Il brutto anatroccolo ⇝ Invidia ⌇ UshiTen

Invidia

L'Invidioso vuole per sé una qualità o un bene di qualcun altro, che per qualche motivo non può avere; ma invece di adoperarsi per procurarselo da sé, prova rancore, gelosia e avversione verso colui il quale possiede l'oggetto del desiderio.



SHIP: Wakatoshi Ushijima x Satori Tendō

PAROLE: 4.831

RATING: 🟩 sfw

TW: Yaoi Lime ✶ Spoiler (post Time-Skip)


✵˜°•°˜✵

* * * ATTENZIONE * * *

BOY X BOY

✵˜°•°˜✵


Satori attraversava la Senna come tutti i pomeriggi, lo sguardo ammaliato da ogni singolo dettaglio di quella meravigliosa città come se la vedesse per la prima volta: le statue scintillanti del ponte Alexandre III, Montmartre adagiato pigramente sullo sfondo, la Tour Eiffel che svettava alle sue spalle. Non si sarebbe mai stancato di Parigi.

Sorrise a una coppia di ragazzi che passeggiava tenendosi per mano, sorrise al cielo azzurro e luminoso sopra la sua testa, sorrise anche ai piccioni che si contendevano un tozzo di pane tubando rumorosamente.

Il suo umore era alle stelle, il suo entusiasmo sembrava dover traboccare da un momento all'altro.

Aprì la serranda ed entrò dalla porta a vetri, ruotando il cartello su Ouvert*.

Pierre entrò che si stava ancora allacciando il grembiule.

- Bonjour** Satori! –

- Buon pomeriggio Pierre. – Satori rispose in giapponese, come era solito fare col suo apprendista che studiava lingue orientali. Pierre, in cambio, gli correggeva il francese con cui si rivolgeva ai clienti.

- Sei più allegro del solito! È arrivato? –

- Sì, mi ha chiamato dall'aeroporto. Sta arrivando con un taxi, sarà qui entro un'ora. Abbiamo giusto il tempo di preparare il ripieno dei tartufi fondenti. –

Cinquanta minuti dopo un taxi si fermò davanti alla vetrina; tirandosi dietro un minuscolo trolley, l'uomo alto ed elegante entrò in negozio proprio mentre una cliente stava uscendo.

- Bonjour Monsieur. – Pierre lo accolse con un sorriso.

- Oh. Bonjour. Je cherche Tendō Satori, je suis un ami à lui.*** – spiegò con un francese pressoché perfetto. Pierre rimase un attimo perplesso, ma poi gli adesivi della V.League sul trolley del potenziale cliente gli confermarono la sua identità.

- Ushijima-san! Benvenuto! Sono Pierre, l'assistente di Satori. – uscì da dietro al bancone e si precipitò a stringergli la mano, per poi gridare - Satori! È arrivato! –

- Il tuo giapponese è molto buono. – si complimentò Wakatoshi.

Pierre non fece in tempo a rispondere che Satori si precipitò fuori dalla cucina saltando letteralmente al collo di Wakatoshi e schioccandogli un sonoro bacio su ciascuna delle due guance.

- Ciao Satori. Che accoglienza calorosa, decisamente poco giapponese. - commentò arrossendo, palesemente in imbarazzo.

- Oh, scusa Wakatoshi, forza dell'abitudine, qui gli amici si salutano così. – fece un passo indietro e sorrise con calore.

- Ti trovo... bene, direi. – commentò Ushijima fissando l'amico con attenzione e curiosità.

Indossava una divisa nera, pantaloni e t-shirt, su cui aveva legato un grembiule che forse ad inizio giornata poteva anche essere stato bianco, ma ora presentava svariate sfumature di rosso e marrone. Tracce delle stesse sostanze, che Wakatoshi ipotizzò essere diversi tipi di cioccolato e qualche crema di fragole o ciliegie, si trovavano anche sul viso di Satori e sui suoi capelli. Questi ultimi, in particolare, catturarono l'attenzione di Wakatoshi, che non vedeva l'amico ormai da tre anni. Li portava decisamente più corti, con la riga di lato, e un ciuffo un po' più lungo che gli copriva parzialmente la fronte.

- I capelli... ti stanno bene. – si complimentò Ushijima.

- Grazie. – rispose Satori, arrossendo lievemente. L'entusiasmo con cui lo aveva accolto si era trasformato in evidente imbarazzo da parte di entrambi. Fu Pierre a tirarli fuori dagli impicci.

- Satori, prenditi il pomeriggio, qui ci penso io. La Signora Dupont ha già ritirato la sua ordinazione, posso occuparmi del negozio e chiudere io. –

Il viso di Satori si illuminò, fissò Wakatoshi per avere conferma che gradisse l'idea e non avesse altri programmi. Ushijima sorrise e annuì.

Satori tolse il grembiule e lo infilò letteralmente tra le mani del suo apprendista; lo ringraziò calorosamente quindi prese il trolley di Wakatoshi e uscì dal negozio.


✵˜°•°˜✵


La mansarda di Satori era al quinto piano di un edificio d'epoca senza ascensore; le ampie finestre con abbaino disposte sui tre lati raccoglievano la luce del pomeriggio in larghe pozze luminose sul vecchio parquet lucido e consunto. Il pulviscolo danzava pigro nei raggi del sole, rendendo l'ambiente caldo e sonnacchioso.

- Accomodati. Vuoi qualcosa da bere? Apri pure il frigorifero e prendi quello che vuoi. – gli disse Tendō gettando le chiavi di casa sul tavolino accanto all'ingresso.

- Va bene. Grazie. –

- Mi faccio velocemente una doccia, così ti accompagno a fare un giro per la città prima di andare in albergo. –

Ushijima lasciò il trolley accanto alla porta d'ingresso, aprì l'enorme frigorifero e prese una delle bevande energetiche che evidentemente anche Satori non aveva smesso di bere. Si appoggiò al grande piano di lavoro su cui pendevano decine di pentole e mestoli di rame, e si guardò intorno.

La mansarda era composta da un unico ambiente con una splendida cucina attrezzata, la zona da pranzo e un grosso letto matrimoniale; alcuni paraventi giapponesi in carta di riso e diverse piante ornamentali dividevano gli ambienti in maniera pratica ed esteticamente gradevole.

Wakatoshi si mise a curiosare in giro, confrontando mentalmente il suo appartamento, ordinato e forse un po' impersonale, con la mansarda di Satori. Vi regnava un caldo disordine, quell'insieme di piccole cose sparse per la casa – libri, candele, fotografie degli amici e della famiglia in Giappone, poster alle pareti – che la rendevano vissuta e personale. Unica, come Satori.

Si addentrò nella zona notte. Un armadio scuro copriva quasi interamente la parete accanto alla porta del bagno in cui Satori era sparito poco prima. Di fronte al letto, una grande scrivania di mogano con sopra il laptop di Tendō.

- Satori, posso usare il tuo PC? – gridò per sovrastare lo scroscio dell'acqua nella doccia.

- Certo. Fai pure, non c'è password. –

Ushijima si sedette al tavolo e cercò col browser le informazioni relative al suo albergo. La SIM del suo telefono non era valida in Francia, ne avrebbe comprata una più tardi, e voleva segnarsi i riferimenti del suo hotel.

Si guardò attorno per cercare un foglio di carta e una penna così da annotarsi il numero e l'indirizzo, ma non vide nulla. Aprì il primo cassetto della scrivania ma conteneva diverse buste e lettere, probabilmente bollette e altra burocrazia. Nel secondo cassetto trovò diverse penne e matite ma nessun post-it. Fece quindi un ultimo tentativo aprendo quello in basso.

Il fiato gli morì in gola.

L'immagine di Tōru Oikawa gli sorrideva dal fondo del cassetto. Con la divisa della nazionale argentina, sfoggiava un sorriso tagliente facendo il segno della vittoria con indice e medio.

Poteva ancora sentire l'acqua scrosciare nel bagno lì accanto, quindi si piegò per verificare il contenuto del vano. Si trattava del poster in regalo con Sports Nippon del mese precedente. Sotto al poster, diverse altre pagine di riviste e articoli di giornale raccontavano la storia della carriera di Oikawa in Argentina.

Lo sguardo ammaliatore e il ciuffo soffice di Oikawa lo riportarono indietro di qualche anno.


✵˜°•°˜✵


Ushijima è veloce. È allenato, esigente con sé stesso, non si perde in chiacchiere. È per questo motivo che, dopo pochi minuti, ha già distanziato il resto del gruppo. Non vuole essere rallentato dalla zavorra. Ha dei piani ambiziosi per il suo futuro, e il suo futuro è già qui, adesso, nella suola delle sue scarpe che lo sostiene durante la corsa, nei muscoli scattanti che lo fanno volare come un'enorme e maestosa aquila bianca.

Per non dover sempre aspettare gli altri davanti alla scuola, decide di fare una deviazione, di allungare il giro, così da rientrare insieme al resto del gruppo.

La sua deviazione gli riserva uno strano incontro, con una coppia davvero bislacca, cresciuta sul cemento, che lo segue fino a scuola. Ha uno scambio curioso con quei due, che gli lascia un sapore insipido in bocca e una sensazione strisciante allo stomaco.

Per non correre rischi, la mattina successiva cambia ancora giro, svolta ancora più lontano, certo di poter comunque riprendere il resto del gruppo al rientro a scuola.

Quella mattina, per la prima volta, rientra in palestra in ritardo.

- Ciao Ushijima. Quanto tempo. Cosa ci fai da queste parti? –

Non lo ha sentito arrivare, leggiadro come una gazzella, e quasi si spaventa quando Oikawa lo affianca e gli rivolge la parola.

- Ciao Oikawa. Mi sto allenando. – risponde.

- Questo lo vedo, ma non mi sembra la tua zona. – Oikawa non si ferma, continua a correre al fianco di Wakatoshi. Il suo tono è cortese, per nulla affannato dalla corsa, e il suo solito sorrisetto gli increspa le labbra in una espressione divertita e provocante.

- I miei compagni mi rallentano. Ho fatto una deviazione. – spiega.

- Questo è il giro che faccio io ogni mattina. – gli spiega Oikawa, e Wakatoshi si domanda il perché.

- Beh, allora ti auguro una buona corsa. Ci vediamo! – Oikawa accelera, le sue lunghe gambe eleganti che macinano l'asfalto senza sforzo, regalando a Wakatoshi la visuale dei suoi fianchi stretti nei pantaloncini che ondeggiano ad ogni passo.

Non sa perché la mattina dopo le sue gambe lo riportino sullo stesso giro del giorno precedente, né perché rallentino lungo lo stesso rettilineo, quando si accorge che non c'è traccia di Oikawa. Non sa nemmeno perché si fermi accanto a una panchina per fare stretching, quando è chiaro che non abbia ancora terminato il suo allenamento.

Oikawa arriva dopo pochi minuti, fissa Wakatoshi mentre si avvicina alla panchina, gli sorride, ma non si ferma e prosegue nella sua corsa. Wakatoshi ha l'impressione che Oikawa abbia un po' rallentato, consentendogli di tenere il suo stesso passo quanto ricomincia a correre, e di restare dietro di lui per alcuni minuti prima di svoltare in direzione della Aoba Johsai. Wakatoshi svolta dalla parte opposta e anche quel giorno arriva alla Shiratorizawa in ritardo.

Il giorno successivo, sullo stesso rettilineo, Wakatoshi trova Oikawa che fa stretching sulla panchina. Flette le sue lunghe gambe lucide di sudore stirando per bene i glutei, senza degnare di uno sguardo Wakatoshi che passa dietro di lui. Oikawa riprende a correre un attimo dopo. Wakatoshi sente il suo sguardo dietro la nuca, ma non ha il coraggio di voltarsi.

Dal giorno successivo, casualmente, sono meglio sincronizzati, si affiancano all'inizio del rettilineo e corrono insieme senza fiatare, gettandosi alternativamente occhiate curiose, fino al bivio in fondo dove si separano.


✵˜°•°˜✵


Satori uscì dal bagno indossando un paio di jeans e una t-shirt nera, e si pietrificò con la spazzola ancora incastrata tra i capelli umidi mentre li pettinava di lato.

Wakatoshi lo fissava tenendo in mano il poster di Oikawa, e realizzando in un istante perché il nuovo taglio di capelli di Satori gli avesse lasciato una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

- Scusa. Cercavo un post-it. – disse, serio.

- Oh. Non ne ho. Accanto al frigorifero c'è un blocco su cui segno le cose da comprare. Te lo porto. –

Satori prese tempo, e quando porse il blocco a Wakatoshi ancora seduto alla scrivania, lo fissò negli occhi con coraggio e determinazione.

- Questo è Oikawa. – puntualizzò Ushijima – Cosa ci fa Oikawa nella tua scrivania? – domandò semplicemente.

Satori si sedette sul letto di fronte a Wakatoshi.

Non sapeva da che parte cominciare. Aveva atteso per settimane la sua visita, e ora che era finalmente arrivato, stava precipitando in un attimo nel suo incubo peggiore.

Si maledisse per aver nascosto le foto nel cassetto quando le aveva rimosse dal muro. Avrebbe dovuto nasconderle meglio. Ma non poteva immaginare che Toshi cercasse un maledetto post-it nei cassetti della sua scrivania.

- Non è come pensi. –

- Non so cosa pensare. –

- Non sono un fottuto serial killer. – scherzò per alleggerire la tensione.

- No. Immagino di no. Anche perché Oikawa è dall'altra parte del mondo. Hai per caso in programma un viaggio in Argentina, Satori? – domandò Wakatoshi, pensando invece che la sua affermazione non fosse poi così assurda.

- No. –

- Sei innamorato di Oikawa? – domandò ancora, a bruciapelo, diretto e asciutto come sempre.

Gli era quasi scappato un "anche tu" ma era riuscito a bloccarsi in tempo.

Perché in fondo era acqua passata. Era andato avanti. L'aveva superata. Anzi, quello era esattamente il motivo per cui era andato a Parigi, e trovare le foto di Oikawa nella scrivania di Satori sembrava quasi uno strano scherzo del destino.

Strano e perverso e assolutamente di cattivo gusto.

- No. Io no... - rispose mesto Satori, prima di alzare lo sguardo e proseguire – e tu, Wakatoshi? Sei ancora innamorato di Oikawa? –


✵˜°•°˜✵


Satori saltella lungo il corridoio. È decisamente allegro, la Karasuno ha battuto la Aoba Johsai in maniera del tutto inaspettata, e a lui piacciono moltissimo le sfide. I corvi hanno ripreso a volare, e non c'è niente di meglio che una battaglia in cielo aperto per decidere chi lo dominerà.

Sta per svoltare l'angolo quando sente delle voci che conosce. Si ferma, non vuole interrompere un discorso che ha tutta l'aria di essere interessante.

- Ti do un avvertimento, Oikawa. Non prendere più la strada sbagliata. Se ben ricordi l'hai già fatto una volta. Avevi un campo fertile in cui far fruttare la tua forza, ma a causa del tuo inutile orgoglio, non l'hai scelto, e oggi sei qui. –

Il tono di Wakatoshi è serio, amareggiato, come se avesse perso lui contro la Karasuno.

- In pratica stai dicendo che non sarei dovuto entrare nella Aoba Johsai ma venire alla Shiratorizawa? Ti assicuro che nessuna squadra ha la vittoria garantita in campo. –

Non può vedere Oikawa dalla sua posizione, ma il suo tono è esasperato come succede ogni volta che Wakatoshi gli dice che sarebbe dovuto andare alla Shiratorizawa.

- Potrei essere d'accordo con te su questo. Ma quantomeno io posso dire che la squadra in cui gioco è la più forte. -

- Ma sentitelo! Sempre così sicuro di sé da sembrare quasi buffo! –

Satori sorride suo malgrado, Oikawa è l'unica persona che si permette di sbeffeggiare Wakatoshi e, realizza in quel momento, l'unica a cui lui lo lasci fare senza mai infuriarsi.

- ...a causa del mio inutile orgoglio, eh? – prosegue Oikawa - Come darti torto. Ascolta, Ushijima. Non ho mai pensato che la mia scelta fosse sbagliata. E la mia carriera sportiva non è certo finita. Ed è proprio il mio inutile orgoglio che tu non devi dimenticare mai! -

Satori pensa che sia arrivato il momento di palesare la sua presenza e interrompere quella discussione, prima che Ushijima si arrabbi sul serio. Ma Oikawa riprende a parlare inchiodandolo lì dov'è.

- Ah, a proposito. Se continui a pensare solo a me, potresti essere pugnalato quando meno te lo aspetti. -

La pugnalata è quella che riceve Satori in mezzo al petto sentendo quella frase.

Non riesce più ad ascoltare le ultime battute che si scambiano, troppo preso dalla rivelazione che si è accesa nel suo cervello, in grossi caratteri al neon.

Possibile che, così analitico e osservatore, non si fosse accorto di nulla?! Eppure era talmente evidente! Tanto evidente che, in mezzo a quel corridoio, Satori non può far altro che darsi dell'idiota.

"Se continui a pensare solo a me..."

Satori si sporge per guardare oltre l'angolo del corridoio, e il viso di Wakatoshi lo colpisce come un pugno dritto nello stomaco. Tutti i tasselli vanno al loro posto nella testa di Satori, che riesce a darsi una spiegazione tanto ovvia all'ossessione che Wakatoshi ha sempre dimostrato di avere nei confronti di Oikawa.

Non solo perché è il miglior palleggiatore in circolazione. Wakatoshi non sa fingere, ma la sua espressività non è proprio delle migliori e forse, pensa Satori, lui stesso ha cercato di non vedere l'ovvio fino a quel momento. Ma è anche una delle poche persone che riescono a leggere le microespressioni sul volto di Ushijima, e Wakatoshi è troppo puro e diretto per nascondere quello che prova, soprattutto in quel momento. Solo un occhio attento riesce a leggerlo, e quello di Satori lo è.

E in quel corridoio, la consapevolezza lo travolge come un fiume in piena.

Wakatoshi è innamorato di Oikawa.

Il buonumore di Satori si dissolve come la nebbia ai primi raggi del sole.

Impossibile competere con Oikawa. Con quello sguardo così intenso e ammaliante, che è riuscito a imbrigliare perfino il più stoico degli stoici.

Nemmeno Wakatoshi è rimasto immune al suo fascino.

Come può pensare, Satori, di poter competere con lui?

In quel momento prende una decisione. Non continuerà con la pallavolo. Dovrà cercare la sua strada e lo farà all'estero, dall'altra parte del mondo, lontano da Wakatoshi. È l'unico modo per riprendere in mano la sua vita.

Decide anche che glielo comunicherà dopo la partita con la Karasuno, però, non vuole comunque rischiare di compromettere la sua concentrazione durante l'imminente match.


✵˜°•°˜✵


Wakatoshi si prese qualche attimo per rispondere.

- Forse lo sono stato, in passato. Ma questo cosa c'entra? Non sono io che tengo le sue foto nel cassetto. –

- No, ma sei tu il motivo per cui le tengo io. – rispose criptico Satori, per poi alzarsi e cominciare a passeggiare nervosamente nella stanza.

- Tu eri ossessionato da Oikawa. – sentenziò.

Wakatoshi non ebbe animo di rispondere. Era un dato di fatto. Non era una domanda. Lasciò che proseguisse.

- E io cercavo di capire il perché. Ho continuato a farlo anche quando sono venuto qui, a Parigi. Lo seguo su Instagram, su Youtube, guardo tutte le sue interviste, compro tutti i giornali che parlano di lui. –

- Ora sembri tu quello ossessionato, Satori. – gli fece notare Wakatoshi con grande acume e poco tatto.

- Sì, forse hai ragione. – rispose mesto.

- Ma perché? – chiese ancora.

Satori conosceva Wakatoshi abbastanza bene da sapere che la sua domanda era sincera, non lo stava provocando per sentirsi dire qualcosa che già sapesse. Non aveva ancora capito.

- Perché ero innamorato di te, Wakatoshi. E me ne sono andato dal Giappone per dimenticarti. Perché avevo capito che tu eri innamorato di Oikawa. La tua era un'ossessione e non credo che fosse solo perché lui era bravo. –

- Lui è bravo. È il più bravo. – puntualizzò.

- Ecco. Lo vedi? Di tutto quello che ti ho appena detto, tu hai colto solo quello. – strizzò gli occhi ormai pieni di lacrime, che colarono sulle sue guance arrossate da rabbia e imbarazzo. Le sfregò via con un gesto stizzito delle mani, e strinse i pugni con forza.

Wakatoshi si alzò e si avvicinò di un passo.

- No. Ho sentito quello che hai detto, e mi dispiace di non averlo capito all'epoca. Perché non me lo hai detto che eri innamorato di me? – il suo tono era dolce e paziente.

Satori sollevò lo sguardo, gli occhi verdi di Wakatoshi erano sgranati e sinceri, scintillanti nella luce calda del pomeriggio.

- Wakatoshi, ma mi hai visto? – gli uscì di getto tra le lacrime.

- Certo, Satori, ti vedo. Ti conosco bene, so chi sei. Sei sempre stato il mio migliore amico. –

- Ecco, appunto – Satori alzò gli occhi al soffitto – aggiungiamoci anche questo. Ero il tuo migliore amico ed ero innamorato di te. E tu eri innamorato di Oikawa Tōru. Oikawa! Non uno qualunque! Come potevo competere? –

Le lacrime avevano ripreso a sgorgare copiose dai suoi occhi, il volto ormai contratto in una maschera di sofferenza e delusione. Le parole successive gli uscirono di getto, ormai incontenibili.

- Io sono un mostro, Wakatoshi. Lo sono sempre stato. Oikawa era bellissimo. È bellissimo. Sì, lo è ancora. Io al confronto sono sempre stato come il brutto anatroccolo. E questo è il motivo per cui ancora continuo a cercare di capire come fare per assomigliargli. Per essere un pochino più simile a lui. Con questo stupido taglio di capelli, e i post su Instagram ammiccando alla fotocamera. –

Wakatoshi lo guardava, troppo confuso per parlare; stava cercando di rielaborare tutte quelle informazioni che Satori aveva appena buttato fuori insieme alle lacrime.

Satori continuò, ormai aveva rotto gli argini, e voleva quantomeno che Wakatoshi comprendesse tutta la situazione.

- So di essere una brutta persona, ma l'invidia che ho sempre provato nei confronti di Oikawa era immensa. Era bravo, è bravo, scusa... Ma non lo invidiavo per quello. Giocavamo in ruoli diversi e io, in fondo, l'ho sempre saputo che non avrei continuato a giocare dopo il liceo. Quello che invidiavo di lui era piuttosto l'aspetto fisico. Così incredibilmente bello, sempre circondato e ammirato da ragazzi e ragazze. Ma non era nemmeno solo quello... - Satori prese un lungo respiro prima di proseguire.

- Era l'effetto che riusciva ad avere su di te, Wakatoshi, che gli invidiavo più di ogni altra cosa. Tu ruotavi attorno a lui come la luna con la terra. Oikawa riusciva a catturare sempre tutta la tua attenzione. Confesso di non essermene accorto subito, ma quando ho capito che eri innamorato di lui, io l'ho invidiato profondamente. Ma ho anche capito che non sarei mai riuscito a eguagliarlo. Non avresti mai guardato me così come guardavi lui. –

Le parole che seguirono erano sanguinanti di amarezza.

- Era come se tutto il resto non esistesse. C'era solo lui, per te. – sussurrò – L'unica cosa che potevo fare era andarmene. -

Ushijima accolse quella consapevolezza facendola sua, e per la prima volta riuscì a dare un senso alle parole di Tendō al termine della partita con la Karasuno. Il suo Paradiso, al quale aveva detto addio, non era la pallavolo, come ingenuamente aveva sempre creduto. Era la sua stessa vita in Giappone, alla quale Satori aveva deciso di rinunciare, per scappare dai suoi stessi sentimenti.

- Mi dispiace di non averlo capito, Satori. – riuscì solo a dire.

- Io sono ancora innamorato di te, Wakatoshi. – gli disse semplicemente chinando la testa, a conclusione di quella confessione che per tanto tempo aveva taciuto. Le lacrime sgorgavano dagli occhi di Satori senza che riuscisse a controllarle, ma il suo volto era sereno e il suo cuore più leggero.

- Meno male – rispose Ushijima, un accenno di sollievo nelle sue spalle – perché anch'io sono innamorato di te, Satori. –

Lo sbigottimento sul viso incredibilmente espressivo di Tendō riuscì a far inclinare gli angoli della bocca di Ushijima in quello che poteva a tutti gli effetti essere un sorriso. Si avvicinò e lo prese delicatamente per le spalle prima di proseguire guardandolo dritto negli occhi.

- Scusami se ci ho messo tre anni per rendermene conto, ma sono venuto a Parigi proprio per dirtelo. –

Le labbra di Tendō tremolavano, ma nulla fuoriuscì dalla sua bocca e Ushijima continuò.

- Mi sei mancato, Satori. In questi tre anni mi sei mancato moltissimo. Pensavo che mi mancasse il mio migliore amico, ma ho capito che non era solo quello. C'era di più. Il bisogno di condividere ogni più piccola cosa, di gioire insieme per ogni vittoria e farmi consolare per le sconfitte. Ma ho davvero capito di essere innamorato di te proprio quando, il mese scorso, sono andato in edicola e ho visto il numero di Sports Nippon con il poster di Oikawa. –

L'espressione sul volto di Satori era più che confusa, l'affermazione di Wakatoshi non aveva senso.

- L'ho comprato subito. – continuò - Stavo pagando quando mi è caduto l'occhio sulle riviste estere. In cima alla pila c'era l'ultimo numero di Marie Claire in francese. Tu sorridevi dalla copertina. Il mio primo pensiero è stato che eri bellissimo. –

Satori sgranò gli occhi a quella confessione. In prima battuta perché quelle erano forse le frasi più lunghe che Wakatoshi avesse mai detto da che si conoscevano. In secondo luogo, perché gli aveva detto che lo aveva trovato bellissimo!

Ma soprattutto, non aveva idea che Wakatoshi avesse visto il numero di Marie Claire dedicato alle cioccolaterie di Parigi, dove in effetti gli avevano fatto una bellissima intervista; gli avevano dedicato perfino la copertina e lo avevano elogiato per le sue proposte originali, che mescolavano la tradizione dei maestri cioccolatieri francesi, con i sapori tipici del Giappone.

- Sono corso a casa – continuò Ushijima, il cui eloquio era ormai fuori controllo – e mi sono letto e riletto la tua intervista almeno una trentina di volte. È stato poi, la settimana successiva, che mi è capitato in mano il numero di Sports Nippon di Oikawa. Non l'avevo ancora aperto. Mi ero completamente scordato di averlo comprato. –

Gli occhi di Wakatoshi erano luminosi, la sua espressione granitica era addolcita da un velo di emozione che non gli era abituale e che lo rendeva quasi irreale, tremolante come un miraggio.

- È stato in quel momento che ho capito di essere innamorato di te. –

Satori era rimasto senza parole, e la cosa era davvero singolare.

- E quindi è questo il motivo per cui sono venuto, Satori. So che sei felice qui a Parigi, e stai avendo molto successo. Ma mi piacerebbe davvero che provassi a considerare l'idea di tornare con me in Giappone. –

- Aspetta, Wakatoshi. Dammi un minuto... –

Satori si sedette sul letto, sentiva le gambe molli ed era lui ad aver bisogno di elaborare, ora.

- Ma... Oikawa? – chiese ancora, scrutandolo dal basso. La domanda gli era uscita spontanea, ma era davvero la chiave di tutto. Ancora una volta, tutto ruotava attorno a Tōru.

- Oikawa è acqua passata. È vero, hai ragione, in passato sono stato innamorato di lui. Ma era un'infatuazione adolescenziale. Ero giovane e immaturo; ero ammaliato dalla sua bravura, dal suo modo di giocare e dalla sua capacità di esaltare sempre al meglio le doti dei suoi schiacciatori. -

- Immagino che il fatto che fosse anche dannatamente bello non guastasse. – sottolineò, un sorriso triste in volto.

- Anche tu sei bellissimo, Satori. – confermò Wakatoshi accucciandosi davanti a lui e guardandolo negli occhi con estrema serietà.

Una risata amara sgorgò spontanea dal petto di Satori.

- Wakatoshi, ma mi hai visto? – mugugnò per l'ennesima volta.

- Continui a ripetermelo, Satori. Ma io ti vedo da quando avevi quindici anni, e ti ho sempre trovato bellissimo. –

Ma aveva capito finalmente il punto; la difficoltà di Satori ad accettare la sua dichiarazione era ancora legata al suo continuo paragonarsi a Oikawa, all'invidia che aveva sempre provato nei suoi confronti. Wakatoshi si rese conto in un istante che avrebbe dovuto mettere a nudo i propri sentimenti in maniera ancora più chiara. Se voleva sperare che Satori tornasse in Giappone con lui, doveva spiegargli ogni cosa. Prese quindi un lungo respiro.

- Al liceo, io non pensavo ad altro che alla pallavolo. Ammiravo il gioco intelligente ed elegante di Oikawa, e credevo che se avessimo giocato insieme, lui avrebbe potuto esaltare ulteriormente le mie qualità. Saremmo stati una coppia imbattibile. Probabilmente la mia attrazione nei suoi confronti era guidata dal mio ego, e non dal mio cuore. Ma ora che ho iniziato a giocare con Kageyama, ho capito tante cose. Lui aveva lo stesso tipo di rapporto malsano con Hinata, ma uno schiacciatore non deve essere dipendente da un solo palleggiatore per essere bravo. Deve esserlo lui stesso, a prescindere da chi gli stia alzando la palla. Beh, io sono bravissimo anche con Kageyama, e ho capito che non avevo bisogno di Oikawa per essere il migliore. E ovviamente, anche Oikawa non aveva bisogno di me né di venire alla Shiratorizawa. La sua carriera in Argentina ne è la dimostrazione. –

Wakatoshi fece una pausa. Nella sua testa, quella spiegazione così pragmatica e razionale avrebbe dovuto convincere Satori, ma lo vedeva ancora perplesso, così continuò.

- Satori, quello che voglio dirti è che sono cresciuto, sono maturato, e ho capito di essere innamorato di te e non di Oikawa. E tu sei bellissimo. Il tuo sorriso riesce a mettermi di buon umore, i tuoi occhi sanno guardarmi dentro come nessuno è mai riuscito a fare. Sei divertente, con te non mi annoio mai. Riesci sempre a capire quello che dico e anche quello che non dico. Tu sei la persona con cui voglio stare, perché quando sono con te io sono felice, posso essere me stesso senza preoccuparmi che il mio atteggiamento venga frainteso. –

Wakatoshi scese con un ginocchio sul pavimento, e allungò una mano al suo viso che accarezzò con dolcezza. Lo guardò fisso negli occhi con una espressione limpida e serena, e infilò le dita tra i suoi capelli umidi.

- E adoro i tuoi capelli, così... focosi! – li fece scivolare delicatamente tra le dita pettinandoli verso l'alto – Ma mi piaceva di più come li tenevi al liceo. Non devi assomigliare a Oikawa per piacermi, Satori. Tu mi piaci di già esattamente come sei. –

Satori sorrise. La sua bocca finalmente distesa, ancora un po' tremante per l'emozione, e i suoi occhi spalancati e luminosi nella luce calda del pomeriggio che ormai si stava avvicinando al tramonto.

- Se non vuoi tornare in Giappone con me, lascerò gli Adlers e troverò io una squadra qui a Parigi. – gli era uscito di getto. Non ci aveva minimamente pensato fino a quel momento, ma era esattamente quello che desiderava.

Aveva fatto diecimila chilometri per rivederlo, aveva detto quello che doveva dire e per sua fortuna Satori ricambiava i suoi sentimenti. Avrebbero trovato il modo per stare insieme, di questo Wakatoshi era sicuro, così come era sicuro che non voleva più stare senza Satori nemmeno un giorno della sua vita.

Si sollevò sulle ginocchia, avvicinò il viso a quello di Satori e, senza più dire o chiedere altro, semplicemente lo baciò.


✵˜°•°˜✵


* Ouvert: in francese, significa "Aperto".

** Bonjour: in francese significa "Buongiorno".

*** Je cherche Tendō Satori, je suis un ami à lui: in francese, significa "Cerco Tendō Satori, sono un suo amico".


✵˜°•°˜✵

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top