4. Lunga vita ai biscotti.
Ho imparato altre due cose su Mattia Caruso: ha una moto e poca voglia di vivere.
Guida come se il domani non esistesse e mi sta provocando innumerevoli infarti lungo il tragitto facoltà di medicina-casa.
Strozzo un urlo quando schiva un pedone e chiudo gli occhi mentre mi stringo di più a lui, «VUOI AMMAZZARCI?», urlo per farmi sentire, ma lui non risponde.
Bene.
Appuntiamo da qualche parte che il mio nuovo coinquilino, oltre ad essere sospetto, è anche sordo.
O stronzo.
«PUOI ANDARE PIA-», e la mia faccia sbatte contro il suo casco quando frena di scatto davanti al rosso di un semaforo.
Aia.
Porto la mano sul mio naso e chiudo gli occhi a causa del dolore provocato dall'impatto.
«Ti sei fatta male?», il suo tono è visibilmente divertito e non ci vuole un genio per capire che sta trattenendo una risata.
«Secondo te?», sbraito, «Ti pare il modo di guidare, questo? Stavi per ammazzare un uomo, prima!»
«Che esagerata», borbotta lui, «Tieniti forte», aggiunge per poi tornare a sfrecciare sull'asfalto.
Gesù.
Non voglio morire proprio ora.
Decido di chiudere gli occhi fino a quando non si ferma davanti alla nostra casa.
Le mie gambe tremano quando finalmente tocco il suolo con i miei piedi e mi viene voglia di inginocchiarmi per baciare la terra ferma.
Sono viva!
Sono viva!
«Metto la moto in garage e arrivo», annuncia, quindi mi fa l'occhiolino e sparisce dalla mia vista.
Ha pure il coraggio di strizzare l'occhio.
Tenta di uccidermi e poi mi fa l'occhiolino.
Incrocio le braccia al petto e passo il peso del mio corpo da una gamba all'altra mentre aspetto che Mattia torni qui per andare al supermercato.
Lancio un'occhiata al mio orologio e sbuffo nel vedere che sono già le cinque del pomeriggio.
Bene.
E anche oggi si studia domani.
«Bell'orologio», la voce di Mattia mi fa sussultare e strozzo un urlo, «Il fidanzatino è generoso?».
Sulle sue labbra rosse si forma immediatamente un sorriso furbo e mi viene voglia di colpire il suo piccolo naso con un pugno.
È irritante.
Perché nessuno sembra notarlo?
Perché è anche un figo, suggerisce il mio cervello.
E i ragazzi belli piacciono a tutti.
Ma non a me, Mattia.
Non mi freghi.
«L'ho comprato io», lo fulmino con lo sguardo e comincio a camminare davanti a lui.
«Con i soldi di papà, quindi».
Colpita e affondata.
Ripeto, colpita e affondata.
«Non sono affari che ti riguardano», è tutto quello che riesco a dire e la mia risposta sembra divertirlo perché si lascia sfuggire una piccola risata.
Piomba il silenzio per alcuni minuti e lancio delle occhiate di tanto in tanto al mio accompagnatore.
È alto.
Molto alto.
E ieri sera indossava una tuta.
Mh... Vediamo se riesco a raccogliere delle informazioni.
«Sei un giocatore di basket?»
«No», dice, «Perché me lo chiedi?»
«Così. Pratichi uno sport in particolare?»
«La boxe», taglia corto e fa un cenno col capo in direzione dell'insegna luminosa del supermercato, «Prendiamo un carrello?»
«Sì», confermo e lui si affretta a prenderne uno, quindi entriamo all'interno dell'edificio e cominciamo a muoverci tra corridoi e scaffali.
«Hai detto di aver cominciato l'università in ritardo», cerco di fare conversazione e posiziono un pacco di biscotti all'interno del carrello, «Come mai?».
Lui non mi guarda, afferra una busta di latte e legge l'etichetta mentre risponde, «Ho fatto altro».
Maledizione.
Una risposta decente è in grado di darla?
«Altro?», rido nervosamente e rabbrividisco quando mi lancia un'occhiata poco rassicurante.
«Altro», ripete.
E mi pare di capire che l'argomento finisce qui.
Okay.
Va bene.
Questa partita l'hai vinta tu, ma sono un osso duro.
Mi fermo davanti agli scaffali in cui si trovano i succhi di frutta e arriccio le labbra mentre fingo di essere immersa nella ricerca del gusto perfetto.
La verità è che ho bisogno di tempo per pensare ad altre domande da fare.
E al modo in cui farle, soprattutto.
Devo fingermi disinteressata.
Circospetta.
Carina e coccolosa come i pinguini di Madagascar.
Mio Dio, sto impazzendo.
Forse sono davvero paranoica.
È solo un belloccio con gli occhi furbi e con poca voglia di parlare di sé.
«Riesci a scegliere prima del prossimo anno o ti lascio qui e torno tra qualche mese?», la sua voce mi fa tornare alla realtà e rido nervosamente prima di afferrare un succo di frutto alla pesca.
Lui, invece, lo prende alla pera.
«Hai sorelle o fratelli?», domando e lancio nel carrello l'ennesimo pacco di biscotti.
Non bastano mai.
«Una sorella»
«Bello! Avrei tanto voluto avere una sorella anch'io»
«E invece sei figlia unica o... No, aspetta, un fratello maggiore», cerca di indovinare e passa la lingua sulle labbra rosse in un modo del tutto spontaneo e maledettamente sexy.
Comunque ha indovinato.
«Fratello maggiore», confermo, «Si chiama Salvo. Lo conoscerai sicuramente. Tua sorella come si chiama? E la conosceremo?», ecco. Ho giocato la mia carta.
Vediamo se riesco a scoprire qualcosa sulla sua famiglia.
«Si chiama Annalisa. Molto probabilmente non la conoscerai mai», quindi mi regala un sorriso finto e tirato e poi si allontana per recuperare una scatola di cereali.
Perché deve essere così riservato?
E perché non la conoscerò mai?
Sbuffo e cammino a grandi passi verso di lui.
Metto nel carrello delle uova e sento il suo sguardo addosso mentre prendo un barattolino di pesto.
E continua a fissarmi per altri interminabili minuti.
Segue ogni mio movimento, gli occhi scuri ridotti a due fessure ed una strana ruga sulla fronte.
Il modo in cui mi guarda mi mette i brividi, «Ehm, mi serve un po' di carne», annuncio con un tono di voce troppo alto.
Mi sto agitando.
Mattia non fiata nemmeno, lascia scorrere le sue iridi scure lungo tutto il mio corpo e poi spinge il carrello in direzione della macelleria.
«Vieni da Taormina, giusto?», è lui questa volta a parlare.
«Un paese vicino», dico.
«Un paese vicino», ripete lui.
Sembra quasi sospettoso.
Come se non mi credesse.
«Il tuo accento non si sente, sai?», e sorride ancora.
Un sorriso che però mi mette i brividi.
«Mia madre è inglese», spiego, «Mentre mio padre viene da Agrigento. Forse questo ha influenzato un po' il mio modo di parlare. Me lo dicono tutti, sai? Il mio accento è praticamente inesistente»
«Mh. E qual è il tuo cognome, Adé?»
«Costa»
«Adele Costa», annuisce, «Suona bene», strizza l'occhio e afferra una confezione di hamburger.
Adesso giriamo per i corridoi del supermercato silenziosamente. Io prendo ciò che mi serve e lui fa lo stesso senza proferire parola.
Dovrei dire qualcosa.
Mi sento troppo in imbarazzo.
«La tua fidanzata vive a Catania?», è tutto quello che mi viene in mente.
Martina mi ringrazierà per aver preso informazioni al posto suo.
Mattia accenna una risata e scuote la testa, «Io non ho una fidanzata».
Eh?
Inarco un sopracciglio e corrugo la fronte, «Ieri sera hai detto che-»
«Ho mentito», confessa, «Non voglio seccature e la tua amica ha tutta l'aria di esserlo».
Forse questo tipo non è poi così male.
Mi sta risparmiando mesi e mesi di illusioni e crisi nevrotiche da ascoltare.
«Che rimanga tra noi», mormora, «Adesso abbiamo un segreto».
Abbiamo?
«Io non mentirò a Martina»
«Nessuno ti ha chiesto di farlo», scrolla le spalle e torna a spingere il carrello, «Ma sappiamo entrambi che è la cosa giusta da fare per una convivenza pacifica e tranquilla. Non è questo che vuoi, Adè?».
E non riesco a rispondere.
Dannazione.
Mi ha fregata.
🌺🌺🌺
«Sto per morire», salgo lentamente le scale e lancio un'occhiata ai piani che rimangono ancora da fare.
Tre piani.
Devo portare queste pesanti buste per altri tre piani.
Mattia, dietro di me, tiene due sacchetti e due cassette d'acqua senza nemmeno fiatare.
Non si lamenta, ma le sue mani sono rosse e le vene delle sue braccia sono fin troppo evidenti.
E devo dire che mi distraggono parecchio quando mi giro a guardarlo.
«Aspettami qui», propone, «Porto queste di sopra e poi torno a recuperare le buste che hai in mano»
«Lo faresti sul serio?», sorrido radiosa e sto per abbandonare tutto sul pavimento quando lui mi fulmina con lo sguardo e risponde con un secco e deciso no.
«Sei un vero gentiluomo», sbotto e gonfio le guance, «Dov'è finita la galanteria?»
«Puoi smettere di lamentarti? Sei fastidiosa»
«Anche tu sei fastidioso»
«Bene», quindi mi supera e comincia a salire le scale più velocemente, «Ci vediamo a casa, lumaca».
Lumaca.
A me.
Deficiente.
Decido di ignorarlo e continuo a salire con calma, dunque lascio cadere la spesa sul pavimento quando finalmente raggiungo il mio appartamento.
Le mie dita sono arrossate ed implorano pietà.
«Ce l'hai fatta ad arrivare», Luca mi raggiunge all'ingresso e illumina i suoi occhi verdi, «Mattia mi ha detto che eri in fin di vita al quarto piano», recupera i sacchetti e mi aiuta a portarli in cucina dove il mio nuovo coinquilino sta già sistemando la spesa sotto l'accurata videosorveglianza di Martina che segue ogni suo movimento.
Sta fingendo di mangiare uno yogurt, ma non ci vuole un genio per capire che si tratta di una scusa per osservare i bicipiti del ragazzo.
«Potevi venire a soccorrermi», ringhio e fulmino il mio amico con lo sguardo.
«Potevo», conferma, «Ma era più divertente immaginarti imprecare ad ogni gradino».
Che simpatico.
Mi concedo un respiro profondo e apro il frigo per sistemare tutti i prodotti freddi che ho comprato.
«Siete andati a fare la spesa insieme?», Martina si siede sul tavolo e muove le gambe avanti e indietro.
«Già», confermo.
«Avvisatemi la prossima volta. Vengo anch'io», e sbatte le palpebre più volte mentre infila il cucchiaio in bocca.
Mattia arriccia le labbra in un modo strano e poi camuffa una risata con un colpo di tosse.
«Ditemi che avete comprato il gelato», Luca fruga tra i sacchetti e mette il broncio quando vede che non c'è l'oggetto dei suoi desideri.
«Non c'è», dico, «Però ho preso i biscotti»
«In quantità industriale», aggiunge Mattia e mi sorride.
Fa il simpatico in presenza degli altri.
E lo trovo falso.
Continuo a pensare che lui non mi convince.
Ha qualcosa che non va.
«Lunga vita ai biscotti!», Luca ne apre un pacco e prende posto su una sedia.
Mastica con calma e poi sgrana gli occhi quando il suo sguardo si posa sull'orologio, «Merda. Sono in ritardo. Devo vedermi con Sofia», quindi balza in piedi e saluta tutti in fretta prima di lasciare l'appartamento.
Martina sorride e scuote la testa, «Ah, l'amore», sospira, «Tu non esci con la tua fidanzata? Quando la conosceremo? Siamo davvero curiose!».
Siamo?
Tu e chi altro?
Mi schiarisco la voce ed evito lo sguardo della mia amica, quindi lascio che sia il bugiardo patologico ad uscire da questa scomoda situazione.
E se ne esce piuttosto bene, lo ammetto.
Il ragazzo non batte ciglio e mente con una disinvoltura disarmante, «Te la farò conoscere quando si presenterà l'occasione»
«Bene», lei sorride nervosamente e continua a seguire ogni movimento del moro.
Io finisco di svuotare le buste e mangio un biscotto prima di andare in camera mia a studiare.
Rimango china sui libri fino all'ora di cena quando Michela viene a bussare alla mia porta.
Entra nella stanza e si appoggia alla scrivania, «Non hai fame?»
«Sì», sbadiglio e passo una mano tra i miei capelli neri.
«Martina sta cucinando pollo con patate per tutti. Credo voglia far vedere a Mattia che è in grado di
cucinare», accenna un sorriso e scuote la testa, «A proposito, com'è andato il giro al supermercato? Ha tentato di ucciderti con un bastoncino di pesce surgelato?»
«Perché sono tua amica?», trattengo una risata e lei si lascia cadere sul mio letto.
«Perché mi adori», risponde, «E perché sono bella e intelligente. Allora? Com'è andata?»
«Bene», sbuffo, «Ma continua a non piacermi. È troppo riservato. Nasconde qualcosa»
«Tu sei paranoica», alza gli occhi grigi al cielo e sta per dire qualcosa, ma Martina si fionda nella mia camera e interrompe il nostro discorso.
«Sto preparando pollo con patate», annuncia, «E ho comprato una torta, ma se qualcuno dovesse chiedervelo, l'ho fatta io. Mia nonna diceva sempre che gli uomini vanno presi per la gola»
«E poi soffocarli», continuo e Michela ride.
«State al gioco, va bene?», Martina guarda prima me, poi la mia amica.
«Va bene», diciamo insieme.
«Ti ricordo comunque che è fidanzato», Michela balza in piedi e si stiracchia un po'.
«Ma la sua fidanzata non è qui», dice lei, «E non sto facendo niente di male. Voglio solo essere gentile»
«Certo, gentile», commento e anch'io mi alzo, quindi raggiungiamo tutte insieme la cucina e comincio ad apparecchiare la tavola.
Di Mattia, comunque, non c'è traccia.
Quando la cena è pronta Martina chiama a gran voce il nostro coinquilino, ma non ottiene risposta e decide di andare a bussare alla sua porta.
Ma nessun segno di vita.
«Non risponde», dice, «Forse si è addormentato?»
«Può darsi. Andiamo a mangiare, magari non ha fame», Michela prende posto e fissa il pollo con gli occhi lucidi.
«Oppure è uscito», dico, «Qualcuno lo ha sentito andare via?».
Le mie amiche scuotono la testa e mi ritrovo ad annuire.
Boh.
🌺🌺🌺
Dopo cena, di Mattia non c'è ancora traccia.
Nessun movimento avvertito né in camera, né in bagno.
È sicuramente fuori casa.
Martina è andata a dormire, Michela è uscita con un collega e Luca è ancora fuori con Sofia.
Okay.
Questo è il momento di agire.
Esco dalla mia stanza in punta di piedi e raggiungo la camera di Mattia.
So che è scorretto ed immorale.
E sono consapevole di essere una cattiva persona ed una pessima coinquilina, ma il mio sesto senso
mi dice che il nostro nuovo coinquilino nasconde qualcosa.
Con lo stomaco in subbuglio e con le mani tremanti, abbasso la maniglia e finalmente sono dentro.
Non ha chiuso a chiave.
Buon segno.
Punto a tuo favore, Matt.
Accendo la luce e chiudo la porta alle mie spalle, dunque schiudo le labbra davanti a tanto ordine e pulizia.
Mi sembra di vedere le mattonelle brillare, giuro.
La sua libreria è ordinata in modo quasi maniacale. I libri sono disposti in ordine alfabetico, così come i cd sugli scaffali e i dischi in vinile.
Ascolta musica classica.
Non me lo aspettavo.
Altro punto a tuo favore, Matt.
Sul suo letto ci sono cinque piccoli cuscini disposti in ordine di colore: dal più scuro al più chiaro, mentre gli evidenziatori sulla scrivania sono disposti in ordine di dimensione.
Disturbo ossessivo compulsivo?
O semplicemente ordine?
Forse la prima.
Dei fiori rosa sono sistemati sul davanzale della finestra ed un profumo dolce aleggia nell'aria.
Qui sembra tutto apposto.
Forse troppo apposto.
Apro l'armadio e non mi stupisco di trovare le giacche disposte in ordine di colore.
Disturbo ossessivo compulsivo.
Sicuro.
Apro un cassetto e poi lo chiudo in fretta.
Ma cosa diavolo sto facendo?
Sono una terribile persona.
Entrare di nascosto nella stanza di un estraneo.
Mio Dio, forse quella disturbata sono io qui.
Mi guardo intorno e sto per uscire dalla camera quando la porta si apre all'improvviso e Mattia entra come una furia.
Merda.
Merda.
Merda.
Lui non sembra stupito di vedermi.
Inarca la testa da un lato ed irrigidisce la sua mascella squadrata, «Okay, detective Conan, adesso ti siedi e mi dici cosa cazzo stai cercando in camera mia», detto questo, sbatte la porta e fa un cenno col capo in direzione della sedia.
E giuro, prenderei posto volentieri, ma le mie gambe sono diventate budino.
Adele Costa, sei proprio nei guai.
Buonaseraaaa!
Strano, ma vero, sto aggiornando ancora.
Avevo il capitolo pronto e ho deciso di non lasciarvi ad aspettare dato che la storia è all'inizio.
Spero vi piaccia il capitolo 😍❤️ e vi comunico che aggiornerò presto anche "Fammi un Cocktail".
Cosa ne pensate di Adele?
E quanto è psicopatica?
E di Mattia?
Vi aspetto nei commenti.
Un bacio e buona serata ❤️🌺
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