. Alla fine si mise i nuovi abiti, tra i quali dei pantaloni neri piuttosto comodi ma dall’aria lussuosa e una camicia rosso scuro con decorazioni dorate sui polsi.
Non era certo quello stile gli donasse, ma era meglio dei vestiti fradici che ancora odoravano di zolfo.
Trasferì tutte le cose che aveva nelle tasche interne di una giacca marrone che trovò imballata in un mantello nero arrivato con il resto dei vestiti, si legò la cintura con la spada in vita e tornò alla torre.
La principessa ancora non era scesa. Duff guardò la draghessa, mollò a terra le sue cose bagnate e disse: «Io vado a cercare il mio cavallo.»
Naim sbuffò e girò il muso. Per un momento credette non lo volesse guardare perché era offesa si fosse cambiato, poi capì che gli stava indicando dov’era il cavallo, così si inoltrò nel bosco in quella direzione.
Non era lontano quanto aveva creduto. Del resto quel cavallo era stato al suo fianco per metà della sua vita: erano legati da un legame indissolubile e non sarebbe bastato un drago a dividerli.
Tornò indietro e finalmente vide la principessa, completamente rimessa a nuovo, con un abito rosso e oro meraviglioso addosso.
Lei lo guardò e sorrise. «Sapevo di aver fatto bene a tenere quei vestiti. Erano di un principe facoltoso.»
«Sono forse troppo eleganti per un semplice studioso.»
«Sei il mio cavaliere. Non lo sono abbastanza, a mio avviso.»
Duff si diede un’occhiata. Non sapeva cosa rispondere e non aveva idea se dovesse seguirla o tornare alla sua vecchia vita, ma con abiti più sgargianti.
Poi la donna si avvicinò a lui. Lo superò, andando ad accarezzare il cavallo.
Appena il tempo di un respiro e il cavallo cadde a terra.
«Ma cosa…?!»
«L’ho addormentato. Non credo Naim vorrebbe trasportare un cavallo sveglio e impaurito, non trovi?»
«Perché mai dovrebbe trasportarlo?!» chiese con un punto di esasperazione Duff.
«Perché vorrei tu venissi con me.»
La frase rimase tra loro per un istante, poi chiese: «Perché?»
«Per darti un premio decente per aver liberato una principessa. Oh, non mi sono nemmeno più presentata.»
Allungò la mano e disse, sorridente: «Io sono Lalla Tomelilla dei Sentieri, ma tu mi puoi chiamare Lillà.»
Duff la guardò per davvero per la prima volta. Ovviamente sapeva che, lontano da lì, era scomparsa una principessa. Una principessa bella, saggia e diligente.
Una principessa che in quel momento era davanti a lui. Che gli stava offrendo di seguirla.
«Più guardo la tua faccia, più sono contenta di non aver mai rivelato a nessuno la mia identità. Se tu che sei decente reagisci così, immagina gli altri.» osservò lei con leggerezza.
Duff tornò in sé e scosse il capo. «Mi scusi, Altezza, mi ha preso alla sprovvista, solo questo.»
«Continua a darmi del tu, Duff. E chiamami Lillà, non c’è bisogno di formalità. Ora vieni, dobbiamo tornare al mio castello.»
Duff la seguì, ma si fermò quando la vide arrampicarsi con grazia sull’ala della draghessa e sistemarsi sulla sua schiena. C’era una sella ora su quella schiena, non l’aveva nemmeno notata.
«Via volo?» chiese soltanto.
«Ci metteremmo giorni, se non settimane, se andassimo a piedi o a cavallo. Via drago ci metteremo forse tre giorni, contando le pause per sgranchirci le gambe e dormire.»
Visto quanto era lontano, era certo anche lui che ci avrebbero messo di meno via volo.
Fece per chiedere se doveva davvero seguirla, ma sapeva che lei se lo aspettava, così chiese: «Come faccio a salire?»
«Come sali sul cavallo, ma prima issati sull’ala.»
Fece come aveva detto e si sistemò dietro di lei. La principessa si girò verso di lui e gli assicurò le cosce alla sella, poi fece lo stesso su sé stessa e disse: «Possiamo andare, Maim.»
La draghessa si sollevò. Afferrò delicatamente il cavallo dell’uomo, poi partì in volo.
I due non si scambiarono più di qualche parola mentre erano in volo. Era soprattutto Duff a parlare, un po’ urlando di paura quando sentiva mancare la seduta sotto il suo fondoschiena, un po’ urlando di ammirazione mentre vedeva città, pianure e campi scorrere sotto di lui.
Fu solo quando fu notte inoltrata che la principessa fece atterrare la draghessa. Si fermarono su uno spiazzo su una montagna, abbastanza ampio da accogliere un drago o due.
«Questo spiazzo sembra fatto apposta per far atterrare i draghi.» non poté che osservare Duff mentre camminava un po’ intorno, massaggiandosi le gambe dove lo avevano stretto i lacci.
«Infatti è così. Un tempo i draghi non venivano cacciati e viaggiavano liberi, poi gli uomini decisero che erano pericolosi e iniziarono a cacciarli. Sono morti quasi tutti.» rispose la principessa.
«E tu ne hai uno.»
«So comunicare con gli animali. Il resto della sua famiglia è stata uccisa e cercava una base e della compagnia. Anche con le catene magiche riuscivamo ad intenderci, così è rimasta con me. Io le ho tenuto compagnia e lei ha cercato qualcuno che potesse aiutarmi.»
Duff si girò a guardarla e vide che la stava accarezzando. Non sapeva se sentiva qualcosa sotto le scaglie, ma visto che la draghessa sembrava rilassata suppose di sì.
Si occupò lui di accendere il fuoco e di preparare qualcosa da mangiare, cercando tra le sue provviste. Non voleva essere d’intralcio.
«Stai preparando una zuppa?» chiese la principessa sedendosi accanto a lui.
«Sì. Zuppa di carne e verdure. Me la preparo spesso quando fa freddo. Non so se sarà di tuo gradimento, non sono esattamente un cuoco di corte.»
«Ho vissuto con cibo complesso fatto apparire magicamente nella torre per mesi. Mi fai un regalo immenso a cucinare qualcosa di così semplice.»
«E per Naim? Non ho con me abbastanza da sfamarla.»
In risposta la draghessa si alzò e volò via, alla ricerca di cibo.
«Lei fa da sola.» concluse lei facendolo ridere.
Poco dopo anche la zuppa fu pronta. Duff frugò alla ricerca delle scodelle - sempre due, una di scorta - e le riempì, poi ne diede una alla principessa.
«Ecco a te, principessa.» disse con un inchino esagerato. Lei rise e lo corresse: «Lillà.»
«Ecco a te, Lillà.»
Sorseggiarono in pace e tranquillità, senza parlare. Duff avrebbe voluto chiedere a Lillà cosa le fosse successo, perché fosse lì, ma temeva di essere indelicato a chiederlo in maniera così diretta.
Quando finirono lei disse: «Davvero ottima. Semplice e buona. Agognavo una cosa del genere da mesi… anni, anzi. Persino al castello mi viziavano.»
«Credo tu mi stia facendo troppi complimenti immeritati.» disse Duff, dirigendosi a pulire le cose verso una piccola fonte d’acqua vicino alla parete rocciosa.
«Non sono immeritati.»
Lo aiutò a pulire e misero via, poi rimasero sdraiati a guardare le stelle alla luce del fuoco.
«Non mi hai ancora chiesto cosa mi sia successo.»
Duff si girò verso Lillà e disse: «Non ero certo ne volessi parlare.»
«In effetti oggi non ho voglia. Ti basti sapere che probabilmente dovremo spodestare qualcuno dal trono.»
Aveva senso, anche se non sapeva di preciso come fosse la situazione in quei luoghi.
«Ti posso fare una domanda?»
«Certo.»
«Ti hanno sottratto da un trono che volevi?»
Lilà si girò a guardarlo. Meditò un momento sulla domanda, poi disse: «Quando mi hanno strappata via, non volevo salire al trono. Non ai loro termini, almeno: volevano un’alleanza politica tramite matrimonio, sai no come funziona… Ma adesso vorrei tornare, almeno per farla pagare alla megera che mi ha buttato fuori.»
«La pagherà. Dalla tua faccia dico che non la passerà liscia, neanche per idea.»
Lei sorrise, poi si distrasse guardando qualcosa su di loro.
La draghessa atterrò alle loro spalle, facendo tremare il terreno. Duff si tirò a sedere e la vide girare un momento, poi si avvicinò a loro, spense il fuoco con un soffio che sapeva di zolfo e si acciambellò attorno a loro, coprendoli con un’ala.
«Grazie.» disse Lillà, accoccolandosi e dando le spalle a Duff. Lui fece lo stesso, godendosi il calore e sprofondando nel sonno.
Il giorno dopo ripartirono di buon’ora. Fecero poche pause di pochi minuti nelle campagne, dove c’erano spiazzi appositi per far fermare i draghi, e tornavano subito in volo appena finivano di fare pause bagno o di mangiare. Non dissero nulla tutto il giorno, se non poche frasi quando scendevano.
La sera la principessa tirò fuori una mappa e disse: «Ci abbiamo messo meno del previsto. Se partiamo all’alba, per mezzogiorno dovremmo arrivare al castello.»
Duff si sentì come se la sua missione fosse già conclusa. Non aveva però una missione e non aveva idea del perché si sentisse in quel modo. Non ne fece parola con la donna: aveva di certo di meglio a cui pensare.
Si chinò invece sul suo cavallo, ancora addormentato. Si sarebbe spaventato a trovarsi in un posto diverso da quello in cui si era addormentato? Aveva fame? La donna gli aveva fatto un incantesimo, ma non sapeva cosa sarebbe successo al cavallo.
«Lillà, il mio cavallo… Non ha bisogno di mangiare o qualcosa?»
«Per ora, no. Avrà parecchia fame al risveglio, ma lo porteremo subito nelle stalle appena sveglio. Me ne prenderò cura personalmente, del resto è qua per colpa mia.» rispose lei risoluta.
Lui annuì, poi preparò un’altra zuppa, un po’ più piena di cose. Non aveva bisogno del resto di conservare cibo per il viaggio, se l’indomani sarebbero arrivati.
Come la sera prima, Lillà lo riempì di complimenti sulle sue abilità culinarie, poi si stesero accanto al fuoco, in attesa del ritorno di Naim.
Per un po’ non parlarono, guardando soltanto le stelle. Era stato bel tempo per quei due giorni e lui era abbronzato, per non dire ustionato. Lei pure.
«Prima di andarmene era tornata a corte una mia lontana cugina.» disse improvvisamente Lillà. «Si chiamava Adelaide. Era più giovane di me, già sposata e con una figlia, ed era bella, a dire di alcuni anche più di me. La cosa non mi interessava, ma apparentemente interessava a lei. Io avevo altro a cui pensare: il re, mio padre, stava male, e mia sorella si stava sposando. Lei aveva già deciso di andarsene ed essendo la sorella minore poteva farlo, io purtroppo no. Poi un giorno mio padre è morto e il successivo Adelaide è venuta da me con uno stregone. Ha detto che lei sola meritava di stare sul trono reale e che io, una principessa zitella, non meritavo quel posto. Non mi ha lasciato dire una sillaba: lo stregone mi ha fatto svenire e quando mi sono svegliata ero nella torre dove mi hai trovato, incatenata, così lontana da casa che nessuno aveva idea di dove io fossi finita. Ho capito poco per volta cos’è successo… Avrei dovuto aspettarmi ciò che è successo.»
Duff la osservò. Aveva raccontato cos’era successo guardando le stelle e vide alla loro luce che non stava piangendo, sembrava solo irritata.
«Come potevi? Tu non aspiravi a quel posto, non ci hai semplicemente pensato.» osservò Duff.
«Mi fanno passare per la principessa bella e saggia.»
«Anche i più saggi hanno delle sviste, non tormentarti. Inoltre domani tutto verrà sistemato, quindi non c’è nulla di cui tu debba sentirti in colpa.»
«L’unica cosa buona di tutto questo è stato incontrare Naim e te.»
«Non mi sembra poco.» disse Duff, sentendo il cuore battere il cuore come un tamburo.
Lei lo guardò e sorrise: «Non lo è, infatti. È ben più di quel che potevo aspettarmi.»
Anche Duff sorrise. Il cuore non smetteva di battere e si chiese se lei riuscisse a sentirlo.
Poi Naim tornò da loro, chiudendo la conversazione. Al caldo sotto le ali della draghessa si chiese cosa sarebbe successo il giorno successivo: lo aspettava una battaglia? Probabilmente sì.
Avrebbe dovuto combattere con la spada? Forse. O forse avrebbe dovuto fare ben altro, o assolutamente nulla. Forse avrebbe fatto tutto Lillà.
Si sentiva pronto, però, qualunque cosa lo aspettasse. Avrebbe dato la vita per quella donna, nientemeno.
Il cuore gli batté forte pensando a lei. Si era davvero preso una cotta? I segni fisici c’erano, decretò.
Dubitava in ogni caso di poter essere ricambiato. Lei era una principessa e non significava granché il fatto che il suo arrivo era stato “ben più di quel che poteva aspettarsi”.
Quando ripartirono il giorno dopo, ogni pensiero riguardo alla sua relazione con la principessa era stato messo a tacere dalla preoccupazione. Anche se sapeva combattere, lui non era un guerriero: cosa sarebbe capitato nel castello?
Sperava nulla. Comunque la principessa non era una stolta e dopo la prima volta non sarebbe di nuovo caduta in trappola.
Infine arrivarono al regno. La città in cui dimoravano i reali era esattamente al centro del regno e il castello era al centro della città; a Naim bastò un battito d’ali in più solo e atterrò nel cortile interno, facendo urlare le persone.
Lillà saltò giù con grazia e Duff la seguì. Appena toccò terra la donna urlò: «Via di qui, Naim, prima che ti colpisca qualcuno!»
La draghessa ruggì e sputò fuoco in aria, facendo desistere le guardie abbastanza da farla tornare in volo. Nel mentre i due corsero per le scale e Lillà, con una forza insospettabile, aprì le doppie porte immense che conducevano alla sala del trono.
Duff la osservò mentre camminava dietro a Lillà. Era di base tutta color avorio, ma era molto decorata, piena di tappeti rossi e oro e statue e uomini in divisa che li guardavano.
Poi c’era la pedana su cui stavano tre troni, due per re e regina e uno per il principe o la principessa ereditiera.
Erano tutti e tre occupati, ma i tre occupanti si alzarono immediatamente vedendoli arrivare.
«Adelaide!» urlò Lillà, e anche Duff ne ebbe un po’ paura. «Usurpatrice!»
La donna con la corona in testa, Adelaide, urlò: «Prendetela!»
Ma nessuno si mosse. Duff tenne una mano sull’elsa della propria spada, non certo di cosa sarebbe accaduto, e seguì la donna finché non furono quasi sul trono.
Poi un uomo, vestito di nero e con appena il volto visibile, sbucò da dietro al trono. Duff seppe chi era nel momento stesso in cui lo vide.
«Non avete nostalgia della torre, principessa?» disse con un ghigno alzando una mano.
Duff fu più veloce di lui. Il pavimento sotto i piedi dello stregone si crepò, facendolo deconcentrare, poi si distrusse, creando una voragine.
«No!» strillò Adelaide mentre il suo stregone cadeva nel buio con un urlo.
«È finita, Adelaide. Ti sei presa un trono che non ti spettava. Te lo avrei anche potuto lasciare, se ti fossi comportata in modo corretto, ma non ho intenzione di lasciare una come te su quel trono!» esclamò Lillà salendo sulla pedana.
«È troppo tardi ormai! Sono stata incoronata come legittima regina!» esclamò Adelaide. Il consorte, un uomo più basso della moglie, la guardò come se avesse detto un’idiozia e Duff ebbe la netta sensazione lui non volesse essere affatto lì dov’era.
«Come mai allora indossi ancora la tiara da principessa, invece? Forse perché la vera incoronazione non è mai avvenuta.»
La donna parve gonfiarsi come un tacchino per la rabbia, poi il consorte intervenne, con un tono pacato e l’aria di uno che stava per svenire: «Secondo le nuove leggi, la regnante di questo regno non può governare da sola. Non avendo tu fedi nuziali, significa che ancora tu non sei sposata, quindi non puoi revocare il trono.»
«È così, non sono sposata. Ma non per molto.»
Si girò verso Duff, che rimase impalato mentre la principessa lo raggiungeva, lo prendeva per il mantello che lei stessa gli aveva dato e lo baciava. Un bacio che lo mandò in panico e insieme lo sciolse.
Riuscì in qualche modo a mettere almeno una mano sulla sua schiena, come stessero ballando, per dimostrare almeno per finta che la principessa non mentiva affatto.
Poi la donna si staccò e guardò Adelaide con un sorriso quasi cattivo.
«Ti ringrazio, cara vipera, di avermi permesso con il tuo giochetto di farmi trovare un uomo decente che mi piace.» disse, poi si girò verso gli uomini e urlò: «Io sono Lalla Tomelilla dei Sentieri, principessa del regno e legittima erede al trono, e sono tornata a casa!»
Duff vide tutti inchinarsi e fu indeciso se inchinarsi a sua volta. Non lo fece e rimase in piedi a guardare la donna andare da due guardie e dire loro: «Prendeteli tutti e tre e portateli nella torre. Si possono tenere il lusso, se vogliono, ma che siano controllati a vista. Deciderò la loro sorte domani.»
Loro eseguirono. Duff tenne gli occhi fissi sulla sua principessa, che stava ora dando altri ordini: «Voglio che le guardie smettano di sparare al cielo e lascino il cortile libero per la discesa del mio drago. Chiunque la ferisca verrà decapitato. Riferisci.»
Si rivolse agli altri: «Voialtri preparatemi un riassunto di questi mesi. Ci saranno cambiamenti da fare.»
Infine tornò da Duff e disse, guardando altrove come fosse imbarazzata: «Scusami per prima. Io… avevo bisogno di togliermela di torno.»
«Uh, no, figurati… Uhm, eri seria per la questione del…»
Lillà pareva abbastanza a disagio, ma annuì. «Domani toglierò la legge, ma, ecco… Tu sei una brava persona. Sei simpatico, gentile, hai affossato senza pensarci due volte uno stregone che voleva farmi del male… Non credo vorrei nessun altro al mio fianco a governare.»
Calò un silenzio imbarazzato e la donna aggiunse: «Non sei obbligato ad accettare, non pensarlo nemmeno per un istante, so che fa paura l’idea di governare un regno intero-»
«No, va bene così. Voglio anch’io stare al tuo fianco.» disse Duff con nemmeno lui sapeva che coraggio. Ma lo disse, e non mentiva nel dirlo.
«Quando ci siamo conosciuti avevi detto di non avere poteri, comunque. Li hai, in realtà.»
«Ho detto che vengo spesso accusato di stregoneria. Non ho mai detto di non avere alcun potere.»
Le rivolse un sorriso divertito che lei ricambiò, poi lo prese per mano e lo portò davanti ai troni.
«Tra non molto ci sederemo entrambi qui e saremo la prima coppia regnante magica della storia. Prima però dovrai sposarmi davvero.» disse Lillà.
«Non aspetto altro.» rispose Duff, poi la abbracciò, sentendosi felice e sapendo che la sua nuova vita era appena cominciata.
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