42. È colpa mia.
Non so come sia successo, davvero.
Non ho nemmeno capito come io sia finita tra la folla a fissare un Mattia infuriato come non mai che colpisce ripetutamente Marco.
Il mio ex cerca di sfuggire alla sua presa, ma Mattia non sembra intenzionato a lasciarlo andare.
«Mattia, fermati!», urlo, ma dubito mi abbia sentito.
A porre fine alla rissa è Edoardo, aiutato da un ragazzo che non conosco. Afferrano Mattia da dietro e lo spingono verso di me, occupandosi poi di tenere a bada Marco che ha il volto ricoperto di sangue.
Il mio coinquilino, però, cerca di tornare all'attacco. Fortunatamente viene fermato da alcuni ragazzi che lo tengono fermo.
In tutto questo, io mi sento come paralizzata.
«Che cazzo hai da guardare?», è Mattia a parlare, facendo un cenno col capo in direzione di Edoardo, «Ne vuoi anche tu? Eh?», scatta in avanti, ma fortunatamente viene ancora bloccato.
«Ma che ti prende? Calmati!», la voce esce fuori dalla mia bocca senza che io me ne renda conto.
Finalmente i suoi occhi scuri si puntano nei miei.
Il suo sguardo sembra sperduto, spaesato.
Mi guarda come se fosse la prima volta che mi vede. Una piccola ferita è sulla sua guancia e del sangue sulla fronte sta sporcando i suoi capelli.
Mi vengono i brividi.
Mentre ci guardiamo, tutto intorno a me sembra essersi fermato.
«Andiamo via da qui», dico dopo diversi istanti.
Mattia non si muove. Edoardo porta Marco fuori dal locale ed il mio coinquilino li segue con lo sguardo fino a quando non spariscono tra la folla.
«Andiamo via», ripeto, quindi vado a recuperare la mia borsa e saluto timidamente i miei amici.
Mi sento in imbarazzo per quello che è successo.
Mattia mi segue fuori dal locale senza proferire parola.
Accanto alla porta d'ingresso troviamo Edoardo che parla a bassa voce con Marco.
Quest'ultimo, non appena ci vede, scatta e cerca di alimentare nuovamente una rissa: «Tutto quello che sa fare a letto gliel'ho insegnato io!».
Spero che Mattia non gli dia retta, ma lo osservo mentre muove nervosamente la bocca, sospira rumorosamente e due istanti dopo lo sta già prendendo a pugni.
Edoardo, per l'ennesima volta, si mette tra di loro.
Poi succede tutto molto in fretta: Mattia cerca di colpire Marco, ma tra un movimento e l'altro, colpisce il viso di Edoardo che crolla sull'asfalto e batte la testa sul marciapiede.
Un silenzio tombale è tutto ciò che ne segue.
Sto tremando.
Marco sgrana gli occhi e fissa il poliziotto a bocca aperta, chinandosi per premere una mano sulle costole sicuramente doloranti.
Mattia è come paralizzato. Tutti lo guardano, ma il suo sguardo si posa su di me.
Un brivido percorre la mia schiena.
Adesso mi appare ancora più feroce e aggressivo.
«Che hai fatto!?», è l'unica cosa che dico non appena riesco a riprendermi dal breve momento di shock.
Mi chino sul corpo di Edoardo: «Che hai fatto!?», ripeto.
«Non volevo colpire lui. Si è messo in mezzo e-», si abbassa e afferra il volto di Edoardo.
«È un animale», è Marco a parlare, un rivolo di sangue attraversa il suo viso gonfio, «Te lo sei scelta bene, Adele. Un vero e proprio psicopatico»
«Sarei io lo psicopatico? Eh? Ringrazia che riesci ancora a stare in piedi e chiudi quella fottuta bocca»
«SMETTELA!», grido, «C'è un ragazzo svenuto per colpa vostra. Chiamate un'ambulanza, piuttosto», smetto di guardarli e schiaffeggio il viso del poliziotto per riuscire ad ottenere una reazione.
Continuo così fino a quando, finalmente, non apre gli occhi.
Torno a respirare.
«Edo, stai bene? Riesci a sentirmi? Mattia non voleva-»
«Ssh», chiude gli occhi e li riapre più volte, una smorfia di dolore invade il suo viso.
«Pensi di riuscire ad alzarti? Arriverà un'ambulanza», mentre parlo, gira la testa e sputa un po' di sangue sul marciapiede.
Istintivamente, fulmino con lo sguardo Mattia.
Poteva ucciderlo.
«Mi fa male tutto», dice poi, con un filo di voce.
«Ti aiuto», Mattia afferra le sue braccia e cerca di rimetterlo in piedi, ma decide di lasciarlo stare quando Edoardo caccia un urlo di dolore, tornando poi sul marciapiede.
«Cosa ti fa male?», torno ad agitarmi.
«C'è del sangue», Marco indica la testa del poliziotto, «Gli hai spaccato la testa»
«E tu mi hai fracassato le pa-»
«BASTA!», sto perdendo la pazienza.
«Andatevene», mormora poi Edoardo.
«Come?», Mattia schiude le labbra.
«Andatevene», ripete, «Fingeró di essere caduto. Se non volete seccature, vi conviene sparire da qui»
«Io non me ne vado», annuncio.
Non posso andarmene e lasciarlo qui.
«Resto qui anch'io. Davvero, mi dispiace. Non volevo colpirti»
«Andatevene. Siete sporchi di sangue. Nessuno crederà mai alla storia della caduta»
«Ha ragione», punto i miei occhi in quelli di Mattia e deglutisco nel trovarli già su di me, «È meglio se andate via da qui. Resto io con lui».
Un lampo attraversa le iridi scure del mio ragazzo. Rimane in silenzio alcuni istanti, poi annuisce: «Va bene», mi dice, «Tienimi aggiornato. Vado a ripulirmi e vi raggiungo», detto questo, si gira a guardare Marco: «Tu non farti più vedere. La prossima volta non sarai tanto fortunato. Te lo giuro».
I due si scambiano degli sguardi che mettono i brividi.
Marco non dice una parola, Mattia nemmeno.
Si gira a guardarmi un'ultima volta prima di raggiungere la sua moto e sparire.
«Mi hai sostituito in fretta», sentenzia poi Marco, «E con un puttaniere violento. Complimenti. Ti sei fatta riempire la testa con le sue cazzate. Te lo scopavi prima di lasciarmi, non è così?»
«Ma cosa stai dicendo? Il puttaniere violento sei tu, qui. Guarda cos'hai combinato! E per cosa, eh? Per cosa? Mi hai vista insieme a Mattia e la gelosia ti ha fottuto il cervello? Cosa diavolo ti passa per la testa? Sparisci! Non voglio più vederti», mi manca il fiato quando smetto di parlare.
Lo odio.
Lo odio profondamente.
«Faresti meglio ad andartene», aggiunge Edoardo, accennando una smorfia di dolore.
«Me ne vado», mormora, «Me ne vado».
E quando finalmente si allontana, Edoardo si sforza di farmi un sorriso: «Sono curioso»
«Eh?»
«Lo hai tradito con Mattia?»
«Ma ti pare?».
Mi risponde con una debole risata.
🌻🌻🌻
Cinque punti in testa e dolori sparsi in tutto il corpo. Osservo Edoardo e mi sento tremendamente in colpa, come se lo avessi colpito io.
Sono seduta accanto al suo letto e rigiro il cellulare tra le mani. Mattia sarà qui a momenti.
«Mi ha steso con un colpo solo», Edoardo non riesce a pensare al modo in cui è crollato al suolo.
«Pratica la boxe», mormoro.
«Mi ha steso con un colpo solo», ripete, «Che imbarazzo»
«Non ti aspettavi di essere colpito», gli dico e lui arriccia le labbra in un sorrisetto.
«Non pensi sia un po' aggressivo?»
«Mattia?»
«Mh-mh»
«No. Cioè, sì, ma non mi farebbe del male»
«Speriamo»
«Non c'è niente da sperare», la voce di Mattia mi fa sussultare ed entrambi ci giriamo di scatto in direzione della porta.
Lui ha le braccia incrociate al petto e gli occhi scuri ridotti in due fessure. Sulla fronte è ben evidente la piccola ferita che si è procurato prima.
Il suo sguardo va da me al poliziotto, poi si posa ancora su di me.
«Non devi preoccuparti per Adele», lo informa, «Lei, con me, non corre rischi»
«Ne sono felice», Edoardo si sistema meglio sul letto, non nascondendo il dolore.
Mattia si schiarisce la voce e passa il peso del suo corpo da una gamba all'altra: «Devi stare qui ancora per molto?»
«Tra poco mi faranno una TAC»
«Va bene», sospira, «Adè, se vuoi ti porto a casa. Resto io qui»
«Vai pure tu a casa. Preferisco la compagnia di Adele», Edoardo sorride furbo e risponde al posto mio, ma diviene serio di colpo quando Mattia lo fissa insistentemente per diversi istanti.
«Cominci a darmi fastidio, Edoardo», inumidisce le labbra e si avvicina di più al poliziotto, «Ero dispiaciuto per il pugno di prima»
«Ti è già passata, eh?»
«Decisamente», si appoggia al termosifone mentre mi inchioda con lo sguardo.
Mi guarda come se gli avessi appena fatto un torto.
Io gli rivolgo un sorriso tirato, poi parlo: «Potevi fargli male sul serio», lo rimprovero.
«Ho già detto che non volevo colpirlo, Adele. Vogliamo continuare a ripetere le stesse cose per altri due o tre giorni?»
«Potevi evitare di dar retta a Marco, una volta fuori dal locale. E invece no! Gli sei saltato addosso come-», mi mancano le parole.
Negli occhi di Mattia riesco a vedere la rabbia farsi spazio: «Come cosa, Adele?»
«Lascia stare», sospiro, «Potevi evitare. Fine della storia»
«No. Non potevo evitare proprio niente», ribatte, il tono di voce sgarbato e arrogante, «E se tornassi indietro, lo colpirei pure più forte».
È Edoardo a porre fine al nostro battibecco: «Potreste smettere di litigare? Ho un terribile mal di testa»
«Scusa», sussurro, «Tu non c'entravi niente e guarda come sei ridotto a causa nostra»
«Non è colpa tua», mi rassicura. Poggia una mano sulla mia e la stringe un po', rivolgendomi un sorriso gentile.
Con la coda dell'occhio, riesco a vedere Mattia muovere nervosamente la bocca e massaggiarsi le tempie con due dita.
Poi sbotta: «Adè, ti accompagno a casa»
«Resto qui», ripeto.
Ci sfidiamo con lo sguardo e mi tremano le gambe davanti alla sua evidente ira.
È aggressivo.
E questo suo lato non mi piace. Per niente.
«Vado a prendere un caffè», annuncio dopo attimi di pungente silenzio.
Esco dalla stanza con un brutto peso allo stomaco ed una terribile angoscia.
I corridoi dell'ospedale sono quasi vuoti e in giro ci sono solamente alcuni infermieri di turno.
Inspiro, espiro.
Sono un fascio di nervi.
E vengo colta da una brutta sensazione di ansia quando rimango sola davanti alle macchinette. Il corridoio, dietro di me, è vuoto.
La luce al neon che lampeggia, poi, mi fa sentire dentro un film horror.
Mi affretto ad inserire le monete nell'apposita fessura e scelgo un caffè macchiato, muovendomi nervosamente sul posto.
Dai, dai, dai.
Dammi questo maledetto caffè.
Forza.
La macchinetta, adesso, sembra più lenta che mai.
Sto per afferrare il bicchierino quando qualcuno preme una mano sulla mia bocca e mi incastra contro il muro, impedendo i miei movimenti.
Sgrano gli occhi ed il mio cuore comincia a battere all'impazzata.
Mi sembra di sentirne il battito nelle orecchie, poi percepisco il fiato caldo sul collo dell'uomo che mi sta tenendo ferma.
Vorrei girare la testa, guardarlo in faccia, ma non appena mi muovo, mi spinge di più verso il muro. La mia guancia sbatte e sfrega contro di esso. Abbasso lo sguardo e cerco di imprimere nella mente più dettagli possibili: indossa delle scarpe nere, dei jeans scuri, mani grandi. Ha con sé una busta gialla che lascia cadere sul pavimento.
«Questa è per te», sussurra, la voce profonda e mascolina. Mi mette i brividi.
Gli pesto il piede con forza, ma lui risponde con una risata.
Una risata malata che mi fa sentire a disagio e mi fa ghiacciare il sangue nelle vene.
«Non voglio farti male», mi dice, «Voglio solo proteggerti, stupida ragazzina».
Vuole proteggermi.
Cerco di parlare, ma la sua mano preme troppo forte sulle mie labbra.
Da cosa? Da chi?
La risposta arriva in fretta: «Lui ti farà impazzire», parla veloce, come se fosse spaventato, «Lui ti toglierà tutto quello che hai. Lui ti farà a pezzi. Devi salvarti».
Poi, con uno scatto violento, sbatte la mia testa contro il muro. La mia vista si annebbia, mi sembra di vedere le stelle mentre cado a terra.
In lontananza, i suoi passi che si allontanano veloci.
Per un istante mi sento svuotata, senza speranza.
Finirà mai tutto questo?
Allungo il braccio in direzione della busta e, con mano tremante, decido di aprirla. Foto.
Mi ha fatto delle foto.
Stesa sul pavimento dell'ospedale, piango mentre osservo scatti di me e Mattia. Per strada, al supermercato, in biblioteca, alla Vucciria, al Foro Italico.
Ci sono almeno settanta foto.
Chiudo gli occhi, li riapro.
Mi manca il respiro.
La luce al neon continua a lampeggiare, le lacrime scendono piano.
Dietro ogni foto, una scritta: LUI È IL PERICOLO.
Deglutisco e mi metto seduta, quindi tiro su col naso e ripongo le foto dentro la busta.
Mi fa male la fronte e sono sicura di avere già un evidente bernoccolo.
Ho la nausea.
E ho voglia di dormire, svegliarmi e capire di aver solamente avuto un brutto incubo.
Però non è così.
È la realtà.
«Adele?», la voce di Mattia mi strappa dallo strano stato di trance in cui mi trovo. Corre nella mia direzione, si abbassa e afferra il mio viso tra le sue mani: «Che ti è successo? Sei caduta? Stai bene?».
Rimango in silenzio, incapace di proferire una parola.
Ho così tante domande da fare...
Ho bisogno di sapere così tante cose...
«Sto bene», mugugno, «Sto bene».
Mi aiuta a mettermi in piedi, preme le mani sui miei fianchi e poi guarda ancora il mio volto: «Che è successo, Adele? Cos'è questa bu-», cerca di afferrarla, ma la ritraggo con uno scatto.
Schiude le labbra, visibilmente stupito dal mio gesto.
«Adele?», corruga la fronte, sembra ferito. Mi guarda dritto dentro agli occhi, come se volesse leggerci dentro qualcosa.
«Ti devo parlare», sussurro, «Ma non adesso, okay? Torniamo da Edoardo», lancio un'occhiata in direzione del punto in cui lo stalker è sparito e Mattia si gira, pronto per guardare ciò che sto fissando io.
Un corridoio vuoto che si intreccia con altri lunghi corridoi.
«Lo stalker», sussurra.
Ha capito.
«Parliamo dopo», bisbiglio.
Temo possa essere qui da qualche parte ad ascoltarci.
«Era qui?», accarezza la mia guancia, mostrandosi disinvolto. Avvicina di più il suo volto al mio e aspetta una mia risposta.
«Sì»
«Okay», stampa un bacio sulle mie labbra, poi deglutisce.
Assottiglia gli occhi e scruta attentamente ogni minimo dettaglio del corridoio vuoto.
Non c'è anima viva. Sarà sicuramente andato via.
Mattia, però, non sembra della mia stessa opinione.
Continua a studiare minuziosamente tutto ciò che ci circonda, poi sospira: «Vai da Edoardo», mormora.
«Tu vieni con me», bisbiglio, mi sento come pietrificata.
«Fa quello che ti dico», sistema una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio e poi un lampo sembra illuminargli gli occhi quando sente un rumore in lontananza.
Come colpito da una scossa elettrica, comincia a correre lungo il corridoio vuoto.
Al rumore dei suoi passi veloci, pochi istanti dopo, si aggiungono altri passi.
Era qui.
Lo stalker era qui e ci stava fissando.
E adesso sta scappando da Mattia.
Osservo le spalle larghe del mio coinquilino che si allontanano alla velocità della luce. Si ferma di scatto nel mezzo del corridoio, poi imbocca un'uscita e non lo vedo più.
Una voce dentro la mia testa mi suggerisce di seguirlo, mentre l'altra mi implora di andare a chiedere aiuto ad Edoardo.
Ma come potrebbe aiutarmi? Non riesce nemmeno a muoversi.
Mordo l'interno della mia guancia, stringo i pugni e decido di prendere una decisione in fretta.
Comincio a correre per cercare di raggiungere Mattia.
E se quell'uomo gli facesse del male? Se fosse armato?
Il panico comincia a prendere possesso del mio corpo e mi manca il fiato ad ogni passo.
Di Mattia non c'è traccia.
Sbatto contro un'infermiera, le chiedo scusa e scendo delle scale velocemente.
Non so nemmeno dove andare.
Senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovo fuori dall'ospedale.
Su alcune panchine illuminate dai lampioni sono seduti alcuni uomini, ma di Mattia non c'è nemmeno l'ombra.
Poi, però, arriva come un razzo.
Si ferma davanti alla porta, ha il fiatone, guarda tutto ciò che lo circonda e colpisce con un calcio un secchio della spazzatura, facendolo ribaltare.
Sembra sfogare la sua rabbia su di esso, colpendolo ancora e ancora.
Da qui lo sento imprecare a bassa voce fino a quando non si accorge di me.
Allora si ferma, riprende fiato e si concede un respiro profondo prima di parlare: «È colpa mia», mi dice.
Non lo seguo.
Preme le sue mani sulle mie guance e ripete ancora: «È colpa mia. Ti succede tutto questo solo per colpa mia, Adele»
«Mattì, di cosa stai parlando?».
I suoi occhi sono lucidi, il pomo d'Adamo va su e giù: «Scusa», sussurra, stringendomi in un forte abbraccio.
La mia faccia preme contro il suo petto mentre con una mano, dolcemente, accarezza i miei capelli.
«Non sono riuscito a prenderlo, non sono riuscito a vederlo in faccia», confessa poi, dispiaciuto.
«Mattia, noi dobbiamo parlare. La nostra storia non può continuare se-»
«La nostra storia non deve continuare», mi dice, serio.
Non aggiunge altro.
Smetto di respirare mentre mi guarda e ripete che tra di noi deve finire.
«Cosa stai-», senza che me ne renda conto, i miei occhi si riempiono di lacrime.
«È per il tuo bene, Adele. Ti prego, non piangere», adesso evita il mio sguardo, morde le sue labbra con forza e indietreggia, «È finita», allarga le braccia, camminando all'indietro in direzione della porta d'ingresso.
«Parliamone, Mattia. Dammi delle spiegazioni, dimmi cosa succede, per favore», sono scossa da tremori.
Tutto quello che sta succedendo nel giro di pochi minuti mi sta facendo praticamente avere un crollo psicologico.
«Non possiamo stare insieme», sentenzia, ma nel suo volto mi sembra di vedere la sicurezza vacillare, «Non possiamo», sottolinea ancora.
«Ma cosa vuol dire che non possiamo!?», sto urlando.
«Adè, ti stanno seguendo a causa mia. Sei in pericolo a causa mia, okay? È me che vogliono affondare»
«Possiamo affrontare questa cosa insieme», propongo.
«No», sussurra, «No», ripete ancora, «Chiudiamola qui».
Chiudiamola qui.
Come se fosse una porta, una finestra.
«Non posso», lo avviso, «Io ti amo, Mattia», le sue labbra si schiudono e mi sembra che anche il mondo si sia fermato ad ascoltare: «Ti amo. E non posso accettare questa tua decisione. Sono in pericolo? Non m'importa e sai perché? Eh? Perché solo tra le tue braccia io mi sento al sicuro e-»
«Adele», m'interrompe bruscamente, «Se mi ami, allora lasciami andare», stampa un bacio sulla mia fronte e poi si gira di spalle, nascondendomi i suoi occhi e le sue emozioni.
Resto ferma mentre lo guardo rientrare in ospedale.
Accompagnata solo da silenzio, freddo e lacrime.
È finita.
MA BUONA DOMENICA!
Vi sono mancata?
Non aggiorno da due settimane e chiedo scusa, ma sono stata impegnata e non ho nemmeno avuto molta ispirazione. (Purtroppo non scrivo a comando, anche se mi piacerebbe un sacco 😂😭).
Allooora, sappiate che ci avviciniamo lentamente alla fine della storia e che avremo sempre più ansia.
Tanta ansia 😍😍
Cosa ne pensate di questo capitolo? Abbiamo avuto un incontro con lo stalker e uno sfogo di Mattia... Come pensate che si comporteranno sti due cretini? (Ps. Io avevo un'altra idea per questo capitolo, ma poi questi due fanno il cazzo che gli pare giuro ed è finita così).
Ad ogni modo, adesso vi lascio.
Fatemi sapere.
Un bacio e buona giornata. ❤️
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top