37. Peccato.
Mattia Caruso è sparito da più di cinque minuti.
L'appartamento è vuoto, la porta d'ingresso è aperta ed io sono nel panico.
Accendo tutte le luci e mordicchio le mie unghie, guardandomi intorno.
«Mattia?», la mia voce esce a malapena.
Non risponde.
«Non è il momento di scherzare, Mattia», mi aggiro furtiva per l'appartamento, il cuore in gola.
Oddio, e se fosse lo stalker?
E se fosse venuto fin qui e adesso stesse torturando Mattia?
O forse sono i ladri. Hanno imbavagliato il mio coinquilino e torneranno a saccheggiare la casa.
«Mattì!?», riprovo, la mia voce trema.
Niente.
Adesso sento il disperato bisogno di procurarmi un'arma.
Dovrò pur difendermi, in qualche modo.
Raggiungo la cucina e afferro una padella, dunque la nascondo dietro le spalle e mi avvicino alla porta d'ingresso.
«Mattia?».
Di lui non c'è traccia.
Le scale del condominio sono illuminate e mi sporgo un po' dalla ringhiera per riuscire a vedere i piani inferiori.
Qualcuno parla a bassa voce ed io mi ritrovo a deglutire forte, cercando di scendere due gradini.
Ci sono tre persone.
Riesco ad intravedere la testa di un ragazzo che non conosco e... «Mattia!», urlo per farmi sentire ed il mio coinquilino alza lo sguardo, anche lui si sporge dalla ringhiera per riuscire a vedere il mio viso.
«Arrivo, Adè», è tutto quello che dice, poi comincia a salire le scale insieme allo sconosciuto.
C'è anche una ragazza con loro ed il mio stomaco si contorce.
Ma quante ne conosce?
Sono come i rotoloni Regina, poi. Non finiscono mai.
Io rimango immobile, con il mio pigiama color pastello e con una padella tra le mani.
Mi rendo conto dello stato in cui mi trovo solo quando tutti e tre posano i loro occhi sul mio corpo.
Mattia fa un cenno col capo in direzione della padella e assume un'espressione confusa.
«Che fai con quella?»
«Niente», rido nervosamente, «Niente».
Il moro decide di non indagare oltre e scuote la testa, poi si gira a guardare la ragazza dai lunghi capelli color caramello.
Lei, invece, guarda me.
Tiene con una mano un borsone di cui riconosco immediatamente la costosa marca e continua a scrutarmi con i suoi occhi marroni.
«Non hai mai visto un pigiama?», lo dico senza pensarci due volte e vorrei colpirmi da sola con la padella.
Devo imparare a stare zitta.
Lei arriccia le labbra in un sorrisetto divertito: «Non bello come il tuo. Dove lo hai preso? Lo voglio uguale», abbandona la borsa tra le mani di Mattia e si avvicina più a me: «Posso toccare il tessuto?».
Oddio.
La mia padella adesso può passare in secondo piano.
È lei la squilibrata, qui.
«Annalisa, per favore», Mattia sembra in imbarazzo.
Lei lo zittisce e sfiora con due dita il tessuto dei pantaloni: «Lo amo», sentenzia, «Ne cuciró uno simile. In tante colorazioni differenti. Esiste già in giallo?».
Lancio diverse occhiate a Mattia che si stringe nelle spalle e poi alza gli occhi al cielo: «È mia sorella. Non fare caso a lei. Non percepisce la linea sottile che esiste tra l'essere normale e l'apparire disturbata».
Ah.
«Sei tu, quello disturbato», sbotta, «Le ho solo fatto un complimento. E mi interessa il tessuto perché lavoro nel campo della moda», spiega, «Una nuova linea di pigiami color pastello potrebbero portarmi una promozione. Comunque, io sono Annalisa», mi porge la mano, «Probabilmente non hai mai sentito parlare di me. Mio fratello finge che io non esista praticamente la maggior parte del tempo. Vero, Mattì?».
Il moro scuote la testa e sospira rumorosamente, però non dice una parola.
Il ragazzo che è con loro, intanto, non smette di fissarmi nemmeno per un istante con i suoi occhi chiari.
Probabilmente ha paura di me, data l'accoglienza.
Ma che mi è passato per la testa?
Perché ho preso una padella?
«Lui è Connor. Il mio ragazzo. Non parla ancora bene l'italiano, ma ci stiamo lavorando. Non parla molto nemmeno in inglese, in realtà. Non è un gran chiacchierone».
Sorrido gentilmente e gli porgo la mano che lui, prontamente, stringe.
Abbozza un "ciao" con il suo accento inglese.
«Mi scuso per essere arrivata a quest'ora, ma c'è stato un ritardo con gli aerei e volevo fare una sorpresa», comincia a camminare ed entra nell'appartamento, «È questa la tua casa? Mi piace un sacco. È così colorata! Dovreste far riparare l'ascensore, però. Come fa una persona in condizione di disabilità ad arrivare fin qui?»
«La prendiamo in braccio e l'accompagnamo fino a casa», Mattia mi lancia un'occhiata complice ed io sento le guance andare a fuoco.
«Comunque dovresti abbassare la voce», le suggerisce, «C'è gente che sta dormendo, in casa».
Annalisa sorride in imbarazzo e si schiarisce la voce: «Scusa», bisbiglia, «È che sono così contenta di vederti che mi sento davvero euforica. Fatti abbracciare», e si fionda a stringerlo, facendo cadere la borsa a terra.
È così costosa che mi viene voglia di raccoglierla e poggiarla su un cuscino ricamato con fili d'oro e d'argento.
Mentre loro si abbracciano, io continuo a guardare la borsa.
Mi sono innamorata di lei.
È così bella, così delicata ed elegante.
È anche molto capiente. Potrei metterci un sacco di cose, lì dentro.
Sicuramente vale tutti quei soldi.
La voglio anch'io.
Insomma, me la merito.
Sono una ragazza studiosa, ho passato Analisi Matematica e mi merito un regalino.
Ho subito anche dei traumi, ultimamente.
Proprio mi serve un regalo.
Sì. In fin dei conti, la tratterò bene.
E ho proprio bisogno di una borsa nuova.
Mi serve proprio questa.
Inarco la testa su un lato per osservare meglio la meravigliosa cerniera dorata e deglutisco nel sentire gli occhi di Connor addosso.
Ma che ha da guardare?
Gli rivolgo un sorriso imbarazzato e poi passo la padella da una mano all'altra.
Spero capisca che se continua a fissarmi gli arriva una padellata in fronte.
«Ma sono arrabbiata con te», Annalisa pone fine al loro abbraccio, «Sei un emerito stronzo. Perché non mi hai detto niente!? Eh? È stato Dimitri a dirmi di tuo padre. Che razza di problemi hai? Sono pur sempre tua sorella!».
Mattia si concede un respiro profondo: «Non c'era niente da dire», sbotta, «Non fare tante storie. Sai come sono fatto».
Lei scuote la testa ed incrocia le braccia al petto: «Sei fatto proprio male. Dovresti lavorare un po' sul tuo caratteraccio», si gira a guardarmi e sorride, «Ha un caratteraccio».
Ma va?
Non l'avrei mai detto.
Sorrido e mi schiarisco la voce.
Questa ragazza è così esuberante da intimidirmi.
«Quanto tempo rimanete?», il mio coinquilino cerca di cambiare argomento e lei si libera della giacca di pelle, abbandonandola sul vecchio divano di Luca.
«Due giorni. È il massimo che sono riuscita ad ottenere»
«Rimanete qui, no?»
«Per questa notte. Domani andiamo a cercare un hotel»
«Ma va», Mattia fa un cenno col capo in direzione della sua stanza e sorride a sua sorella, «Vi potete sistemare in camera mia. A meno che agli altri non dia fastidio la vostra presenza, ovviamente».
Si gira a guardarmi e mi affretto a fare segno di no con la testa: «Puoi ospitare chi vuoi. Nessuno si farà problemi. Anzi, è un piacere avere ospiti».
Annalisa mi regala un sorriso radioso: «Mi piaci un sacco», mi dice, «Tu e il tuo pigiama avete vinto la mia ammirazione. E che occhi che hai, mamma mia», poi parla in inglese al suo ragazzo che, fino ad ora, molto probabilmente, non ha capito niente.
Mattia li accompagna in camera, mostra loro il bagno e poi torna in cucina insieme a sua sorella.
Connor sta approfittando del momento per fare una doccia e Annalisa si concede uno spuntino.
Mattia è appoggiato al bancone della cucina, accanto a me. Le nostre braccia si sfiorano mentre osserva con un sorrisetto sua sorella che divora le rose di salmone che erano avanzate.
«Ma da quando sei fidanzata? Non mi hai detto niente».
Annalisa scrolla le spalle: «Saranno circa quattro o cinque mesi, ma non è niente di importante. E comunque nemmeno tu mi dici mai niente. Di che ti lamenti? Sono riuscita a trovare casa tua grazie a Dimitri, non so se ti rendi conto», posa i suoi occhi marroni sul mio corpo e poi parla: «Voi due state insieme?»
«No», parliamo in coro.
«Peccato».
Eh.
Peccato.
Lancio uno sguardo a Mattia e poi sospiro: «Adesso vado a dormire. Si è fatto davvero tardi. Buonanotte», sorrido ad Annalisa, «Ci vediamo domani. È un piacere conoscerti».
Detto questo, esco dalla cucina e percorro il corridoio per raggiungere la mia stanza.
Mi infilo sotto le lenzuola e chiudo gli occhi, cercando di dormire e di non pensare.
Però rivedo nella testa il bacio intenso che mi ha dato Mattia, prima.
Mi sembra di rivivere un replay continuo ed il mio stomaco è pieno di farfalle.
Non so per quanto tempo resto lì a fantasticare e ad immaginare una possibile storia d'amore con il mio bellissimo coinquilino.
So solo che i miei film mentali vengono spazzati via proprio dal suo ingresso nella mia stanza.
«Adè», bisbiglia, sull'uscio della porta.
Io fingo di dormire.
Il cuore martella nel petto all'impazzata.
«Adè», riprova.
«Mattì», bisbiglio.
«Posso dormire qui?»
«Ah?», mi sta venendo un infarto.
Ma si può vivere in questo modo?
La mia sanità mentale mi sta salutando, praticamente.
«Annalisa e Coso sono in camera mia. Ho provato a dormire sul divano, ma è più scomodo del pavimento. Ho provato anche il pavimento, se te lo stai chiedendo».
Mi metto seduta sul materasso e accendo la luce della lampada sul comodino, quindi mi si sciolgono pure le budella nel vedere il viso dolce di Mattia.
I suoi capelli sono scompigliati e indossa i pantaloni del suo pigiama.
«No», gli dico, «Prova sul tappeto della camera di Luca. Io voglio stare larga», sorrido diabolica e passo la mano sulla parte vuota del mio materasso ad una piazza e mezzo.
«Dai, Adè»
«E va bene. Puoi sistemarti su quella sedia», cerco di trattenere una risata mentre osservo l'espressione scioccata di Mattia.
«Mi prendi in giro?»
«Sì», ammetto, «Puoi dormire qui, ma solo perché mi sento particolarmente buona. Invadi i miei spazi e ti faccio rotolare sul pavimento», lo avviso mentre lui chiude la porta e raggiunge il mio letto.
Quando si sistema sotto le coperte, il mio corpo viene invaso da una terribile sensazione di calore.
Forse dovrei aprire le finestre.
Fa troppo caldo qua dentro.
«Grazie», mormora, «Sei un'amica».
Aia.
Mi viene voglia di sbattere la testa contro il muro fino a svenire.
Lo ha detto sul serio?
Ma è scemo?
Poco fa mi stava baciando contro una portafinestra e ora mi dice che sono un'amica?
«Mattì»
«Dimmi»
«Fai pace col cervello, eh», tiro le coperte fin sopra il mento e mi giro di spalle, la faccia verso il muro, «Spegni quella luce e buonanotte».
Ecco.
Ora sono arrabbiata.
Quando rimaniamo immersi nel buio, Mattia si muove nervosamente sul materasso per riuscire a trovare la posizione giusta.
Poi si ferma, le sue spalle premono contro le mie.
Mi augura la buonanotte e cala il silenzio.
Ci addormentiamo così, schiena contro schiena, lo sguardo fisso su lati opposti.
Non ci svegliamo allo stesso modo.
Proprio no.
Quando apro gli occhi, infatti, per poco non mi viene un attacco di cuore.
Il viso di Mattia è vicinissimo al mio, così come il suo corpo.
La sua testa è poggiata sul mio petto, con un braccio circonda la mia vita e una gamba blocca i miei movimenti.
Il suo torace nudo è messo in mostra a causa del lenzuolo che copre solamente dal bacino in giù.
La sua pelle è calda e, lo giuro, mi manca un po' l'aria.
Qualcuno bussa alla porta della mia stanza e vado decisamente nel panico.
«Adele? Sei sveglia?», è Martina.
Oddio.
Oddio.
Oddio.
Muovo il braccio di Mattia e cerco di svegliarlo, ma il moro apre gli occhi per una frazione di secondo e li richiude.
Va bene, Adele.
Stai calma.
Fingi di dormire.
Con il cuore in gola, poggio la testa sul cuscino e mi concedo dei respiri profondi.
Non entrare.
Ti prego, non entrare.
Ti prego.
Le mie preghiere non vengono ascoltate. Martina abbassa la maniglia e bisbiglia mentre entra nella stanza illuminata dalla luce del mattino: «Adè, scusa, non volevo svegliarti. Ma c'è un tizio che parla in inglese in cuci-», smette di parlare quando si accorge di Mattia.
Voglio morire.
Voglio morire ora.
La faccia della mia amica è sconvolta.
Sbatte le palpebre più volte e osserva la scena, senza parole.
Mi sento una merda.
Sono una merda.
Avrei dovuto dirle che mi piace Mattia.
Avrei dovuto...
«Adè», è seria quando parla.
«S-sì?»
«È Mattia quello che vedo lì, nel tuo letto?»
«Sì, ma posso spiegare».
Incrocia le braccia al petto e aspetta che io dica qualcosa.
«Il ragazzo che hai visto in cucina è il fidanzato di Annalisa, la sorella di Mattia. Sono arrivati questa notte e si sono sistemati nella sua stanza. Restano qui due giorni. Mattia ha dormito nel mio letto perché nel divano era scomodo. E anche nel pavimento e-»
«Va bene», m'interrompe, visibilmente infastidita, «Non importa», esce dalla stanza e poi torna indietro: «Potevi dirmi che ti piace Mattia, comunque. Non sono scema», detto questo, sbatte la porta e Mattia si sveglia di botto.
Apre di scatto gli occhi e si gira a guardarmi: «Che è stato?»
«Il tuo ultimo neurone che si suicidava», ringhio, «Spostati. Devo passare», scavalco lentamente il suo corpo, provocando a me stessa un bel po' di sofferenza.
Poggio i piedi a terra e infilo le ciabatte, poi cerco di ravvivare i miei capelli con le mani.
Mattia non si lascia sfuggire nemmeno un mio movimento.
Sistema la mano sotto la sua nuca e mi scruta attentamente, bello da far male, sotto le mie coperte che hanno già rubato il suo profumo.
«Ti stai riprendendo, vedo»
«Continuo a sentirmi una mummia», mormoro, «Ma i lividi fanno meno male. Vieni a fare colazione? Sappi che Martina ha già incontrato Connor e che ti ha visto nel mio letto. Ora mi odia»
«Mh»
«Allora? Vieni a fare colazione?», poggio la mano sulla maniglia e Mattia scuote la testa, sorridendo un po'.
«Quanto parli?»
«Quanto basta», dico.
«E quanto sei bella?», lascia scorrere il suo sguardo lungo tutto il mio corpo e mi sento avvampare.
«Quanto basta», ripeto e lui ride, alzandosi dal letto.
«Di più, credimi. Molto di più».
Non trovo la forza di ribattere, motivo per cui gli regalo un sorriso ed esco dalla stanza.
Mio disperato tentativo di scappare da lui.
Non funziona, comunque.
Raggiungiamo la cucina fianco a fianco e lì troviamo Connor e Luca che stanno bevendo un caffè.
Il mio coinquilino cerca di farsi capire con i gesti e mi scappa una risata nel vedere il modo in cui gesticola animatamente, abbozzando una parola in inglese dopo l'altra.
«Arrenditi», gli dico e sia lui che Connor si girano a guardarmi.
Luca mi manda a quel paese e torna a comunicare.
Connor, invece, si concede una mia radiografia.
Mah.
Inarco un sopracciglio ed incrocio le braccia al petto, infastidita dal suo sguardo insistente.
Luca non si accorge di nulla, però Mattia se ne accorge eccome.
Gli schiocca le dita davanti agli occhi più volte e Connor sussulta, prestando attenzione a ciò che ha da dire Mattia.
«Senti, come cazzo ti chiami, quando dici tu la smetti», dice.
Connor inarca un sopracciglio e Mattia borbotta qualcosa sottovoce prima di tradurre quello che ha detto.
Il ragazzo ride nervosamente.
Probabilmente non ha nemmeno capito il significato delle sue parole.
O forse sì.
Adesso non mi guarda più.
🌻🌻🌻
La sorella di Mattia è bella, simpatica e anche molto chiacchierona.
Mi fa morire dalle risate. Ogni cosa che dice è buffa e mi mette di buon umore.
Vive a Londra con suo padre da circa otto anni ed è più piccola di Mattia.
Nonostante suo padre non sia in buoni rapporti con la madre del mio coinquilino, non ha mai permesso a loro due di stare lontani.
Da ciò che mi dice, mi pare di capire che il padre di Annalisa sia un uomo molto ragionevole e buono.
Per lei, il destino, ha riservato qualcosa di diverso.
A Mattia, invece... Non è andata poi così bene.
Abbiamo cenato insieme e, nonostante lo sguardo di Connor mi abbia messo in imbarazzo per tutto il tempo, la serata è stata davvero piacevole.
E adesso che i miei coinquilini sono andati a dormire e Mattia è a lavoro, Annalisa mi sta torturando per convincermi ad uscire.
«Ti prego. Facciamo un giro. Torniamo a casa presto. Ti scongiuro. Mi annoio a morte. Sono in vacanza e mio fratello mi ha abbandonata per andare a lavorare. Almeno tu, fammi prendere un po' di aria».
Osservo la sua finta espressione disperata e trattengo una risata: «Non mi va. Non riesco nemmeno a scendere le scale»
«Ti porta in braccio Connor!», fa un cenno col capo in direzione del suo ragazzo e scoppio a ridere.
Ma anche no.
«Davvero, faremo un'altra volta. È anche tardi per uscire»
«E se venisse Mattia? Sicuramente finirà tra poco. Chiamiamo un taxi, passiamo a prenderlo e andiamo a bere una birra».
Non aspetta nemmeno una mia risposta che sta già chiamando suo fratello.
Mattia risponde solamente alla quinta chiamata.
«Stiamo venendo a prenderti», annuncia lei.
Riesco a sentire la voce di Mattia, dall'altro lato del telefono: «Per andare dove, scusa?»
«A bere una birra. Viene anche Adele»
«Sono stanco, Annalisa. Facciamo un'altra vo-»
«Siamo già pronte!», mente spudoratamente.
Io lancio un'occhiata alla tuta che indosso.
Sono prontissima, guarda.
«Non insistere», dice lui.
Annalisa, comunque, è un osso duro.
«Ti farà bene bere qualcosa con la tua sorellina. Aspettaci al ristorante. Stiamo arrivando», detto questo, pone fine alla chiamata e balza in piedi.
«Andiamo a vestirci! Veloci!»
«Io non-»
«Veloci!», stampa un bacio sulle labbra di Connor e corre a prepararsi.
Io rimango immobile sul divano, lancio un'occhiata al ragazzo e rabbrividisco nel sentire il suo sguardo già su di me.
«Vado a prepararmi», annuncio per poi scappare in camera mia.
Quel tipo mi mette i brividi.
🌻🌻🌻
Quaranta minuti dopo siamo al ristorante in cui lavora Mattia.
Il moro è davanti alla porta d'ingresso, una sigaretta tra le labbra e il viso stanco.
Si concede un ultimo tiro e si avvicina al taxi quando ci vede arrivare.
«Sappiate che sono veramente stanco e che non mangio da undici ore», dice mentre entra in macchina, «Quindi non prendetemi in giro se dopo una birra mi ubriaco o mi addormento sul marciapiede».
Prende posto accanto a me e lascia scorrere i suoi occhi lungo tutto il mio corpo.
Osserva il top rosso che ho addosso e sorride, ma non dice una parola.
I suoi occhi, però, mi hanno fatto un complimento.
«Dove vi porto?», l'autista ci guarda attraverso lo specchietto retrovisore e Mattia scrolla le spalle.
«Alla vucciria», dice Annalisa.
«Torniamo presto, però», l'avverte Mattia e lei annuisce con convinzione.
«Prestissimo. Te lo prometto».
Mattia poggia la schiena sullo schienale e torna a guardarmi; deglutisce e poi si avvicina al mio orecchio, facendomi rabbrividire.
«Se mi ubriaco, tienimi lontano», sussurra.
Il mio volto, se possibile, prende lo stesso colore del top che indosso.
«Da cosa?», fingo di non aver capito.
«Da te, Adele. Da te».
MA BUON POMERIGGIO.
Come state?
Tutto bene?
Spero di sì.
Questo capitolo mi è servito per farvi conoscere un po' Annalisa, la sorella di Mattia.
Che ve ne pare?
E di Connor? Io lo odio un po', ma ssh.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e sappiate che ci aspetta una bella serata.
Ci divertiremo un sacco 🙈🙈
Adesso vi lascio con la promessa di aggiornare presto.
Un bacione grande, la vostra Sara.
Ps. Vi ricordo che mi trovate anche su Instagram come @lovewillkillus_
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