5. Più sorrisi.

Okay, Adele, mantieni la calma.
Il tuo nuovo coinquilino ti ha beccata mentre frugavi tra le sue cose e sembra parecchio arrabbiato, ma tu stai calma.
Deglutisco rumorosamente e cerco di ignorare lo sguardo di fuoco che Mattia mi sta dedicando.
Calma un corno.
Sta per uccidermi, me lo sento.

«Ehm, Mattia, non arrabbiarti. Posso... Posso spiegare», no, no e poi no. Non posso spiegare proprio un bel niente.
Ma cosa diavolo mi è saltato per la testa?
Che figuraccia.
Come farò a guardarlo negli occhi da adesso in poi?
«Sentiamo», incrocia le braccia al petto e mi invita ancora una volta a sedermi, quindi faccio come mi dice e passo nervosamente le mani sul tessuto del mio pigiama rosa.
Oddio.
Sono pure in pigiama.
Ciao ciao dignità.

«Beh, ecco...», e adesso cosa mi invento?
Che situazione scomoda.
Forse dovrei fingere uno svenimento per prendere tempo.
O un improvviso malore.
Sì! Aggiudicato.
Il finto mal di pancia è sempre la soluzione.
Porto la mano allo stomaco e Mattia sorride diabolico, «Non ci provare», mi dice, «Sei davvero una pessima attrice».
Ah.

Le mie gambe tremano e la situazione peggiora quando il ragazzo avanza di un passo e si abbassa all'altezza del mio viso.
Poggia le mani sulle mie spalle e punta le sue iridi scure nelle mie, «Stammi bene a sentire», sussurra, «Prima mi dirai cosa stavi facendo qui dentro e prima ti lascerò andare».
Le sue dita premono contro la mia pelle ed il mio respiro comincia ad essere affannato.
Forse dovrei dire la verità.

«Ho visto che non eri in casa», comincio.
«E hai approfittato del momento per frugare tra le mie cose», m'interrompe, il suo pomo d'Adamo va su e giù.
«Non è andata proprio così»
«Ah, no?», si lascia sfuggire una risata nervosa.

«Okay, è andata più o meno così, ma non volevo rubare niente, lo giuro. So di essere una pessima coinquilina e sto provando davvero tantissima vergogna adesso per la mia intrusione nella tua camera, ma l'ho fatto per una buona causa»
«Una buona causa», ripete lui, gli occhi scuri ridotti a due fessure.

Si siede sul letto e continua a fissarmi, «E quale sarebbe questa buona causa?»
«L'ho fatto per la mia sanità mentale», confesso, «Non so perché, ma il mio sesto senso mi suggerisce di non fidarmi di te. Sono entrata qui solo per assicurarmi dell'assenza di armi, droga o cose strane. Sei pulito. Il mio sesto senso evidentemente si sbaglia», mi alzo in fretta e gli rivolgo un sorriso tirato, «Adesso mi sento tranquilla e più al sicuro. Sai, con tutto quello che si sente in giro... Ehm, scusa ancora e complimenti per la stanza, l'hai sistemata davvero bene. Buonano-», e non riesco a darmela a gambe perché lui afferra il mio polso e mi tira giù sul letto per costringermi a sedermi al suo fianco.
Merda.

«Fammi capire», inumidisce le sue labbra, «Tu credi di avere il diritto di entrare in camera mia e frugare tra le mie cose perché il tuo intuito ti suggerisce di farlo?»
«Più o meno?», tento e deglutisco quando mi fulmina con lo sguardo.
«Hai mai pensato di farti curare, Adè? Da uno bravo, dico».
Okay, gli concedo di essere velenoso.
Me lo merito.

«Adesso penserai che io sia pazza», farfuglio.
«Ne sono fermamente convinto», mi dice e poi si alza per aprire la porta, «Adesso sparisci»
«Ma-»
«Ti ho detto di sparire», ringhia e non me lo faccio ripetere un'altra volta.
Via.

Attraverso il corridoio in fretta e raggiungo la mia stanza, quindi mi infilo sotto le lenzuola e sospiro di sollievo.
Beh, in fin dei conti è andata bene.
Più o meno.
Mi farò perdonare.

🌺🌺🌺

«Professor Bono! Professor Bono!», sistemo la tracolla sulla mia spalla e faccio lo slalom tra gli studenti che intasano i corridoi della mia facoltà.
Il mio professore di analisi sta chiacchierando con la professoressa di chimica mentre camminano a grandi passi in direzione dell'uscita.
Non posso farlo scappare.
«Professor Bono!», poggio la mano sulla sua spalla per fermarlo e poi mi piego in due per riprendere fiato.

Lui mi guarda dall'alto con i suoi piccoli occhi azzurri e fa una smorfia nel vedermi.
Come se avesse appena visto un topo o uno scarafaggio.
«Buongiorno», dico, «Posso parlarle un attimo? Avevamo appuntamento ieri mattina, ma ho avuto un piccolo imprevisto e-»
«Prenoti un altro appuntamento», borbotta, «E veda di presentarsi questa volta»
«Ma l'esame è tra due giorni e-»
«Non sono problemi miei», detto questo, mi dedica un'altra occhiataccia e si allontana.

E mentre fisso le sue spalle un po' curve sento le mie possibilità di superare l'esame ridursi a zero.
Chiudo gli occhi e appoggio la mia schiena contro il muro per poi scivolare fino a crollare sul pavimento.
Non sono pronta psicologicamente per essere bocciata un'altra volta.
Passo le mani tra i miei capelli neri e cerco di ignorare l'ansia che sta prendendo possesso del mio corpo.

Rimango ferma lì per interminabili minuti fino a quando non decido che è il momento di tornare a casa per studiare.
Esco dall'edificio e cammino senza pensare ad altro se non all'imminente esame.
Perché non riesco a superarlo?
Cosa diavolo c'è in me che non va?
Sono meno intelligente degli altri?

Raggiungo il condominio in cui abito e mi trascino fino al settimo piano con poca forza e voglia di vivere.
Sono di pessimo umore.
E la situazione peggiora quando trovo Mattia seduto su un gradino, proprio davanti alla porta.
Il moro alza lo sguardo e punta i suoi occhi scuri su di me, quindi mi scruta attentamente per qualche istante e sbuffa: «Siamo chiusi fuori».

Ecco.
La ciliegina sulla torta.
Sento già i nervi a fior di pelle e mi concedo un respiro profondo prima di ribattere, «In che senso siamo chiusi fuori?»
«Nel senso che si è bloccata la serratura e siamo chiusi fuori», borbotta, quindi afferra il suo cellulare e decide di non degnarmi più di uno sguardo.
Punto i miei occhi blu sulla porta e gonfio le guance, decisamente troppo irritata.

Tiro fuori la chiave e la infilo nella toppa, dunque non riesco a trattenere un urlo isterico quando non gira.
«Non ti irritare», Mattia torna a parlare con fin troppa calma, «Sta arrivando un fabbro»
«Sta arrivando un fabbro? STA ARRIVANDO UN FABBRO?», sto per avere una crisi isterica, «Io ho bisogno di studiare! Ho un esame tra due giorni e non voglio essere bocciata per l'ennesima volta. Sai cosa significa perdere del tempo davanti alla porta in attesa di un fabbro!?».
Silenzio.

Lui mi guarda come se io fossi una completa squilibrata e forse ha anche ragione.
In mia difesa posso dire che sono decisamente troppo stressata ed incapace di gestire il nervosismo.
«Non credi di esagerare?», lascia scorrere i suoi occhi neri lungo tutto il mio corpo e si passa una mano tra i capelli castani.
«Io non sto esagerando», mento in fretta e mi lascio cadere sul gradino, prendendo posto accanto a lui, «Tra quanti minuti sarà qui il fabbro?», e la mia domanda lo fa scoppiare a ridere.

Corrugo la fronte e continuo a fissarlo mentre arriccia il naso, quindi lui continua a farmi sentire la sua melodiosa risata.
Che ho detto?

«Minuti?», passa la lingua sulle labbra rosse e scuote la testa, «Ha detto che sarà qui tra più o meno un'ora. Non potrà venire prima».
Ah, bene.
Molto bene.
Sbuffo sonoramente e cala il silenzio per istanti che sembrano interminabili, poi mi siedo accanto a lui e impugno il mio libro di analisi.
Non sarà una porta chiusa a fermarmi.
Né gli occhi di Mattia addosso.

«Stai davvero cercando di studiare?», parla piano, il tono visibilmente divertito.
«Sì», taglio corto.
«Okay».
La discussione finisce qui, ma lui continua a fissarmi.
E lo ammetto, questa cosa mi distrae parecchio.
«Potresti smetterla!?», sbotto all'improvviso e lui sussulta leggermente.

I suoi occhi scuri brillano e le labbra rosse si inarcano in un sorriso a stento trattenuto, «Di fare cosa?»
«Di fissarmi mentre cerco di studiare. È irritante»
«Tu sei irritante», sentenzia.
Certo.
Io sono irritante.
Io!
Mattia infila una mano dentro la tasca dei suoi jeans chiari e tira fuori un pacchetto di sigarette, dunque ne sistema una tra le labbra e sbuffa.

«Qui non si può fumare», lo avviso, quindi mi dedica un'occhiataccia e balza in piedi per poi fissarmi dall'alto.
«Do-dove vai?»

«Andiamo a prendere un caffè», dice, «Posa quel libro. Non sarà un'ora di studio matto e disperato a farti passare l'esame», quindi mi sfila il libro dalle mani e lo chiude in fretta prima di infilarlo nella sua tracolla.
Lo ha fatto davvero?

Io lo fisso, scioccata e con la bocca aperta.
Non so nemmeno cosa dire.
Potrei sbraitare come una pazza isterica o fingermi sana di mente.
Opto per la seconda.

«Potresti ridarmelo?», mi alzo e decido di seguirlo mentre scende le scale con estrema calma.
«No»
«Ho bisogno di studiare», riprovo, ma questa volta non mi degna nemmeno di una risposta.
«Ho un esame tra due giorni»
«Mh-mh»
«In un'ora di studio matto e disperato si possono apprendere tante cose», continuo a farfugliare.

Lui mi ignora e mi viene voglia di dargli uno spintone per poi osservarlo rotolare fino al primo piano.
«Mattia», lo chiamo, «Ridammi quel libro»
«No».
Ecco.
Adesso la pazza psicopatica che è in me sta tentando di prendere possesso del mio corpo.

Soffio fuori dalle labbra un po' di aria e deglutisco, quindi stringo i pugni e lo seguo senza proferire parola fino al bar più vicino a casa.
Prendiamo questo maledetto caffè.
Il moro cammina davanti a me senza degnarmi di uno sguardo e poi indica un tavolo già occupato da quattro ragazzi: «Siediti lì», borbotta, «Arrivo subito», detto questo, saluta con un cenno del capo i quattro sconosciuti e va a salutare la cassiera, concedendole un intenso bacio sulla guancia.

Bene.
Io rimango immobile, bloccata in mezzo alla piccola terrazza all'aperto illuminata dal sole.
Gli amici di Mattia mi fissano silenziosamente per istanti che sembrano interminabili e questa cosa mi fa sentire profondamente a disagio.
Per questo motivo afferro il cellulare e fingo di inviare un messaggio.
Anche due.

«Adé, prima di domani ce la fai a sederti?», la voce fastidiosa del mio coinquilino mi fa sussultare ed il mio smartphone per poco non casca al suolo.
Mattia adesso ha preso posto e anche lui, come i ragazzi seduti al tavolo, mi fissa con un sopracciglio inarcato.
Deglutisco e rido nervosamente, dunque mi stampo in faccia un sorriso tirato e vado a sedermi proprio accanto a lui.

«Uhm, ciao, io sono Adele», questo è tutto quello che riesco a dire mentre porgo goffamente la mano al ragazzo che è davanti a me.
Lui la stringe in fretta e sorride, mostrando una fila di denti bianchi e dritti: «Luigi»
«È la tua coinquilina?», uno dei ragazzi si rivolge a Mattia ed il moro annuisce distrattamente.

«Non c'è spazio anche per me in casa? Mi faccio piccolo piccolo», un ragazzo dai lunghi capelli biondi legati in uno chignon drizza la schiena e si affretta a porgermi la mano, «Piacere, Andrea. Se necessario mi infilo pure nell'armadio»
«Anche lei se necessario si infila nell'armadio. Di nascosto però», ribatte Mattia, il tono di voce odioso e distaccato, «Vero, Adè?».
E so già a cosa si sta riferendo.

Rido nervosamente e anche lui finge una risata, ma è evidente l'antipatia che proviamo l'uno per l'altra.
Fortunatamente l'arrivo della cameriera pone fine alla mia risatina isterica e decido di tappare la mia bocca trangugiando a grandi sorsi il caffè.
Quando la mia tazzina è oramai vuota, decido di picchiettare le dita contro la superficie del tavolo e di guardarmi un po' intorno, ma mi pento della mia decisione nel momento in cui incrocio lo sguardo del mio ex ragazzo seduto ad un tavolo vicino all'ingresso.
Gesù.
Solo lui mi mancava oggi.
E perché meno voglio vederlo e più me lo ritrovo tra i piedi?

Marco continua a fissarmi: i suoi occhi color nocciola saettano da me ai ragazzi che sono seduti al tavolo e viceversa.
Inarca un sopracciglio e lascia comparire sul suo volto una smorfia di indignazione.
È indignato da cosa?
Dovrei essere io, quella indignata.
Mi hai tradita, genio. Non so se ricordi questo piccolo particolare.

Continuo a folgorarlo con lo sguardo e stringo un cucchiaino con talmente tanta intensità da farlo quasi piegare sotto le mie dita.
«Che ti prende?», Mattia pizzica il mio fianco e sussulto sulla sedia, puntando i miei occhi blu in quelli suoi scuri e confusi.
«Voglio andare a casa», sbotto, «Ridammi il mio libro. Studierò sulle scale», allungo il braccio per raggiungere la sua tracolla e strozzo un urlo di frustrazione quando lui, prontamente, la allontana da me.

I suoi amici osservano la scena, evidentemente divertiti.
«Cosa studi?», è Luigi a parlare.
«Ingegneria Chimica», rispondo, «E in questo momento dovrei studiare Analisi, ma il vostro amico ha deciso di sequestrare il mio libro»
«Lo fa per il tuo bene», ribatte uno dei ragazzi che non aveva aperto bocca fino ad ora, «Non è di aiuto stressarsi troppo prima di un esame»
«So io cosa mi è d'aiuto», ribatto, visibilmente nervosa.
Mi sto irritando.

«Analisi matematica, eh?», questa volta è Andrea a rivolgermi la parola, «Perché non ti fai aiutare da Mattia? È stato l'unico del corso a passarla al primo tentativo con un voto eccellente».
Ah.
Questo gli fa acquisire punti, lo ammetto.
Mi giro a guardare il mio coinquilino e corrugo la fronte, «Davvero?»
«A quanto pare», sbuffa.
«E potresti aiutarmi?».

Per qualche istante sembra pensarci un po' su.
Passa una mano tra i capelli castani, inunidisce le sue labbra e poi sorride diabolico: «No».
Secco, deciso, esageratamente odioso.
«Molto gentile, grazie», lo fulmino con lo sguardo e decido di alzarmi, «Io torno a casa. Ti ricordo che stavamo aspettando un fabbro».
Mattia sospira e saluta i suoi amici, poi mi affianca, sovrastandomi con la sua altezza.

Ci avviciniamo all'uscita e decido di non degnare di uno sguardo Marco, ma è lui ad afferrare il mio polso per fermare la mia finta camminata fiera.
«Non si saluta più?», si finge offeso mentre studia accuratamente il mio coinquilino.
Mattia incrocia le braccia al petto e rimane in silenzio ad osservare la scena che gli si presenta davanti.
«Ciao», dico.
«Ci vediamo, dopo? Avrei bisogno di parlarti».
Ma questo sta fuori di cervello.
«No, grazie. Devo studiare»
«Posso aiutarti, se vuoi»
«Non ho bisogno del tuo aiuto», ribatto in fretta, quindi mi libero dalla sua presa e gli lancio l'ennesima occhiataccia prima di andare via da quello stupido bar.

Durante il tragitto per arrivare a casa sento i nervi a fior di pelle e ad ogni passo la mia rabbia sembra crescere a dismisura.
La situazione mi sta sfuggendo di mano.
Lo stress, mi sta sfuggendo di mano.
È uno di quei periodi in cui tutto sembra andare male e dove anche una matita che cade a terra può provocare una crisi isterica.
«È il tuo ex?», davanti al cancello Mattia sembra essersi svegliato da un lungo coma.
Non ha parlato per tutto il tempo ed ora esordisce con una domanda del genere?

«Chi?», fingo di non aver capito e attraverso il giardino con calma, dunque mi concedo un respiro profondo per affrontare le sette rampe di scale.
«Hai capito di chi sto parlando», taglia corto.
«A quanto pare», imito la risposta che mi ha dato poco fa, «Perché me lo chiedi?»
«Così».
Ed il discorso finisce qui.

Salgo le scale con calma e ad ogni gradino sento un anno di vita andare via.
Ho il fiatone e credo di stare per svenire mentre Mattia sembra decisamente troppo sereno.
Una volta giunti al settimo piano, il mio cuore pulsa velocemente e mi siedo in fretta sul pavimento per riprendere fiato.

Passo le mani tra i capelli scuri e massaggio le mie tempie.
Devo darmi una calmata.
Mi sto facendo prendere dall'ansia.
Non potevo nascere con meno complessi e più botte di culo?
«Dovresti provare a rilassarti», Mattia parla dopo lunghi minuti passati ad osservarmi.
Alzo lo sguardo e punto i miei occhi nei suoi, «Perché mi dici questo?».
Forse ce l'ho scritto in faccia che sono pazza.
Il moro arriccia le labbra e si siede vicino a me, facendo sfiorare le nostre ginocchia: «Il tuo corpo sta urlando che hai bisogno di una pausa. Rilassa un po' queste spalle», preme le mani ai lati del mio collo e mi irrigidisco più di prima.

Lui sembra notare il mio gesto, ma non smette di sfiorare la mia pelle, «Non voglio farti del male», mormora, il suo fiato caldo si infrange all'altezza del mio orecchio, «Fidati di me».
Muove le mani con una lentezza inaudita e mi ritrovo a chiudere gli occhi quando Mattia massaggia le mie spalle con maestria.
Mio. Dio.
Questo qui ci sa fare.

«Va meglio?», parla piano e trovo la sua voce decisamente molto sensuale.
«Mh-mh»
«Allora continuo», annuncia.
Fai pure.
Puoi continuare quanto vuoi.
Più le sue mani lavorano, più la mia tensione muscolare va a poco a poco scemando.
«Penso che io e te abbiamo cominciato con il piede sbagliato», mi dice.
«Lo penso anch'io»
«Ma siamo in tempo per rimediare», lascia scorrere un dito lungo la mia nuca ed il mio corpo si riempie di brividi.

«Tu potresti cominciare aiutandomi per l'esame», propongo, gli occhi ancora chiusi ed il tono di voce stridulo.
«E tu non infilandoti più in camera mia», il mio collo scricchiola sotto le sue dita e deglutisco rumorosamente.
«Scusa per ieri», sussurro, dunque mi giro per guardarlo dritto negli occhi e mi pento di averlo fatto quando trovo il suo viso troppo vicino al mio.
E da una distanza ravvicinata devo dire che appare ancora più bello.

«Scuse accettate», ribatte porgendomi la mano che afferro prontamente.
«Non entrerò mai più in camera tua»
«Non senza il mio permesso, almeno», precisa lui.
«Promesso»
«Bene», schiocca la lingua sotto il palato e si alza, «Ti aspetto in cucina domattina alle sei. Ti farò passare quell'esame»
«ALLE SEI? Ma è praticamente l'alba!»
«Alle sei in punto», tuona serio, «E metti qualcosa di comodo».
Okay, adesso sono confusa.
«Il pigiama», borbotto.
Alle sei del mattino solo quello potrà essere il mio outfit migliore.
«Meglio una tuta», strizza l'occhio e si sforza di farmi un sorriso, «E non portare con te quella faccia»
«Quale faccia?», indico il mio viso e lui scuote la testa.
«Più sorrisi e meno paranoie, Adè. Più sorrisi».

Fisso il mio coinquilino, sconcertata e confusa al tempo stesso.
Lui alza gli occhi al cielo e poi si abbassa all'altezza della mia faccia per tirare su gli angoli della mia bocca.
«Sembri già più carina», annuncia.
«Grazie», rispondo, per quanto mi sia possibile parlare decentemente con le sue dita a tenermi ferma la bocca.
E mentre lui si allontana da me e si appoggia allo stipite della porta chiusa, io sento una strana sensazione allo stomaco che non mi so spiegare.
Boh.
Sarà ansia.
Sicuro.

Aloha!
Eccomiii!
Ma come state?
Non ricordate un accidente della storia, vero? 😂😂
Sappiate che pure io sono dovuta andare a leggere i capitoli precedenti, quindi ci sta non ricordare dopo tutto questo tempo.
Ma non temete, aggiornerò più spesso come precedentemente annunciato.
Allooora, siamo ancora all'inizio, ma che ve ne pare di Mattia e Adele?
A me la protagonista sta un po' antipatica, ma okay.
È stressata poveretta. Tra un ex che non la lascia in pace, il cambio di casa, un nuovo coinquilino ed un esame impossibile da superare... Pure io sarei un po' frustrata.
Ma GIURO che avrà momenti migliori.
Adesso vi lascio, fatemi sapere e buona giornata bellezze! 🌺❤️❤️

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